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    Predefinito Rif: 5 dicembre 2009: Santa Maria in Sabato

    6 dicembre 2009
    Ottavo delle Idi.

    Viola. Seconda Domenica di Avvento, 2ª classe. Della stessa, semidoppio. Stazione a S. Croce in Gerusalemme.

    MESSA propria, senza Gloria, 2ª orazione di san Nicola.Vescovo e Confessore, Credo, Prefazio della Trinità, Benedicamus Domino, ultimo Vangelo di san Giovanni.

    Fonte: Una Voce Venetia

  2. #22
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    Predefinito Rif: 6 dicembre 2009: II Domenica d'Avvento - San Nicola, vescovo e confessore


  3. #23
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    Predefinito Rif: 6 dicembre 2009: II Domenica d'Avvento - San Nicola, vescovo e confessore

    7 dicembre 2009
    Settimo delle Idi.

    Bianco. Lunedì. Vigilia dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Sant'Ambrogio Vescovo, Confessore e Dottore, doppio.

    MESSA propria, Gloria, 2ª orazione della feria, 3ª della vigilia, Prefazio comune, Ite, Missa est, ultimo Vangelo della vigilia

    Fonte: Una Voce Venetia

  4. #24
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    Predefinito Rif: 6 dicembre 2009: II Domenica d'Avvento - San Nicola, vescovo e confessore

    7 DICEMBRE

    SANT'AMBROGIO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA



    Questo illustre Pontefice figura degnamente a fianco del grande Vescovo di Mira. Questi ha confessato a Nicea, la divinità del Redentore degli uomini; quegli, in Milano, è stato alle prese con tutto il furore degli Ariani, e con coraggio invincibile ha riportato il trionfo sui nemici di Cristo. Che unisca la sua voce di dottore a quella di san Pier Crisologo, e ci annunci le grandezze e le umiliazioni del Messia. Ma questa è in particolare la gloria di Ambrogio, come Dottore: che se, fra i luminosi astri della Chiesa latina, quattro insigni Maestri della Dottrina camminano in testa al corteo dei divini interpreti della Fede, il glorioso Vescovo di Milano completa, insieme con Gregorio, Agostino, e Girolamo, il mistico numero.

    Ambrogio deve l'onore di occupare un posto così nobile in questi giorni, all'antica usanza della Chiesa che, nei primi secoli, escludeva dalla quaresima le feste dei Santi. Il giorno della sua dipartita da questo mondo ed il suo ingresso in cielo fu il 4 aprile; ora, l'anniversario di quel felice trapasso si ritrova, per la maggior parte del tempo, nel corso della sacra quarantena. Si fu dunque costretti a scegliere il sette dicembre, anniversario dell'Ordinazione episcopale di Ambrogio.

    Del resto, il ricordo di Ambrogio è uno dei più dolci profumi di cui possa essere adorna la strada che conduce a Betlemme. Quale più gloriosa e insieme più affascinante memoria di quella di questo santo e amabile Vescovo in cui la forza del leone si uni alla dolcezza della colomba? Invano sono passati i secoli su questa memoria: essi non hanno fatto che renderla più viva e più cara. Come si potrebbe dimenticare il giovane governatore della Liguria e dell'Emilia, così saggio, così erudito, che fa il suo ingresso a Milano ancora semplice catecumeno, e si vede d'un tratto elevato per acclamazione del popolo fedele, sul trono episcopale di quella grande città? E quei dolci presagi della sua eloquenza affascinante, nello sciame di api che secondo la leggenda, quando un giorno dormiva, lo circondò e penetrò fin nella sua bocca, come per annunciare la dolcezza della sua parola! e quella gravità profetica con la quale l'amabile adolescente presentava la mano al bacio della madre e della sorella, perché - diceva - quella mano sarebbe stata un giorno quella d'un Vescovo.

    Ma quante battaglie aspettavano il neofita di Milano, presto rigenerato nell'acqua battesimale, e presto consacrato sacerdote e vescovo! Bisognava che si desse senza indugio allo studio assiduo delle sacre lettere, per accorrere come dottore in difesa della Chiesa, attaccata nel suo dogma fondamentale dalla falsa scienza degli Ariani; è fu tale in poco tempo la pienezza e la sicurezza della sua dottrina che non soltanto essa oppose un valido baluardo ai progressi dell'errore del tempo, ma in più i libri scritti da Ambrogio meriteranno di essere segnalati dalla Chiesa sino alla fine dei secoli, come uno degli arsenali della verità.

    Ma l'arena della controversia non era la sola in cui dovesse scendere il nuovo Dottore; la sua vita doveva essere minacciata più d'una volta dai seguaci dell'eresia da lui combattuta. Quale sublime spettacolo vedere questo Vescovo bloccato nella sua chiesa dalle truppe dell'imperatrice Giustina, e difeso notte e giorno dal suo popolo! Quale pastore, e quale gregge! Una vita interamente spesa per la città e la provincia, aveva meritato ad Ambrogio quella fedeltà e quella fiducia da parte del suo popolo. Con il suo zelo, la sua dedizione, il suo costante oblio di se stesso, era l'immagine del Cristo che annunciava.

    In mezzo ai pericoli che lo circondano, la sua grande anima rimane calma e tranquilla. E sceglie appunto questo momento per istituire, nella chiesa di Milano, il canto alternato dei Salmi. Fino allora la sola voce del lettore faceva risuonare dall'alto d'un ambone il divino Cantico; ma bastarono pochi istanti per organizzare in due cori l'assemblea, felice di poter d'ora in poi unire la sua voce ai canti ispirati del regale profeta. Nata così nel pieno della tempesta e in mezzo ad una fede eroica, la salmodia alternata è ormai di dominio per i popoli fedeli d'Occidente. Roma adotterà l'istituzione di Ambrogio, quella istituzione che accompagnerà la Chiesa sino alla fine dei secoli. In quelle ore di lotta, il grande Vescovo ha ancora un dono da fare ai fedeli cattolici che gli hanno eretto un baluardo con i loro corpi. È un poeta, e spesso ha cantato in versi pieni di dolcezza e di maestà le grandezze del Dio dei cristiani e i misteri della salvezza dell'uomo. Dedica al suo popolo devoto quei nobili inni, che non aveva ancora destinati all'uso pubblico, e presto le basiliche di Milano risuonano della loro melodia. Più tardi si udranno in tutta la Chiesa latina; e in onore del santo Vescovo, che aprì in tal modo una delle più ricche sorgenti della sacra Liturgia, si chiamerà per lungo tempo ambrosiano ciò che in seguito è stato designato con il nome di Inno. La Chiesa Romana accetterà nei suoi Uffici questa variazione della lode divina, che costituisce per la Sposa di Cristo una nuova effusione dei sentimenti che l'animano.

    Così dunque, il nostro canto alternato dei salmi e i nostri stessi Inni sono altrettanti trofei della vittoria di Ambrogio. Egli era stato suscitato da Dio non soltanto per il suo tempo, ma per i secoli futuri. È così che lo Spirito Santo gli diede il sentimento del diritto cristiano con la missione di sostenerlo, fin da quell'epoca in cui il paganesimo abbattuto respirava ancora, e in cui il cesarismo in decadenza conservava ancora troppi istinti del suo passato. Ambrogio vegliava fermo sul Vangelo. Non intendeva che l'autorità imperiale potesse a suo arbitrio consegnare agli Ariani, per il bene della pace, una basilica in cui si erano radunati i cattolici. Per difendere l'eredità della Chiesa era pronto a versare il sangue. Alcuni cortigiani ardirono accusarlo di tirannide presso il principe. Rispose: "No; i vescovi non sono tiranni, ma piuttosto da parte dei tiranni essi hanno dovuto spesso soffrire persecuzioni". L'eunuco Calligone, ciambellano di Valentiniano II, osò dire ad Ambrogio: "Come, me vivente, tu osi disprezzare Valentiniano? Io ti spaccherò il capo". - "Che Dio te lo permetta! - rispose Ambrogio: "Io soffrirò allora ciò che soffrono i Vescovi e tu avrai fatto ciò che sanno fare gli eunuchi".

    Questa nobile costanza nel difendere i diritti della Chiesa apparve ancora con più splendore quando il Senato Romano, o piuttosto la minoranza del senato rimasta pagana, tentò, per istigazione del Prefetto di Roma Simmaco, di ottenere la ricostruzione dell'altare della vittoria in Campidoglio, con il vano pretesto di opporre un rimedio ai disastri dell'impero. Ambrogio, che diceva: "Io detesto la religione dei Neroni" si oppose come un leone a questa pretesa del politeismo agli estremi.

    In eloquenti memoriali diretti a Valentiniano, protestò contro il tentativo che mirava a portare un principe cristiano a riconoscere diritti all'errore, e a distruggere le conquiste di Cristo unico maestro dei popoli. Valentiniano si arrese alle forti rimostranze del Vescovo, il quale gli aveva insegnato che "un imperatore cristiano doveva saper rispettare soltanto l'altare di Cristo", e rispose ai senatori pagani che amava Roma come la madre sua, ma doveva obbedire a Dio come all'autore della salvezza.

    Si può credere che se i decreti divini non avessero irrevocabilmente condannato l'impero a perire, influenze come quelle esercitate da Ambrogio su principi dal cuore retto, lo avrebbero preservato dalla rovina. La sua massima era ferma; ma non doveva essere applicata che nelle società nuove le quali sorgevano dopo la caduta dell'impero, e che il Cristianesimo costituì secondo la sua mente. Egli diceva ancora: "Non vi è titolo più onorevole per un imperatore che quello di Figlio della Chiesa. L'Imperatore è nella Chiesa non già al disopra di essa".

    Che cosa è più commovente del patrocinio esercitato con tanta sollecitudine da Ambrogio sul giovane Imperatore Graziano, la cui morte gli fece spargere tante lacrime?! E Teodosio, questo sublime prototipo del principe cristiano, Teodosio, in favore del quale Dio ritardò la caduta dell'impero concedendo sempre la vittoria alle sue armi, con quanta tenerezza non fu amato dal Vescovo di Milano? Un giorno, è vero, il Cesare pagano sembrò riapparire in questo figlio della Chiesa; ma Ambrogio, con una severità tanto inflessibile quanto profondo era il suo attaccamento al colpevole, restituì Teodosio a se stesso e a Dio. "Sì - disse il santo Vescovo nell'elogio funebre del grande principe - ho amato questo uomo che preferì ai suoi adulatori colui che lo riprendeva. Gettò a terra tutte le insegne delle dignità imperiali, pianse pubblicamente nella Chiesa il peccato nel quale lo si era perfidamente trascinato, e ne implorò il perdono con lacrime e gemiti. Semplici cortigiani si lasciano distogliere dalla vergogna, e un Imperatore non ha arrossito di compiere la penitenza pubblica, e da allora in poi non un sol giorno passò per lui senza che avesse deplorato la sua mancanza". Come sono magnifici nello stesso amore della giustizia questo Cesare e questo Vescovo! Il Cesare sostiene l'Impero presso a finire, e il Vescovo sostiene il Cesare.

    Ma non si creda che Ambrogio aspiri soltanto alle cose alte e risonanti. Sa essere il pastore attento ai minimi bisogni delle pecore del gregge. Possediamo la sua vita intima scritta dal suo diacono Paolino. Questo testimone ci rivela che Ambrogio quando ascoltava la confessione dei peccatori versava tante lacrime che costringeva a piangere insieme con lui chi era venuto a confessare le proprie colpe. "Sembrava - dice il biografo - che egli stesso fosse caduto insieme con chi era venuto meno". È noto con quale commovente e paterno interessamento accolse Agostino ancora prigioniero nei lacci dell'errore e delle passioni; e chi voglia conoscere Ambrogio, può leggere nelle Confessioni del Vescovo di Ippona le effusioni della sua ammirazione e della sua riconoscenza. Ambrogio aveva già accolto Monica, la madre afflitta di Agostino; l'aveva consolata e fortificata nella speranza del ritorno del figlio. Giunse il giorno atteso con tanto ardore; e fu la mano di Ambrogio che immerse nelle acque purificatrici del battesimo colui che doveva essere il principe dei Dottori.

    Un cuore così fedele ai suoi affetti non poteva mancare di effondersi su coloro che i legami del sangue gli avevano uniti. È nota l'amicizia che unì Ambrogio al fratello Satiro, del quale ha narrato le virtù con accenti di una tenerezza così commovente nel duplice elogio funebre che gli consacrò. La sorella Marcellina non gli fu meno cara. Fin dalla prima giovinezza la nobile patrizia aveva sdegnato il mondo e i suoi piaceri. Sotto il velo della verginità che aveva ricevuto dalle mani del papa Liberto, abitava in Roma in seno alla famiglia. Ma l'affetto di Ambrogio non conosceva distanze; le sue lettere andavano a cercare la serva di Dio nel suo misterioso asilo. Egli non ignorava quale zelo nutrisse la sorella per la Chiesa, con quale ardore si associasse a tutte le opere del fratello, e parecchie delle lettere che le indirizzava ci sono state conservate. Si rimane commossi a leggere la sola intestazione di quelle epistole: "il fratello alla sorella" oppure: "A Marcellina sorella mia, a me più cara dei miei occhi e della mia stessa vita". Segue quindi il testo della lettera, rapido, animato, come le lotte che egli descrive. Ce n'è una che fu scritta proprio nelle ore in cui imperversava la bufera, mentre il coraggioso vescovo era assediato nella sua basilica dalle truppe di Giustina. I suoi discorsi al popolo di Milano, i suoi successi come le sue prove, gli eroici sentimenti della sua anima episcopale, tutto è descritto in quei fraterni dispacci, tutto vi rivela la forza e la santità del legame che unì Ambrogio a Marcellina, La basilica ambrosiana custodisce ancora la tomba del fratello e della sorella; sull'una e sull'altra viene offerto ogni giorno il divino sacrificio.

    Questo fu Ambrogio, del quale Teodosio diceva un giorno: "Non c'è che un vescovo al mondo". Glorifichiamo lo Spirito Santo che si è degnato di produrre un modello così sublime nella Chiesa, e chiediamo al santo vescovo che si degni di ottenerci una parte di quella fede viva, di quell'amore così ardente che protesta nei suoi dolci ed eloquenti scritti per il mistero della divina Incarnazione. In questi giorni che debbono condurci a quello in cui apparirà il Verbo fatto carne, Ambrogio è uno dei nostri più potenti intercessori.

    La sua pietà verso Maria c'insegna anche quale ammirazione e quale amore dobbiamo avere per la Vergine benedetta. Insieme con sant'Efrem il vescovo di Milano è quello tra i Padri del IV secolo che ha più vivamente espresso le grandezze del ministero e della persona di Maria. Egli ha tutto conosciuto, tutto provato, tutto testimoniato. Maria esente per grazia da ogni macchia di peccato, Maria ai piedi della croce che si unisce al suo Figliuolo per la salvezza del genere umano, Gesù risorto che appare innanzitutto alla Madre, e tanti altri punti sui quali Ambrogio è l'eco della credenza anteriore, gli danno uno dei primi posti tra i testimoni della tradizione sui misteri della Madre di Dio.

    Questa tenera predilezione per Maria spiega l'entusiasmo di cui è ripieno Ambrogio per la verginità cristiana della quale merita di essere considerato come il Dottore speciale. Nessuno dei Padri l'ha uguagliato nel fascino e nell'eloquenza con cui ha proclamato la dignità e la felicità dei vergini. Quattro dei suoi scritti sono consacrati a glorificare quello stato sublime, di cui il paganesimo morente tentava ancora un'estrema contraffazione nelle sue vestali, scelte in numero di sette, ricolme di onori e di ricchezze, e dichiarate libere dopo un certo tempo. Ambrogio oppone loro l'innumerevole stuolo delle vergini cristiane, che riempiono il mondo intero del profumo della loro umiltà, della loro costanza e della loro dedizione. Ma a questo proposito la sua parola era ancora più attraente della penna, e sappiamo, dai racconti del tempo, che, nelle città da lui visitate quando faceva risuonare la sua voce, le madri trattenevano le figlie in casa, nel timore che i discorsi di un così santo e irresistibile seduttore le persuadesse a non aspirare più ad altro se non alle nozze eterne.



    VITA. - Ambrogio nacque nella prima metà del IV secolo. Il padre era prefetto della Gallia Cisalpina. Fu istruito a Roma nelle arti liberali, ed ebbe il governo della Liguria e dell'Emilia. All'atto in cui si trovava nella basilica di Milano per mantenere la calma durante l'elezione del vescovo, un fanciullo esclamò: "Ambrogio vescovo!". Il grido fu ripetuto da tutta la folla e l'imperatore, lusingato di veder innalzato all'episcopato uno dei suoi prefetti, lo costrinse ad accettare.

    Da vescovo, fu l'intrepido campione della fede e della disciplina ecclesiastica, convertì molti ariani alla verità e battezzò sant'Agostino. Amico e consigliere dell'imperatore Teodosio, non esitò ad imporgli una penitenza pubblica dopo il massacro di Tessalonica. Morì infine a Milano il quattro aprile del 397. Sant'Ambrosio è uno dei quattro grandi Dottori della Chiesa latina.



    Noi ti lodiamo, benché indegni, o immortale Ambrogio, ed esaltiamo i doni magnifici che il Signore ha posti in te. Tu sei la Luce della Chiesa e il Sale della terra, con la tua dottrina celeste; sei il Pastore vigilante, il Padre tenero, il Pontefice invincibile: ma quanto il tuo cuore amò il Signore Gesù che noi aspettiamo! Con quale indomito coraggio sapesti a rischio della tua vita, opporti a coloro che bestemmiavano questo Verbo divino! Perciò hai meritato di essere scelto per iniziare, ogni anno, il popolo fedele alla conoscenza di Colui che è il Salvatore e il Capo. Fa' dunque penetrare fino al nostro occhio il raggio della verità che ti illuminava quaggiù; fa' gustare alla nostra bocca il sapore dolce della tua parola; tocca il nostro cuore d'un vero amore per Gesù che si avvicina di ora in ora. Ottieni, che sul tuo esempio, prendiamo con forza in mano la sua causa contro i nemici della fede, contro gli spiriti delle tenebre e contro noi stessi. Che tutto ceda, che tutto si annienti, che si pieghi ogni ginocchio, e che ogni cuore si confessi vinto, lavanti a Gesù Cristo Verbo del Padre, Figlio di Dio e figlio di Maria, nostro Redentore, nostro Giudice, nostro sommo bene.

    Glorioso Ambrogio, umiliaci come hai umiliato Teodosio; rialzacì contriti e mutati, come rialzasti lui nella tua pastorale carità. prega anche per il sacerdozio cattolico, di cui sarai per sempre una delle più nobili glorie. Chiedi a Dio per i Sacerdoti e i Vescovi della Chiesa quell'umile e inflessibile vigore con il quale debbono esistere alle potenze del secolo, quando queste abusano dell'autorità che Dio ha posto nelle loro mani. Che la loro fronte - secondo s parole del Signore - sia dura come il diamante; che sappiano opporsi come un muro per la casa d'Israele, e che stimino come il supremo onore, come la più felice sorte, di poter esporre i loro beni, loro riposo, la loro vita per la libertà della Sposa di Cristo.

    Valente campione della verità, armati di quella verga venditrice che la Chiesa ti ha data per attributo; e scaccia lontano dal regge di Gesù Cristo i resti impuri dell'Arianesimo che, sotto diversi nomi, si mostrano ancora ai nostri tempi. Che le nostre orecchie non siano più rattristate dalle bestemmie degli insipienti che osano misurare secondo la loro statura, giudicare, assolvere e condannare come loro simile il Dio terribile che li ha creati e che, solo per un motivo di amore per la sua creatura, si è degnato di discendere e di avvicinarsi all'uomo a rischio di esserne disprezzato.

    Allontana dalle nostre menti, o Ambrogio, quelle false e imprudenti teorie che fanno dimenticare ai cristiani che Gesù è il Re di questo mondo, e li portano a pensare che una legge umana, la quale riconoscesse uguali diritti all'errore e alla verità, potrebbe essere il più alto progresso della società. Fa' che essi comprendano, sul tuo esempio, che se i diritti del Figlio di Dio e della sua Chiesa possono essere calpestati, non per questo cessano di esistere; che la promiscuità di tutte le religioni sotto una eguale protezione è il più sanguinoso oltraggio verso Colui "al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra"; che i periodici disastri della società sono la risposta che dà dall'alto del cielo agli sprezzatori del Diritto cristiano, di quel Diritto che egli ha acquistato morendo sulla croce per gli uomini; che infine, se non dipende da noi di ristabilire quel sacro Diritto presso le genti che hanno avuto la disgrazia di rinnegarlo, è nostro dovere confessarlo coraggiosamente, sotto pena di essere complici di coloro i quali non hanno voluto più che Gesù regnasse su di loro.

    Infine in mezzo alle ombre che gravano sul mondo, consola, o Ambrogio, la santa Chiesa che è ormai come una estranea, una pellegrina attraverso le genti di cui fu la madre che hanno rinnegata; che essa colga ancor sulla sua strada, in mezzo ai suoi fedeli, i fiori della verginità; che sia l'amante delle anime nobili le quali comprendono la dignità della sposa di Cristo. Se fu così nei tempi gloriosi delle persecuzioni che segnalarono l'inizio del suo ministero, le sia dato ancora, nella nostra epoca di umiliazioni e di diserzioni, di consacrare al suo sposo una numerosa schiera di cuori puri e generosi, affinché la sua fecondità le sia di rivincita su quanti l'hanno respinta come madre sterile, ma della quale un giorno sentiranno crudelmente l'assenza.

    Consideriamo l'ultimo visibile preparativo alla venuta del Messia sulla terra: la pace universale. Al rumore delle armi è succeduto d'un tratto il silenzio, e il mondo si raccoglie nell'attesa. "Ora, ci dice san Bonaventura in uno dei suoi Sermoni sull'Avvento, dobbiamo enumerare tre specie di silenzio: il primo al tempo di Noè, dopo che tutti i peccatori furono sommersi; il secondo al tempo di Cesare Augusto, quando tutte le genti furono sottomesse; infine il terzo che avrà luogo alla morte dell'Anticristo, quando gli ebrei si saranno convertiti". O Gesù, Re pacifico, tu vuoi che il mondo sia in pace quando discenderai. L'hai annunciato per bocca del Salmista, il tuo avo secondo la carne, allorché egli ha detto parlando di te: "Farà cessare la guerra nell'universo intero; spezzerà l'arco, infrangerà le armi e getterà al fuoco gli scudi" (Sal 45,10). Che cosa significa tutto questo o Gesù? Significa che tu ti compiaci di trovare silenziosi e attenti i cuori che visiti. Significa che prima di venire tu stesso in un'anima, tu l'agiti nella tua misericordia come fu agitato il mondo prima di quella pace universale, e presto le rendi la calma che precede il tuo possesso. Oh! vieni subito a sottomettere le nostre potenze ribelli, ad abbattere le alture della nostra mente, a crocifiggere la nostra carne, a risvegliare la debolezza della nostra volontà, affinché il tuo ingresso in noi sia solenne al pari di quello di un conquistatore nella piazzaforte che ha conquistato dopo un lungo assedio. O Gesù, Principe della Pace, donaci la pace; prendi stabile sede nei nostri cuori, come ti sei stabilito nella tua creazione, in seno alla quale il tuo regno non avrà mai più fine.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 272-280

  5. #25
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  7. #27
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    8 DICEMBRE

    IMMACOLATA CONCEZIONE
    DELLA SANTISSIMA VERGINE



    La festa dell'Immacolata Concezione della Santa Vergine è la più solenne di tutte quelle che la Chiesa celebra nel sacro tempo dell'Avvento; e se è necessario che la prima parte dell'anno presenti la commemorazione di qualcuno dei misteri di Maria, non ve n'è alcuno il cui oggetto possa offrire più commoventi armonie con le pie preoccupazioni della Chiesa in questa mistica stagione della attesa. Celebriamo dunque con gioia questa solennità, poiché la Concezione di Maria presagisce la prossima Nascita di Gesù.

    L'intenzione della Chiesa, in questa festa, non è solo di celebrare l'anniversario dell'istante in cui ha inizio, nel seno della pia Anna, la vita della gloriosissima Vergine Maria; ma anche di onorare il sublime privilegio in virtù del quale Maria è stata preservata dal peccato originale che, per decreto supremo ed universale, tutti i figli di Adamo contraggono nell'istante stesso in cui sono concepiti nel seno delle loro madri. La fede della Chiesa cattolica che fu solennemente riconosciuta come rivelata da Dio stesso il giorno per sempre memorabile dell'8 dicembre 1854, questa fede proclamata dalla Sede apostolica per bocca di Pio IX, tra le acclamazioni di tutta la cristianità, ci insegna che nell'istante in cui Dio ha unito l'anima di Maria, che era stata appena creata, al corpo che essa doveva animare, quell'anima per sempre benedetta non solo non ha contratto la bruttura che invade in quel momento ogni anima umana, ma è stata riempita d'una grazia immensa che l'ha resa, fin da quell'istante, lo specchio della santità di Dio stesso, nella misura che è possibile per un essere creato.

    Questa sospensione della legge emessa dalla giustizia divina contro tutta la posterità dei nostri progenitori era motivata dal rispetto che Dio ha per la sua stessa santità. I rapporti che Maria doveva avere con la divinità, essendo non soltanto la Figlia del Padre celeste, ma chiamata a divenire la stessa Madre del Figlio e il Santuario ineffabile dello Spirito Santo, questi rapporti esigevano che nulla di immondo vi fosse, anche per un solo istante, nella creatura predestinata a così intime relazioni con l'adorabile Trinità; che nessun'ombra avesse mai oscurato in Maria la purezza perfetta che Dio sommamente santo vuol trovare anche negli esseri che chiama a godere in cielo della sua semplice visione; in una parola, come dice il grande Dottore sant'Anselmo: "Era giusto che fosse ornata d'una purezza superiore alla quale non se può concepire una maggiore se non quella di Dio stesso, questa vergine a cui Dio Padre doveva dare il Figlio suo in un modo tanto speciale, in quanto quel Figlio sarebbe divenuto per natura il Figlio comune ed unico di Dio e della Vergine; questa Vergine che il Figlio doveva eleggere per farne sostanzialmente la Madre sua, e nel seno della quale lo Spirito Santo voleva operare la concezione e la nascita di Colui dal quale egli stesso procedeva" (De Conceptu Virginali, cap. xviii).

    Nello stesso tempo, le relazioni che il figlio di Dio doveva contrarre con Maria, relazioni ineffabili di tenerezza e di rispetto filiale, essendo state eternamente presenti al suo pensiero, obbligano a concludere che il Verbo divino ha provato per quella Madre che doveva avere nel tempo, un amore di natura infinitamente superiore a quello che provava per tutti gli esseri creati dalla sua potenza. L'onore di Maria gli è stato caro sopra ogni cosa, perché doveva essere la Madre sua, e lo era già nei suoi eterni e misericordiosi disegni. L'amore del Figlio ha dunque protetto la Madre; e se quest'ultima, nella sua sublime umiltà, non ha respinto alcuna delle condizioni alle quali sono sottomesse tutte le creature di Dio, alcuna delle esigenze stesse della legge di Mosè che non era stata emessa per lei, la mano del Figlio divino ha annullato per essa l'umiliante barriera che trattiene ogni figlio di Adamo che viene in questo mondo e gli chiude il sentiero della luce e della grazia, fino a quando non sia stato rigenerato in una nuova nascita.

    Il Padre celeste non poteva fare per la nuova Eva meno di quanto aveva fatto per l'antica, la quale fu costituita fin da principio, al pari del primo uomo, nello stato di santità originale in cui non seppe mantenersi. Il Figlio di Dio non poteva soffrire che la donna dalla quale avrebbe attinto la sua natura umana avesse alcunché da invidiare a colei che era stata la madre di prevaricazione. Lo Spirito Santo, che doveva coprirla con la sua ombra e renderla feconda con la sua divina operazione, non poteva permettere che la sua Diletta fosse anche per un solo istante intaccata dalla vergognosa macchia nella quale noi siamo concepiti. La sentenza è universale, ma una madre di Dio doveva esserne esente. Dio autore della legge, Dio che ha posto liberamente tale legge, non era padrone forse di esentarne colei che aveva destinata ad esserle unita in tanti modi? Lo poteva, e lo doveva: quindi l'ha fatto.

    Non era forse questa gloriosa eccezione che egli stesso annunciava nel momento in cui comparvero dinanzi alla sua maestà offesa i due prevaricatori dai quali noi siamo usciti? La promessa misericordiosa discendeva su noi nell'anatema che cadeva sul serpente: "Porrò io stesso - diceva Dio - una inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e il suo frutto; ed essa ti schiaccerà il capo". Così era annunciata la salvezza alla famiglia umana sotto la forma di una vittoria contro Satana; e questa vittoria è la Donna che doveva riportarla per tutti noi. E non si dica che sarà solo il figlio della donna a riportare tale vittoria: il Signore ci dice che l'inimicizia della donna contro il serpente sarà personale, e che, con il suo piede vittorioso, essa schiaccerà il capo dell'odioso rettile; in una parola, che la nuova Eva sarà degna del nuovo Adamo, vittoriosa come lui; che la stirpe umana un giorno sarà vendicata, non solo dal Dio fatto uomo, ma anche dalla Donna miracolosamente sottratta ad ogni contagio del peccato; di modo che la creazione primigenia nella santità e nella giustizia (Ef 4,24) riapparirà in essa, come se non fosse stata commessa la prima colpa. Rialzate dunque il capo, figli di Adamo, e scuotete le vostre catene. Oggi l'umiliazione che pesava su di voi è annientata. Ecco che Maria la quale è vostra carne e vostro sangue, ha visto retrocedere davanti a sé il torrente del peccato che trascina tutte le generazioni: l'alito del drago infernale si è distolto per non contaminarla; la primiera dignità della vostra origine è in essa ristabilita. Salutate dunque questo giorno benedetto in cui è rinnovata la primitiva durezza del vostro sangue: è apparsa la nuova Eva; e dal suo sangue che è anche il vostro, salvo il peccato, essa vi darà tra poche ore, il Dio-uomo che procede da lei secondo la carne come viene dal Padre suo per eterna generazione.

    E come potremmo non ammirare la purezza incomparabile di Maria nella sua immacolata concezione, quando sentiamo, nel divino Cantico, lo stesso Dio, che così l'ha preparata per essere la Madre sua, dirle con l'accento d'una compiacenza piena d'amore: "Sei tutta bella, o mia diletta, e in te non vi è alcuna macchia" (Ct 4,7)? È il Dio di ogni santità che parla; il suo occhio che tutto penetra non scopre in Maria alcuna traccia, alcuna cicatrice di peccato; ecco perché si compiace in lei e la felicita del dono che si è degnato di farle. Dopo di ciò stupiremo ancora che Gabriele, disceso dal cielo per recarle il divino messaggio, sia preso d'ammirazione alla vista di quella purezza della quale il punto di partenza è stato tanto glorioso, e i progressi senza limiti? Che si inchini profondamente dinanzi a simile meraviglia e dica: "Ave, Maria, piena di grazia"? Gabriele vive la sua vita immortale al centro di tutte le bellezze della creazione, di tutte le ricchezze del cielo; è il fratello dei Cherubini e dei Serafini, dei Troni e delle Dominazioni; il suo sguardo percorre senza posa le nove gerarchie angeliche dove la luce e la santità risplendono sovranamente, aumentando sempre di grado in grado; ma ecco che ha trovato sulla terra, in una creatura di rango inferiore agli Angeli, la pienezza della grazia, di quella grazia che è stata data solo limitatamente agli Spiriti celesti, e che abita in Maria fin dal primo istante della sua creazione. È la futura Madre di Dio sempre santa, sempre pura, sempre immacolata.

    Questa verità rivelata agli Apostoli dal divin Figlio di Maria, ricevuta dalla Chiesa, insegnata dai santi Dottori, creduta con fedeltà sempre maggiore dal popolo cristiano, era contenuta nella nozione stessa di Madre di Dio. Credere Maria Madre di Dio significava già credere implicitamente che colei in cui doveva realizzarsi questo titolo sublime non aveva avuto mai nulla di comune con il peccato, e che Dio l'avrebbe in ogni modo preservata. Ma d'ora in poi l'onore di Maria è fondato sulla sentenza esplicita che ha dettato lo Spirito Santo. Pietro ha parlato per bocca di Pio IX; e quando Pietro ha parlato, ogni fedele deve credere, poiché il Figlio di Dio ha detto: "Ho pregato per te, o Pietro, perché non venga meno la tua fede" (Lc 22,32); e ha detto ancora: "Vi manderò lo Spirito di verità che rimarrà con voi per sempre, e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho insegnato" (Gv 14,26).

    Il simbolo della nostra fede ha dunque acquistato non una nuova verità, ma una nuova luce sulla verità, che era già in precedenza oggetto della credenza universale. In questo giorno, il serpente infernale ha sentito di nuovo la vittoriosa pressione del piede della Vergine Madre e il Signore si è degnato di darci il pegno più prezioso delle sue misericordie. Egli ama ancora questa terra colpevole, poiché si è degnato di illuminarla tutta con uno dei più bei raggi della gloria della Madre sua. Non ha forse trasalito questa terra? Qualche cosa di grande si compì in questa metà del XIX secolo, e attenderemo d'ora innanzi i tempi con maggiore fiducia, poiché, se lo Spirito Santo ci avverte di temere per i giorni in cui le verità diminuiscono presso i figli degli uomini, ci dice abbastanza chiaramente con ciò che dobbiamo considerare come beati i giorni in cui le verità aumentano per noi in luce e in autorità.

    Nell'attesa della solenne proclamazione di questo dogma, la santa Chiesa lo confessava già ogni anno celebrando la festa di oggi.

    Tale festa non era chiamata, è vero, l'Immacolata Concezione, ma semplicemente la Concezione di Maria. Tuttavia, il fatto della sua istituzione e della sua celebrazione esprimeva già abbastanza la credenza della cristianità. San Bernardo e il Dottore Angelico concordano nell'insegnare che la Chiesa non può celebrare la festa di ciò che non è santo; la Concezione di Maria fu dunque santa ed immacolata, perché la Chiesa, da tanti secoli, l'onora con una festa speciale. La Natività di Maria è oggetto d'una solennità nella Chiesa, perché Maria nacque piena di grazia; se dunque il primo istante della sua esistenza fosse stato segnato dal comune contagio, la sua Concezione non avrebbe potuto essere oggetto d'un culto. Ora, vi sono poche feste così universali e meglio stabilite nella Chiesa di quella che celebriamo oggi.

    Come potrebbero gli uomini non porre tutta la loro gioia nell'onorarti, o divina aurora del Sole di giustizia? Non rechi forse ad essi, in questi giorni, la notizia della loro salvezza? Non sei forse, o Maria, quella radiosa speranza che viene d'un tratto a brillare nel seno stesso dell'abisso della desolazione? Che cosa saremmo diventati senza il Cristo che viene a salvarci? e tu sei la sua Madre sempre diletta, la più santa delle creature di Dio, la più pura delle vergini, la più amante delle madri!

    O Maria, che la tua dolce luce allieti deliziosamente i nostri occhi stanchi! Di generazione in generazione, gli uomini si succedevano sulla terra; guardavano il cielo con inquietudine, sperando ad ogni istante di veder spuntare all'orizzonte l'astro che avrebbe dovuto strapparli all'errore delle tenebre; ma la morte aveva chiuso i loro occhi, prima che avessero anche solo potuto intravvedere l'oggetto dei loro desideri. Era riserbato a noi di vederti ascendere radiosa, o Stella splendente del mattino, i cui raggi benedetti si riflettono sulle onde del mare, e gli arrecano la calma dopo una notte di tempesta! Oh, prepara i nostri occhi a contemplare lo splendore vittorioso del sole divino che s'avanza dietro a te! Prepara i nostri cuori, poiché è ai nostri cuori che egli vuol rivelarsi. Ma per meritare di vederlo, i nostri cuori bisogna che siano puri; preparali dunque tu che sei la Immacolata e la Purissima! Fra tutte le feste che la Chiesa ha consacrate in tuo onore, la divina Sapienza ha voluto che quella della tua Concezione immacolata si celebrasse in questi giorni dell'Avvento, affinché i figli della Chiesa, pensando con quale divina gelosia il Signore ha preso cura di allontanare da te ogni contatto di peccato, in onore di Colui del quale dovevi essere la Madre, si preparassero anch'essi a riceverlo con la rinuncia assoluta a tutto ciò che è peccato e affetto al peccato. Aiutaci, o Maria, ad operare questo grande cambiamento. Distruggi in noi, con la tua Concezione Immacolata, le radici della cupidigia, spegni le fiamme della voluttà, abbassa le alture della superbia. Ricordati che Dio ti ha scelta come sua abitazione per venire quindi a porre la sua dimora in ciascuno di noi.

    O Maria, Arca dell'alleanza formata di legno incorruttibile, rivestita del più puro oro, aiutaci a corrispondere ai disegni ineffabili del Dio che, dopo essersi glorificato nella tua incomparabile purezza, vuole ora glorificarsi nella nostra indegnità, e non ci ha strappati al demonio che per fare di noi il suo tempio e la sua più diletta dimora. Vieni in nostro aiuto tu che, per la misericordia del Figlio tuo, non hai mai conosciuto il peccato, e ricevi in questo giorno i nostri omaggi. Poiché tu sei l'Arca di Salvezza che galleggia sola sulle acque del diluvio universale; il bianco Vello bagnato di celeste rugiada mentre tutta la terra rimane nella siccità; la Fiamma che le acque immani non hanno potuto spegnere; il Giglio che fiorisce fra le spine; il Giardino chiuso al serpente infernale; la Fonte sigillata, la cui limpidezza non fu mai intorbidata; la Casa del Signore sulla quale i suoi occhi si sono sempre posati e nella quale non può entrare nulla di immondo; la mistica città di cui si narrano tante meraviglie (Sal 86). Noi troviamo gusto nel ripetere i tuoi titoli d'onore, o Maria, poiché ti amiamo, e la gloria della Madre è anche dei figli. Continua a benedire e a proteggere coloro che onorano il tuo augusto privilegio nel giorno della tua concezione; e affrettati a nascere, a concepire l'Emmanuele, a darlo alla luce e a mostrarlo al nostro amore.



    EPISTOLA (Pr 8,22-35). - Il Signore mi possedette all'inizio delle sue opere, fin da principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra: non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti delle acque rigurgitavano, non ancora le montagne s'eran formate sulla grave mole. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva fatto ancora né la terra, né i fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava i cieli io ero presente, quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l'abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i suoi confini e dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra io ero con lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia scherzavo dinanzi a lui continuamente, scherzavo nell'universo: è mia delizia stare coi figli degli uomini. Or dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per diventare saggi, non li ricusate. Beato l'uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, ed aspetta all'ingresso della mia casa. Chi troverà me avrà trovata la vita, e riceverà dal Signore la salute.



    L'Apostolo ci insegna che Gesù, il nostro Emmanuele, è il primogenito di ogni creatura (Col 1,15). Queste profonde parole significano che egli è, in quanto Dio, eternamente generato dal Padre; ma esprimono inoltre che il Verbo divino, in quanto uomo, è anteriore a tutti gli esseri creati. Tuttavia questo mondo era uscito dal nulla e il genere umano abitava questa terra da lunghi secoli quando il Figlio di Dio si unì ad una natura creata. È dunque nell'eterna intenzione di Dio, e non nell'ordine dei tempi che bisogna cercare questa anteriorità dell'Uomo-Dio su ogni creatura. L'Onnipotente ha innanzitutto risoluto di dare al suo eterno Figlio una natura creata, la natura umana, e in seguito a una tale risoluzione, di creare perché fossero il dominio di quell'Uomo-Dio tutti gli esseri spirituali e corporali. Ecco perché la divina Sapienza, il Figlio di Dio, nel brano della scrittura che la Chiesa ci presenta oggi e che abbiamo or ora letto, insiste sulla sua preesistenza rispetto a tutte le creature che formano questo mondo. Come Dio, egli è generato da tutta l'eternità nel seno del Padre suo; come uomo, era nel pensiero di Dio il tipo di tutte le creature, prima che esse fossero uscite dal nulla. Ma il figlio di Dio, per essere un uomo come noi secondo il decreto divino, doveva nascere nel tempo, e nascere da una Madre: questa Madre è stata dunque eternamente presente al pensiero di Dio come il mezzo con il quale il Verbo assumeva la natura umana. Il Figlio e la Madre sono dunque uniti nello stesso piano dell'Incarnazione; Maria era dunque presente come Gesù nel decreto divino, prima che la creazione uscisse dal nulla. Ecco, perché, fin dai primi tempi del cristianesimo, la santa Chiesa ha riconosciuto la voce della Madre unita a quella del Figlio in questo sublime passo del libro sacro, ed ha voluto che si leggesse nell'assemblea dei fedeli, come gli altri passi analoghi della Scrittura, nelle solennità della Madre di Dio. Ma se Maria ha un'importanza tale nel piano eterno; se, come il Figlio suo, è in quel senso prima di ogni creatura, poteva Dio permettere che fosse soggetta al contagio originale nel quale incorre tutta la specie umana? Senza dubbio essa sarebbe nata a sua volta, come pure il Figlio, in un tempo determinato; ma la grazia avrebbe deviato il corso del torrente che trascina tutti gli uomini, affinché non fosse neanche toccata e trasmettesse al Figlio suo, che doveva essere ancora il Figlio di Dio, l'essere umano primogenito che fu creato nella santità e nella giustizia.



    VANGELO (Lc 1,26-28). - In quel tempo: l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazareth, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrata da lei, l'Angelo disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne!



    Questo è il saluto che reca a Maria l'Arcangelo disceso dal cielo. Tutto vi spira ammirazione e umilissimo rispetto. Il santo Vangelo ci dice che a quelle parole la Vergine si sentì turbata, e chiedeva a se stessa che cosa potesse significare simile saluto. Le Sacre Scritture ne riportano parecchi altri e - come notano i Padri, sant'Ambrogio e sant'Andrea di Creta seguendo Origene - che non ve n'è uno che contenga simili elogi. La Vergine prudente dové dunque stupire di essere l'oggetto di un linguaggio così lusinghiero, e - come rilevano gli autori dell'antichità - dové pensare al colloquio fra Eva e il serpente. Si chiuse dunque nel silenzio, e attese, per rispondere se l'Arcangelo avesse parlato per la seconda volta.

    Tuttavia Gabriele aveva parlato non solo con tutta l'eloquenza, ma anche con tutta la profondità di uno spirito celeste iniziato ai pensieri divini; e nel suo linguaggio sovrumano annunciava che era giunto il momento in cui Eva si trasformava in Maria. Davanti a lui c'era una donna destinata alle più sublimi grandezze, la futura Madre di Dio; ma in quell'istante solenne Maria era ancora solo una figlia degli uomini. Ora, in quel primo stato, calcolate la santità di Maria quale la descrive Gabriele, e comprenderete che l'oracolo divino del paradiso terrestre ha già ricevuto in essa il compimento.

    L'Arcangelo la proclama piena di grazia. Che cosa significa ciò, se non che la seconda donna possiede in sé l'elemento di cui il peccato privò la prima? E notate che non è detto solo che opera in essa la grazia divina ma che ne è ripiena. "In altri abita la grazia - dice san Pier Crisologo - ma in Maria abita la pienezza della grazia". In essa tutto risplende della purezza divina, e il peccato non ha mai gettato la sua ombra sulla sua bellezza. Volete conoscere la portata dell'espressione angelica? Chiedetela alla lingua stessa di cui si è servito il narratore di simile scena. I grammatici ci insegnano che l'unico termine che egli usa sorpassa ancora quello che noi esprimiamo con "piena di grazia". Non solo esprime lo stato presente, ma anche il passato, una incorporazione innata della grazia, la sua attribuzione piena e completa e la sua permanenza totale. È stato necessario mitigare il termine nel tradurlo.

    Se poi cerchiamo un testo analogo nelle Scritture, per penetrare i termini della traduzione mediante un raffronto, possiamo interrogare l'Evangelista san Giovanni. Parlando dell'umanità del Verbo incarnato, egli la designa con una parola sola: dice che è "piena di grazia e di verità". Ma questa pienezza sarebbe reale se fosse stata precduta da un solo momento in cui il peccato occupava il posto della grazia? Si chiamerà forse pieno di grazia chi avesse avuto bisogno di essere purificato? Senza dubbio bisogna tener conto rispettosamente della distanza che separa l'umanità del Verbo incarnato dalla persona di Maria nel cui seno il Figlio di Dio ha attinto quella umanità; ma il testo sacro ci costringe a confessare che la pienezza della grazia ha regnato proporzionalmente nell'una e nell'altro.

    Gabriele continua ad enumerare le ricchezze soprannaturali di Maria. "Il Signore è con te", le dice. Che cosa significa questo, se non che prima di aver concepito il Signore nel suo purissimo seno, Maria lo possiede già nell'anima sua? Ora, queste parole potrebbero forse ancora aver ragione di essere se si dovesse intendere che quella unione con Dio non è stata perpetua e che è avvenuta solo dopo l'espulsione del peccato? Chi oserebbe dirlo? Chi oserebbe pensarlo, quando il linguaggio dell'Arcangelo è di tanta gravità? Chi non sente qui il contrasto tra Eva nella quale non abita più il Signore, e la seconda donna che, avendolo ricevuto in se stessa come Eva, fin dal primo istante della sua esistenza, l'ha custodito con la sua fedeltà essendo rimasta così come fu fin dal principio?

    Per ancor meglio l'intenzione del discorso di Gabriele che ha annunciato il compimento dell'oracolo divino e indica qui la donna promessa come strumento della vittoria su satana, ascoltiamo le ultime parole del saluto. "Tu sei benedetta fra le donne": che cosa significa questo, se non che, essendo stata ogni donna, da Eva in poi, sotto la maledizione, condannata a partorire nel dolore, ecco ora l'unica, colei che è sempre stata nella benedizione, che è stata l'eterna nemica del serpente, e che darà senza dolore il frutto del suo seno?

    L'Immacolata Concezione di Maria è dunque espressa nel saluto che le rivolge Gabriele; e comprendiamo ora il motivo che ha portato la santa Chiesa a scegliere quel brano del Vangelo per farlo leggere oggi nell'assemblea dei fedeli.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 280-289



  8. #28
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    Predefinito Rif: 7 dicembre: Sant'Ambrogio vescovo confessore e dottore della Chiesa

    8 dicembre 2009
    Sesto delle Idi.

    Bianco. Martedì. IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA, doppio di 1ª classe con Ottava comune.

    MESSA propria, Gloria, 2ª orazione della feria, Credo, Prefazio della Beata Vergine Maria (In Conceptione immaculata) per tutta l'Ottava (se non altrimenti annotato), Ite, Missa est, ultimo Vangelo di san Giovanni.

    Fonte: Una Voce Venetia

  9. #29
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    Predefinito Rif: 8 dicembre: Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

    Jusepe De Ribera, Immacolata Concezione, XVII sec., Museo del Prado, Madrid

  10. #30
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    Predefinito Rif: 8 dicembre: Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

    Bartolomé Esteban Murillo, L'Immacolata Concezione, 1665 circa, Museo del Prado, Madrid

 

 
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