Contro l´emigrazione, solo l´indipendenza
Approfitto dell´ospitalità che mi offrono il /Corriere della Sila /e il
collega Basile per mandare un saluto ai compagni e ai patrioti
meridionali che mi hanno accolto con simpatia e ascoltato pazientemente
in occasione dell´incontro sul futuro delle nostre popolazioni e dei
nostri lavoratori dopo 144 anni di colonizzazione toscopadana.
Come ha chiarito una volta per tutte Paolo Cinanni, un esperto della
questione silana e dei problemi dell´emigrazione - una persona che i
vecchi sangiovannesi credo ricordino con affetto - tutta la `questione
meridionale´ si coagula in due concetti: la mancanza di lavoro e l´uso
disinvolto, a prezzi stracciati - antinazionale e a pericolo di vita -
dei disoccupati meridionali da parte del grande capitalismo americano ed
europeo.
Il Sud d´Italia alleva i suoi figli e li prepara a produrre, ma poi non
ha la libertà `nazionale´ per godere dei risultati del loro lavoro.
La perdita è doppia. In primo luogo i figli costano. In secondo luogo la
ricchezza prodotta altrove dagli emigrati non torna nei luoghi
d´appartenenza, o vi torna in misura irrisoria. Nessun borgo
meridionale, che abbia dato al mondo del capitale una quota rilevante
della sua popolazione, come San Giovanni in Fiore, è arricchito.
Lo Stato italiano non ha mai inteso combattere il secolare problema
dell´esodo migratorio. Anzi lo ha fomentato. Questo non solo al Sud, ma
in tutte le regioni sottoposte alla sua sovranità. La prima grande fuga
di popolazione italiana, quella verso le Americhe (1870 -1914), fu ben
accolta in quanto portava valuta estera nelle casse delle banche
nostrane. Unico dispiacere era la perdita di un fante per l´esercito in
armi. L´incalcolabile ricchezza prodotta con le lacrime e il lavoro di
chi era andato via, fu usata per creare le industrie di Genova, Milano e
Torino, che altrimenti non ci sarebbero mai state.
Anche il secondo esodo di massa - e San Giovanni piange ancora i suoi
figli caduti - fu entusiasticamente voluto dal governo nazionale.
Infatti portava braccia, che costavano poco, al padronato industriale.
Inoltre arricchiva, senza che dovessero muovere un dito, i padroni di
casa milanesi e torinesi.
La terza emigrazione, quella odierna, si muove più lentamente. In genere
sono i giovani laureati nelle università del Centrosettentrione che non
vogliono più tornare a casa. La nostalgia per il paese natale che c´è in
"/Partono i bastimenti pè terre assai luntane/" o in "/Torna a
Surriento/", ce la possiamo dimenticare. Non si parte più dalla nostra
terra con rimpianto. Chi parte non sente nostalgia per il paese di
origine. Una quota rilevante delle persone che vanno via, è fatta di
fuggiaschi da una terra inospitale e a basso tenore di civismo, dove
imperano la mafia e la corruzione politica.
E non sarebbe possibile una situazione diversa. Il commercio della droga
fa comodo alle banche, che incettano la liquidità dei mafiosi e la
drenano su Milano, su Zurigo, su Barcellona. La corruzione politica è il
sistema con cui il Nord domina e asservisce il Sud. E´ un ricatto del
sistema padano e dello Stato verso i meridionali. "Se volete che vi
sistemi il figlio, le persone che possono aiutarvi sono Tizio, Caio e
Sempronio. Votate per loro, e io Stato avallerò il favoritismo".
Il Sud è una nazione di 20 milioni di abitanti, un paese parecchie volte
più grande del Belgio, dell´Olanda, della Svizzera e di molti altri
Stati nazionali. Al momento dell´unità italiana era il più grande degli
Stati italiani, il più ricco di moneta, il più avanti industrialmente
(vendeva locomotive al Piemonte), il più istruito (aveva infatti i tre
quinti di tutti gli studenti universitari italiani), possedeva una
flotta militare e una flotta mercantile poderose. Certo aveva i suoi
gravi e antichi problemi, ma come aveva risolto in meno di un secolo i
problemi inerenti al commercio, così avrebbe sicuramente risolto il
problema di far rendere di più la terra.
La nostra proposta è di tornare all´indipendenza politica, allo Stato
delle Due Sicilie, per difendere il quale sono caduti in combattimento e
nei campi piemontesi di sterminio più di centomila contadini
meridionali. Il capitalismo americano e quello europeo potrebbero
persino essere sulla soglia di un totale fallimento. Oggi vi domina il
capitale che non produce. I capitalisti si arricchiscono con gli
appalti, le privatizzazioni, gli intrallazzi. In Italia, parecchi
acquedotti sono stati privatizzati, con gran rovina delle popolazioni.
Si privatizza tutto, dalla nettezza urbana all´elettricità, dal telefono
ai certificati di nascita. Rendite, rendite, nient´altro che rendite. Un
quintale di grano, sul mercato mondiale, costa 12 dollari (meno di 10
euro), ma un quintale di pane arriva ai consumatori per circa 120 euro,
dodici volte il prezzo del grano. E fra non molto non sarà più il
fornaio sotto casa a guadagnarsi la giornata, ma il Mulino Bianco a
spedirvi da Parma un pane in confezione a vuoto d´aria.
Il mondo potrà tornare nei limiti della esistenza umana se la gente
riuscirà a porre fine al carnevale capitalistico, che sta distruggendo
la Terra e gli uomini. Per noi il cammino è più facile che altrove, più
breve. E si chiama indipendenza. Siamo un grande popolo con una grande
storia, che lo Stato italiano ha umiliato e umilia. Possediamo tutte le
risorse che occorrono alla rinascita. L´Italia si è impossessata di
tutto, a cominciare dal nome Italia. Basta veramente poco per veder
tornare a sorridere i nostri figli e nipoti.
Nicola Zitara
P.S.:
questo articolo l'ho copiato dal mensile
"Il nuovo corriere della Sila"
AnnoXV (nuova serie) n°6 -5 Giugno dell'anno 2005
www.eleaml.org