Francesca Martini
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La materia, delicata e complessa, non può essere trattata in modo sommario e attraverso un’informazione spesso mendace e quasi sempre superficiale, così come avviene da parte dei promotori del referendum. La legge, che peraltro sta dando ottimi risultati applicativi con una incidenza di gravidanze uguale o maggiore a quella precedente alla sua approvazione, potrà nel tempo essere eventualmente migliorata, anche se non va dimenticato che la sua promulgazione nel febbraio 2004 è stata il frutto di lunghi anni di lavoro, numerose audizioni, la ricerca di equilibri e il tentativo di fissare i paletti su valori fondamentali per il nostro presente ed il nostro futuro.
Sono Capogruppo nella commissione Affari sociali e quindi mi sono impegnata direttamente per l’approvazione di questa legge, mi sento moralmente tenuta a difenderla e a questo fine sono anche uno dei 121 soci fondatori del Comitato “Scienza e Vita” che Voi senz’altro conoscete.
Considerato che anche la Costituzione italiana prevede che dinnanzi alla consultazione referendaria, il parere del cittadino possa essere espresso anche attraverso la non partecipazione, nel nome della verità, ritengo che la scelta migliore in questo caso sia proprio quella dell’astensione. I promotori dei referendum, umili servi della dittatura del relativismo dove l’etica non è più un bene della comunità ma una scelta personale, mettono ogni scelta sullo stesso piano (tutto è equivalente: il figlio naturale e quello in vitro, il rapporto tra uomo e donna e quello tra due uomini; l’amore materno e l’utero in affitto) in nome del motto “ognuno faccia ciò che vuole”.
Uno dei tanti aspetti inaccettabili di questa campagna referendaria improntata sulla mistificazione della realtà è quello di chiamare in causa dieci milioni di malati, agitando la speranza di una guarigione legata alla sovrapproduzione di embrioni disponibili per la ricerca. Sostenere che le cellule staminali embrionali rappresentano la via necessaria per lo sviluppo di terapie cellulari salvavita è una vera e propria falsità. La ricerca infatti, sulla base dei risultati, si sta positivamente indirizzando verso le cellule staminali adulte ed estratte dal cordone ombelicale. È follia orientare altrove tempo e risorse. Non esistono terapie, nemmeno sperimentali che implichino necessariamente l’impiego di cellule staminali embrionali, né si può attualmente prevedere se e quando questo sarà possibile, data la scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule cosiddette “totipotenti” e la loro intrinseca possibile tendenza a degenerare in cellule cancerose.
La legge 40/2004 evita il permanere, in Italia, di squallidi mercati finalizzati al profitto, tramite la produzione e la clonazione di embrioni. Ricorrere a cellule non embrionali farebbe venire meno i profitti da capogiro che si nascondono dietro ai proclami di libertà scientifica.
Un altro modo per raccontare bugie è nascondere la verità.
I dati pubblicati sui primi risultati applicativi della legge 40 evidenziano un impatto ininfluente o addirittura positivo sulle statistiche delle gravidanze instauratesi.
Uno dei quesiti referendari riguarda essenzialmente i “rischi per le donne” (che secondo i promotori del referendum verrebbero accresciuti dalla legge 40) e chiede una revisione sui limiti dell’accesso alla procreazione, in funzione di un maggior successo. I referendari sostengono che se vengono impiantati solo tre embrioni (limite stabilito dalla legge) c’è il rischio di non vederne attecchire nessuno e di conseguenza la donna sarà costretta a sottoporsi ad un secondo impianto. La verità è che se vengono impiantati, quattro, cinque o otto embrioni le speranze di successo non aumentano, anzi. Aumentano i fattori di rischio per la donna e i nascituri. La soluzione obbligata, a quel punto, è quella dell’aborto selettivo multiplo di un certo numero di embrioni o di feti (riduzione embrionale). L’applicazione della legge, evita il bombardamento ormonale delle donne, dal momento che, per produrre più ovuli, occorrerebbero stimolazioni estremamente pesanti.
Chi propone i referendum vorrebbe, tra le altre cose, che la legge permettesse la diagnosi pre-impianto indiscriminatamente e non al fine di tutelare la salute e lo sviluppo dell’embrione stesso; consentendo di eseguire la selezione genetica preimpiantatoria per scegliere i sani ed eliminare i malati, o meglio “i probabili malati”, o magari quelli che potrebbero ammalarsi in futuro. La diagnosi pre-impianto, oggi decantata come lo strumento necessario per evitare l’insorgenza di malattie gravissime, apre le porte all’eugenetica applicata su larga scala, cioè alla selezione della razza cui già la storia annovera qualche infelice tentativo e, nonostante gli elevatissimi costi economici ed umani permette di riconoscere un numero esiguo di patologie genetiche
Da ultimo, avviandomi alla conclusione, non posso tacere su uno dei quesiti più importanti di questi referendum, ossia quello che vorrebbe cancellare il divieto della fecondazione eterologa. Evidenti sono i conflitti che potrebbero scaturire, se su questo argomento vincesse il fronte dei “sì”, fra il diritto all’anonimato del donatore/donatrice; venditore/venditrice di gameti e il diritto dei figli a conoscere i loro genitori biologici, nonché a non contrarre matrimoni incestuosi con consanguinei (dunque a conoscere anche i fratellastri biologici).
Il bambino ha un diritto naturale inviolabile, che gli può solo essere riconosciuto e mai tolto a priori: avere un’identità certa, un unico padre e un’unica madre biologici, una coincidenza tra padre genetico e padre affettivo, tra madre genetica e madre affettiva, oltre ovviamente agli istituti riparatori dell’affidamento e dell’adozione.
Questa vasta gamma di implicazioni rende la fecondazione eterologa priva di qualsivoglia tutela costituzionale in quanto, sotto molteplici aspetti, lede la dignità della persona.
Francesca Martini
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[Data pubblicazione: 12/06/2005]