Nella diocesi di Tempio-Ampurias, alla richiesta sottoscritta dai fedeli della piccola cittadina di Luras (SS), il Vescovo, Mons. Paolo Atzei cosí risponde:
“… a scanso di equivoci, ti dico episcopalmente due semplici cose:
1. Manca il conforto del tuo Parroco, essenziale perché io possa capire e agire in comunione ecclesiale.
2. Non sarò mai il vescovo che né in diocesi, né tanto meno a Luras opera quella inversione di tendenza, forse auspicata da te e qualche altro del luogo, per un ritorno di tipo preconciliare. Né mai permetterò che altri in diocesi celebrino secondo quel Messale!
…
Soprattutto avete bisogno di camminare nella Chiesa, come Chiesa, con la Chiesa per il suo Sposo e Signore Gesú Cristo.
Con una benedizione, perché tu e tutti i proséliti di “Una Voce Sardinia”, se ce ne sono (?), vi "convertiate" a camminare in comunione di fede, di culto, di disciplina con tutta la Chiesa.
(Le virgolette e i corsivi sono proprii del Vescovo)
La risposta, come si comprende súbito, è incredibile!
Innanzi tutto, questo sig. Vescovo non ha mai letto i documenti della Chiesa riguardanti la concessione del permesso per la celebrazione della S. Messa tradizionale, e se li ha letti: o non ha capito niente o fa finta di non capire.
Nella lettera Quattuor abhinc annos, non si parla affatto del “conforto” del Parroco, che è dunque una mera invenzione del Vescovo. D’altronde, sarebbe come dire che la celebrazione della S. Messa tradizionale dovrebbe previamente ricevere il placet del Parroco: solo cosí il Vescovo potrebbe “capire e agire” in comunione ecclesiale.
Incredibile, ma vero, questo Vescovo ha scambiato la comunione cum Ecclesia con la cosiddetta concertazione socio-politica moderna: ma allora lui che ci sta a fare? O crede di essere un capo popolo che per decidere opportunamente deve prima consultare la “base”? Non ricorda piú, questo Vescovo, che lui deve fare ciò che ha comandato nostro Signore in piena comunione con gli altri Vescovi e con il Soglio Pontificio?
E cosa dicono gli altri Vescovi?
Che in centinaia e centinaia di diocesi (comprese 23 diocesi italiane) della Chiesa Cattolica Apostolica Romana di rito romano si célebrano migliaia di SS. Messe col rito preconciliare.
Se questo Vescovo non lo sa, si informi! E se, informatosi, non gliene importa niente, la smetta di parlare di “comunione ecclesiale” e dica chiaramente che lui considera la Chiesa particolare di Tempio-Ampurias come una sua proprietà privata.
E cosa dice il Soglio Pontificio?
«… in virtù della mia Autorità Apostolica, stabilisco quanto segue: …
c) inoltre, dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962 (Motu Proprio Ecclesia Dei, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, 2 luglio 1988) »
Lo ha letto, questo sig. Vescovo, il Motu Proprio Ecclesia Dei?
Ha letto che il Papa dice: “in virtú della mia Autorità Apostolica… dovrà…”?
Lo sa, questo sig. Vescovo che cos’è (o cosa dovrebbe essere per lui) l’Autorità Apostolica?
Se sí, è incredibile il suo linguaggio, è offensiva la sua risposta, è pericoloso il suo atteggiamento.
Incredibile, perché sembra che non abbia capito niente. “Non sarò mai il vescovo…” - dice. Come dire che a lui, non solo non gliene importa niente dei fedeli, ma non gliene importa niente nemmeno del Papa. Dimostrando che non ha capito niente né del Motu Proprio, né della sua ordinazione episcopale.
Offensiva, perché sembra che ritenga di potersi rivolgere ai fedeli considerandoli degli imbecilli, dei minorati mentali non in grado di intendere e di volere: alla faccia della carità pastorale.
Pericoloso, perché dal tono e dalle parole usate si comprende facilmente che questo Vescovo si ritiene il detentore esclusivo della verità. “Né mai permetterò…”. Ma chi si crede di essere?
Come non sospettare fortemente che egli creda di essere il padrone assoluto della Chiesa di nostro Signore?
E se questo atteggiamento non può dirsi certo formalmente “scismatico” (a norma del Diritto Canonico), sicuramente può dirsi animato da un profondo spirito si separazione nei confronti degli altri Vescovi e del Sommo Pontefice. Ed allora, di grazia, come si può chiamare questo spirito di separazione, se non scismatico di fatto e nella sostanza?
E questo Vescovo cosí fatto, pretende poi di dare “episcopalmente” lezioni di “comunione ecclesiale” : lui, che dimostra a chiare lettere di concepire solo la comunione con sé stesso.
“Avete bisogno di camminare nella…, come…, con la Chiesa” - dice - e benedice perché i fedeli che lui non può né concepire né vedere si “convertano” “a camminare in comunione di fede, di culto, di disciplina con tutta la Chiesa.”
Ora, può darsi pure che questo Vescovo, che sembra piú abituato alle cose del mondo che alle cose di Dio, nella foga della sua risposta non si sia accorto del suo strabismo intellettuale, ma il fatto incredibile rimane: egli parla ai suoi fedeli di comunione di fede, di culto e di disciplina basandosi proprio sulla sua dichiarata e conclamata mancanza di comunione con i suoi confratelli nell’episcopato e col Sommo Pontefice.
È credibile questo sig. Vescovo, come Vescovo?
Dulcis in fundo.
Il delirio di onnipotenza del mondo che invade le menti e i cuori di certi Vescovi!
“Né mai permetterò che altri in diocesi celebrino secondo quel Messale!”.
Perbacco! E cosa farebbe mai questo onnipotente Vescovo se un sacerdote decidesse di celebrare col Messale del 1962? Lo rinchiuderebbe nelle segrete del vescovado?
Ma come, questi super novatori dicono di aver lottato tanto contro la supposta “prepotenza clericale” di prima del Concilio, per poi rivelarsi piú prevaricatori e prepotenti che mai?
La verità è che non si è mai trattato di “novazione”, ma di virulenta prevaricazione sulla base di pregiudizii modernisti già condannati dalla Chiesa e oggi piú che mai forieri di danni incalcolabili per la Fede e per la salvezza dei fedeli.
In effetti, se a Luras, o in qualsiasi altro luogo della sua diocesi, un sacerdote celebrasse la S. Messa col Messale del 1962, lui potrebbe solo borbottare, magari dirsi indignato, ma dovrebbe poi rimanere impotente, finalmente, di fronte ad una realtà che, se pur piccola, sarà sempre piú grande di lui.
Che il Signore illumini questi strani uomini di Chiesa!
Fonte: www.unavox.it