DIBATTITO A BOLOGNA
Esistono valori comuni senza trascendenza? Ieri un confronto fra Caffarra e Flores d’Arcais Il filosofo: «La democrazia non tollera una verità pubblica, solo pluralità d’opinioni»; l’arcivescovo: «Ma il bene e il male sono scritti dentro di noi»
Contro il relativismo
Da Bologna Stefano Andrini
«Se non esiste una verità sul bene e sul male la democrazia inevitabilmente diventa la provvisoria convergenza di interessi opposti, diventa una convivenza di compromessi tra gli interessi: Con una conseguenza: quando infatti si confrontano due interessi e nessuno dei due può richiamarsi a una ragione universale finisce con il prevalere l'interesse del più forte». Lo ha affermato l'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra nel corso del confronto con il filosofo laico Paolo Flores d'Arcais sul tema "Etsi Deus non daretur: dittatura del relativismo o premessa di libertà democratiche?". L'occasione dell'incontro, svoltosi presso il Centro San Domenico, è stata suggerita dalla presentazione del volume Dio esiste? Un confronto su verità, fede, ateismo, trascrizione inedita del dibattito avvenuto tra lo stesso filosofo laico e l'allora cardinale Joseph Ratzinger. Il testo è stato pubblicato come supplemento della rivista "Micromega". Flores d'Arcais ha aperto il dibattito con una batteria di domande che ha definito scomode. «La religione è compatibile con la democrazia? Dipende dal tipo di religione. La religione cattolica è compatibile con la democrazia? Dipende. Papa Wojtyla, uno dei personaggi che rimarrà nella storia della Chiesa per l'impronta che ha dato, sosteneva che un parlamento che votasse una legge difforme dalla legge naturale sarebbe illegittimo. Secondo Giovanni Paolo II una democrazia per essere tale deve promulgare leggi coerenti con il diritto naturale secondo l'interpretazione della Chiesa cattolica». Se si stabilisce, ha proseguito, «che una democrazia non può fare le leggi che ritiene opportune si pone il problema chi decide la legge naturale. Il cardinal Ratzinger disse che la legge naturale rimanda alla natura come creazione, ma ciò significa che il diritto naturale rimanda per forza a qualcosa di religioso. Per quanto riguarda la democrazia, ha osservato il filosofo, «è la prima forma di convivenza che non si basa più sulla trascendenza ma su un'autonomia. Se noi torniamo a imporre una norma perché voluta da Dio siamo di nuovo di fronte a una obbedienza con la O maiuscola. Se c'è nel cosmo una verità chi deciderà? Una maggioranza: e se fosse come quella di Hitler? E se lo facesse un fondamentalismo che vede nel Corano la costituzione? E se una minoranza decidesse di imporre la verità?». Il fatto è, ha affermato il direttore di "Micromega", che la convivenza democratica non tollera una verità pubblica, tollera solo la pluralità delle opinioni, la convivenza democratica si fonda su un pluralismo morale. «Ratzinger ha parlato di dittatura del relativismo. L'opposto del relativismo è l'esistenza di una verità assoluta, l'opposto della dittatura è la democrazia, l'opposto della dittatura del relativismo è la democrazia della verità assoluta. Quali sono i valori minimi comuni da riconoscere in democrazia? La libertà di scelta sulla vita. L'unica cosa su cui la maggioranza non può decidere è che la vita appartiene a me e ne faccio ciò che voglio. Se potesse decidere avremmo uno Stato etico. Se voglio farla finita non c'è maggioranza che possa impedirmelo. La ragione è compatibile con la democrazia se non pretende di essere una verità di ragione».
Caffarra si è posto in antitesi al filosofo. Partendo da Tommaso d'Aquino. «E' libero chi esiste per stesso, è schiavo chi esiste per un padrone, colui che fugge il male non perché è male, ma a motivo del comando di Dio, questi non è libero; ma colui che fugge il male perché è male, questi è libero». Qui si afferma ha ricordato Caffarra un'esperienza umana. La stessa accaduta a Socrate. «La notte prima dell'esecuzione della condanna, si presenta un suo discepolo e gli dice che può scappare perché i carcerieri sono stati corrotti, la nave è già pronta, la morte avrebbe causato solo danni alla democrazia ateniese. Socrate fa una domanda. Il problema non è se la mia fuga è utile ma se è un atto giusto o non giusto. La risposta ce la deve dare quella verità che è in ci ascuno di noi». «Nella nostra coscienza riteniamo o non riteniamo che esistano comportamenti umani che in se stessi considerati sono sempre ingiusti? Io sono sicuro che se ciascuno legge la sua esperienza quotidiana risponde che esistono. Quando noi diciamo che esiste una verità, intendiamo dire che esistono degli atti che in se stessi, se l'uomo li fa, deturpano la sua essenziale dignità di uomo, diciamo verità ciò che è bene o male per l'uomo». E ha citato a supporto Cicerone: se i diritti fossero stabiliti dai sovrani, dalle sentenze dei giuridici potrebbe essere legittima la pirateria, la corruzione. Ma se il potere delle opinioni è così grande da stravolgere perché non può trasformare il male in bene. «Esiste nella persona umana», ha aggiunto, «una capacità di individuare comportamenti che sono lesivi della divinità umana: questa sua capacità è la ragione dell'uomo. Quando parliamo di legge naturale nessun pensatore cristiano serio ha mai affermato che significa natura nel senso biologico, ma denota con questa espressione la capacità della ragione che è una capacità naturale di discernere a livello di giudizio ciò che è bene e ciò che è male, questo è un fatto che noi possiamo verificare». «Questo problema», ha ricordato Caffarra, «ha un enorme impatto politico. Se non si ammette questo, credo sia difficile ragionevolmente fondare una vera e propria democrazia».
«La mia posizione», ha concluso, «non porta alla dittatura: anzi sul piano della riflessione razionale è il relativismo etico che fa fatica a giustificare una democrazia veramente deliberativa».
Avvenire - 22 giugno 2005