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Risultati da 21 a 30 di 44
  1. #21
    più arcipreti, meno arcigay
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    Tra la verità e l'errore non c'è nessuna via di mezzo, tra questi due poli opposti non c'è che un immenso vuoto. Colui che si pone in questo vuoto è altrettanto lontano dalla verità di colui che è nell'errore (J. Donoso Cortes)
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    Il sì è attualmente in vantaggio sul no di 8 a 4...

    chi ha votato esprima il suo parere...cose buone del Pontificato e cose meno buone...

  2. #22
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    Originally posted by Dreyer
    Il sì è attualmente in vantaggio sul no di 8 a 4...

    chi ha votato esprima il suo parere...cose buone del Pontificato e cose meno buone...
    Ho come il sentore di sapere chi sono quei quattro che hanno votato contro

    saluti

  3. #23
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    Tra la verità e l'errore non c'è nessuna via di mezzo, tra questi due poli opposti non c'è che un immenso vuoto. Colui che si pone in questo vuoto è altrettanto lontano dalla verità di colui che è nell'errore (J. Donoso Cortes)
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    Originally posted by Thomas Aquinas
    Ho come il sentore di sapere chi sono quei quattro che hanno votato contro

    saluti
    pare anche a me

    però mi auguro che lascino almeno dei "perchè"...

  4. #24
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    PAROLE DI PAOLO VI SULLO STORICO INCONTRO
    CON L'ARCIVESCOVO DI CANTERBURY
    PRONUNCIATE DURANTE L'UDIENZA GENERALE

    Mercoledì, 23 marzo 1966

    Carissimi Figli.

    Non possiamo tacervi la commozione che ancora abbiamo nell’anima per l’udienza che ha preceduto la vostra. Abbiamo pochi momenti or sono incontrato ufficialmente, nella Cappella Sistina, l’Arcivescovo Anglicano di Canterbury.

    Sono più di quattro secoli che la Chiesa Romana ha il dolore di essere separata dalla Chiesa d’Inghilterra; una Chiesa che Roma tanto ha amato e che ha, si può dire, generato. Riposano in questa basilica le sacre Spoglie di San Gregorio Magno, che inviò Agostino, con trenta monaci, alla fine del VI secolo, per rievangelizzare - c’erano già stati altri Missionari, prima, - l’Inghilterra.

    Proprio da allora - ben si può dire - nacque l’Inghilterra Cattolica, che poi diede grande segno di sé per tutto il medioevo fino a quel periodo che chiamano la crisi della riforma del secolo XVI, la quale staccò dolorosamente la Chiesa d’Inghilterra, come quella di Germania, di Svizzera ed altre, da Roma.

    Molti episodi si succedettero con tanta animosità che colà non si poteva più nemmeno nominare il Papa. È passato tempo, sono passate tante esperienze, tante anime buone hanno pregato ed ecco che cominciamo a vedere benefici risultati: questa grande Personalità che viene a trovarci amichevolmente.

    Abbiamo ancora tutte le questioni dottrinali in piedi, da esaminare, e, se Dio vorrà, da risolvere - non parliamo di quelle disciplinari, che sono meno importanti -; ma il fatto è che una corrente di carità si è già stabilita e reciprocamente vuole affermarsi quale costante fedeltà e dare i suoi frutti.

    Vi diciamo questo perché anche voi siate partecipi di questo momento di gioia e di speranza della nostra Chiesa Cattolica Romana e perché ancora vogliate pregare affinché questo inizio, che sembra tanto lieto e benedetto dal Signore, possa avere il suo seguito altrettanto felice e portare i frutti che sono quelli della perfetta unità, come il Divino Redentore ha voluto che vigesse e trionfasse nella sua Chiesa.

  5. #25
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    Riportiamo in auge questo 3d nella Festa della Trsfigurazione del Signore in cui, 26 anni fa, papa Paolo VI passò alla Vita eterna.

    6 agosto 1978 - 6 agosto 2004

    -------------------------------------------------

    IL TESTAMENTO DI PAOLO VI


    Nel corso della riunione della Congregazione Generale dei Cardinali, giovedì 10 agosto, è stato letto il testo delle ultime volontà di Paolo VI, testo che prima della pubblicazione è stato portato a conoscenza dei familiari. Il testamento consiste in uno scritto del 30 giugno 1965, integrato da due aggiunte, una del 1972 e un’altra del 1973. Sono in tutto quattordici pagine manoscritte. Il primo dei tre testi è scritto su tre fogli grandi, formato lettera, ciascuno di quattro facciate. Paolo VI ha numerato la prima pagina dei tre fogli di suo pugno ed ha apposto la sua firma anche a margine della quarta facciata del foglio I. In tutto sono undici facciate scritte. La prima aggiunta fu fatta a Castel Gandolfo e, oltre alla data, reca anche l’indicazione dell’ora: 16 settembre 1972, ore 7,30. Si tratta di due foglietti manoscritti. Il primo reca tra parentesi, in alto, accanto allo stemma pontificio l’indicazione «Note complementari al testamento 8. La seconda, intitolata « Aggiunta alle mie disposizioni testamentarie », consiste in poche righe scritte su un unico foglio il 14 luglio 1973.
    -------------------------------------------------

    Alcune note per il mio testamento

    In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

    1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

    Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

    Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

    Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

    Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!
    benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

    A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

    Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

    E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

    A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

    Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

    E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

    2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

    3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

    4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

    Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

    Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

    Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

    5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

    Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

    La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

    6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

    Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

    E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.

    Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

    Ego: Paulus PP. VI.

    Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.


    Note complementari al mio testamento

    In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
    Magnificat anima mea Dominum. Maria!

    Credo. Spero. Amo.

    Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

    Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

    Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

    Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

    Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

    Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

    Non desidero alcuna tomba speciale.

    Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

    In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

    A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.

    PAULUS PP. VI

    Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.



    Aggiunta alle mie disposizioni testamentarie

    Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).

    PAULUS PP. VI

    14 luglio 1973

  6. #26
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    ...Petrus es, ac templi firma columna manes...

  7. #27
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    July, 2000

    The Silence of Sodom

    A new book on homosexuality and the Church

    Provides a refresher course in anti-Catholicism

    By Robert P. Lockwood, Catholic League Director of Research

    One of the striking points of anti-Catholicism in American culture – in addition to its persistence – is the sameness of it all. Down through the years, there is a tiresome repetition of old cliches about Catholics and Catholicism inherited from the Reformation in England. The difference in today’s popular anti-Catholicism is that the religious language has been stripped away, leaving the cliches to be re-stated from a secular focus. This allows today’s bigot to think that he is presenting some startling new thesis, when he is actually simply regurgitating canards hundreds of years old.

    One such long-standing cliché of anti-Catholicism is to take contradictory swipes at the priesthood based on the practice of celibacy. On the one hand, it is argued that celibacy is the source of an unnatural prurience in Church teaching on sexual morality. Rather than being built on Scripture, natural law and a faith-based understanding of sexuality, the cliché argues that Catholic moral teaching comes from “old celibate males” who are anti-sex and concerned solely with imposing an unrealistic puritanical agenda. At the same time, however, all these old celibate males are portrayed as secretive sexual predators. Since celibacy is unnatural the anti-Catholic propagandist argues it can only lead to unnatural practices.

    Such a self-contradicting attack on the priesthood was at the heart of 19th-century anti-Catholic literature, aptly described as “puritan pornography.” It is also the underlying assumption of the Kansas City Star series on AIDS in the priesthood, where it was argued that the unnatural requirement of celibacy attracts the sexually dysfunctional to the priesthood, leading to unsafe and secret sexual activity.

    It is also at the heart of a new book by Mark D. Jordan, a former Catholic seminary instructor who teaches religion at Emory University. In The Silence of Sodom, Homosexuality in Modern Catholicism. (The University of Chicago Press, 2000) Jordan argues that, “the most important theological facts about Catholicism and homosexuality are not the bureaucratic words that Catholic authorities speak. The truly significant facts concern the homosexuality of the Catholic Church itself – of members of its priesthood and its clerical culture, of its rituals and spiritual traditions.” The Jordan argument is the old self-contradicting attack on the priesthood: the Church teaches against homosexual practices because it is at heart a clerical homosexual institution.

    A self-described “openly gay man,” Jordan drafted his book while on a paid fellowship from the John S. Guggenheim Memorial Foundation. He also identifies himself as Catholic: “The Catholic tradition is my Christian tradition.”

    In the first section of the book, Jordan simply dismisses recent Church statements on homosexuality as reminiscent of “European fascists of the 1920s and 1930s.” He purposely presents no arguments to which one can reply as he finds such efforts simply being lured into wasteful Church bureaucratic language and thinking. Instead, he revels in bombast. He describes the 1986 letter of the Congregation for the Doctrine of the Faith on the Pastoral Care of Homosexual Persons as filled with logic “by which the church could hand over or relax ‘sodomites’ to the secular arm for public execution.”

    He similarly dismisses the 1998 U.S. Bishops’ statement, “Always our Children,” which was generally considered a moderate pastoral approach to parents of homosexual children. Jordan says that if the parents are strange enough to be disturbed by a child’s active homosexual lifestyle, the problem is caused by homophobic church indoctrination, not the lifestyle itself.

    Jordan then arrives at his central thesis. He finds in Catholicism in general, and the priesthood in particular, a dominant “homoerotic” culture. It is central to liturgy, the sacraments, and the priesthood itself. Church teachings that condemn homosexual practices are vicious “efforts to keep the dreaded ‘secret’ from being spoken.” That secret, he argues endlessly but with no factual support, is that most priests are either active or closeted gays. “Catholic clerical arrangements…produce rich articulations of male-male desire, both because of compulsory priestly celibacy and because of the enormous development of all-male religious orders.”

    It is an argument that would be familiar to 16th-century anti-Catholic propagandists and, in fact, Jordan cites reams of early hate literature that charged Catholic prelates, including popes, of engaging in homosexual activities. Though acknowledging that such charges were unfounded and most often grounded in political and theological agendas, such is unimportant to Jordan. “We need not consider the truth of papal sodomy, but it’s usefulness,” by which he means how useful it was as a charge against the Church. The whole Church was allegedly engaged in covering up the “secret” of a homosexual clergy. Such charges were therefore useful propaganda in undermining the Church in the eyes of the faithful. Truthfulness was never very important in the political or theological agenda. A similar agenda might be on Jordan’s mind today. In fact, he acknowledges that “my writing only fuels anti-Catholic bigotry” and that “it can always be used by anti-Catholics to confirm their view of the ‘whore of Babylon.’”

    An old Catholic joke has a group of high school sophomores being told by their teacher that the average boy has a sexually related thought every 10 seconds. This shocks the boys, but one is more shocked than the rest. He asks: “What do they think about for the other nine seconds?”

    Jordan’s book will remind the reader of that sophomoric sex-obsessed boy. He sees homoeroticism everywhere in Catholicism. The seminary, spiritual direction, the liturgy, church art and architecture, vestments, rectory life, religious education: all are expressions of a clerical culture “deeply colored by gay tastes and gay fantasies.” Though Catholics may want to define these things as part of living the faith, they are to Jordan “expressions of gay sensibilities…. the homosexuality of the Catholic ruling class.” In his more offensive chapter, he describes clerical life as “gay camp” and speaks of “priests who don’t think they are doing anything odd when they dress up in silks on Sunday morning to promenade, sing, act, and host a meal.” He describes the sacramental act of consecration of the Eucharist as a homosexual fantasy of creating the Perfect Male. It is ugly stuff that speaks more of the path Jordan has taken in life and his own obsessions, rather than any kind of an honest view of the priesthood and the Catholic faith.

    “The Silence of Sodom” stoops so low as to cite two classics of American anti-Catholicism in an allegedly legitimate academic work – Charles Chiniquy’s 19th-century Fifty Years in the Church of Rome, most recently published by Jack Chick’s rabidly anti-Catholic press; and The Awful Disclosures of Maria Monk, the 1835 classic soft-porn “nuns-in-sexual-slavery” fraud. Maria Monk’s revelations were seen as fraudulent when it was discovered by a Protestant journalist that the convent she claimed to have escaped from had no hidden rooms as she wrote about, nor did the convent resemble in any way her description of it. Jordan sees Maria’s story as having the value of a parable: just as she could not prove her story of “hidden rooms,” you will not find the “secret” of male gay actions in the priesthood because there is “no suite of inner rooms sheltering all gay clergy. There is no well-established rituals or sweeping histories or even enduring networks of supports.” Which might lead the unbiased reader to conclude that just as Maria’s story had no basis in fact, Jordan’s charges are built on his own sexual ideology rather than any real facts.

    Jordan’s book is filled with the illogical argument that denial of his case proves his case. He states that “conservative” Catholics who are loyal to the teaching of the Church are closeted homosexuals. When a journalist charged without any substantiation that Pope Paul VI had engaged in homosexual activity, the papal denial was proof that the allegations must have been true. Priestly actions in the liturgy are “gay camp” and made even more so by priestly denial that they are anything of the sort. Rejecting his thesis of this immense Catholic homosexual culture is succumbing to denial of the “secret.” In one of the oddest arguments in the book, Jordan links the reported cases of pedophilia by priests as one proof of this alleged homosexual culture even though it is generally understood that pedophilia is a severe psychological disease that is not directly linked with homosexuality. Certainly gay activists would be terribly distraught at such a linkage.

    In an interesting sidebar to that discussion, Jordan writes that he knew Rudy Kos, the infamous pedophile from the diocese of Dallas. Jordan says that Koss was a student in his class on scholastic philosophy at Holy Trinity Seminary in Dallas. “I was too preoccupied with my own fierce combat against desires for men. Like so many in Catholic education (emphasis added), I was simply incapable of helping anyone with homoerotic secrets.” Kos passed his course.

    Jordan concludes with a call to gay and lesbian Catholics to consider alternative communities to live out their faith. “You must leave the Church,” he writes, “to become a Catholic.”

    This is a book of opinion – outrageous opinion – based on little more than the author’s own fantasy life. He ascribes to Catholicism, the Catholic priesthood, and the Catholic Mass itself a homoeroticism that exists solely in his own mind. From its cliched assumptions, through its bigoted citations, and to its conclusion that people should leave the Catholic Church at once, the book is an exercise in anti-Catholicism.

    I do not fault Jordan so much for the tired prejudices that come from his difficult life. One can’t help wondering, however, about the motives of The University of Chicago Press for publishing such a profoundly anti-Catholic book, and the John S. Guggenheim Memorial Foundation for funding the author’s fantasy life.

    Testo originale QUI

    Sito: Catholic League

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  9. #29
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    Sentore di zolfo?

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