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  1. #1
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    Predefinito 'europa vuole vuole 20 miliardi .Come fara il prossimo governo dell'ulivo

    Chi vincerà alle Politiche dovrà affrontare mesi e mesi di tagli obbligatori I sacrifici? Rinviati a dopo le elezioni


    La Commissione Ue vuole una correzione da 20 miliardi ma nel biennio. Pesante ipoteca per il prossimo ministro dell'Economia



    In questo quadro chiunque sarà alla guida del Tesoro dovrà recuperare probabilmente più dei 10 miliardi pronta cassa, pretesi da Bruxelles nella manovra 2007. Dove li troverà l’eventuale nuovo ministro, considerando che riceverà in eredità un bilancio spolpato, che non potrà più contare sui rattoppi di condoni e sanatorie (il nuovo Patto di stabilità li vieta esplicitamente) e che, se l’economia non riparte, il gettito fiscale sarà di nuovo deludente? Certo, si potrebbe tentare di riaprire il negoziato con la Commissione. Ma ieri Almunia ha chiuso le uscite di sicurezza: «Lo so che per un governo è difficile prendere certi provvedimenti prima delle elezioni. Dall’altra parte è anche vero che un esecutivo appena nominato potrebbe avere più energia per affrontare questi impegni». Come dire: la stagione degli sconti, a Bruxelles, è finita.

  2. #2
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    tratto dal corriere della sera
    Secondo voi cosa si potrebbe fare per rimettere a posto i conti rovinati da anni di incompetenza berlusconianana e tremontiana

  3. #3
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    In Origine Postato da antonio
    occorrera' far pagare chi ci ha messi in queste condizioni..che, pare, non sia un povero in canna...
    ha potuto lucrare abobndantemente grazie alle sue stesse leggi, appositamente concepite...dovra' pagare dazio...son convinto peraltro che i leghisti non avranno nulla da obiettare
    purtroppo dubito che sara quello li a pagare anzi penso che saremo noi meschini come al solito

  4. #4
    Cristeros e sei protagonista!
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    ...e alla fine i comunisti della rivoluzione messicana si allearono con gli americani per vincere i cristeros messicani...
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    Ti preoccupi?
    La sinistra pare che sia capace di tutto,
    addirittua dice che darà ulteriori incentivazioni a
    fotovoltaico ed eolico anche dopo che il petrolio ha raddoppiato il proprio valore in euri.

    Dove prenderà i soldi?
    Dalle lucciole nigeriane, non ci avevate pensato?
    Non è stabile però.......

  5. #5
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    del restola situazione è ben spiegata in questo articolo:


    Italia: nuovo record debito pubblico, a giugno 1.477 mld

    ROMA - Nuovo record assoluto per il debito pubblico italiano che a giugno ha toccato quota 1.477,2 miliardi di euro, con un incremento del 4,7% rispetto ad un anno fa. È quanto emerge dai dati elaborati dalla Banca d'Italia e contenuti nel supplemento «Finanza Pubblica» al bollettino statistico dell'Istituto di via Nazionale. Si tratta, per il valore in termini assoluti, del sesto aumento consecutivo.

    Il debito è cresciuto poco meno di 66 miliardi di euro rispetto al giugno 2003 quando viaggiava attorno ai 1.411,3 miliardi. Il nuovo massimo ha «bruciato» anche il record di 1.466,4 miliardi registrato a maggio, aumentando questo valore di ulteriori 10,8 miliardi (+0,7%) in soli 30 giorni.

    A dare un impulso ulteriore alla crescita - secondo i dati elaborati dalla Banca d'Italia - sono stati i conti pubblici delle amministrazioni centrali: il loro debito ha superato per la prima volta quota 1.400 miliardi attestandosi a 1.403,8 miliardi contro i 1.392,2 miliardi del mese precedente e i 1.362,2 del giugno 2003.

    Diversa è invece la situazione degli enti locali che hanno migliorato la loro esposizione. Il loro debito è calato rispetto a maggio, passando da 74.123 a 73.340 milioni di euro (I dati rispetto ad un anno fa, invece, sono disomogenei e non possono essere confrontati).

    A registrare un miglioramento, seppure di piccola entità sono anche gli enti di previdenza che fermano il debito a quota 32.691 milioni, contro i 32.910 milioni del mese precedente. La copertura del debito - evidenziano le tabelle di via Nazionale - è stata effettuata essenzialmente con titoli a medio e lungo termine (per 1.091,7 miliardi) e in misura ampiamente inferiore con titoli a breve termine (147,5 milioni) e con la raccolta postale (74,7 miliardi). È invece aumentato da di poco meno di 15 milioni di euro in un solo mese il ricorso al conto di disponibilità presso la Banca d' Italia: è passato dai 35.237 milioni di maggio ai 55.009 milioni di giugno.

    101836 sep 04


    SDA-ATS


    tratto da www.swissinfo.org

  6. #6
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    per evidenziare ancora meglio il fallimento del cdx e le enormi difficolta che l'itlia dovra affrontare leggete anche questo interessante articolo tratto dal sole24ore


    L'economia italiana ha iniziato il 2005 ancora peggio di come aveva concluso (male) il 2004, riflettendo la debolezza dell'attività industriale, a sua volta frenata dalla perdita di slancio delle esportazioni e da una domanda interna che continua a ristagnare. E' quanto mettono in evidenza i più recenti dati congiunturali, a cominciare dai conti economici del primo trimestre 2005, resi noti dall'Istat il 10 giugno. I valori destagionalizzati e corretti con il numero di giorni lavorativi mostrano una variazione del Pil pari a -0,5% sul periodo precedente, che si attesta a -0,2% in termini tendenziali; quest'ultima in forte caduta sul quarto trimestre 2004. I mesi iniziali di quest'anno si sono, dunque, confermati un nuovo periodo difficile per l'economia italiana, che non riesce a imboccare la strada della ripresa, avendo fatto segnare un ulteriore significativo regresso rispetto all'ultima fase del 2004. L'attività produttiva ha, pertanto, accentuato la fase di debolezza nella prima parte dell'anno in corso e non rivela in prospettiva spunti di accelerazione. L'effetto di trascinamento del primo trimestre sull'intero 2005 è, inoltre, pari a -0,5%; esso rappresenta, in altre parole, la variazione che si otterrebbe nella media dell'anno se il livello del Pil restasse fermo nei successivi tre trimestri. A partire dall'ultima fase del 2004 si registra un sensibile contributo negativo del commercio estero (esportazioni nette), ma anche il ristagno della domanda interna, legato alla nuova frenata degli investimenti; nello stesso tempo, si verifica un forte accumulo di scorte, che condiziona l'andamento della produzione industriale (e del Pil) nel primo semestre dell'anno. Questa evoluzione indica ormai un aumento del Pil intorno allo zero, se non leggermente negativo, nella media del 2005.

    Nel contesto di una buona tenuta della ripresa nell'economia internazionale, trainata dagli Stati Uniti e dai paesi emergenti dell'Asia (Cina in testa), Eurolandia è, in particolare, l'unica grande area economica, insieme al Giappone, a crescita ridotta: il Pil, sempre nel primo trimestre 2005, ha confermato la sua modesta velocità di espansione, mettendo a segno lo 0,5% in termini congiunturali e l'1,3% in quelli tendenziali. Se si considerano, in particolare, i quattro maggiori paesi, il quadro appare a luci e ombre; permangono molti dubbi, infatti, sullo stato di salute tedesco e soprattutto italiano, mentre le economie francese e spagnola si presentano certamente meglio impostate. Il cambio forte, poi, da un lato contribuisce a contenere la dinamica dei prezzi in Europa, ma dall'altro mette a rischio la competitività delle imprese e, quindi, la crescita delle esportazioni.

    Il difficile momento congiunturale della nostra economia è confermato dai risultati previsti nel consuntivo di quest'anno, che scontano l'effetto frenante dell'apprezzamento dell'euro sulla domanda estera, le impennate del petrolio e la sempre diffusa incertezza nella fiducia (e nei comportamenti di spesa) delle famiglie e delle imprese sul fronte interno. Nei dati provvisori e parzialmente stimati della prima metà del 2005, in linea con le recenti attese, la produzione industriale continua a mostrare una serie di cali senza soluzione di continuità, ma con tendenza a una nuova fase di recessione; e il suo andamento tra lo stagnante e il recessivo trova riscontro nella mancata svolta ciclica favorevole, che interessa tuttora la maggioranza dei comparti manifatturieri. Segnali di difficoltà, sia pure episodici e intermittenti, arrivano inoltre dai settori dei servizi. Nell'ultima parte del 2005, la domanda mondiale sempre vivace e il graduale rafforzamento di quella interna (investimenti) dovrebbero dare un po' di vigore alla dinamica del Pil, bilanciando così l'influenza negativa del tasso di cambio. Le incerte prospettive della congiuntura italiana sono confermate, inoltre, dagli indicatori anticipatori dell'attività economica - come quelli elaborati dall'Isae e dalla Banca d'Italia - che mostrano un profilo ciclico in prevalenza orientato a una crescita ancora ridotta se non impercettibile, dopo aver fatto segnare un significativo rialzo nei primi tre quarti del 2004.

    Il triennio 2002-2004 si è svolto, in particolare, per l'economia italiana nel segno della più completa stagnazione: la crescita del Pil è stata di appena lo 0,6% medio annuo e per trovare un valore più basso occorre tornare a dieci anni prima (1993). Una performance così mediocre ha collocato il nostro paese nelle posizioni di coda nell'area dell'euro, cresciuta in media dell'1,2% nello stesso periodo (+0,9% nel 2002, +0,5% nel 2003 e +2,1% nel 2004), mentre solo la Germania non è riuscita a fare meglio dell'Italia. La fase di ristagno è da ricondurre a una serie di fattori negativi, dalla persistente debolezza della domanda interna alle difficoltà delle esportazioni per il rafforzamento del cambio e la crisi di importanti mercati di sbocco. Il 2004, poi, si è concluso in modo preoccupante; incombono, infatti, sia gli squilibri che condizionano le prospettive a medio termine dell'economia americana, a cominciare dalla svalutazione del dollaro, sia la sempre diffusa instabilità geopolitica internazionale. La ripresa si delinea, pertanto, necessariamente lenta e potrà prendere un po' di forza non prima del 2006 inoltrato. I dati completi e in dettaglio dei conti economici trimestrali mettono in evidenza un profilo congiunturale sempre stagnante/recessivo, su cui peraltro esercita qualche influenza la composizione del calendario. Ma non si tratta di un'evoluzione a sorpresa: è stata questa la dinamica della crescita prevalente in Europa e l'Italia non ha potuto certo fare eccezione, mostrando anzi un più accentuato deterioramento.

    Sull'onda della sensibile frenata della congiuntura internazionale, l'economia italiana - com'era, del resto, nelle attese - aveva fatto segnare già nel 2001 un netto rallentamento del suo ritmo di sviluppo. Dopo la buona performance dei primi tre mesi, il Pil non aveva infatti registrato ulteriori aumenti nei successivi periodi, andando così a chiudere l'anno su un incremento medio dell'1,8% (dal 3,0% messo a segno nel 2000), ma solo grazie al trascinamento dell'ultimo quarto del 2000 e del trimestre iniziale del 2001. La battuta d'arresto è stata, soprattutto, la conseguenza dello sfavorevole andamento dell'industria manifatturiera, mentre i servizi e le costruzioni hanno messo in evidenza una sostanziale tenuta, anche se con una dinamica in progressiva frenata.

    Dal lato della domanda interna, la perdita di colpi della crescita ha risentito del ristagno dei consumi privati e della caduta degli investimenti. Per quanto concerne la spesa delle famiglie, hanno influito sia l'erosione del potere d'acquisto, indotta dal risveglio dell'inflazione nella prima metà del 2001 e successivamente dall'effetto changeover dell'euro, sia le negative conseguenze del crollo della fiducia. Sulla frenata degli investimenti si è fatto sentire, invece, l'effetto altalenante della nuova legge di incentivazione fiscale (Tremonti bis), insieme all'incertezza sulle prospettive della domanda nel contesto di un rallentamento della congiuntura interazionale. Se la domanda estera netta ha fornito nel 2002-2003 un contributo negativo alla crescita, anche su quella interna i problemi non sono dunque mancati: la compressione del reddito disponibile delle famiglie, con un potere d’acquisto in crescita zero tra moderazione salariale, inflazione sempre significativa ed elevata pressione fiscale, ha determinato un’evoluzione dei consumi privati che è proceduta con il freno tirato, rendendo così ancora deboli i sintomi di ripresa dell’economia. Questa crescita dal passo lento e incerto ha portato a un consuntivo di aumento del Pil per il periodo 1999-2004 pari ad appena l'1,4% in media.




    10 giugno 2005

  7. #7
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    chissa gamberini cosa avra il coraggio di dire adesso

  8. #8
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    In Origine Postato da bohemiankiller
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    Secondo voi cosa si potrebbe fare per rimettere a posto i conti rovinati da anni di incompetenza berlusconianana e tremontiana
    PRIMA COSA CONTRORIFORMA DELL'IRPEF ORA IRE !

    Da sola vale 7 miliardi

  9. #9
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    In Origine Postato da bohemiankiller
    purtroppo dubito che sara quello li a pagare anzi penso che saremo noi meschini come al solito
    Prevediamo per Lei un fulgido futuro nel settore della chiromanzia...

  10. #10
    Moderatori anghe noi...
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    In Origine Postato da diGam
    ove prenderà i soldi?
    Dalle lucciole nigeriane, non ci avevate pensato?
    Non è stabile però.......
    Con i tempi che corrono è più probabbbile che, su consiglio di Scanio Pecoraro, si farà largo uso di "luccioli zapateriani"...

    La rinassita del Paese sarà quindi interamente affidata al nascente commercio di mutande di ferro.

    D'altronde, non ci hanno già preannunciato una stagggione di lacrime e sangue?

    Sangue... per l'appunto.

 

 
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