Nel luglio del 1953 si spegneva Hilaire Belloc, uno scrittore oggi poco noto, specie in Italia, terra culturalmente resa desolata da decenni di strapotere intellettuale della Sinistra, ma che fu definito la mente più versatile e brillante del cattolicesimo inglese del Novecento. Fu giornalista, saggista, storico, apologeta cristiano ma anche politico, venendo eletto due volte al Parlamento di Londra. La sua bibliografia può vantare oltre 150 pubblicazioni in circa mezzo secolo di attività. Qualcuno ebbe a dire che i suoi numerosi libri potrebbero formare - da soli - l’intera letteratura di una piccola nazione. Inglese ma di padre francese, con parentele anche irlandesi, fu un grande pensatore cristiano e libertario. Viaggiare fu una delle più grandi passioni della sua vita, una passione vissuta con spirito antico: non fu mai un semplice turista curioso o un esploratore avido di emozioni o un girovago in cerca di esperienze, ma fu un vero e proprio pellegrino, che affrontò le strade del mondo cercando di incontrarsi e confrontarsi con l’umano e con il divino. Percorse i paesi che descrive nei suoi libri in gran parte a piedi, viaggiando come facevano i pellegrini del Medioevo, fermandosi alle locande, parlando con le persone in cui si imbatteva per strada, senza aver fretta, osservando a fondo la realtà che poi descriveva nei libri con la precisione che può avere solo chi di un paese ha assaporato ogni colore, ogni ora del giorno, godendone la bellezza e assaporandone la polvere.
L’essenza della vita e dell’attività di quest’uomo è riassunta nelle parole di un suo amico, a sua volta scrittore nonché uno dei protagonisti della rinascita cattolica inglese del Novecento, Monsignor Ronald Knox: «La lotta era il suo destino, e non l’amava...».
Questo straordinario personaggio, che per lunghi anni condivise con il celebre Gilbert Keith Chesterton amicizia, fatiche, battaglie, gioie, delusioni e soprattutto, la passione per il Cristianesimo e che diede alla cultura inglese ed europea del XX secolo un notevole contributo, aveva scritto riguardo al dramma di una modernità che vedeva diventare sempre più totalitaria, antiliberale e antireligiosa: «Quando gli uomini abbandonano l’adorazione di Dio e dei Santi - prendono ad adorare se stessi... Dal culto dell’umanità ci vengono religioni come quella del Socialismo, della Fratellanza universale, del Credo della Bontà universale e simili. Il distogliere lo sguardo da Dio conduce inevitabilmente agli idoli, dal proprio ego fino allo Stato. Per porre rimedio a questo oblìo spirituale Belloc, si impegnò sul campo della storia, che è, si dice, maestra di vita. Nel 1920, all’indomani della conclusione della guerra che aveva devastato il nostro Continente, scrisse una delle sue opere fondamentali: Europe and The Faith, l’Europa e la Fede. Per Belloc non ci sono dubbi: «La Fede è l’Europa e l’Europa la Fede». O l’Europa sarà cristiana, o non sarà. Non si tratta di rivendicazioni confessionali: semplicemente è nel Cristianesimo che si ritrovano i fondamenti delle libertà delle società europee e occidentali. Al di fuori di questa evidenza, e Belloc lo aveva capito decenni fa, c’è solo la barbarie in guanti bianchi delle Logge.

Paolo Gulisano