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  1. #1
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    Predefinito Veneto: terra, identità, paesaggio.

    Il Gazzettino Venerdì, 8 Luglio 2005

    Veneto, sfasciata una cultura basata sulla terra
    Un convegno dedicato a Eugenio Turri e un saggio a più mani fanno il check-up a un paesaggio rovinato dall’uomo

    di GIANNI MORIANI
    Il Veneto trova le sue peculiari caratterizzazioni nella fascia collinare e pedemontana. Qui, nello spazio di più intenso popolamento, i veneti hanno costruito il loro paradiso, fatto di dolcezze paesaggistiche e ville aristocratiche, giardini che istruiscono e stupiscono, orti ben coltivati e vigneti generosi, città e campagna ispirate da un felice genius locale che ha presieduto a un fecondo rapporto dell'uomo con la terra.

    In questo prealpino mosaico di micromondi, la civiltà veneta ha trovato la sua origine e la propria espressione più compiuta. In essa si vede una sorta di paganesimo, inteso come religiosità legata alla terra e alle divinità locali. Paganesimo che si afferma innanzitutto nella pittura veneta con le scene mitologiche tra fonti e boschetti ove si celano le ninfe: oggetto di raffinate messe in scena dei pittori veneti di Cinquecento e Settecento.

    Su questo stesso solco, in architettura, il rinascimentale Andrea Palladio ingentilisce il paesaggio con ville che fanno diretto riferimento al tempio ellenico: emanazione stessa del luogo su diretto dettato degli dei locali.In Veneto anche le chiese cristiane sorgono "alte e ammonitrici come templi greci, come Partenoni, sulle alture collinari, ponendosi come luoghi di attrazione del popolo, come altrettante agorà oltre che come luoghi del culto".

    Chiese come templi pagani che anziché celebrare l'uomo fanno sentire la sottomissione dell'opera umana alla divinità locale o (nella versione cristiana) al patrono del paese. La passione per la terra dove si vive, stava sopra ogni altra cosa, dettando le regole di vita locali.
    Questa è la tesi forte che troviamo "Nell'anima del paesaggio veneto" di Eugenio Turri, primo capitolo del libro "Il grigio oltre le siepi" (Nuovadimensione, pp. 298. Euro 14,50), curato con intelligenza da Francesco Vallerani e Mauro Varotto, tanto da risultare la più puntuale analisi sullo stato del paesaggio veneto.

    E' nel culto del locale che sopravvive nei veneti il loro paganesimo, nonostante il recente avvento dell'industria abbia gettato le basi per una diversa cultura, un diverso sentimento del luogo corroso dai disvalori del consumismo. Paganesimo ultimo, grossolano, provinciale, proprio di chi ha sposato la terra ritenendo che tutto sia tacitamente concesso e permesso.

    Terra dove, fino ad alcuni decenni fa, si poteva ancora fantasticare di elleniche età perdute, come fa il pagano Giovanni Comisso che celebrava il paganesimo veneto con queste parole: "Tra il Piave e il Brenta si susseguono alcune file di colli piramidali tra i più belli d'Italia. Sull'ultimo della prima fila, sormontato da un'alta rocca, si distendono le case di Asolo.

    Passano per strade tortuose in salita e in discesa carri di fieno, e i contadini vi stavano distesi sopra come divinità dell'Olimpo, dipinte sopra alle nubi dal Veronese nella vicina villa dei Barbaro a Maser. Se una fronda si muove si scopre il volto di una giovinetta intenta a spiare il ritorno del dio Pan nel silenzio meridiano".

    Sotto l'incessante ed estenuante susseguirsi dei colpi di maglio di un disordinato miracolo economico, l'intera cultura veneta fondata sulla terra si è andata progressivamente sfasciando, logorando le tradizioni locali, financo la stessa religiosità legata al territorio.

    Il capannone, come sostituto del campo, ha vinto le ataviche paure della fame e della miseria, ma ha generato effimere ricchezze con enorme sperpero di suoli, di patrimoni di credenze, di valori culturali. Come scriveva Piovene "Il paesaggio è imbruttito da costruzioni volgari e da nuove usanze...

    Più che un vero mutamento, si ha la visione di un'antica vita che si vanifica ... La civiltà diventa endemica senza giungere più all'intelligenza e all'amore; gli abitanti assomigliano a ospiti occasionali; senza storia su un fondale storico. Si devono a questo, ritengo le brutture edilizie perpetrate per speculare, ma soprattutto per mancanza di affetto".

    Una distruzione del territorio che trova il suo apice nella zona industriale di Porto Marghera, scolpita nelle parole di Ceronetti "Ecco le fiamme, i fumi, l'inferno gassoso e metallico, la gola cancerosa, la ferraglia appestata di Marghera", esempio estremo di accanita distruzione del proprio territorio e della propria storia. Attorno a questo epicentro di sconquassi ambientali, il paesaggio veneto è stato oggetto di una devastante spezzettatura che ha calpestato laghetti sorgivi, boschetti, siepi, suolo fecondo.

    Barbare costruzioni di cemento hanno vilipeso le nobili architetture di ville e chiese. Il miracolo economico è avanzato con l'irruenza di un bulldozer, offrendo - come scrive Turri - "Cose nuove, spettacolari, come meraviglie di un paradiso terreno: ma il suo sfondo era costruito sulle miserie ideali". Il risultato è quello di un paesaggio grigio cemento e al grigio sono virate, nel volgere degli ultimi anni, anche le prospettive economiche dell'intero Nordest.

    Ricucire un territorio frantumato, ricostruire l'identità di un'intera popolazione, ripulire il paesaggio veneto dalle più insopportabili bruttezze edificate nel secondo dopoguerra: questo è necessario fare, perché nessuna comunità in crisi è riuscita a superare le proprie difficoltà senza ricostruire la sua identità.

  2. #2
    Ecogiustiziere Insubre
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    Predefinito

    NOTEVOLISSIMO!!!!
    Iunthanaka
    Conte della Martesana

  3. #3
    The Kount
    Ospite

    Predefinito Re: Veneto: terra, identità, paesaggio.

    In origine postato da Maxadhego
    Una distruzione del territorio che trova il suo apice nella zona industriale di Porto Marghera, scolpita nelle parole di Ceronetti "Ecco le fiamme, i fumi, l'inferno gassoso e metallico, la gola cancerosa, la ferraglia appestata di Marghera", esempio estremo di accanita distruzione del proprio territorio e della propria storia. Attorno a questo epicentro di sconquassi ambientali, il paesaggio veneto è stato oggetto di una devastante spezzettatura che ha calpestato laghetti sorgivi, boschetti, siepi, suolo fecondo.
    Mandaghelo a Bettin, Caccia, Zanella e tutti i papponi dei Verdi !!

  4. #4
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    Predefinito ricostruire il territorio frantumato

    è proprio il progetto di zaia.

  5. #5
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    Predefinito

    Mah!
    Secondo me " Il Veneto " ha perso la propria identità
    perchè ha permesso alla Controriforma, al Rinascimento
    e al Neoclassicimo di prendere eccessivamente piede.
    Un Veneto più autentico potrebbe assomigliare
    all'odierno Trentino: più castelli, più borghi e più verde.
    Lo zoccolo duro dei Veneti è costituito da una popolazione
    poco incline alla cultura, priva di vera spiritualità,
    gente che guarda al soldo, al lavoro duro e alla
    salvaguardia delle apparenze come il maggiore
    degli appagamenti.
    I romani hanno sempre apprezzato i Veneti e li hanno sempre
    utilizzati a loro piacimento come carne da cannone, come
    bonificatori di aree malsane, come serbatoio di voti
    democristiani e come forza lavoro manifatturiero che poco
    prende e tanto rende.

  6. #6
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    Predefinito non prendiamola così alla lontana

    la controriforma che ha "ben" operato in tutta l'espressione geografica, ha trovato resistenza nella serenissima repubblica, sempre gelosa delle sue prerogative, anche religiose.
    non è da là che bisogna partire. piuttosto è stata la superficialità
    della nuova improvvisa ricchezza che ha posto in secondo piano la distruzione del territorio.
    ma la lega è stata la prima ad accorgersene, ahimé troppo tardi
    o, quantomeno tardi.

  7. #7
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    Predefinito Re: non prendiamola così alla lontana

    In origine postato da dime can
    la controriforma che ha "ben" operato in tutta l'espressione geografica, ha trovato resistenza nella serenissima repubblica, sempre gelosa delle sue prerogative, anche religiose.
    non è da là che bisogna partire. piuttosto è stata la superficialità
    della nuova improvvisa ricchezza che ha posto in secondo piano la distruzione del territorio.
    ma la lega è stata la prima ad accorgersene, ahimé troppo tardi
    o, quantomeno tardi.
    La Controriforma è stata una sorta di camicia di forza:
    lo stile rinascimentale della facciata di S.Pietro lo denuncia,
    a Venezia - a parte forse il solo S.Donato - si sono allineati
    in fretta.
    I primi leghisti avevano a cuore il territorio, ora come ora
    a comandare sono certi ferraristi che hanno un certo
    feeling col mattone.
    Il maggior costruttore presente in Padania è ora il
    miglior alleato dell'illustre economista di Gemonio.

 

 

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