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Discussione: Il PRI perde ancora

  1. #11
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    Io credo che La Malfa abbia ad tempo perso ogni ritegno e ogni buon senso. Ha semplicemente perso la testa, e reagisce in preda alla stizza e all'impulso.

  2. #12
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    Predefinito Dal sito "www.repubblicanidemocratici.it"

    La sentenza



    Tribunale di Roma
    Il giudice designato



    Loredana Nazzicone, per la trattazione del procedimento cautelare vertente tra PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO (Avv.ti Egidio, Zaccaria) contro MOVIMENTO REPUBBLICANI EUROPEI (Avv.ti Dotti, Melara), REPUBBLICAN1 DEMOCRATICI, GIUSEPPE OSSORIO (Avv.ti Laudario, Mele);

    a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 28.6.2005;



    RILEVATO

    - che, con ricorso depositato il 6.5.2005, il P.R.I, Partito Repubblicano Italiano ha chiesto l'adozione di un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c, il quale inibisca alle associazioni resistenti l'uso del loro attuale simbolo, ed, in particolare, della parola "repubblicani", delle foglie di edera a cinque punte e del colore verde, ovunque usati ed in particolare sulle pagine internet; con riguardo ai Repubblicani Democratici, ha chiesto, altresì, la cancellatone dalle pagine del comunicato del 2.12.2004 dei simboli di Ugo La Malfa e dell'edera; In generale, ha chiesto l'adozione di tutti i provvedimenti atti ad evitare la confusione tra il simbolo del ricorrente e quelli dei resistenti;

    - che la preannunziata domanda di merito è volta all'inibitoria definitiva di tali usi;

    - che il ricorso è stato inizialmente notificato al legale rappresentante del Movimento Repubblicani Europei, Luciana Sbarbati, ed a Giuseppe Ossorio per i Repubblicani Democratici, ed in seguito, appresa da parte del ricorrente la mancanza nel medesimo della qualifica di legale rappresentante, a tale organo nella persona di Alfredo Ponticelli;

    - che i resistenti hanno chiesto il rigetto del ricorso;

    - che all'udienza di comparizione delle parti del 28.6.2005, all'esito delle compiute notificazioni, le parti hanno discusso le rispettive posizioni;



    OSSERVA

    La prima istanza è volta ad inibire l'uso degli attuali simboli utilizzati dalle associazioni resistenti, e non della loro denominazione. Peraltro, i principi che presiedono alla scelta degli elementi distintivi degli enti sono comuni all'uno ed all'altra, dato che nella tutela al nome, di età all'art. 7 c.c, si riconduce anche quella del simbolo identificatore del soggetto (Trib, Roma 26,4.1991, in Giur. it., 1991, 168)-, patimenti, nel caso di specie la questione si pone fra partiti politici e cioè fra associazioni non riconosciute c.d. di tendenza, che svolgono attività politica senza fini di lucro, ma non è dissimile da quella propria ad ogni ente collettivo, garantendo l'ordinamento a ciascuno l'utilizzo dei segni identificatori del soggetto. La scelta del simbolo o del marchio di un ente collettivo, come pure quella del nome, è, in linea di principio, libera; essa infetti, quale mezzo di individuazione del soggetto, è affidata all'autonomia privata (art. 41 Cost.) e, quanto al partito politico in particolare, è tutelata nell'ambito del diritto alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost) e ad associarsi per concorrere alta politica nazionale (art. 18 e 49 Cost.).
    Pertanto, così come la denominazione di un ente collettivo può essere "In qualunque modo formata" (cfr. es,, espressamente in tal senso, per le società, gli art. 2326 2515 c.c), anche il marchio (per gli enti a scopo di lucro) ed il simbolo (per le associazioni politiche) sono, come regola, a contenuto libero, Tale autonomia incontra peraltro tre ordini di limiti nel sistema, posti: 1) da norme di obbligo; 2) da norme di divieto; 3) dai principii generali dell'ordine pubblico e del buon costume, cui si riconducono le regole derivanti dalla stessa funzione di tali elementi quali strumenti di identificazione per l'ente e pubblicitario in senso lato nei confronti dei terzi, ossia i precetti della unicità, della verità e della non confondibilità.
    I primi due limiti pongono minori problemi agli interpreti: sono, infatti, ipotesi incontroverse, riguardando prescrizioni imposte da norme imperative. L'uso o il non uso di parole specifiche è previsto, laddove il legislatore ha valutato ex ante l'immediatezza evocativa delle stesse, per i soggetti che entrano in rapporto con l'ente: non è, perciò, in tal caso richiesta la valutazione, volta a volta, del pericolo di lesione per i terzi e l'uso illecito, senza la necessità di accertare l'effettivo inganno per il pubblico (Cass. 12.7.1990, n. 7227), Si pensi, così, all'obbligo di indicare nella, denominazione i tipi sociali "società per azioni (art. 2326 c.c.), "società o responsabilità limitata" (art, 2463, 1° comma, n. 2 c.c.), "società in accomandita per azioni* con il nome di almeno un socio accomandatario (art. 2453 c.c.), "società cooperativa" (art. 2515 c.c.), "cooperativa sociale" (art. 1, 3° comma, 1. 8,11.1991, n. 381), "s.i.m." e "s.i.c.a.v." (art. 19 e 43 d. lgs. 24.2.1998, n. 58), "organizzazione non lucrativa - di utilità sociale" o "Onlus" (art. 10, 1° comma, lett., {, d, lgs. 4,12.1997, u-460), *'centro autorizzato di assistenza fiscale" (art. 1 d.m. 25 febbraio 1992, emanato in base all'art. 78 l.30.U.1991, n. 413), e così via. Dall'altro lato, si pensi ai divieti di utilizzare le parole "cooperativa" (art. 2515, 2° comma, c,c.) s "banca" e simili (art. 133 d. lgs, 1°.9.1993, n. 385) "Sim, società di intermediazione mobiliare, impresa di investimento, società di gestione del risparmio, Sicav, società di investimento a capitale variabile'' e simili (art. 188 d. lgs. 24.2.1993, n. 58).
    Il terzo limite è maggiormente affidato alla valutazione degli interpreti, i quali dunque sono chiamati a compiere un esame caso per caso. La regola dell'unicità impone che un soggetto abbia di norma un solo nome e marchio o simbolo per essere identificato presso i tèrzi, pur nelle possibili varianti o sigle o acronimi che ad esso si accompagnino, al fine di evitare disorientamento negli stessi (cfr., in materia societaria, Trib. Casale Monferrato 5.121991, in Giur. comm., 1992, n. 622, che ha ritenuto illecita la previsione di plurime abbreviazioni dalla denominazione sociale).
    Il principio di verità implica il divieto di utilizzare espressioni decettive per i terzi in buona fede, in ordine al tipo di ente, all'attività svolta ed all'oggetto statutario o ad altri caratteri comunque rilevanti per gli interessi di chi entra in contratto con l'ente (ad esempio, è illecito L'uso, dell'espressione "C.a.a.f" per un soggetto diverso dalie apposite organizzazioni previste dall'art. 78 1. 30.12.1991 n, 413, pur non ponendo la norma un divieto espresso; l'uso della parola "consorzio" per un ente privo di scopo consortile, come ha deciso A.pp-Bologna 20 dicembre 1980, inGiur. am. dir. ind.,, 19*0, 689; il richiamo nel nome di un altro tipo sociale, ad esempio "Tecno spa s.r.l." da parte di una s.r.l. , secondo Trib. Roma, Rio. 2069/96, in Riv. dir. impresa* 1998, n. 2; l'uso della parola "brokers" da parte di una società che fornisce solo servizi pubblicitari per tt decreto Trib. Roma 5 marzo 1999, rie, 15763/98 o "servizi per l'ambienti da parte di una società finanziaria, per il decreto Trib. Roma, ric, 31/93, ibidem), Il principio di non confondibilità, infine, implica che il nome e gli atei elementi distintivi dell'organismo collettivo non debbano creare confusione con quelli già utilizzati da altri e di esso costituiscono applicazione tutte le norme che tutelano il soggetto contro il rischio di confusione (si vedano, proprio in terna di simboli dei partiti, l'are. 14 d.p.r. 30.3.1957, n. 361; più in generale, per il nome, l'art. 7 c.c; in materia di marchio, l'art. 2569 e la normativa speciale; in materia di ditta, l'art. 2564 c.c.; per tutti i segni distintivi dell'imprenditore, l'art. 2598 c.c). La possibilità di precludere a terzi l'utilizzo dei segni di identificatone di un ente è, dunque, in tal esso ancorata all'accertamento dell'essenziale presupposto della confondibilità, per il pubblico, fi» i segni distintivi posti a raffronto e, dunque, fra i soggetti rispettivamente con essi individuati: all'accertamento, cioè, della circostanza che i segni distintivi usati dal soggetto, a cui l'uso si vuole inibire, siano uguali o simili al segno tutelato. Fermo restando che, come sopra esposto, il limite si giustifica solo ad un rigoroso riscontro della violazione, in caso contrario dovendo avere pieno vigore i già ricordati precetti costituzionali (art. 21, 4l e 49 Cost.).
    Secondo l'orientamento della Corte Suprema» l'esame della confondibilità non deve essere analitico con riguardo ai singolo elemento componeste il segno distintivo, ma sintetico e globale attraverso la considerazioni di tutti gli elementi salienti del segno stesso: occorre, cioè, avere riguardo al risultato percettivo che i due segni, nell' insieme dei loro elementi grafici e fonetici e con riferimento alla persona di media, diligenza, possono determinare (Cass. 4.12.1999, n. 13592 e id., 27.2.1992» n, 2423, in materia di marchio).
    Nel caso di specie, le espressioni a confronto, costituenti i simboli delle tre associazioni in causa, sono:

    - per la ricorrente: un cerchio con la circonferenza verde ed il fondo bianco, nella cui parte interna superiore è la scritta maiuscola "Partito Repubblicano Italiano", sovrastante una foglia verde, la quale occupa l'intero simbolo;

    - per il Movimento repubblicani europei: un cerchio, nella cui corona circolare blu sono 12 stelle di colore giallo, all'interno un tralcio di cinque foglie d'edera verde, su sfondo celeste sfumato e, sottostante, la scritta rossa maiuscola "'Repubblicani Europei”;

    - per i Repubblicani democratici; una circonferenza di colore azzurro, nella cui parte superiore è la scritta "Democrazia liberale 1' (come risulta dal!'ultima modifica del gennaio 2005: cfr. doc. S fase res.), mentre nel cerchio è disegnata un'Italia a tre colori nazionali, nella parte inferiore è un tralcio di tre foglie d'edera verde ed al centro la scritta azzurra maiuscola "Repubblicani".
    La ricorrente ha chiesto di inibire i due simboli, con particolare riguardo alla parola "repubbllcano" in tutte le sue declinazioni, all'edera e al verde. Orbene, conducendo l'esame alla stregua dell'intera espressione e del disegno complessivo dei simboli, deve negarsi tale confondibilità. Più in particolare, la parola "repubblicano", anzitutto, non costituisce un aggettivo di cui possa rivendicarsi l'uso esclusivo» essendo riconducibile alle comuni radici risorgimentali della Repubblica; per quanto riguarda specificamente le odierne resistenti, anche ad esse è proprio, in ragione della provenienza dalle medesime radici ideologiche. L'aggettivo in questione è invero idoneo a richiamare valori ideali comuni, non ad ingannare i terzi o a creare confusione: come dimostra l'esistenza di n. 144.000 voci sul motore di ricerca Google quale risultato alla digitazione della parola "repubblicani" (cfr. il documento prodotto in udienza dalla ricorrente), ai tratta di un termine di uso comune.

    A ciò si aggiunga che entrambe le associazioni resistenti hanno curato di caratterizzare il nome ed il simbolo con elementi fonetici differenzianti: runa con l'aggettivo "europei" che palesa un intento ideale di superamento dei confini nazionali; l'altra con l'aggiunta «democrazia liberale», che arricchisce di ulteriori significati i, riferimenti ideali dell'associazione.
    L'elemento più caratterizzante, dunque, finisce per essere il disegno dell'edera verde.
    Tuttavia, l'esame ictu oculi dei tre simboli rivela come, in adempimento del dovere di correttezza, le associazioni resistenti si siano preoccupate di differenziare notevolmente i rispettivi simboli: esse, infatti, hanno entrambe posto nel simbolo non un'unica foglia di edera a tutto campo, ma dei rametti con vane foglie (tre e cinque); inoltre, hanno accompagnato al simbolo altri elementi grafici di fantasia del tutto autonomi (le stelle, la sagoma dell'Italia) e colori diversi (giallo, blu, rosso per il Movimento Repubblicani Europei; il tricolore e l'azzurro per i Repubblicani Democratici).
    Dunque, i due simboli prescelti dalle resistenti non conducono affetto all'automatica associazione mentale, fra essi e l'attuale ricorrente, né concretano il rischio» paventato da questa, di induzione nei cittadini del convincimento si tratti sempre del P.R.I.
    Occorre altresì considerare come l'adesione delle parti ad "aree" politiche contrapposte ancor più conduce ad escludere il pericolo di confusione, proprio per la funzione preponderante e fortemente individualizzante dei fini del partito nell'ambito delle aree e formazioni che concorrono a determinare la politica nazionale. Ed invero, negli stessi comunicati stampa prodotti in giudizio dalla ricorrerne, le formazioni politiche resistenti emergono comunque come caratterizzate in modo inequivoco: né, come sopra esposto, la matrice "laico-repubblicana", di cui è parola in detti comunicali, può ritenersi oggetto di un diritto esclusivo delta ricorrente; infine, i documenti prodotti dalle resistenti dimostrano che nessuno sviamento politico o elettorale si avvenuto negli ultimi anni, in cui, anzi, la ricorrente risulta avere incrementato gli aderenti (doc. 2-bis fase. Mov. Rep. Eur).

    La seconda istanza è volta, con riguardo ai Repubblicani Democratici, alla cancellazione dalle pagine del "comunicato del 2.12,2004 dei simboli di Ugo La Malfa e dell'edera".
    La ricorrerne, tuttavia, non ha prodotto tale comunicato in giudizio. Quanto al segno grafico, comunque, valgono le precedènti considerazioni; quanto alla persona di Ugo La Malfa, il riferimento, ove fosse operato - ma non vi è prova alcuna sul punto - a tale personalità della storia politica italiana, lungi da poterei, qualificare come "simbolo" alla stregua di un disegno, costituirebbe nulla più che un richiamo ai valori laici dal medesimo espressi, non esclusivi della ricorrente.

    Nel procedimento si è sostituito in proprio Giuseppe Ossorio: tuttavia, è pacifico che egli sia staio convenuto non in proprio, ma soltanto perché, per mero errore, identificato quale il legale rappresentante di una delle resistenti, poi costituitasi regolarmente in persone dell'effettivo titolare di tale tortone.

    Le spese seguono i n soccombenza; quelle in favore del partito dei Repubblicani Democratici vanno distratte in favore del suo difensore, dichiaratosi antistatario. Non si ravvisa dolo o colpa grave, né alcun elemento, nemmeno presuntivo, del danno che la resistente avrebbe patito a causa del ricorso, per l'accoglimento della domanda di cui All'ut 96 c.p.c. avanzata dal Movimento Repubblicani Europei.
    Infine, non avendo mai la ricorrente convenuto Giuseppe Ossorio, come persona fisica, in proprio ed essendosi agli costituito soltanto per far presente la sua mera qualità di associato, si compensano interamente le spese fra tali pani.



    P.Q,M.

    Visto l'art. 700 c.p.c, rigetta il ricorso;

    condanna il PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO al rimborso delle spese di lite in favore del MOVIMENTO REPUBBLICANI EUROPEI e dei REPUBBUCAN1 DEMOCRATICI (queste ultime da distrarsi in favore solidale degli avvocati Felice Laudario ed Aniello Mele, antistatali), liquidate, per ciascuna resistente, in € 100,00 per spese, € 500,00 per diritti ed € 1,800.00 per onorari.



    IL GIUDICE DESlGNATO

    (Loredana Nazzicone)

 

 
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