In Occidente si ha paura di affermare con determinazione le proprie radici storiche, archeologiche, antropologiche, culturali e religiose. Al Vecchio Continente serve una geopolitica identitaria forte
La sera dell’11 settembre 2001 eravamo “tutti americani”, la sera dell’11 marzo 2004 “tutti spagnoli”, la sera del 7 luglio scorso “tutti inglesi”.
La pigrizia mentale dei cosiddetti “opinion-makers” rasenta il ridicolo ed è ripetitiva come un disco rotto: di fronte ad attentati terroristici che purtroppo scandiscono gli anni, ci tocca ascoltare le solite frasi di rito, di “cordoglio” per l’“immane tragedia” e la “follia” di terroristi “senza colore”. E naturalmente “siamo tutti inglesi” (e speriamo di non dover essere, in futuro, “tutti francesi” o “tutti tedeschi”).
Dall’11 settembre 2001 ad oggi, però, di risultati concreti contro i terroristi non se ne sono visti. E siamo di nuovo davanti ad una lista di morti ammazzati in metrò e sull’autobus. In attesa del prossimo terrificante botto? Ne parliamo con Marco Dolcetta, scrittore e giornalista esperto di mondialismo, che insegna alla Sorbona di Parigi (la sua ultima fatica è un agile ed interessante libro sui discorsi di Ezra Pound alla radio italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, edito dalla Rai).
Dolcetta, non è stanco anche lei di sentire le solite dichiarazioni di rito da parte di politici e organi di informazione alle quali non fanno mai seguito, purtroppo, azioni concrete atte a colpire le centrali del terrorismo globale?
«Purtroppo in Occidente si ha paura di affermare con determinazione le proprie radici storiche, archeologiche, antropologiche, culturali e religiose. La storia insegna che se un nemico ti attacca e tu fai finta di niente, per te è l’inizio di un’inarrestabile fine. Le belle parolone non servono, servono i fatti, ovvero una strategia di intelligence comune a tutti i Paesi europei e la scomparsa del buonismo che impedisce di attuare dispositivi ferrei di difesa e di risposta a simili attacchi».
Il ministro delle Riforme Roberto Calderoli ha chiesto il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq: bisogna pensare a difendere il nostro territorio, difendere casa nostra. Lei è d’accordo?
«Sono del tutto concorde con Calderoli. Dovremmo pensare a costruire un’Europa forte, armata, in grado di far capire a tutti i suoi nemici, di qualsiasi estrazione ideologica o religiosa essi siano, che siamo in grado di rispondere colpo su colpo. Ma una simile Europa attualmente non esiste, l’Ue si avvita troppo su se stessa e si perde in dibattiti pro e contro gli Stati Uniti, pro e contro Israele, pro e contro la Palestina. L’Europa è altra cosa, dovrebbe pensare soprattutto a difendere i propri interessi, che non necessariamente coincidono con quelli degli Usa, di Israele o della Palestina. Soltanto svuotando l’Europa da quegli interessi che non ci sono naturali potremo garantirci un futuro più sereno».
Gli attentati di Londra porteranno ad un giro di vite nei confronti dell’illlegalità rappresentata dall’immigrazione clandestina di massa, come chiede da tempo la Lega Nord?
«C’è da augurarselo. Questi attentati dimostrano ancora una volta di più che la perdita delle radici e l’ideale fasullo della società multirazziale che per decenni sono serviti ad alleggerire il peso del lavoro manuale dei popoli di Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania e Italia si ritorce contro soprattutto le classi medie di quegli stessi popoli europei. I terroristi infatti colpiscono treni, metrò, autobus, mezzi utilizzati dalla classe media per recarsi quotidianamente al lavoro. Il terrorismo colpisce i semplici cittadini e non coloro che detengono il potere».
La matrice islamica degli attentati pare appurata. Londra del resto è la città multirazziale per eccellenza.
«Qualcuno la chiama “Londistan”, una via di mezzo tra London e Pakistan. A Londistan i miti per i giovani immigrati, oltre a Bin Laden e al Mullah Omar, è il leader islamista locale, Abu Hamza. In un libro a metà strada tra la fiction e il reportage si segue il peregrinare di Hamza per le moschee inglesi, dove il soggetto lancia propaganda islamica estremista a tutto spiano, infiammando i cuori dei giovani musulmani di Gran Bretagna. Si getta benzina sul fuoco, insomma, e l’incendio, di questo passo, potrebbe divampare presto ovunque. Su queste cose bisognerebbe intervenire in maniera decisa, altrimenti gli europei non saranno più padroni a casa loro».
Gli europei muoiono sotto gli attentati e nello stesso tempo il prezzo del petrolio è schizzato a livelli record. Non è un triste paradosso?
«Va però sottolineato che a guadagnarci non sono soltanto i satrapi mediorientali, ma anche le grandi corporations petrolifere americane. Ripeto, senza una vera politica, anzi geopolitica identitaria, l’Europa è destinata a soccombere».
Un’Europa debole fa comodo anche agli Usa, secondo lei?
«L’Europa è un importantissimo alleato degli americani, ma una superpotenza non vuole mai concorrenti, questo è normale e anche logico. A proposito di Usa, si ricorda cosa disse qualche tempo fa l’ex presidente iraniano Rafsanjani, a proposito di Saddam Hussein e di Osama Bin Laden?».
Che cosa disse?
«Che Osama e Saddam sono due Frankenstein che si ribellano ai loro creatori. Entrambi sono serviti alla Cia e agli interessi americani in Medio Oriente, poi si sono trasformati nei loro nemici più pericolosi. Credo che Rafsanjani abbia veramente ragione».
Gianluca Savoini