Fidel Castro arriva al potere il 1 gennaio 1959, con l'appoggio della grande maggioranza della popolo. I cubani cedettero alle sue promesse di ripristinare la democrazia dopo il crollo della dittatura di Batista, instauratasi nel marzo 1952, alla vigilia delle elezioni, con un golpe che aveva interrotto il regime costituzionale in vigore dal 1940. Negli anni '50 il problema più grave a Cuba era di carattere politico a causa del malgoverno e della corruzione che si era ulteriormente acuita durante la dittatura batistiana. Malgrado questo, l'isola aveva raggiunto un notevole progresso economico e sociale. Il giudizio sull'odierno disastro dell'economia cubana, che il regimi imputa all'embargo nordamericano, è spesso fuorviato da una conoscenza inesatta delle condizioni dell'isola prima dell'avvento del regime castrista. Tutti gli indicatori (istruzione, sanità, alimentazione, trasporti, dipendenza dall'estero, agricoltura, industria) concorrono a dimostrare che Cuba negli anni '50 si trovava con il Costarica, il Cile e l'Argentina, in testa alle graduatorie di sviluppo dell'America latina. Oggi è evidente che fin da allora il disegno di Castro era di garantirsi un potere assoluto e illimitato. A tale scopo utilizzò abilmente la bandiera della democrazia per impadronirsene e, una volta raggiuntolo, quella marxista-leninista per perpetuarlo con una giustificazione ideologica e ottenere l'appoggio politico ed economico, per lui indispensabile, dall'ex blocco sovietico. Per riuscire in questa impresa, Castro dovette scontrarsi con la forte opposizione, anche all'interno delle sue fila, di un vasto settore che aveva partecipato alla lotta contro la dittatura. Fra il 1960 e il 1966, furono stroncati vari tentativi di resistenza nelle città e una guerriglia nelle montagne dell'Escambray, poco noto all'estero, durante la quale le truppe speciali dell'esercito castrista fucilarono e deportarono migliaia di contadini. Le carceri si riempirono di centinaia di migliaia di uomini e donne di ogni ceto sociale, arrestati e condannati con processi sommari a pene detentive tra le più lunghe d'America: 20, 30 anni, come è stato per Huber matos e Mario Chanes de Armas, che fin dal 1953 avevano lottato al fianco di Castro. In appena tre anni, Castro riuscì a imporre il sistema totalitario che stabiliva un ferreo controllo sui sindacati, le organizzazioni professionali, la stampa, il sistema educativo, il sistema sanitario e una statalizzazione totale dell'economia con nefaste conseguenze per il paese. L'esercizio dell'iniziativa privata diventò da allora a Cuba un reato. Tutti i culti religiosi vennero perseguitati e i beni e le scuole delle chiese protestanti e cattoliche vennero confiscati. Nelle carceri castriste le violenze inflitte ai prigionieri politici sono sempre state all'ordine del giorno; dalle fucilazioni simulate, all'isolamento nella famose "gavetas" (letteralmente "cassetti", celle di 1.21 x 1.81 metri) o "tapiadas" (celle murate), dai campi di lavoro forzato alle forzate "cure psichiatriche" con psicofarmaci ed elettroshock, secondo metodi importati dall'ex blocco sovietico. Un'analisi delle odierne condizioni di vita a Cuba conduce alla conclusione che quasi tutti i Diritti Umani contemplati nella dichiarazione universale vengono violati, e di queste violazioni fa le spese l'intera popolazione, non solo i perseguitati politici o i detenuti. Le violazioni più appariscenti sono: Le fucilazioni, mai cessati dal 1959; il poliziesco controllo dei CDR (comitati di difesa della rivoluzione) installati in ogni isolato per spiare i cittadini; Gli arresti arbitrari, gli "atti di ripudio", veri pogrom affettati da folle manovrate dal regime e, più recentemente le Brigate di Risposta Rapida ossia squadre di picchiatori che si scatenano contro gli attivisti dei Diritti Umani, i dissidenti, e la popolazione in generale che prova a resistere. Le più gravi e costanti violazioni dei Diritti Umani avvengono però tramite la repressione indiretta,meno visibile ma più efficiente per ottenere il completo controllo della popolazione. un controllo reso possibile dal carattere totalitario dell'attuale società a Cuba, dove si studia, si lavora, si mangia e si riceve assistenza medica unicamente attraverso lo Stato. In una simile società, il criterio utilizzato per determinare la promozione sociale è "l'integrazione politico-ideologica": il totalitarismo cerca di controllare il cittadino in ogni manifestazione, operando mediante una coercizione raffinata, quasi invisibile agli occhi del visitatore straniero. Eccone gli aspetti più salienti:
stampa, radio e televisione sono completamente imbavagliate. Nell'articolo 53 dell'attuale Costituzione cubana si afferma infatti che la libertà di parola e di stampa può essere esercitata solo se corrispondono agli obiettivi della società socialista ed esclusivamente da organi ed enti di proprietà statale;
nelle scuole e nell'università,è in vigore l'uso dell'"Expediente Acumulativo", una scheda che è una vera e propria spada di Damocle dove vengono valutati, anno per anno, l'integrazione ideologica e il comportamento politico dello studente e dei suoi famigliari. Il corpo insegnante è pertanto costretto a svolgere una funzione poliziesca;
nel posto di lavoro, esiste l'"Expediente Laboral" che, con le stesse caratteristiche di quello scolastico, accompagna la persona fino alla tomba. anche in questo caso, il criterio principale di valutazione del lavorante è la sua integrazione ideologica. Vengono utilizzate tecniche di condizionamento che ne stabiliscono i cosiddetti "meriti" e "demeriti" onde addomesticarlo ulteriormente, premiandolo con buoni acquisto per beni di consumo introvabili, soprattutto elettrodomestici, affinché si comporti come desidera il governo;
l'acquisto di prodotti alimentarie di abbigliamento è regolamentato dalla tessera annonaria ("Libreta de Abastecimiento") in vigore dal 1962. Il razionamento riguarda tutti i prodotti e si è ristretta sempre più la gamma e la quantità dei generi alimentari disponibili. E' una forma capillare di controllo del cittadino, costretto a comperare i prodotti di prima necessità nei negozi governativi assegnatigli nel quartiere o nel centro di lavoro, poiché a Cuba è un reato rivolgersi direttamente al contadino per acquistare un prodotto non contemplato nella tessera. Una misura che non ha precedenti ne nell'ex URSS, ne in Cina dove non è mai stato abolito il libero mercato contadino. Il regime impedisce inoltre qualsiasi esercizio della libera professione: l'individuo p costretto a lavorare esclusivamente per lo Stato, com'è il caso clamoroso dei medici e degli avvocati;
la mobilità geografica dell'individuo è fortemente controllata, sia dentro il paese che per viaggi all'estero; per spostarsi è necessario esibire la carta d'identità sulla quale sono indicati oltre ai dati anagrafici anche il nome e l'indirizzo del posto di lavoro, i dati del coniuge e dei figli e, sotto l'annotazione "anotaciones especiales", viene segnalata l'eventuale "pericolosità sociale" dell'individuo. E' anche necessario un permesso per cambiare domicilio e un permesso a pagamento per uscire dal paese per poi potervi rientrare;
è praticamente obbligatorio appartenere alle numerosissime organizzazioni di di massa esistenti nel paese. Per loro tramite si rafforza la sorveglianza, e si inquadra anche il tempo libero dei cittadini nel cosiddetto "lavoro volontario", previsto sia per i bambini e gli adolescenti, che per gli adulti;
un apartheid politico-ideologico colpisce anche la religione in modo significativo. Una repressione che viene in forma sottile, secondo le direttive di Castro di fare dei credenti degli "apostati, non dei martiri". Nelle molteplici schede di verifica, che costantemente investigano l'individuo, essere credenti è una "macchia" che comportava la discriminazione sul piano degli studi e del lavoro. I credenti praticanti trovavano molti ostacoli, sia quando desideravano intraprendere studi universitari di rilievo sociale, sia nella promozione professionale. Tutti i credenti sono stati vittime della repressione indiretta e spesso di quella diretta, come è avvenuto dal 1965 al 1967 nei campi di lavoro forzato delle Unità Militari di Aiuto alla Produzione (UMAP) dove furono internati sacerdoti (compreso l'attuale vescovo dell'Avana, Cardinal Jaime Lucas Ortega), ministri, pastori, seminaristi, laici e un gran numero di Testimoni di Geova che subirono vere e proprie sevizie e furono, in seguito, espulsi dal paese;
un'altra categoria fortemente discriminata e perseguitata è quella degli omosessuali, anch'essi rinchiusi nei campi di lavoro UMAP, sottoposti a elettroshock per "curarli dalla malattia sessuale", tra le persone che sono passate da questi gulag si trovano figure note come lo scrittore cubano Reinaldo Arenas. Questa situazione repressiva-discriminatoria ha ridotto all'avvilimento la grande maggioranza dei cittadini cubani, costretti a mentire continuamente per sopravvivere e a fingere una lealtà al regime che non condividono.
Più recentemente è stato loro imposto, in modo sempre più odioso, un nuovo apartheid che li discrimina nella loro stessa terra nei confronti del turista o dello straniero, il quale ha accesso a ristoranti, spiagge, negozi e alberghi da cui essi sono esclusi, non potendo pagare in dollari. Dopo il crollo del blocco sovietico e della stessa URSS, il "cordone ombellicale" che alimentava il regime castrista si è spezzato. L'eliminazione di quell'enorme aiuto finanziario (150 miliardi di dollari) che ha sussidiato per anni un sistema economico inefficiente, ha ridotto il popolo cubano - molto più dell'aggirabile embargo economico americano - in uno stato di totale indigenza, senza precedenti nella sua storia. Nell'attuale "periodo speciale in tempo de pace" proclamato dal Lider Màximo, consumi, trasporti e scambi sono retrocessi ai livelli dei tempi Conquista, per l'ostinazione di un uomo e di una élite che hanno inalberato il motto "socialismo o morte", senza però subire le conseguenze delle drastiche restrizioni imposte alla popolazione. Questa "nomenklatura" cubana ("pinchos" o "mayimbes", come li chiama il popolo) gode infatti di enormi privilegi, particolarmente odiosi nella situazione di miseria generalizzata che li circonda. Di loro la gente dice che sono "padroni di nulla e proprietari di tutto". E' facile predire che l'implacabile repressione esercitata in modo diretto e indiretto dal regime di Fidel Castro, moltiplicherà i tentativi di fuga dall'isola.
Il sito del comitato per la libertà e la democrazia a Cuba
Amnesty Int. su Cuba
Firma l'appello di Amnesty
Scrivi male del regime? 20 anni di carcere
Human Rights Watch su Cuba (eng)
Il rapporto 2003 di HRW (eng)
Il sito di RainetNews su Cuba
La risoluzione dell'Unione Europea per i Diritti Umani a Cuba
La seconda risoluzione dell'Unione Europea
Marzo '03 risoluzione dell'Unione Europea
1999 risoluzione dell'Unione Europea
2000 risoluzione dell'Unione Europea
Dichiarazione di Olivier Dupuis (Radicale) al Parlamento europeo
La coraggiosa decisione dell’Uruguay di rompere le relazioni diplomatiche con Cuba in difesa dei Diritti Umani - cosa che dovrebbe fare ogni Stato dell' l'Unione Europea
Il sito del Governo-dittatura cubano
L'Ambasciata cubana in Italia
Ci sono anche gli amici italiani del regime cubano
Tutti i siti del regime cubano divisi per categorie
Pena di morte: tre esecuzioni a Cuba
Tre uomini di fronte al plotone di esecuzione. Accade a Cuba dove le autorità hanno posto fine ad una moratoria di fatto sulle esecuzioni che durava da tre anni. “All’indomani degli arresti di massa e dei processi sommari di almeno 75 dissidenti – molti dei quali hanno ricevuto condanne incredibilmente lunghe, fino a 28 anni – queste esecuzioni segnano una grave erosione dei diritti umani di Cuba” – ha dichiarato Amnesty International. I tre uomini facevano parte di un gruppo di persone accusate di aver dirottato una nave cubana con diverse decine di passeggeri a bordo, lo scorso 2 aprile, e di aver tentato di dirigerla verso gli Stati Uniti. L’incidente, il terzo dirottamento in due settimane, era terminato dopo alcuni giorni in modo incruento. L’11 aprile, commentando le esecuzioni, il governo cubano ha dichiarato che il paese era stato sottoposto a gravi provocazioni e a minacce alla sicurezza nazionale provenienti dagli Stati Uniti. La stessa Amnesty ha recentemente reso noti i dati sulle condanne a morte nel mondo durante il 2002. 1526 sono le persone giustiziate in 31 paesi e 3284 quelle condannate a morte in 67 paesi. In Cina, in Iran e negli USA è stato condotto l’81% delle esecuzioni. Intanto la Comunità di Sant’Egidio ha reso noto che l’appello per una moratoria universale delle esecuzioni, da loro proposto, ha raggiunto i 4 milioni di firme. “Nonostante tante difficoltà in alcuni paesi la pena di morte è stata abolita, come in Cile e in Serbia Montenegro. Negli Stati Uniti si è registrata una flessione delle esecuzioni” hanno dichiarato i promotori dell’appello.
» Fonte: © Amnesty, Comunità di Sant’Egidio, Cuban Committee for Human Rights, Human Rights Watch;
» Approfondimento: © Report Human Rights su Cuba;
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