Molti di voi, ho verificato, plaudono alla sospensione del trattato di Shengen interpretando la cosa come un colpo inferto all'Unione Europea, se non addirittura al terrorismo internazionale.
Credo valga la pena ragionarci sopra: rinverdire i "fasti" delle frontiere significa riconoscere valore ai confini tracciati dagli Stati nazionali, confini spesso "artificiali" che ignorano le reali propensioni sociali agli scambi e alla solidarietà. Confini che ignorano la natura "profonda" dell'Europa, le sue radici che, in nome del diritto all'auto-determinazione, un movimento come la Lega Nord (ma non solo) aveva cercato di rinverdire.
Avviene così che, volendo inseguire quel misterioso e antico popolo chiamato "ligure", volendo capire quale "weltanschaung" sussista dietro nomi tuttora persistenti a livello toponomastico (intemelia, matuzia, ingaunia, genua, tigullio, apuani), è necessario recarsi in territorio "francese" e risalire la Val Roia per meditare sulle iscrizioni rupestri di un monte sacro: il Bego. Per riscoprire loro stessi, i Liguri devono quindi attraversare un confine che oggi torna ad essere presidiato e sembra voler separare, simbolicamente, intere comunità dalle loro origini, dalle loro prime espressioni di cultura.
In nome di cosa? In nome degli Stati, ossia in nome del potere sanguinario di poche "personalità" a danno di milioni di persone.
Interpretare la sospensione di Shengen, come fa qualcuno ai vertici della Lega, nel segno di un ritorno dei popoli a loro stessi significa semplicemente ignorare la "natura" dei popoli. E questo è inaccettabile per chi era stato capace di riscoprirla e di capire l'assurdità delle divisioni che opponevano, restando all'esempio a me caro, i liguri a loro stessi.
Anche ieri,proprio qui in Liguria, ci sono stati degli arresti di napoletani imputati di associazione camorrista. Forse, i confini che salvaguarderebbero davvero la nostra integrità non sono da frapporre fra noi e ciò che si usa chiamare Francia. Ma in Lega, chi ha più la forza per dirlo?