Dal “SIONISMO” del Kaiser….alla Dichiarazione di Balfour ….e oltre


Se il “fondatore” del sionismo politico moderno si ispirò anche all’unificazione tedesca bismarckiana nel delineare la sua concezione dello “Stato Ebraico”, meno noti sono i tentativi di Teodoro Herzl di coinvolgere i governanti tedeschi (e infine direttamente il Kaiser in persona) nei suoi ambiziosi progetti.
In origine Herzl non aveva individuato un territorio preciso per la creazione dello Stato degli ebrei, che poteva benissimo sorgere nell’America Latina o altrove, comunque in un’area geografica abbastanza distante dalle contese degli imperialismo europei (questo era il punto fondamentale).
L’accoglienza che gli ebrei di Germania riservarono ai progetti sionisti fu tutt’altro che entusiastica. Un giornale ebreo-tedesco di Monaco commentò il suo libro sullo Stato ebraico come uno “ stupido programma per una Svizzera ebraica a rate ”. Il Berliner Tageblatt insinuò addirittura che Herzl potesse essere un agente britannico.
Quando l’idea dello Stato Ebraico fu finalmente associata alla Palestina, il rabbinato ortodosso germanico condannò il sionismo come contrario alla Legge religiosa israelitica. I rabbini riformati furono decisamente più duri. Per loro Gerusalemme apparteneva alle radici e alla tradizione nobile della religione ebraica, ma non al futuro degli ebrei, e il sionismo doveva essere combattuto come un’idea pericolosa per il processo di assimilazione degli israeliti nelle nazioni europee e soprattutto in Germania. Rathenau commentò da parte sua che “ Gli ebrei non sono più una nazione e non lo diventeranno mai ”.
Per la Allgemeine Zeitung del Judentum i sionisti davano troppo facilmente per scontato che le popolazioni arabe di Palestina, per quanto a scarsa densità, avrebbero accettato di buon grado l’arrivo di nuovi ebrei in Terrasanta, ammonendo Herzl e i suoi contro il semplicismo facilone dello slogan sionista della “terra senza popolo per un popolo senza terra”.
In un altro 3d ho ricordato come anche negli Stati Uniti, l’elite della più antica e influente comunità ebraica, fondamentalmente borghese e di origine tedesca, assunse analoghi atteggiamenti fortemente critici nei confronti dell’ideologia e dei progetti sionisti.
Solo 16 dei 200 delegati che parteciparono al primo congresso mondiale sionista del 1897 provenivano dalla Germania (la componente largamente maggioritaria era costituita da ebrei russi e polacchi). Il congresso doveva, in origine, essere svolto a Monaco di Baviera, ma le proteste della comunità ebraica locale furono così insistenti che Herzl fu costretto a trasferire la riunione a Basilea.
Alla fine del 1904 su circa 500.000 ebrei tedeschi soltanto 6.000 persone erano iscritte al movimento sionista, e a quanto se ne sa la maggior parte di loro erano degli Ostjuden, cioè ebrei arrivati di recente in Germania dall’Europa orientale.
Da parte sua, il movimento sionista tedesco prese così sul serio il proprio compito di lottare contro l’assimilazione, che alle elezioni per il Reichstag del 1912, propagandò presso gli ebrei tedeschi la necessità di votare senz’altro per i candidati antisemiti! Uno dei teorici del sionismo tedesco, Kurt Blumenfeld affermò dal canto suo, denunciando la bancarotta dell’emancipazione, che il sionismo era “ il regalo dei tedeschi agli ebrei.

Nel 1898 il Kaiser Guglielmo II aveva in programma di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme e Teodoro Herzl volle cogliere l’occasione per proporre i suoi progetti ai governanti del Reich. La sua proposta era ormai quella di costituire uno Stato ebraico in Palestina sotto il protettorato tedesco.
Nei due anni precedenti Herzl aveva avuto diversi abboccamenti con diplomatici e personaggi politici tedeschi di rilievo. In particolare l’ambasciatore tedesco a Vienna, principe Philipp von Eleunburg, aveva incoraggiato il capo dei sionisti garantendogli che il Kaiser vedeva di buon occhio la creazione di uno Stato ebraico in Palestina saldamente legato da rapporti di amicizia e protezione con l’Impero Tedesco.
In effetti era proprio così, il Kaiser…. per ragioni di politica internazionale (di espansione della sfera di influenza tedesca), di malcelato antigiudaismo (voleva liberarsi soprattutto degli ebrei socialisti di Germania e di altri “intellettuali arroganti” di origini ebraiche e sperava che partissero in massa per la nuova Patria, sapendo che gli ebrei ricchi e per lui utili sarebbero rimasti), di timore rispetto al “potere”, soprattutto economico, di certo “mondo ebraico” (che riteneva opportuno …. fare in modo che avesse motivi di gratitudine verso la sua Imperiale Persona), pareva in quel momento addirittura entusiasta del progetto dello Stato ebraico palestinese. A tal fine il Kaiser era disposto a trattarne con i governanti turchi per giungere alla costituzione del protettorato tedesco sotto forma di “Stato degli ebrei”.
La seguente lettera di Guglielmo II allo zio Federick risulta abbastanza indicativa dell’atteggiamento che in quel momento il Kaiser aveva verso gli ebrei e verso il sionismo (ma anche …verso gli eccessi dell’antisemitismo):
Mio caro zio,
i cervi si sono concessi una pausa nei loro concerti amorosi, permettendomi così di dedicarti qualche riga. Sarebbe uno stupendo risultato per la Germania se il mondo degli ebrei dovesse guardare a me con gratitudine…
Inoltre, il sionismo potrebbe incanalare le energie creative della tribù di Sem a scopi migliori che non quello di succhiare il sangue; tutti i semiti attualmente impegnati nella promozione del socialismo a Oriente potrebbero trovarsi un’utile occupazione.
Non che non mi renda conto che nove decimi di tutti i tedeschi rifuggiranno da me con orrore nello scoprire che simpatizzo con i sionisti, o che sarei disposto a porli sotto la mia protezione.
Ma vorrei soltanto osservare che il buon Dio lo sa meglio ancora di noi, che sono stati gli ebrei a uccidere il Salvatore, e che Lui li ha puniti di conseguenza. Ma ne’ gli antisemiti ne’ tutti i tedeschi ne’ io stesso siamo stati autorizzati da Dio a maltrattare gli ebrei a nostro piacimento ad majorem Dei gloriam! Ritengo di poter aggiungere: chi fra voi è senza peccato, scagli la prima pietra!
”.
Contemporaneamente Elenburg rassicurò Herzl circa l’intenzione del Kaiser di avviarsi verso la soluzione del protettorato tedesco in Palestina e che i turchi, già interpellati, si erano mostrati propensi a non ostacolare i loro alleati tedeschi, “ al mondo non resterà che accettarlo.

Nel suo diario Herzl scrisse, in quei giorni, parole di vivo ottimismo e di esaltazione con commenti di questo tenore:
La vita sotto il protettorato di questa Germania potente, grande, morale, magnificamente amministrata, governata con fermezza, non potrà che avere gli effetti più salutari sul carattere nazionale ebraico… Sono strane le vie del destino! Attraverso il sionismo diventerà nuovamente possibile per gli ebrei amare questa Germania cui i nostri cuori sono rimasti, nonostante tutto, attaccati
Quando il capo del sionismo si trovò finalmente faccia a faccia con il cancelliere Chlodwig von Hohenlohe capì però che i suoi progetti si stavano dimostrando delle pie illusioni.
Come ricorda Elon “ Alla fine non ne venne fuori niente, Hohenlohe, von Bullow e il sultano frapposero il loro veto. Herzl che si era lasciato abbagliare dalla gentilezza del Kaiser, si rese conto con disappunto che lo charme era parte del normale bagaglio di un monarca, e non necessariamente un’indicazione di carattere. Ben presto il Kaiser fu assorbito da altre faccende, e a un’entusiasmo ne seguì un altro ”.

Il “sionismo” del Kaiser fu quindi un fuoco di paglia che non ebbe seguito, ma è indicativo del fatto di come l’utilizzazione strumentale delle idee del sionismo fosse possibile nell’ambito di una strategia “imperialista” determinata a conseguire vantaggi di vario genere, compresa la creazione di un avamposto in un’area geografica che qualche anno dopo, con il tendenziale crollo dell’Impero Ottomano (con annessi e connessi) diventerà ancora più appetibile per le potenze europee, e che successivamente, dato il ruolo strategico delle fonti energetiche presenti in vaste aree della regione, avrebbero acquisito un interesse ancora più fondamentale (geo-politico e geo-economico).

Il 2 novembre 1917, esattamente un anno prima del crollo degli Imperi Centrali nell’ambito della Grande Guerra, Lord Balfour inviò una famosa lettera a Lord Lionel W. Rothschild, presidente onorario del movimento sionista. La dichiarazione di Balfour enunciava sostanzialmente due principi:
1) il favore del governo di Sua Maestà britannica per la creazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina;
2) il sostegno da parte del Regno Unito per la protezione dei diritti civili e religiosi delle minoranze ebraiche nel resto del mondo e delle stesse comunità NON ebraiche presenti in Terrasanta.
Le ragioni che spinsero la Gran Bretagna a giuocare la carta della celebre dichiarazione “pro-sionista” in quel momento e in quel contesto sono diverse, e sono state diversamente sottolineate da studiosi, storici e specialisti delle relazioni internazionali.
In primo luogo la dichiarazione era nell’interesse imperiale britannico, nel contesto di un futura ripartizione di un’area geo-politica che si auspicava resa a disposizione dell’influenza occidentale in conseguenza dell’imminente liquidazione dell’Impero Turco.
Già il 16 maggio 1916 era stato stipulato l’accordo (segreto) “Skyes-Picot” fra Regno Unito e Repubblica Francese in cui si disegnavano le spartizioni delle aree geo-politiche nell’ipotesi che le due potenze alleate avessero vinto la guerra. Detto accordo attribuiva la Palestina (insieme all’Iraq e ad altre zone) all’influenza della Gran Bretagna (è in qualche modo in tale contesto che si situò la vicenda di Lawrence d’Arabia e dell’emiro Hussein) salvo i luoghi e le città sante da porre sotto controllo internazionale (comunque una buona parte della Palestina).
La Conferenza internazionale di Sanremo (25 aprile 1920) avrebbe poi attribuito alla Gran Bretagna i mandati sull’Iraq e sulla Palestina (mandato comprendente l’obbligo di rendere operativa la dichiarazione di Belfour). Alla Francia andarono i mandati su Siria (che fu dunque separata dall’Iraq) e Libano. La Gran Bretagna suddivise successivamente la provincia palestinese in territori separati al di qua e al di là del Giordano. La dichiarazione di Balfour riguardava soltanto la Palestina Cisgiordania, poi semplicemente Palestina e non la Palestina Transgiordania, poi semplicemente Transgiordania (e infine Giordania).
Si deve ricordare che, in precedenza, in prossimità della conferenza di Parigi, ci fu un importante incontro fra il capo del sionismo Chaim Weizmann e l’emiro Hussein, i quali siglarono l’accordo del 3 aprile 1919. Detta intesa escludeva esplicitamente la Palestina dal futuro stato indipendente arabo (o panarabo) a cui mirava Hussein, assegnandola integralmente alla costituzione di uno Stato ebraico in cui gli arabo-palestinesi avrebbero dovuto costituirsi in minoranza nazionale, democraticamente rappresentata nelle istituzioni democratiche.
Ritornando alla dichiarazione di Balfour questa costituì quindi una carta giuocata dal Regno Unito nel contesto della prima guerra mondiale, che si incastrava alla perfezione nella strategia che dall’accordo Skyes-Picot portava, attraverso la conferenza di Parigi, a quella di Sanremo del 1920 e più tardi alla politica, denunciata come filo-araba dai sionisti, approdata al famoso “Libro Bianco”.

Una seconda rilevante motivazione della dichiarazione di Balfour è stata descritta molto bene da Martin Gilbert. Essa attiene al tentativo britannico di scongiurare in extremis l’uscita dell’alleato russo dalla guerra e il trionfo del bolscevismo (la dichiarazione è del 2 novembre e il colpo di Stato bolscevico, secondo il calendario occidentale, ebbe luogo il 7 novembre). “ Balfour sperava in questo modo che gli israeliti incitassero i loro compatrioti a non deporre le armi. Nel dibattito conclusivo, prima che il documento venisse approvato, si era parlato espressamente di tale eventualità. *Le informazioni provenienti da ogni ambiente sono concordi nel sottolineare l’importanza del ruolo che gli ebrei ricoprono nell’attuale situazione politica russa* aveva scritto il 24 ottobre a Balfour un alto funzionario del Foreing Office, Ronald Graham. *Quasi tutti gli ebrei russi sono sionisti, e se si riuscirà a convincerli che il successo della loro causa dipende dall’appoggio alleato e dall’espulsione dei turchi dalla Palestina, potremo contare su un elemento molto potente a nostro favore.* Il 3 novembre Londra decise di inviare immediatamente a Pietrogrado tre eminenti sionisti – uno dei quali era Vladimir Jabotinsky – perché raccogliessero gli ebrei russi sotto la bandiera alleata* [….] Era troppo tardi per risanare la situazione in disgregazione. Nulla, per quanto invitante per una minoranza, o allettante a lungo termine, avrebbe potuto contrastare la grande ondata di opposizione alla guerra. Il 3 novembre a Pietrogrado arrivò la notizia che le truppe russe sul fronte baltico avevano gettato le armi, fraternizzando con il *nemico* tedesco..” . E’ da considerare che sul fronte orientale la politica dei tedeschi che avanzavano in territorio russo e si imbattevano nella popolazione ebraica era esattamente simmetrica. Gli ufficiali tedeschi annunciavano la piena emancipazione degli ebrei e li ponevano sotto la loro protezione……motivo per il quale spesso gli ebrei russi accoglievano gli eserciti degli Imperi Centrali…..come liberatori. Ciò accadde in alcuni villaggi remoti della Bielorussia e dell’Ucraina anche nel 1941, innanzi all’avanzata delle truppe di Hitler, che qualche giorno dopo …..aver “liberato” la locale popolazione ebrea da Stalin…..la sterminarono (mediante fucilazioni di massa) in quanto “giudeo-bolscevica”!
Altre significative ragioni sono descritte dallo Stevenson (e altri studiosi come, ad esempio, il Goldstein).
Nel momento in cui Balfour inoltrava la famosa lettera al presidente onorario della Federazione Sionista gli inglesi guidati da Allenby stavano avanzando su Gerusalemme. Lloyd George aveva intenzione di forzare il trattato segreto Sykes-Picot ponendo tutta la Palestina sotto il controllo del Regno Unito, senza interferenze di giurisdizioni internazionali sulla Terrasanta. Ciò allo scopo strategico di creare un interposizione territoriale di dominio britannico fra la Siria francese e il canale di Suez. La strategia, di cui la “dichiarazione di Balfour” costituiva un tassello fondamentale, fu posta in atto dopo che il Regno Unito ebbe sondato la posizione degli Stati Uniti, ove il giudice della Corte Suprema, il sionista Luois Brandeis (del quale, come abbiamo visto nel 3d sulla storia degli ebrei americani, la lobby tedesco-ebraica degli USA – non sionista se non antisionista – aveva chiesto tempo prima la testa al presidente) era riuscito a convincere definitivamente il presidente Wilson ad appoggiare l’idea di un protettorato britannico sulla Palestina, propedeutico alla nascita del “focolare nazionale ebraico”. Gli inglesi inoltre contavano sulla simpatia degli ebrei sionisti o comunque simpatizzanti per il sionismo di tutto il mondo, in particolare di quelli degli Stati Uniti, fresco alleato che tuttavia, al momento, erano riusciti a mandare sui fronti europei solo 77.000 combattenti.
Ci ricorda tuttavia il Codovini che “ La realtà storica è che la Gran Bretagna, una volta entrata in Palestina, sapeva perfettamente che il nodo della questione sarebbe stato costituito dall’amicizia con gli arabi; questa significava molto di più che la Palestina stessa, poiché facilitava buone relazioni con vari paesi mediterranei e del Mar Rosso. L’espressione di tale posizione geo-politica era già rappresentata dal Memorandum Samuel del gennaio 1915, con il quale l’interesse inglese fu *collegato con una stabile presenza militare, e il territorio palestinese [venne] considerato come il bastione strategico a difesa del canale di Suez, contro eventuali intromissioni straniere*. Al movimento sioniste e agli ebrei non dovevano perciò essere fatte troppe concessioni .
La stessa dichiarazione di Balfour, che aveva anche un significato propagandistico verso gli ebrei sionisti di tutto il mondo, e in particolare verso le masse russe, in quel fatale novembre 1917, fu costruita con equilibrismi semantici notevoli (soprattutto se si confronta la prima bozza con la versione ufficiale), e si evitava appositamente di formulare l’espressione, troppo impegnativa, di Stato ebraico, che avrebbe avuto….. ripercussioni negative immediate non valutabili al momento dal Regno Unito.


Shalom