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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Terrorismo: Il passo avanti che non basta

    A pagina 1 di Corriere della Sera del 24 luglio 2005, Magdi Allam ha firmato un articolo dal titolo...


    "
    «Il passo avanti che non basta»


    Londra, Bagdad, Sharm el Sheikh. L'internazionale del terrorismo di matrice islamica continua a mietere morti. Un'unica strategia di destabilizzazione dell'Occidente e del mondo musulmano. Coniugando la manovalanza autoctona a luogotenenti che obbediscono al grande burattinaio Osama.
    Mescolando la schizofrenia identitaria e la rabbia dei giovani musulmani nei confronti dei rispettivi governi, con il radicato ideologismo antiamericano e antiebraico. Sfornando nuovi aspiranti suicidi in grado di perpetuare la scia di sangue. Una sfida che ci vede culturalmente disarmati e politicamente inadeguati. Anche l'Italia si limita a interagire con l'attività terroristica di superficie, senza scardinare la «fabbrica dei kamikaze».
    Una «fabbrica dei kamikaze» che si annida al di sotto e al di là delle linee rosse tracciate dalle nostre leggi e dalla nostra ingenuità. La dimensione internazionale di Sharm el Sheikh emerse già all'indomani dell'11 settembre 2001, quando venne individuata come un possibile bersaglio «italiano». Perché ospita un gran numero di turisti italiani e accoglie importanti investimenti italiani. E l'Italia è stata ripetutamente minacciata, con più veemenza negli ultimi giorni, da Al Qaeda. Più in generale la «Rimini del Sinai» è il simbolo dell'apertura dell'Egitto all' Occidente e alla prospettiva di un Medio Oriente prospero e pacificato. Va da sé che colpire questo simbolo significa affievolire la speranza di una maggiore sicurezza nell' area più vitale e più martoriata della Terra.
    Mubarak avrebbe dovuto imparare la lezione dell'assassinio di Sadat per mano di un estremista islamico in divisa, frutto della politica di apertura dello stesso Sadat nei confronti dei Fratelli Musulmani. La storia contemporanea insegna che ovunque, in Algeria con il Fis (Fronte di salvezza islamico), in Tunisia con Ennahda, nello Yemen con Al Islah, si è lasciato mano libera agli integralisti islamici, prima o dopo si è scatenato il terrorismo islamico. Eppure anche Mubarak si è illuso di poter domare i Fratelli Musulmani, mantenendoli sulla graticola dell'interdizione ufficiale e della tolleranza di fatto.
    Per quanto ci concerne è arrivato il momento di aprire gli occhi e di prendere atto di tre elementari ma dirompenti realtà. La prima è che, piaccia o meno, è in corso una guerra mondiale scatenata dal terrorismo di matrice islamica. La seconda è che questa guerra interessa direttamente l'Europa, non solo in quanto bersaglio ma soprattutto in quanto roccaforte del terrorismo islamico.
    La terza è che questa guerra la si potrà vincere soltanto sradicando la «fabbrica di kamikaze», presente anche in Italia, che partendo dalla predicazione della «guerra santa», all'indottrinamento alla fede del «martirio», all'arruolamento talvolta sui campi di Al Qaeda in Afghanistan, Pakistan e Iraq, sfocia nell'attentato terroristico vero e proprio.
    Ecco perché non bastano le recenti misure varate dal governo. Vanno bene per contenere l'attività di quanti sono già operativi. Ma non sono in grado di prevenire la formazione di nuove leve del terrorismo. Ciò che serve è interrompere sul nascere il processo che porta, tramite il lavaggio di cervello, alla trasformazione dei giovani musulmani in robot della morte. A tale fine è essenziale punire l'apologia del terrorismo, l'equazione kamikaze uguale resistente, Jihad uguale resistenza. E' necessario sanzionare la cospirazione contro la sicurezza dello Stato da parte di coloro che promuovono iniziative islamiche eversive. E' opportuno affermare, anche a livello internazionale, che il terrorismo suicida è un crimine contro l'umanità.
    Perché la vera posta in gioco è il valore della vita, che viene disconosciuto dal nichilismo di quanti hanno elevato la morte propria e altrui come massima aspirazione. In quest'ambito l'Italia non può più tollerare che talune moschee, centri islamici, scuole coraniche, siti Internet integralisti, centri di finanza occulta, operino al di fuori della legalità e siano portatori di idee e di attività ostili ai valori fondanti della società italiana. L'Italia ha il diritto e il dovere di riscattare alla piena legalità ogni palmo del proprio territorio. Per il bene di tutti, musulmani compresi .


    Bien Dit


    Shalom

  2. #2
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    Predefinito Re: Terrorismo: Il passo avanti che non basta

    In Origine postato da Pieffebi
    In quest'ambito l'Italia non può più tollerare che talune moschee, centri islamici, scuole coraniche, siti Internet integralisti, centri di finanza occulta, operino al di fuori della legalità e siano portatori di idee e di attività ostili ai valori fondanti della società italiana. L'Italia ha il diritto e il dovere di riscattare alla piena legalità ogni palmo del proprio territorio. Per il bene di tutti, musulmani compresi . [/i]

    Bien Dit


    Shalom

    No alla moschea di Roma più grande d'Europa. La sua demolizione sarebbe la cosa migliore per tutti, temo per il futuro che facciano di questa l'ennesimo luogo santo da rivendicare come città sacra all'Islam.
    Quando le armi saranno fuorilegge, solo i fuorilegge avranno le armi

  3. #3
    SENATORE di POL
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    Predefinito

    " il Giornale del 27/07/2005


    --------------------------------------------------------------------------------

    L'EFFICIENZA CHE NON FA PAURA


    SALVATORE SCARPINO
    --------------------------------------------------------------------------------

    Una sola domanda era ed è da fare dopo il varo delle misure antiterrorismo deciso dal Consiglio dei ministri, e la domanda è questa: il nostro apparato di sicurezza, coi suoi uomini, coi suoi ritmi, con le sue consolidate abitudini può far fronte alle minacce del terrorismo jihadista? Siamo stati fra quelli che hanno apprezzato l'equilibrio del disegno governativo, il tentativo di contemperare il bisogno di sicurezza col rispetto delle nostre stagionate libertà, ma questo non esclude che ci siamo chiesti: come faremo?
    La coperta italiana è sempre corta. Negli anni Settanta tutte le energie delle questure e dei comandi carabinieri erano concentrate contro il terrorismo e fu proprio in quella stagione che le mafie rialzarono la testa e conquistarono spazi. La coperta è sempre corta, come faremo adesso, quando una nuova guerra da noi non dichiarata minaccia le nostre certezze, le nostre abitudini di vita normale?.
    Istituisci il poliziotto di quartiere, si tenta una nuova strategia per allentare la tensione che turba la vita di tanti cittadini e per colpire quella «microcriminalità» così potente nel distruggere la trama del quotidiano e intanto, si presenta una nuova emergenza che fa apparire ogni altra minaccia limitata, perfino futile. Come faremo, di quanti brigadieri e ispettori e appuntati e commissari e tenenti avremo bisogno per cercare di evitare, nei limiti dell'umano e del possibile, il sangue e il terrore di Londra e di Sharm el Sheikh?
    Molti ritengono che il Senato sia un'inutile duplicazione della Camera, ma intanto ieri l'assemblea di Palazzo Madama ha introdotto un miglioramento importante al decreto sulla Pubblica amministrazione, prospettando l'impiego di reparti dell'esercito per la situazione dell'ordine pubblico, in relazione ai bisogni che si profilano. L'esercito è una risorsa, comprende i reggimenti raffazzonati che sono gli eredi delle vecchie unità «costiere», ma comprende anche uomini addestrati, professionisti di prima scelta la cui percentuale salirà fino al cento per cento ora che la leva non c'è più.
    Questa risorsa dobbiamo scartarla, sterilizzarla, soltanto per prurigine ideologica? Oggi questa carta deve essere giocata e il nostro Paese deve schierare contro il terrorismo anche l'esercito. Nulla di nuovo, sia chiaro. Nel 1992 si impiegarono reparti delle forze armate nell'azione di contrasto contro la mafia, con poteri di polizia giudiziaria, col potere di presidiare obiettivi sensibili e di identificare pedoni e automobilisti, sequestrando all'occorrenza armi ed esplosivi. Il clima di oggi è diverso in meglio da quello di 13 anni fa? Non vogliamo far torto alla mafia, ma i boss ci perdoneranno se in questo momento consideriamo la loro minaccia - pur spregevole e da neutralizzare - meno angosciante di quella del terrorismo jihadista. L'Italia deve mettere in campo tutte le sue risorse, se dovremo soffrire soffriremo a ciglio asciutto, sapendo che abbiamo fatto tutto quel che si poteva fare. Non possiamo ipotecare il futuro, ma non possiamo nemmeno rimanere vittime delle idiosincrasie pseudogiuridiche che ci vengono dal passato. L'impiego dell'esercito nelle modalità, già collaudate, prospettate dal Senato, non significa che l'Italia tornerà barbara, significa soltanto che cercherà di essere più efficiente.
    L'onorevole Cento, naturalmente, non è d'accordo, ma è sempre difficile stabilire l'esatta nazionalità di un politico che proviene dagli spazi dell'utopia e dell'estremismo. Abbai pure alla luna, qualunque cosa dica è una concessione al politicamente e astrattamente corretto, ma sappia che gli italiani, di qualunque orientamento politico, non hanno nessuna paura dei loro soldati. Che sono carne della loro carne.
    "

    Shalom

  4. #4
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    da www.lastampa.it

    " L’AUDIZIONE DI IERI DAVANTI AL COPACO, IL COMITATO DI CONTROLLO SUI SERVIZI

    Letta conferma: la scuola
    dei terroristi è a Milano



    Il sottosegretario: «Abbiamo
    la percezione che forse è ancora attiva»
    Si troverebbe nell’hinterland,
    guidata anche da un gruppo di istruttori


    29 Luglio 2005

    di Guido Ruotolo

    ROMA. Certo, parlare di scuola di kamikaze non rende effettivamente l’idea. Uno si immagina un edificio, una scuola modello coranica. Non è così. E però abbiamo la percezione che a Milano vi sia stato, forse vi sia ancora in atto un’attività di indottrinamento di terroristi...». In questi termini, fortemente preoccupati, Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ieri mattina ha confermato al Copaco l’allarme del Sismi sull’esistenza di una struttura di addestramento per kamikaze, anzi di addestratori per combattenti. Letta, a differenza di Pollari, è stato ancora più esplicito, collocando questa presenza nell’hinterland milanese mentre il direttore del Sismi si era limitato a parlare, il 14 luglio, sempre al Comitato parlamentare di controllo sui Servizi, di una presenza generica in Lombardia. Non solo. Il sottosegretario ha alluso a un gruppo di istruttori e non a un’unica persona.
    La «percezione» del nostro servizio segreto militare - qualcosa in più di una semplice sensazione -, non si è tradotta in riscontri da parte della polizia giudiziaria, come è noto, confliggendo così con le conclusioni degli investigatori e inquirenti milanesi. E’ un nervo scoperto, una fotografia delle difficoltà di trovare produttive convergenze a due mondi che sembrano marciare su binari paralleli, con l’intelligence che setaccia gli angoli oscuri di una realtà ai margini, e l’autorità giudiziaria che ha bisogno di certezze per neutralizzare il pericolo, per arrestare i professionisti del terrore.
    Ieri, il ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, ha accennato a «indizi convergenti» che ci portano a ipotizzare un attentato in Italia. Probabilmente intendeva anche riferirsi alle «percezioni» della nostra intelligence. Chi ha avuto modo di scambiare delle valutazioni con il ministro, in queste ore, ha avuto però la sensazione che «gli indizi convergenti non si riferiscano tanto a una prova regina su un gruppo di terroristi che sta per entrare in azione, quanto a molteplici segnali che non sono semplici deduzioni, che sono qualcosa in più».
    In sostanza, viene sottolineato da fonti di intelligence e di Antiterrorismo, «alla vigilia delle stragi del 7 luglio, a Londra non c’era nessun allarme specifico»: «Questo significa che non possiamo sentirci tranquilli perché non c’è nessun allarme concreto, perché tutti gli ambienti a rischio che vengono monitorati non lanciano nessun segnale allarmante. Dobbiamo provare a guardare in direzione di quegli ambienti esterni, più lontani dal nocciolo, dalla sfera centrale di un universo fatto di diversi pianeti e satelliti. Insomma, il pericolo potrebbe venire non dalle moschee, dalle scuole coraniche, dagli Internet Café ma da ambienti “normali”. E’ questa la lezione di Londra».
    Deduzioni, scenari, analisi, elementi concreti, allarmi di intelligence. E’ un cocktail di informazioni che il ministro Pisanu ha rielaborato stando bene attento a non creare allarmismo (nel suo intervento ha invitato tutti a fare «un uso prudente e responsabile di certe informazioni»). Ma l’incombente pericolo è avvertito, non è negato, è sviscerato. Perché l’Italia è l’«unico» dei paesi indicati come obiettivo da colpire dal terrorismo islamista, perché «dopo New York, Madrid e Londra, tocca a noi», perché «l’Italia è il faro oltre che (con Roma) la capitale della cristianità», «e ancora non ha ritirato le sue truppe dall’Iraq», perché comunque l’estremismo radicale islamista «non dimentica le offese contro l’islam».
    «L’allarme è intenso e prolungato». Pisanu annuncia che sarà un agosto molto teso, e che con Londra e Sharm el-Sheikh non è finita. Gli attentati inglesi ed egiziani a così breve distanza di tempo, a prescindere dall’esistenza di un legame tra loro, confermano la preoccupazione che «si sono attivate tutte le cellule», e dunque che potrebbero colpire anche in Italia. Tra l’altro, Gianni Letta al Copaco ha ipotizzato che il terrorismo possa colpire di nuovo in Egitto, che si trova alla vigilia della campagna elettorale. Il terrorismo, ribadiscono governo e apparati di intelligence, punta a colpire l’Occidente, l’Europa, ma anche il mondo arabo moderato. Prima Djerba, Casablanca e Istanbul, poi Madrid, Taba (Egitto) e Londra. Adesso Sharm el- Sheikh. Dall’Iraq, la sensazione è che il terrorismo di matrice alqaedista abbia deciso di trasferirsi in Occidente e nei Paesi islamici. Ma essere consapevoli che questa è la sfida, ha ammesso ieri Pisanu, non significa essere «immuni» dal pericolo. Anzi.
    "


    Shalom

  5. #5
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    Mettere fuori legge i gruppi eversivi dell'islam italiano

    A pagina 1 del quotidiano Il Corriere della Sera di oggi, 31 luglio 2005, il buon Magdi Allam firma un interessantissimo articolo dal titolo


    " «Islam d'Italia, legalità anno zero»



    Le nuove misure anti-terrorismo lasciano ben sperare, avendo fatto emergere un'ampia maggioranza politica trasversale in Parlamento.
    L'arresto a Roma di un terrorista britannico in fuga dopo gli attentati del 21 luglio a Londra conferma l'efficienza del coordinamento transnazionale nella lotta al terrorismo globalizzato.
    A questo punto, perché non consolidare il fronte interno gettando le basi sane e solide dell'islam d'Italia? Giovedì il ministro dell'Interno Pisanu ha auspicato «la formazione di un islam italiano rispettoso della nostra identità nazionale e delle nostre leggi». Ma il problema è come conseguire questo traguardo.
    Certamente non possiamo prescindere dalla realtà sul terreno. Che offre il quadro allarmante di una maggioranza di moschee gestite da movimenti integralisti ed estremisti islamici che legittimano il terrorismo suicida in Israele e in Iraq, che inneggiano alla jihad intesa come guerra santa, che patrocinano un ideologismo antioccidentale e antiebraico.
    Finora l'Italia con questa realtà ha perseguito la via del dialogo, inevitabilmente fine a se stesso, e dell'intesa perlopiù sulle questioni della sicurezza per prevenire il peggio. Ci si è, in sostanza, rassegnati a uno status quo percepito come inviolabile. Lo Stato si è mosso con lo stesso approccio descrittomi nel 1998 da Abdelhamid Shaari, presidente della pluri-inquisita moschea di viale Jenner a Milano, personaggio enigmatico che si professa laico ma è partner dell'imam jihadista Abu Imad, il più temuto in Italia: «Devo lavorare con la gente che c'è e il minestrone lo faccio con le verdure che ho a disposizione».
    In quest'ottica abbiamo finito per considerare moderato chi non mette le bombe in Italia, anche se non gli dispiace affatto che le bombe esplodano altrove. Chi condanna gli attentati terroristici suicidi a Londra e Sharm el Sheikh, ma plaude a quelli a Gerusalemme e Bagdad. Chi dice che è impegnato nel dialogo interreligioso, ma considera haram, peccato, stringere la mano a un ebreo.
    L'ennesimo esempio ci è offerto dalla fatwa, un responso legale islamico, che l'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) intende rendere pubblica oggi a Bologna. Vi si afferma, secondo il testo diffuso dall'Apcom, la legittimità del « jihad fi sabiliLhah, sforzo sulla via di Dio, inteso anche come fisico, vuoi militare». Quindi «è importantissimo stabilire quale sia il jihad lecito od obbligatorio per il musulmano che vive in Paesi nei quali non è direttamente aggredito». Si tiene conto che «nella totalità dei Paesi occidentali... gli ordinamenti e le leggi rendono possibile la vita dei musulmani e le restrizioni che sono state recentemente introdotte in alcuni Paesi, per quanto inopportune e ingiuste, non inficiano il quadro generale di tolleranza ed eguaglianza di fronte alla legge». «In queste condizioni — sentenza l'Ucoii —, il musulmano e la musulmana... sono tenuti al rispetto della legge generale, alla lealtà e alla collaborazione nei confronti delle istituzioni».
    Di fatto, l'Ucoii annuncerà la legittimità della guerra santa e specificherà se e quando potrebbe essere scatenata. Tutto ciò significa legittimazione dell'uso della violenza contro lo Stato qualora i musulmani si sentissero discriminati, tradimento della comune identità nazionale italiana, ponendo la «comunità musulmana» come una controparte delle istituzioni, violazione implicita dell'unicità della legge italiana avallando la legge islamica.
    Fino a quando l'Italia continuerà a tollerare la presenza di chi si percepisce un corpo distinto e potenzialmente antagonista allo Stato? Non è forse arrivato il momento di sradicare questa mala pianta della schizofrenia identitaria e della cultura della violenza? Possibile che qualche centinaio di predicatori dell'odio possano condizionare il futuro della nostra nazione? A questo punto l'Italia deve scegliere e decidere: o continuare a mandar giù minestroni indigesti fino a creparne o bonificare un terreno minato che ci vede oggi testimoni e domani potenziali vittime. Che cosa aspettiamo a mettere fuorilegge tutte le sigle dietro cui si celano trame eversive di movimenti islamici internazionali e interessi occulti di Stati stranieri? Se la Francia, lo Stato laicista per antonomasia, è pesantemente intervenuto per disciplinare l'islam inscenando elezioni-farsa e assumendo il controllo dei finanziamenti alle moschee, perché l'Italia continua a restare inerte di fronte alla crescita dell'ideologia che alimenta il terrorismo islamico? Piaccia o meno, ma storicamente e universalmente è lo Stato che ha gestito l'islam, perché si tratta di una religione che fisiologicamente non può autogovernarsi, data la soggettività del rapporto tra il fedele e Dio, la pluralità e la conflittualità comunitaria, l'assenza di un'unica autorità spirituale.
    Quindi mettiamocelo in testa: o lo Stato, direttamente o indirettamente, governa l'islam italiano, o lo continueranno a fare i Fratelli Musulmani, i wahhabiti, i jihadisti. Che sono fuorilegge nella gran parte dei Paesi musulmani, mentre da noi prosperano e comandano. Facciamo quel salto di qualità sul piano della maturità culturale e sul piano dell'assunzione della responsabilità politica. Riscattiamo le nostre moschee alla piena legalità, affidiamole ai fedeli che vogliono pregare e basta, sradichiamo la fabbrica dell'odio che minaccia la vita e la libertà di tutti. Autoctoni e musulmani. Azzeriamo un passato all'insegna del buonismo, della viltà e dell'ideologismo. Ricominciamo dall'anno zero dell'islam d'Italia .
    "


    Shalom

  6. #6
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    Tanto la fine della civiltà occidentale come la conosciamo è segnata, gli USA non riusciranno a proteggerci per sempre e le nostre civiltà sono sempre più demograficamente decadenti.
    L'unica cosa che possiamo fare è ritardare l'inevitabile, e goderci questi ultimi decenni da Veri Europei, non come quelli che verranno dopo, fiacchi, molti mescolati biologicamente ad ogni razza del pianeta, africana o asiatica, privi di quel substrato culturale che ancora ci rende Occidentali.

    Tutto questo a meno di usare metodi veramente draconiani, tali da scatenare qualcosa di simile ad una guerra mondiale, non certo questa guerra al terrorismo molto soft.
    A questo punto non so cosa sia meglio, forse è meglio questa pace e metterci una pietra sopra, il futuro della Terra è afro-asiatico.
    Quando le armi saranno fuorilegge, solo i fuorilegge avranno le armi

 

 

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