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  1. #11
    TORINO E' GRANATA
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    BOUGIA NEN autentico, cioè come per l'Esercito Piemontese, io NON ARRETRO MAI !!
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    Gaetano Bresci è un ESEMPIO per ogni uomo del POPOLO !!

  2. #12
    TORINO E' GRANATA
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    BOUGIA NEN autentico, cioè come per l'Esercito Piemontese, io NON ARRETRO MAI !!
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    In Origine Postato da benfy
    si e ci siamo trovati con vittorio emanuele re fascista bella roba
    si...si certo FASCISTA....

  3. #13
    Super Troll
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    Milano Segreta
    1898: Turati e le cannonate di Bava Beccaris
    Storia dei lavoratori che chiedevano più diritti e di un commissario con pieni poteri che fece sparare sui manifestanti
    Il passo lento e l'andatura pesante, Filippo Turati attraversa una piazza del Duomo riscaldata dal tiepido sole primaverile, che rincorre le ombre sfuggenti dei bambini che giocano all'aperto. Turati si dirige verso la galleria Vittorio Emanuele, dove ad attenderlo c'è l'amico socialista Gaetano Salvemini. I due uomini si tuffano subito in una conversazione animata, dalla quale emergono pareri contrastanti. Milano è una città affamata che invoca il ribasso dei prezzi: per questo Salvemini teme che il malcontento della gente possa degenerare in disordini di piazza. Il suo pacato collega scuote la testa: non può e non vuole credere che scoppieranno delle agitazioni. Turati si sbaglia.

    CHIAMATA ALLE ARMI - Se durante la giornata del primo maggio 1898 non si verificano incidenti, ci sono almeno due episodi che contribuiscono all'inasprimento del clima già difficile di quei giorni. La classe 1873 è richiamata alle armi. Corre voce che i ventiseienni dell'epoca devono prepararsi ad imbracciare i fucili contro i coetanei africani, per una ripresa della politica coloniale italiana nell'Africa settentrionale. Nel frattempo a Pavia, nel corso di uno scontro con la polizia, muore il figlio del radicale Giuseppe Mussi, vicepresidente alla Camera.

    Milano 1898: Turati e le cannonate di Bava Beccaris clicca su una foto


    DIRITTI PER I LAVORATORI - Nel suo appartamento in piazza del Duomo, Turati scrive. Scrive per «Critica sociale», la rivista da lui fondata nel 1891 insieme alla compagna Anna Kuliscioff, scrive per il neonato «Avanti!» ed, essendo un avvocato, si occupa di ricorsi e proteste. E' vicino al proletariato milanese e lo sostiene anche la mattina di quel 6 maggio 1898, quando, fuori dallo stabilimento Pirelli di Ponte Seveso, un dipendente dell'ingegner Giovanni Battista diffonde volantini con la richiesta di più diritti per i lavoratori. L'incauto operaio è subito fermato da alcuni agenti di polizia, che lo rilasciano poco dopo, mentre tale Angelo Amadio viene condotto alla caserma di polizia di via Napo Torriani, con l'accusa di aver tirato pietre contro le forze dell'ordine. Il quarantunenne Turati, preso in spalla da due operai, esorta alla calma la folla, che già si incammina alla ricerca del compagno arrestato. A pochi passi dalla caserma, la polizia fa fuoco sui manifestanti; risultato: un morto e cinque feriti. I disordini continuano anche il giorno seguente: via Torino, via Orefici, corso di Porta Ticinese e via della Moscova (dove ha sede la Manifattura Tabacchi), sono inondate di studenti e lavoratori che protestano contro il carovita e chiedono giustizia. La risposta del prefetto non tarda ad arrivare: sarà l'autorità militare a gestire la delicata situazione. Nel pomeriggio del 7 maggio viene proclamato lo stato d'assedio della città.

    COMMISSARIO CON PIENI POTERI - Ecco allora che entra in scena il generale piemontese Fiorenzo Bava Beccaris, a detta degli amici buono e affettuoso, semplicemente temibile secondo i suoi oppositori. A sessantasette anni compiuti, questo ferreo tutore dell'ordine viene nominato «Regio commissario straordinario con pieni poteri» e in men che non si dica mette a punto un piano per riportare la calma e la tranquillità nel capoluogo lombardo. I suoi uomini avrebbero dovuto occupare, prima i bastioni e le Porte della città, poi i sobborghi e le stazioni, e, infine, le fabbriche e gli opifici, garantendo il reinserimento pacifico delle maestranze. Dopo aver fatto arrestare il direttore del quotidiano «Il Secolo» e aver vietato l'uscita del giornale, Bava Beccaris si dedica a smantellare le barricate di Porta Garibaldi e Porta Ticinese a colpi di cannone, ricevendo le congratulazioni da Roma. Non risparmia nemmeno un convento di Cappuccini in corso Monforte, reo di essersi schierato contro i soldati. I frati vengono rastrellati e il convento occupato dai militari.

    OTTANTA MORTI - Il bilancio di quattro giorni di duri scontri non poteva che essere pesante: si calcolano ottanta morti e quattrocentocinquanta feriti. Senza contare gli arresti. A finire in carcere ci sono anche Filippo Turati e la compagna di lotte e di vita Anna Kuliscioff. Lei è condannata a tre anni di reclusione con l'accusa di essere una socialista propagandista, lui a dodici, ma, grazie a un indulto riparatore, è scarcerato il 4 giugno dell'anno seguente.
    Mentre Milano piange i suoi morti, il generale Bava Beccaris riceve la Croce di Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Un anno più tardi, precisamente il 29 luglio del 1900, re Umberto I viene ucciso a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci. L'uomo dichiarerà di essersi voluto vendicare dei morti di Milano del '98 e dell'offesa per la decorazione a Bava Beccaris.

    Per segnalazioni o proposte di argomenti per la rubrica «Milano segreta» scrivete a redazione@vivimilano.it.
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    PATETITICI........ ANCHE ALLORA SI PROTESTAVA PER IL CARO VITA..... E NON PER I SALARI DA SCHIAVI SFRUTTATI..........
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

  4. #14
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    "un tempo fu un bandito, bandito senza tempo
    uccise un presidente ne ferì altri cento
    e frose fu a 20 anni o forse due di meno
    era con Faetano Bresci su una nave lungo il Tirreno
    giocarono a tresette, tresette con il morto
    il terzo era un gendarme il quarto un re col fiato corto"

  5. #15
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    La vostra protervia arriva a glorificare un assassino. Vergognatevi.

  6. #16
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    Predefinito il galantuomo di cacca

    aveva dato a bava beccaris il collare dell'annunziata per premiarlo di aver sedato la rivolta di milano.
    mi autodenuncio di apologia di reato : viva bresci.

  7. #17
    Giuro di essere fedele al Re!
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    In Origine Postato da cciappas
    Milano Segreta
    1898: Turati e le cannonate di Bava Beccaris
    ..........
    Ma... che disse Turati di Bresci allorchè gli venne richiesto di difenderlo?

  8. #18
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    In Origine Postato da Kowalsky
    "un tempo fu un bandito, bandito senza tempo
    uccise un presidente ne ferì altri cento
    e frose fu a 20 anni o forse due di meno
    era con Faetano Bresci su una nave lungo il Tirreno
    giocarono a tresette, tresette con il morto
    il terzo era un gendarme il quarto un re col fiato corto"

    un tempo fu a Milano
    dove si va a lavorare
    c'erano tante fabbriche
    quante banche da rapinare



  9. #19
    Monarchico da sempre !
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    In Origine Postato da ETTORE MUTI
    Gaetano Bresci è un ESEMPIO per ogni uomo del POPOLO !!
    La cigliegina sulla torta....

    ma va là.....

    bon ... ora puoi tornare alle tue faccende, hai già dato il meglio di te !

    Saluti

  10. #20
    Giuro di essere fedele al Re!
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    Qui, in modo disgustosamente antistorico, nessuna eco al "pianto del cuore" che per le strade e nelle case, dice Benedetto Croce nella sua Storia d'Italia" accompagnò la scomparsa del Re Buono.

    Fu il pianto di tutti, fu il lamento degli Italiani:

    Antonio Fogazzaro, in Parlamento, rivolto alla Regina Madre Margherita d'Italia:
    "La poesia di Casa Savoia è spezzata, diceste Voi in quel giorno nefasto. No Augusta Donna. La poesia di Casa Savoia si è arricchita oggi dell'aureola del martirio, onde è fatta agli occhi di tutti più venerabile e sacra! "

    Il radicale Papafava:
    "Umberto era il simbolo, la bandiera. Gli volevamo bene più che non credessimo. Sotto il radicalesimo, sotto il republicanesimo vive il sentimento della continuità storica della Patria.
    Egli amava il Paese più che la Corona
    "

    Il repubblicano On. Colajanni fa loro eco e pretende lui, repubblicano, commemorare alla Camera il Re. Definì esecrabile l'assassinio e riconobbe che il Regno di Umberto I fu quello di "un Re veramente galantuomo"

    Ed è ancora un repubblicano a tacitare l'amico Durrutibus. E' Giovanni Bovio che sostenne con gli anarchici, con Malatesta in primis, la feroce memorabile polemica che pronosticò lunga vita alla Monarchia di Casa Savoia.
    Fu Bovio a tracciare, con stupenda onestà, il profilo del Re che dice: "A Monza si fa festa, a Napoli si muore: vado a Napoli!", un Re che tra i colerosi di Busca e di Napoli, tra i terremotati di Casamicciola, in ogni dove è presente nelle tribolazioni e nelle disgrazie pubbliche, generoso e clemente con gli stessi attentatori alla Sua Vita.

    Giuseppe Verdi si alzò dal suo letto di morte per esprimere in note il pianto suo e della Nazione.

    Oltre alle celebrità e ai politici vi è, permettetemelo, la mia umile ma ferrea testimonianza. Abitavo in Via Mentana a Pesaro negli anni della mia infanzia ed i primi della mia adolescenza. La Signora Olvide, che abitava in Via Mazzini, una strada vicina, essendo rimasta sola nella sua tarda età, amava accogliere i bambini del quartiere dispensando carezze sulla fronte e, sicuramente con sacrificio, cioccolatini e caramelle. Il tutto accompagnato da un sempre ripetuto: "sii bravo!". Lo ricordo ancora il gran quadro, unica cosa che mi parve di lusso in quella povera dimora, grandissimo ai miei occhi, dalla cornice spessa forse dieci centimetri, datosi che conteneva, dietro il vetro, fiori secchi o di seta posti tutti all'intorno dell'immagine ch'era sul fondo e ch'io vedevo per la prima volta. Due grandi occhi, una fronte spaziosa sovrastata da corti capelli bianchi, così com'erano bianchi i grandi baffi che, solo essi assieme agli occhi, sembravano riempire il quadro. Alla mia impertinente domanda: "Sora Olvide, l'è su Marit?" - "No" mi rispose in italiano "è il Re. Il nostro Re". Eravamo alla fine degli anni Cinquanta.
    Quasi sessant'anni dal Suo assassinio ed il grande quadro nella casa della Signora Olvide, dovrebbe dire a Durrutibus che Re Umberto I fu un sovrano amato dal Popolo. Dal Popolo più che dalla borghesia e dalla Nobiltà.

    E' infatti ancora un socialista, uno che soffrì persino il carcere, ma che con l'onestà di Bovio testimonia anch'Egli, alla Nazione e per la Storia, che Umberto I fu un ottimo Re. Pascoli Giovanni.

 

 
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