Gli Americani non sono perfetti. Anzi, a volte si distinguono per una certa rozzezza, per una malaugurata tendenza a semplificare, e soprattutto per la predilezione di metodi spicci nei riguardi di alleati recalcitranti, quando la sicurezza nazionale – la loro ovviamente prima di tutte – sia considerata in pericolo: valga fra tutti l'esempio di Sigonella, dove non sono giunte al confronto due concezioni del diritto, come si cercò di sostenere, ma due diversi modi di concepire il pericolo terrorismo, e di combatterlo. E credo che sia difficile non concludere, proprio da quell'esempio e col senno di poi, che il metodo più serio per far fuori i capi terroristi sia quello di prenderli e di eliminarli, comunque e dovunque…
Gli Americani non sono perfetti, e questa constatazione, che potrebbe essere estesa ad ogni altro popolo, ciascuno con suoi pregi e suoi difetti, costituisce la base per un castello di pregiudizi e di avversioni che, se i summenzionati statunitensi fossero perfetti, non avrebbe ragion d'essere. Insomma, la colpa è loro…
Ma visto che non è così, che anche loro commettono errori, come stupirci se col passare degli anni, e con il procedere inesorabile della globalizzazione, il numero degli antiamericani senza se e senza ma cresce e si rafforza a dismisura? Chi, con il procedere della mondializzazione, ha accesso ai media moderni, è ora in condizione di fare un confronto e può finalmente entrare nel Club degli Odiatori, un club di diffusione mondiale…
Gli Americani sono tutto quello che avrebbero voluto essere – o che credono di aver voluto essere – i Russi, e non riescono ad esserlo: tutto quello che avrebbero voluto essere– o che credono di aver voluto essere – molti cittadini di Paesi arabi sottosviluppati, molti Africani, molti Orientali, molti Europei, e non riescono ad esserlo. Gli Americani stanno lì, a perpetuo monito e testimonianza della nostra crescita insufficiente, della nostra politica estera ridicola, debole e schizofrenica, della nostra autorevolezza di "fratelli maggiori" perduta ormai da decenni, della nostra pretesa di contare senza i mezzi e gli armamenti per farlo, della nostra incapacità di parlare davvero "alla pari" con gli alleati d'oltreoceano. Una incapacità che è prima di tutto psicologica, alimentata da riserve mentali, doppi giochi, furbizie da piccolo Paese.
Mentre nell'estate si sta combattendo il terrorismo, il Parlamento europeo chiude per ferie, e in Italia si discute di primarie e di "discontinuità"…
E così fra noi, a mano a mano che le cose vanno peggio per ragioni che stanno ben al di sopra delle capacità e delle stesse possibilità di questo o di quel governo, che la nostra economia si sfilaccia e si sbraca sommersa dalla voracità e dalla inefficienza di uno stato sociale e burocratico ipertrofico, che la percezione del sottosviluppo dietro l'angolo si fa più viva e pungente, la fila degli antiamericani si allunga. Lo spazio antiamericano, che una volta era occupato fra noi dagli alfieri di un'economia e di una società da terzo mondo alle prese con la modernizzazione – da sinistra o in parte anche da destra –, viene ora conteso ai rifondatori ed agli estremisti "tradizionali" da un Prodi ex-democristiano che vorrebbe guidare la prossima compagine governativa, e da buona parte dei suoi alleati. Sarebbe il primo governo italiano che si porrebbe, del tutto "naturalmente", fra i Paesi guida del terzo mondo: un modo come un altro per primeggiare e per leccarsi le ferite…