SERBIA: LA BELGRADO ORTODOSSA AI FERRI CORTI COI VICINI/ANSA
(Di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 2 AGO - Oltre cinque anni di pazienti sforzi per conquistare la fiducia dalle altre repubbliche ex jugoslave, meno di una settimana per buttarne gran parte alle ortiche: la Serbia del premier Vojislav Kostunica e del presidente Boris Tadic - entrambi ortodossi praticanti - rialza la voce con i vicini per questioni di religione e valutazioni storiche. Ma la stessa stampa serba ammonisce a non dimenticare le premesse delle sanguinose guerre balcaniche di fine secolo. Gettano olio sul fuoco delle vecchie polemiche due vicende innescate in Macedonia e Montenegro dalla rigidita' della Chiesa ortodossa serba e una richiesta di scuse ufficiali rivolta a Zagabria da Tadic per le vittime dell' 'operazione Oluja' (tempesta), la controffensiva che dieci anni fa respinse le forze serbe e che i croati considerano il picco eroico della loro lotta per l'indipendenza. I contenziosi ecclesiastici sono stati fatti propri da parte del governo serbo, trasformandosi in veri incidenti diplomatici, mentre il presidente croato Stepe Mesic ha reagito con irritazione alla richiesta di Tadic. La Croazia, ha fatto notare Mesic, ha ammesso piu' volte che ''vi furono crimini dopo l'operazione Oluja, responsabilita' individuali da perseguire e punire. Ma non c'e' paragone possibile con il massacro di Srebrenica'', ha detto Mesic riferendosi all'uccisione da parte delle forze serbe e serbo-bosniache, nel luglio 1995, di almeno 8.000 civili musulmani, per la quale Tadic ha chiesto scusa a Sarajevo a nome della Serbia. ''Zagabria - ha detto il presidente croato - aveva tutti i diritti, anche in base alle risoluzioni dell'Assemblea generale dell'Onu, di lanciare la controffensiva''. Il presidente croato ha quindi ricordato al collega serbo che un possibile rientro in Croazia dei profughi di 'Oluja' ''dipende dalla buona volonta' reciproca e dalla disponibilita' a fare i conti con il proprio passato, senza mistificazioni e semplificazioni''. A tenere banco sulle prime pagine dei giornali serbi e' poi la reazione, giudicata molto sopra le righe, del ministro serbo per gli investimenti pubblici Velimir Ilic alla controversa condanna a un anno e mezzo di reclusione comminata da un tribunale macedone all'arcivescovo della Chiesa ortodossa serba Jovan, al secolo Zoran Vraniskovski, imputato di incitamento all'odio etnico e religioso. Ilic ha annunciato - non si sa se previa consultazione con il premier Kostunica - di voler togliere alla compagnia aerea privata macedone Mat due aerei dati in leasing dalla serba Jat, se Jovan non verra' liberato. ''Investiamo milioni in un'autostrada che permettera' a Skopje l'accesso in Europa - ha detto Ilic - e loro ci ricompensano cosi'. Gli diamo aerei che non ci pagano (Mat avrebbe un forte debito con Jat stando a quest'ultima) per cui ho deciso che i velivoli resteranno a terra. Non possiamo tollerare l'arresto del vescovo e non abbiamo ragioni per cooperare con Skopje''. La reazione macedone non si e' fatta attendere: ignorando Ilic - peraltro non nuovo a clamorosi exploit - il presidente macedone Branko Crvenkovski si e' rivolto a Kostunica e a Tadic, annunciando che quest'anno non ci sara' la tradizionale visita di una delegazione macedone al monastero di Prohor Pcinjski (Serbia del sud), dove nacque il primo parlamento macedone. Stando a Crvenkovski, i due leader serbi avrebbero tentato di barattare la visita - che doveva tenersi oggi, festa nazionale macedone di Ilinden - con la liberazione di Jovan. Il governo di Skopje aveva gia' chiarito di non volersi intromettere nell'indipendenza della magistratura. ''L'atteggiamento di Belgrado - ha stigmatizzato Crvenkovski - va contro l'asserita volonta' di costruire migliori relazioni fra i nostri paesi''. C'e' poi tensione fra la Chiesa ortodossa serba e il governo montenegrino per la costruzione abusiva di una chiesa sul monte Rumija, vicino al porto di Bar. Per le autorita' della piccola repubblica, l'edificio ''mina la convivenza fra le comunita' ortodossa, musulmana e cattolica''. Alla consacrazione, l'arcivescovo Amfilohije ha tenuto un discorso definito dal quotidiano Danas ''quantomeno irriverente verso Podgorica'', applaudito da nostalgici che sfoggiavano maglie con i ritratti dei latitanti eccellenti del Tribunale penale internazionale, gli ex leader serbo-bosniaci Radovan Karadzic e Ratko Mladic. ''Tutte le recenti guerre -ammonisce Danas - sono iniziate con scontri verbali. E gli unici paesi contro i quali non abbiamo combattuto sono Macedonia e Montenegro, almeno per il momento. Probabilmente, penseranno in molti, non entreremo in guerra anche con loro. Sarebbe pero' meglio che ognuno di noi ricordasse come la maggioranza della gente pensava la stessa cosa alla vigilia del dramma degli anni '90''. (ANSA). OT
02/08/2005 125