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    Arrow La strana storia della Bpl di Fiorani tra misteri e amici influenti

    Solo nove anni fa la Banca Popolare di Lodi, ora Banca Popolare Italiana, occupava il quarantesimo posto nella classifica delle banche italiane mentre oggi è tra le prime dieci banche italiane con obbiettivo il quinto posto nel caso in cui la conquista di AntonVeneta vada in porto. Una crescita sensazionale e senza precedenti che suscita molte perplessità. Perplessità che oggi sono più consistenti di ieri alla luce dei recentissimi fatti di cronaca che hanno coinvolto l’ormai ex amministratore delegato di Bpi Giampiero Fiorani e la sua rete di amicizie potenti composta da “Tonino” Fazio e da bizzarri finanzieri dell’ultima ora come un certo Stefano Ricucci. Fiorani, dopo aver conseguito il diploma di ragioniere, entra in banca nel 1978 diventando quasi subito direttore di filiale. Si laurea in Scienze Politiche e subito dopo inizia a salire la china per ritrovarsi ben presto al comando della banca. Da quel momento ha inizio la difficilmente spiegabile maratona di acquisizioni che ha caratterizzato la storia recente della banca lodigiana. Inizialmente Fiorani, per superare il problema dei limiti della Popolare al possesso azionario, acquista l'Iccri, l'Istituto centrale delle Casse di risparmio, e lo trasforma in una holding dove le Fondazioni possano restare presenti e ripagare così le acquisizioni compiute. Attraverso l'Istituto, ribattezzato Banca Federale Europea, la piccola Lodi conquista un gran numero di Casse di Risparmio, tra cui anche banche di dimensioni maggiori, pagando in parte in contanti attraverso numerosissimi di aumenti di capitale, e in parte in titoli della Banca Federale stessa che negli anni successivi scaricherà il suo peso sulla Borsa con la fusione con il Banco di Chiavari, quotato, e prendendo il nome di Reti Bancarie Holding. Ecco però che, durante la folle corsa, arrivano le prime indagini a opera della Consob di Luigi Spaventa a proposito della scalata misteriosa alla Popolare di Crema avvenuta in Svizzera a opera di alcuni registi rimasti nascosti dietro lo schermo di società "off shore". La vicenda, che per certi versi può apparire simile a quella di AntonVeneta, si conclude con un un'offerta pubblica di acquisto e scambio della Lodi sulla Popolare di Crema, offerta che ricompensa abbondantemente gli autori misteriosi del blitz con una ricca plusvalenza. La Consob trasmette i risultati delle sue ispezioni al Tribunale: falso in bilancio, false comunicazioni sociali, utilizzo di informazioni riservate. Ma Fiorani ne esce indenne con un'oblazione a differenza dell'ispettore incaricato delle indagini che lascia la Consob tra le polemiche. In anni più recenti, anche l'ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, cui spetta il controllo delle fondazioni, chiede alle Casse, che vendono le loro banche per entrare in quella di Fiorani che le compra, il perché di questo inusuale impiego di risorse. Ma Fiorani, forte della solidissima amicizia con Fazio, sembra non preoccuparsi di nulla. Tra i Fiorani e i Fazio ci sono strette frequentazioni di famiglia, e presso la sua banca e altre sue finanziarie transitano in stage il figlio e il genero del Governatore. L’amicizia tra Fiorani e Fazio si consolida nel periodo in cui le polemiche con Tremonti e la Lega sulle vicende del risparmio occupano le prime pagine dei giornali. In Parlamento se ne chiedono le dimissioni e si discute di imporre un mandato a termine per il Governatore della Banca d'Italia. Poi il vento, all'improvviso, cambia. E "La Padania" comincia magicamente a difenderlo a spada tratta nella sua guerra per l'italianità delle banche. Che cosa è successo? La risposta la troviamo nel crack del Credieuronord, banca della Padania, costituita dalla Lega e finita con un buco che rischia di mettere sul lastrico tremila ex soci militanti e sotto inchiesta esponenti di spicco della Lega. Si cerca qualcuno per salvarla: visti i conti, la Popolare di Milano si rifiuta, ma Fiorani no. La prende, la aggiunge alla sua collezione e in cambio incassa per il Governatore l'appoggio incondizionato della Lega. Così, quando si presenta alla battaglia più importante, quella per il controllo di AntonVeneta, Fiorani ha a sua disposizione il fondamentale appoggio strategico del Governatore e il sostegno di un gruppo di finanzieri d’assalto senza scrupoli dediti alle scalate e alle speculazioni come il bresciano Chicco Gnutti e Giovanni Consorte di Unipol. Pare che sia anche aiutato da alcuni amici industriali già azionisti della Lodi come Barilla, di cui finanzia la scalata alla Kemps, Colaninno, Emilio Riva dell'acciaio e Mariella Burani. C'è poi l’altrettanto misterioso immobiliarista Stefano Ricucci, azionista di Bpl e da Bpl finanziato per i suoi affari immobiliari e le sue avventure di Borsa, che è stato forse anch’egli frequentatore del retro di Palazzo Koch.

    Massimiliano Michele Mellone
    http://mellone.blogspot.com/

  2. #2
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    FAZIO/ THE ECONOMIST: ITALIA HA IMPARATO POCO DAL CASO PARMALAT
    04/08/2005

    Reputazione danneggiata,ma con elezioni in vista poco sarà fatto
    Roma, 4 ago. (Apcom) - "I recenti scandali mostrano che l'Italia ha imparato poco dal caso Parmalat". A bacchettare l'Italia è l'Economist (in edicola domani) ricordando che meno di due anni fa, "la spettacolare bancarotta della Parmalat" aveva agitato un Paese che oggi si trova a fare i conti con il caso Antonveneta e con le intercettazioni riguardanti il Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. "Tutto questo ha danneggiato non poco la reputazione dell'Italia come luogo dove investire", sottolinea il settimanale britannico, sostenendo che "ci sono poche possibilità che i poltici tentino di riparare i danni in breve tempo attuando una riforma finanziaria. Con le elezioni in vista nel 2006 qualunque mossa sarà fatta con un occhio alle urne. Questo significa che molto poco cambierà".

    L'Economist ripercorre tutte le fasi salienti della vicenda Parmalat soffermandosi sullo scontro tra l'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio: "Tremonti criticò Fazio per non essersi accorto della massiccia frode fiscale della Parmalat. Fazio rispose che la banca centrale non era responsabile delle modalità con cui le società riportano i loro bilanci". Tremonti chiedeva una Super-Autorità che vigilasse sui mercati finanziari. Ma la sua proposta non passò, Fazio vinse la battaglia, Tremonti fu costretto a dimettersi. La sua proposta fu ridotta un disegno di legge, ancora in discussione in Parlamento, per la creazione di un'autorità di vigilanza sul risparmio. "Gli ultimi sviluppi nella soap opera che la battaglia sull'acquisizione di Antonveneta è diventata, hanno riacceso la discussione sulla proposta di Tremonti", osserva il settimanale britannico.

    Intanto "il governo finalmente si sta svegliando" dice L'Economist. Il 3 agosto il consiglio dei ministri si è riunito per discutere il rapprto del minitro del Tesoro Domenico siniscalco sul ruolo di Fazio nella vicenda Antonveneta. "Fazio non è estraneo alle critiche, ma stavolta potrebbe avere difficoltà a superarle". Anche se osserva l'Economist "sembra esserci poca volontà di rimuoverlo nei circoli di governo. Di fatto la gran parte dei ministri spera probabilmente che le pressioni per allontanare Fazio evaporino con la tradizionale pausa estiva". (Segue)

  3. #3
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    FAZIO/THE ECONOMIST: ITALIA HA IMPARATO POCO DAL CASO PARMALAT-2-
    04/08/2005

    Fazio è già stato sotto accusa, ma mai come oggi
    Roma, 4 ago. (Apcom) - In un secondo articolo il settimanale ricostruisce le vicende che hanno portato alla tempesta di questi giorni sul Governatore e ricorda che non è la prima volta che Fazio è al centro delle critiche. "Non c'è da meravigliarsi che Fazio resista con forza alle richieste di dimissioni in conseguenza del suo ruolo nella sorveglianza sulla battaglia per il controllo di Antonveneta tra Banca Popolare Italiana e gli olandesi di ABN Amro. Il governatore nega ogni addebito e finora non è sotto inchiesta nell'indagine in corso su presunte violazioni delle leggi sulla finanza da parte di Bpi. Ma la sua carriera è comunque sul filo", scrive l'Economist.

    "Fazio è già stato sotto accusa" ricorda il settimanale. "E' stato criticato per i suoi rapporti stretti con Cesare Geronzi, presidente di Capitalia. Nel 1999 Fazio, sotto le pressioni di Geronzi, pose il veto sul'offerta di Sanpaolo IMI per Banca di Roma, senza fornire grandi spiegazioni. Poi acconsentì a che Banca di Boma, allora gravata da sofferenze, comprasse due banche in cattiva salute".

    Ma "nonostante i mormorii, alcuni all'interno della stessa Banca d'Italia, mai come oggi è stata messa in questione la sua competenza nella sorveglianza sulle fusioni e acquisizioni e più in generale sulla concorrenza bancaria". "Fazio ha senz'altro perso la sua credibilità di arbitro imparziale del sistema bancario italiano, dice Federico Bay di Uniprof, un gestore milanese. Parla a nome di molti". L'Economist ricorda che sono vari i candidati ad occupare la poltrona di Fazio in Via nazionale e cita i nomi di Tommaso Padoa-Schioppa, Mario Monti e Pierluigi Ciocca.

    "Ma in larga parte la decisione di Fazio dipende dall'eventuale appoggio del premier Silvio Berlusconi. Finora Berlusconi ha evitato di suggerire le dimissioni del Governatore, che ha appoggiato le sue politiche economiche. Potrebbe benissimo essere indeciso: era assente per malattia al consiglio dei ministri del 3 agosto che ha discusso nel ruolo di Fazio nella vicenda Antonveneta".

 

 

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