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Discussione: Glorie del Cardinalato

  1. #101
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    Predefinito Re: Glorie del Cardinalato

    [GLORIE DEL CARDINALATO] S.E.R. Cardinale Jacopo Sadoleto (1477-1547)



    di Piergiorgio Seveso

    Modenese, figlio di un giurista, si volse ben presto verso gli studi umanistici, prima a Ferrara, poi nella Roma di Alessandro VI e Giulio II. Fu protetto del cardinale Oliviero Carafa che ne favorì l’ingresso in curia. Poeta e umanista fin dalla giovane età, si distinse alla corte di Leone X come segretario dei brevi pontifici insieme all’amico e futuro cardinale Pietro Bembo. Creato vescovo di Carpentras nel 1517, fu consacrato nel 1520. Rientrato nella sua diocesi durante il pontificato di Adriano VI, si mostrò pastore zelante e operoso, umile e generoso. Richiamato a Roma da Papa Clemente VII, fece in tempo a lasciare la città prima dell’assedio dei lanzichecchi, più desideroso del ministero episcopale e della sua intensa attività di umanista che di incarichi curiali. La storia della Chiesa bussava però alla sua porta: nel concistoro del 22 dicembre 1536 papa Paolo III Farnese lo creava cardinale e poi membro di una commissione di preparazione del futuro concilio ecumenico dove dispiegò tutto il suo zelo riformatore nel “Consilium de emendanda ecclesia“. Sadoleto, fedele collaboratore del Papa in varie missioni diplomatiche e politiche, mostrò di avere una linea molto più dialogante verso gli eterodossi riformati, pur mantenendo ferma la condanna dell’eresia e intensa la vigilanza contro la tabe luterana e calvinista. Scrisse varie lettere ai principali responsabili della “Riforma” con zelo pastorale e uno spirito di mansuetudine che ormai poco si adattavano alla radicalizzazione definitiva e irrevocabile dei “riformati”. Ormai anziano e stanco, cedette il vescovado al nipote Paolo nel 1544. Morì il 18 ottobre 1547, universalmentre rimpianto per cultura e zelo evangelico. Tenne l’orazione funebre il futuro Paolo IV Carafa. Fu tipico e fulgido esempio di cardinale umanista pretridentino.

  2. #102
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    Predefinito Re: Rif: Glorie del Cardinalato

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    Il Cardinale Gaetano De Lai

    Al Cardinal Gaetano De Lai primo mi lega la comune origine vicentina, in quanto mio nonno paterno nacque a Monte di Malo, comune poco distante dal paese più grande dal quale prende il nome, Malo. A Malo nacque nel 1853 Gaetano De Lai. Dopo i primi studi nel “seminarietto” del paese natale, li proseguì a Roma, prima al Seminario Romano e poi all’Apollinare, dove conseguì tre lauree con lode in Filosofia, Teologia, Diritto Canonico e Civile, venendo infine ordinato sacerdote il giorno di Pasqua del 1876. Entrato nella Curia Romana, fu chiamato a lavorare alla Sacra Congregazione del Concilio. Papa San Pio X (eletto nel 1903) lo nominò prima pro-segretario e poi Prefetto della stessa Congregazione, carica che De Lai mantenne fino alla morte nel 1928, dopo aver servito fedelmente e con zelo ben tre Pontefici. Partecipò anche alla commissione per la stesura del Codice di Diritto Canonico e, dopo la consacrazione a Vescovo ricevuta dalle mani di Papa Sarto, fu da questo assegnato alla Sede Episcopale di Sabina, dove si segnalò per la carità e le fruttuose opere (tra le altre volle il restauro dell’antica abbazia di Farfa e il ritorno dei padri benedettini). Da ricordare è però innanzitutto la sua azione al fianco di San Pio X, che seguì e servì sempre con dedizione e convinzione nella battaglia contro il modernismo: infatti è ricordato come l’uomo forte di questo Pontificato. Insieme agli altri più stretti collaboratori del Papa, cioè i Cardinali Merry del Val e Eves y Tuto e Mons. Bressan, formò la cosiddetta “segretariola”. Accompagnò sempre San Pio X nelle sue Visite Apostoliche e nell’opera di riforma delle Diocesi e del clero intaccati dall’eresia modernista: tra le altre possiamo segnalare le sue battaglie contro l’Arcivescovo di Milano Ferrari, accusato dai tre fratelli sacerdoti Scotton di avere un “semenzaio di modernismo” nel proprio Seminario diocesano, e l’altro Arcivescovo, di Cremona, Bonomelli. De Lai si prodigò però soprattutto per il Sodalitium Pianum di Mons. Benigni, al quale ottenne dal Papa ben tre “Brevi”, conferma della sua approvazione e benedizione per l’attività di questa associazione antimodernista. Dopo la morte di San Pio X il prestigio e il potere del Cardinale De Lai si affievolirono, ma non la sua fedeltà alla Cattedra di Pietro. Riposa nel Santuario di Santa Maria Liberatrice a Malo.

    Roberto Marcante

    Pubblicato sul numero 37-38 de "Il Cinghiale corazzato", foglio di informazione e cultura dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano

  3. #103
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    Predefinito Re: Glorie del Cardinalato

    [GLORIE DEL CARDINALATO] S.E.R. Cardinale Adeodato Piazza OCD (1884-1957)

    «Il volontario oscuramento della verità è uno dei fenomeni più sconcertanti del nostro tempo».
    (Card. Piazza, Lettera pastorale “I diritti della verità”, 1947 [1])



    Giovanni Piazza nacque a Vigo di Cadore il 30 settembre 1884. Nel 1897 entra nel Seminario dei Carmelitani Scalzi di Treviso. Dopo gli anni di noviziato, gli studi filosofici, il servizio militare e gli studi teologici, fra’ Adeodato di San Giuseppe (questo il nome assunto in religione) venne ordinato sacerdote il 19 dicembre 1908 dal Cardinale Patriarca di Venezia Aristide Cavallari. Dal 1909 al 1914 esercitò l’insegnamento della filosofia e della teologia presso i collegi dell’Ordine. La prima Guerra Mondiale lo strappa all’amato Carmelo: venne chiamato a svolgere le funzioni di Cappellano Militare; vi ritornerà solo nel 1919. Negli anni Venti assume posizioni sempre più importanti nella gerarchia dei Carmelitani Scalzi, fino a diventarne Procuratore Generale nel 1925. Nel 1923 Pio XI lo aveva già nominato Consultore della Sacra Congregazione dei Religiosi. Lo stesso Papa Ratti il 29 gennaio 1930 lo elesse Arcivescovo metropolita di Benevento: riceverà la sacra consacrazione episcopale dalle mani del Cardinale Basilio Pompilj, Vescovo di Velletri e Arciprete di San Giovanni in Laterano, il 24 febbraio successivo. Dopo cinque anni di archiepiscopato beneventano, il 16 dicembre 1935 venne promosso Patriarca di Venezia. Due anni dopo, il 13 dicembre 1937, venne creato Cardinale Prete di Santa Romana Chiesa del titolo di Santa Prisca: «Il Padre comune mi ha fatto recentemente il Suo dono … la sacra porpora romana … veste di sangue»[2]. Il suo governo patriarcale fu caratterizzato evidentemente dagli eventi legati alla Seconda Guerra Mondiali, eventi nei quali diede prova della sua risolutezza di carattere e della sua autorevolezza nel trattare con le varie parti belligeranti. Levò alta la voce, assieme al vescovo di Trieste e Capodistria, Antonio Santin, nel denunziare le barbarie dei comunisti titini. E con pari forza non esitò a riprendere coloro che entrati nella Costituente grazie ai voti dei cattolici, non facevano gli interessi del Cattolicesimo, ma erano zuppi di quel modernismo sociale, forma politica di schizofrenia, «che fa credere lecito in politica ciò che la morale cristiana proibisce nella vita privata». Ne è un esempio eclatante la seguente lettera.



    Per il Piazza infatti, come ben si evince nelle 28 lettere pastorali redatte in 27 anni di Episcopato, una sola cosa contava: Dio e Dio solo, senza compromessi. Dio che ci ha redenti, Dio che ci salva per mezzo della Chiesa, Dio che ci istruisce per mezzo della Chiesa e che ci ha donato il Papa, Dio che deve regnare nella società umana in tutte le sue strutture politiche ed economiche. Insomma solo la Regalità di nostro Signore Gesù Cristo conta veramente. Quindi bisognava creare l’ unità dei cattolici, originata e vivificata dai Sacramenti soprattutto l’Eucaristia – il Cardinale fu devotissimo del Preziosissimo Sangue – e dalla conoscenza della Dottrina Cristiana, sotto l’autorità suprema del Romano Pontefice, «depositario e maestro di tutte le verità religiose e morali che sono necessarie all’uomo per raggiungere il fine della salvezza eterna»[3] contro i nemici della Chiesa e della società, per una «profonda reintegrazione dell’ordinamento giuridico, riposante nel sommo dominio di Dio e custodito da ogni arbitrio umano»[4]. E questi nemici da combattere in schiera compatta erano civile: il protestantesimo internazionale che divulga un Vangelo falso, l’ateismo che nega Dio e conduce all’arbitrio del piacere senza freni, il liberalismo egoista, il comunismo antiumano, la statolatria antinaturale. Dopo tredici anni di apostolato veneziano, il 1° ottobre 1948, Pio XII lo chiamava a Roma come Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, affidandogli l’anno dopo, il 14 marzo, il governo della Diocesi suburbicaria di Sabina e Poggio Mirteto. Illustre nello zelante espletamento dell’apostolato sabino, morì a Roma il 30 novembre 1957. L’epigrafe, posta sulla sua tomba nella basilica romana di Santa Teresa, sintetizza in maniera perfetta la vita di questo figlio del Carmelo: INCENSISSIMO IN ECCLESIAM CHRISTIQVE VICARIVM AMORE PRAECLARVS EXSTITIT.



    [1] Adeodato Giovanni Card. Piazza , vescovo di Sabina e Poggio Mirteto, Problemi religiosi e insegnamenti pastorali. Lettere, Roma 1953, p. 559.

    [2] Ivi, p. 201.

    [3] Ivi, p. 517.

    [4] Ivi, p. pp. 465-466.

  4. #104
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    Predefinito Re: Glorie del Cardinalato



    [GLORIE DEL CARDINALATO] Scipione Rebiba

    di Giuliano Zoroddu

    Allo stato attuale la genealogia della maggior parte dell’episcopato cattolico discende da Scipione Rebiba. Ma chi era costui?
    Siciliano, nacque nel borgo di San Marco (Messina) il 3 febbraio 1504. Dottore in Teologia e in ambo i Diritti, fra il 1524 e il 1528 ricevette a Palermo gli ordini sacri fino al sacerdozio. Verso il 1536 si trasferì a Roma, dove entrò in contatto coi Padri Teatini e fece il suo ingresso nella corte di uno dei loro fondatori, il Cardinale Gian Pietro Carafa, il futuro Papa Paolo IV allora Vescovo di Chieti.
    Per consiglio dell’importante porporato, Paolo III lo elesse nel 1541 Vescovo di Amicle in partibus infidelium, nominandolo parimenti Ausiliare del Carafa nel governo ecclesiastico di Chieti. Detenne questa carica fino al 1549. Tornato in Curia Romana, fu nominato Protonotario Apostolico.
    Nel luglio 1551 il Carafa lo chiamava a supplirgi nell’arcivescovado di Napoli e nell’ottobre dello stesso anno ricevette il vescovado pugliese di Mottola, che tenne fino al 1556.
    Nel frattempo, nel 1553 fu fatto primo ministro delegato del Sant’Uffizio (di cui il Carafa era fra i membri più influenti) a Napoli. La città al tempo era infettata grandemente dagli errori e le eresie di Juan de Valdes: il Rebiba le represse con impareggiabile zelo e rigore. Senza guardare in faccia nessuno, nobili comprese, attuò una forte campagna contro gli eretici in tutto il vicereame.
    Per questo, eletto Carafa al Pontificato il 23 maggio 1555, Scipione fu richiamato in Curia per ricevere il Governatorato di Roma nel luglio dello stesso anno e la porpora nel dicembre successivo, quando fu creato Cardinale Prete di Santa Pudenziana. Fu uno dei più stretti collaboratori di Paolo IV nella lotta contro gli eretici e nella sua (disastrosa) politica contro gli Spagnoli. Membro del Sant’Uffizio, fece parte del collegio che dovette giudicare il Cardinale Morone, e, assieme al Cardinale Alessandrino (futuro Pio V), ottenne che i casi di sodomia ricadessero sotto la giurisdizione dell’Inquisizione.
    Nel 1556 fu eletto Arcivescovo di Pisa e Primate di Sardegna e Corsica, governando però quella Chiesa a mezzo di vicari.
    Morto Paolo IV nel 1559, il Rebiba fu evidentemente coinvolto nella offensiva anticarafiana portata avanti dal neoeletto Pio IV. Nel 1560 dovette anzitutto rinunziare all’arcivescovado pisano a favore del figlio di Cosimo I de Medici (artefice dell’elezione del nuovo papa), ottenendo la sede di Troja in Puglia. Nel 1561, tra gli imputati nel processo contro il Cardinale Carlo Carafa, fu rinchiuso in Castel Sant’Angelo. Ne uscì, assolto da ogni accusa, l’anno dopo. Riammesso e poi nuovamente rimosso dal Sant’Uffizio, nel 1565 fu nominato Camerlengo del Sacro Collegio ed eletto Patriarca Latino di Costantinopoli.
    Nel 1565 Pio IV morì e gli successe un Cardinale che era stato il braccio destro del defunto Paolo IV: l’inquisitore domenicano Michele Ghislieri, Pio V. Fu così che Scipione Rebiba riottenne la sua posizione di prestigio. Attraverso un ordinato e centralizzato sistema di controllo degli inquisitori locali, si attestò non solo nuovamente come uno dei più zelanti esecutori, ma di più come uno dei più fini strateghi della guerra romana per purgare l’Italia dagli eretici.
    Questi suoi meriti gli valsero la fiducia anche del successore di Pio V, Gregorio XIII, eletto nel 1572. Decano degli Inquisitori, nel 1573 fu nominato Vescovo della sede suburbicaria di Albano, passando l’anno dopo a quella di Sabina.
    Dopo una vita spesa a servizio della gloria e dell’onore di Dio e della Chiesa, spirò la bell’anima il 23 luglio 1577. Gregorio XIII ne tessé le lodi in Concistoro. L’ “haereticae pravitatis inquisitor summus et fedei orthodoxae acerrimus propugnator” – così l’epitaffio sulla sua tomba – attende la resurrezione dei giusti in San Silvestro al Quirinale, fra i Padri Teatini.




 

 
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