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    Predefinito Considerazioni Sull'impero Americano

    Cerco in questa analisi dei punti di contatto tra l'impero americano e quello
    romano. Spero abbiate la
    pazienza di leggerlo tutto e poi ditemi che cosa ne pensate.



    Gli avvenimenti verificatesi negli ultimi venti anni hanno di fatto accresciuto
    e consolidato l'egemonia degli USA nel mondo, riproponendo la necessità di
    comprendere l'attuare momento storico e tracciare se possibile dei parallelismi
    con altre esperienze del passato in cui il concorrere di fattori favorevoli consentirono
    a diverse civiltà di accrescere i loro domini territoriali e culturali sviluppando degli imperi.

    In particolare prendendo spunto dal libro di Edward Luttwack "La grande strategia
    dell'impero romano", in cui sono valutati i rapporti tra l'Impero e i popoli ad esso
    assoggettati e soprattutto le modalità di impiego dello strumento militare,
    tentiamo di individuare le similitudini e le differenze nei confronti della società
    americana e della sua attiva leadership.

    Cominciamo col dire che le due realtà sono di fatto separate da oltre duemila
    anni di storia in cui l'evoluzione politica e sociale dell'uomo si è radicalmente
    modificata, benché permangano in forme evolute alcuni istinti di base riconducibili
    all'ambizione, al potere, alla paura dell'ignoto che sono insite nella natura umana
    e danno luogo - allora come oggi - a comportamenti distruttivi e creativi in
    un susseguirsi di cicli - a volte contraddittori - che segnano il progresso dell'umanità.
    In tale contesto lo strumento militare, l'aggressività e le conquiste tecnologiche
    acquistano un'importanza enorme, in grado di determinare il corso degli eventi
    e modellare il destino dei popoli, la cui interdipendenza si accresce fino a
    modificare nel lungo tempo i rapporti di forza, così che ogni impero è
    destinato fatalmente a scomparire per essere sostituito da un altro.

    In particolare, nel caso dei romani, essi esercitarono un'azione
    di espansione territoriale con l'utilizzo dello strumento militare
    e commerciale, allo scopo di conseguire per la loro società
    una sicura base materiale e un'adeguata sicurezza, senza
    pregiudicare la stabilità dell'ordine sociale. Queste esigenze
    sono senz'altro riscontrabili nelle strategie dell'Impero Americano,
    in cui il primato dell'economia e del mercato, che trova espressione
    nella società dei consumi, rappresenta il metro di misura del
    progresso e il fattore condizionante delle leadership.
    Certamente sono riscontrabili delle differenze su come gli obiettivi
    del primato vengono perseguiti, dal momento che nell'antica Roma
    le decisioni dell'imperatore non erano legalizzate, mediate o attutite
    da organismi sopranazionali (ONU, NATO, G8 , FMI) né frutto
    di estenuanti compromessi nell'ambito del sistema del check
    and balance (vedi Congresso di Washington), ma spesso
    determinate da lotte intestine per il controllo del potere esercitato
    e condizionato attraverso la fedeltà delle legioni dei pretorian
    i e non scaturito dalla volontà del popolo che di fatto era il più
    delle volte mero spettatore.

    L'espansionismo dei romani non fu determinato dalla
    loro doti guerriere ma da un'attenta e saggia subordinazione
    ai propositi politici degli ideali marziali e delle priorità tattiche.
    A queste misure essi accompagnavano un'abile gestione di
    rapporti commerciali con i popoli sottomessi e nell'insieme
    una razionale diplomazia coercitiva che, contando nella
    fase iniziale dell'Impero sugli "stati clienti", poteva
    dividere i potenziali avversari e contenere la pressione
    dei popoli non romanizzati.

    Emergono in questo quadro, facendo le debite proporzioni
    in un contesto decisamente diverso, dei fattori comuni che
    hanno contrassegnato i comportamenti delle amministrazioni
    americane, soprattutto dalla fine del secondo conflitto
    mondiale, quando cominciò a manifestarsi la superiorità militare
    di Washington che, attraverso una lungimirante alleanze
    con molte nazioni occidentali e asiatiche, non solo seppe
    ammortizzare le imprevedibili derive della guerra fredda,
    ma riuscì soprattutto a stemperare e di fatto annullare gli
    ardori e le ambizioni di alcuni popoli (tedesco e giapponese in primis)
    le cui doti e sfide competitive nei settori economici e
    tecnologici furono nello scorso secolo fonte di grande
    disagio per l'aquila americana.

    La presenza militare esercitata nell'ambito della Nato,
    aveva infatti non tanto lo scopo di affrontare la minaccia
    sovietica in una assai improbabile guerra, ma in realtà
    acquietare e disinnescare le tensioni che periodicamente
    accumulava la società europea e che si erano più volte
    scatenate dando luogo a enormi tragedie.

    La strategia dei romani, riassumibile nello slogan "Divide et impera",
    si attualizza e rivive nella concezione del nuovo ordine mondiale su
    cui gli USA cercano di indirizzare il pianeta, attraverso una
    duplice strategia di azioni militari preventive e promozione
    del liberismo commerciale che di fatto impedisca il sorgere
    di grandi soggetti o alleanze in grado di contrastare il dominio di Washington.

    Si potrebbe far notare che il potere americano non comporta
    la conquista e l'amministrazione diretta di territori divisi e
    protetti dal "limes" (il confine fortificato dell'antichità).
    In realtà, attraverso la presenza di centinaia di basi militari
    in tutto il mondo, il controllo aereo e navale sulle principali
    vie di comunicazione, il monopolio dei mezzi di informazione
    e soprattutto l'azione condizionante delle grandi organizzazioni
    soprannazionali (multinazionali e banche) è possibile costituire
    una sorta di "limes virtuale", ottenendo con azioni meno
    impegnative il medesimo obiettivo: il trionfo del proprio
    modello culturale.

    Dunque i marines sono le nuove legioni? E chi personifica
    i barbari? Difficile esprimere giudizi netti e precisi dato l'enorme
    salto cronologico e tecnologico intervenuto, ma alcuni tratti
    riconducibili all'età romana - almeno sul piano concettuale -
    esistono e si manifestano nella diverse minacce militari che
    il nuovo Impero deve affrontare sotto forma di terrorismo,
    uerriglie, stati canaglia, che parimenti all'epoca antica
    impongono una flessibilità di azioni o reazioni non limitabili
    solo allo strumento militare.

    La fine dell'Impero americano avverrà forse quando
    esso smetterà di produrre ciò di cui l'uomo moderno
    ha più bisogno in termini economici e di sicurezza,
    eventualmente svilito - come quello romano - da degenerazioni
    prodotte al suo interno, magari dalle immigrazioni di massa
    (il quaranta per cento dell'incremento demografico annuale
    è costituito da stranieri) che ne modifichino i valori calvinisti
    e pragmatici,
    o semplicemente appagato dal delirio di onnipotenza,
    tornerà in una dimensione isolazionista pre-wilsoniana.

    Potrebbe essere forse l'ultimo impero della storia
    dell'umanità e questo segnerà inevitabilmente
    l'inizio di una nuova epoca, testimoniando l'enorme
    progresso dell'uomo che non ha bisogno, per
    difendere la pace, dei potenti di turno,
    o magari esso sarà sostituito da altri soggetti
    (Cina?) che facendo tesoro delle esperienze
    attuali riescano a mutare i rapporti di forza.

    Possiamo in definitiva affermare che Roma
    nacque con una missione che assolse e con
    essa finì, quella cioè di raccogliere il sapere,
    i costumi, la cultura delle varie civiltà che l'avevano
    preceduta come quella greca, egiziana,
    cartaginese per rielaborarle e diffonderle
    in tutta
    l'Europa. I romani non inventarono granché
    né nella filosofia, né nella scienza, né nell'organizzazione
    politica, ma fornirono la strada alla loro circolazione,
    gli eserciti per difenderle e una lingua per diffonderle.
    La società americana è il prodotto di un insieme di
    culture amalgamate sull'ideale della libertà e del progresso
    che idealmente e materialmente esporta come per
    adempiere a una nuova missione civilizzatrice.

  2. #2
    Cavaliere d'oro
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    Predefinito Re: Considerazioni Sull'impero Americano

    Originally posted by capitanamerica7
    Cerco in questa analisi dei punti di contatto tra l'impero americano e quello
    romano. Spero abbiate la
    pazienza di leggerlo tutto e poi ditemi che cosa ne pensate.



    Gli avvenimenti verificatesi negli ultimi venti anni hanno di fatto accresciuto
    e consolidato l'egemonia degli USA nel mondo, riproponendo la necessità di
    comprendere l'attuare momento storico e tracciare se possibile dei parallelismi
    con altre esperienze del passato in cui il concorrere di fattori favorevoli consentirono
    a diverse civiltà di accrescere i loro domini territoriali e culturali sviluppando degli imperi.

    In particolare prendendo spunto dal libro di Edward Luttwack "La grande strategia
    dell'impero romano", in cui sono valutati i rapporti tra l'Impero e i popoli ad esso
    assoggettati e soprattutto le modalità di impiego dello strumento militare,
    tentiamo di individuare le similitudini e le differenze nei confronti della società
    americana e della sua attiva leadership.

    Cominciamo col dire che le due realtà sono di fatto separate da oltre duemila
    anni di storia in cui l'evoluzione politica e sociale dell'uomo si è radicalmente
    modificata, benché permangano in forme evolute alcuni istinti di base riconducibili
    all'ambizione, al potere, alla paura dell'ignoto che sono insite nella natura umana
    e danno luogo - allora come oggi - a comportamenti distruttivi e creativi in
    un susseguirsi di cicli - a volte contraddittori - che segnano il progresso dell'umanità.
    In tale contesto lo strumento militare, l'aggressività e le conquiste tecnologiche
    acquistano un'importanza enorme, in grado di determinare il corso degli eventi
    e modellare il destino dei popoli, la cui interdipendenza si accresce fino a
    modificare nel lungo tempo i rapporti di forza, così che ogni impero è
    destinato fatalmente a scomparire per essere sostituito da un altro.

    In particolare, nel caso dei romani, essi esercitarono un'azione
    di espansione territoriale con l'utilizzo dello strumento militare
    e commerciale, allo scopo di conseguire per la loro società
    una sicura base materiale e un'adeguata sicurezza, senza
    pregiudicare la stabilità dell'ordine sociale. Queste esigenze
    sono senz'altro riscontrabili nelle strategie dell'Impero Americano,
    in cui il primato dell'economia e del mercato, che trova espressione
    nella società dei consumi, rappresenta il metro di misura del
    progresso e il fattore condizionante delle leadership.
    Certamente sono riscontrabili delle differenze su come gli obiettivi
    del primato vengono perseguiti, dal momento che nell'antica Roma
    le decisioni dell'imperatore non erano legalizzate, mediate o attutite
    da organismi sopranazionali (ONU, NATO, G8 , FMI) né frutto
    di estenuanti compromessi nell'ambito del sistema del check
    and balance (vedi Congresso di Washington), ma spesso
    determinate da lotte intestine per il controllo del potere esercitato
    e condizionato attraverso la fedeltà delle legioni dei pretorian
    i e non scaturito dalla volontà del popolo che di fatto era il più
    delle volte mero spettatore.

    L'espansionismo dei romani non fu determinato dalla
    loro doti guerriere ma da un'attenta e saggia subordinazione
    ai propositi politici degli ideali marziali e delle priorità tattiche.
    A queste misure essi accompagnavano un'abile gestione di
    rapporti commerciali con i popoli sottomessi e nell'insieme
    una razionale diplomazia coercitiva che, contando nella
    fase iniziale dell'Impero sugli "stati clienti", poteva
    dividere i potenziali avversari e contenere la pressione
    dei popoli non romanizzati.

    Emergono in questo quadro, facendo le debite proporzioni
    in un contesto decisamente diverso, dei fattori comuni che
    hanno contrassegnato i comportamenti delle amministrazioni
    americane, soprattutto dalla fine del secondo conflitto
    mondiale, quando cominciò a manifestarsi la superiorità militare
    di Washington che, attraverso una lungimirante alleanze
    con molte nazioni occidentali e asiatiche, non solo seppe
    ammortizzare le imprevedibili derive della guerra fredda,
    ma riuscì soprattutto a stemperare e di fatto annullare gli
    ardori e le ambizioni di alcuni popoli (tedesco e giapponese in primis)
    le cui doti e sfide competitive nei settori economici e
    tecnologici furono nello scorso secolo fonte di grande
    disagio per l'aquila americana.

    La presenza militare esercitata nell'ambito della Nato,
    aveva infatti non tanto lo scopo di affrontare la minaccia
    sovietica in una assai improbabile guerra, ma in realtà
    acquietare e disinnescare le tensioni che periodicamente
    accumulava la società europea e che si erano più volte
    scatenate dando luogo a enormi tragedie.

    La strategia dei romani, riassumibile nello slogan "Divide et impera",
    si attualizza e rivive nella concezione del nuovo ordine mondiale su
    cui gli USA cercano di indirizzare il pianeta, attraverso una
    duplice strategia di azioni militari preventive e promozione
    del liberismo commerciale che di fatto impedisca il sorgere
    di grandi soggetti o alleanze in grado di contrastare il dominio di Washington.

    Si potrebbe far notare che il potere americano non comporta
    la conquista e l'amministrazione diretta di territori divisi e
    protetti dal "limes" (il confine fortificato dell'antichità).
    In realtà, attraverso la presenza di centinaia di basi militari
    in tutto il mondo, il controllo aereo e navale sulle principali
    vie di comunicazione, il monopolio dei mezzi di informazione
    e soprattutto l'azione condizionante delle grandi organizzazioni
    soprannazionali (multinazionali e banche) è possibile costituire
    una sorta di "limes virtuale", ottenendo con azioni meno
    impegnative il medesimo obiettivo: il trionfo del proprio
    modello culturale.

    Dunque i marines sono le nuove legioni? E chi personifica
    i barbari? Difficile esprimere giudizi netti e precisi dato l'enorme
    salto cronologico e tecnologico intervenuto, ma alcuni tratti
    riconducibili all'età romana - almeno sul piano concettuale -
    esistono e si manifestano nella diverse minacce militari che
    il nuovo Impero deve affrontare sotto forma di terrorismo,
    uerriglie, stati canaglia, che parimenti all'epoca antica
    impongono una flessibilità di azioni o reazioni non limitabili
    solo allo strumento militare.

    La fine dell'Impero americano avverrà forse quando
    esso smetterà di produrre ciò di cui l'uomo moderno
    ha più bisogno in termini economici e di sicurezza,
    eventualmente svilito - come quello romano - da degenerazioni
    prodotte al suo interno, magari dalle immigrazioni di massa
    (il quaranta per cento dell'incremento demografico annuale
    è costituito da stranieri) che ne modifichino i valori calvinisti
    e pragmatici,
    o semplicemente appagato dal delirio di onnipotenza,
    tornerà in una dimensione isolazionista pre-wilsoniana.

    Potrebbe essere forse l'ultimo impero della storia
    dell'umanità e questo segnerà inevitabilmente
    l'inizio di una nuova epoca, testimoniando l'enorme
    progresso dell'uomo che non ha bisogno, per
    difendere la pace, dei potenti di turno,
    o magari esso sarà sostituito da altri soggetti
    (Cina?) che facendo tesoro delle esperienze
    attuali riescano a mutare i rapporti di forza.

    Possiamo in definitiva affermare che Roma
    nacque con una missione che assolse e con
    essa finì, quella cioè di raccogliere il sapere,
    i costumi, la cultura delle varie civiltà che l'avevano
    preceduta come quella greca, egiziana,
    cartaginese per rielaborarle e diffonderle
    in tutta
    l'Europa. I romani non inventarono granché
    né nella filosofia, né nella scienza, né nell'organizzazione
    politica, ma fornirono la strada alla loro circolazione,
    gli eserciti per difenderle e una lingua per diffonderle.
    La società americana è il prodotto di un insieme di
    culture amalgamate sull'ideale della libertà e del progresso
    che idealmente e materialmente esporta come per
    adempiere a una nuova missione civilizzatrice.

    Il parallelo tra Roma e Stati Uniti è fin troppo evidente.
    Ogni Romano degno di questo nome dovrebbe rendersi conto che ciò che Roma rappresentava 2000 anni fa, ossia l'Occidente, è oggi, per la prima volta da allora, rappresentato ancora una volta in maniera tanto immanente.

    E questo è ciò che faccio, Roma non potrà tornare ad essere il centro del mondo, del resto se si ricostituisse l'impero romano esso sarebbe oggi più un impero muslim considerato i territori già appartenenti all'impero, e la parte bianca sarebbe cattolicosocialisteggiante -le forze liberali e progressiste ne sarebbero annientate-.
    Da un punto di vista ideale invece l'America rappresenta veramente Roma antica, non quello che potrebbe rappresentare, anche se è pura fantapolitica prospettarlo, un rinnovato impero romano sul Mediterraneo.

    L'unica cosa che l'Italia ha da fare è ritornare ad essere nazione, aggregandosi il più possibile all'idealismo occidentale, erede della tradizione romana.
    Quando le armi saranno fuorilegge, solo i fuorilegge avranno le armi

  3. #3
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    Oggi possiamo capire come ci si sentiva ai tempi dell'Impero Romano che so nella Pannonia o in Siria , regioni periferiche.

    Oggi noi siamo una marca periferica del nuovo impero , a sovranita' limitata.

    Ci viene imposto tutto cultura compresa e la nostra anima si va sciogliendo giorno per giorno nell'acido fosforico.

    Che sara' di noi ?

  4. #4
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    l'EBBREO Luttwak in primis) che tenta DI CONDIZIONARE la CULTURA MONDIALE con queste ASSURDITA'...
    All' UOPO è sempre utile ricordare le PAROLE di FEDERICO che ci ricordano l'INCONCILIABILITA' tra le DETTE VISIONI del MONDO che ho gia' piu' e piu' volte postato ...
    L'articolo in questione è stato scritto da me, Luttwack non c'entra
    niente. Cito Luttwack solo in riferminto al suo libro
    sull'Impero Romano, ma tutte le considerazione sono mie!!!

 

 

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