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  1. #11
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    Michele Cascella

    Nasce a Ortona (CH). Il suo primo maestro è il padre Basilio che credendo successivamente nel valore delle opere di Michele, gli organizza mostre a Milano a Torino e a Parigi. La sua è una tecnica realista, il suo strumento è soprattutto il pastello che gli permette di dare quel tocco di pittura "dal vero" come il classico artista che porta il cavalletto nel paesaggio e lo riprende nella sua essenza. Nel dopoguerra si trasferisce a Milano ed espone alla Triennale del 1920. Dal 1924 al 1942 (anno in cui ottiene una sala personale), è presente a tutte le edizioni della Biennale di Venezia. Successivamente soggiorna per diverso tempo negli Stati Uniti e continua la sua produzione dedicata soprattutto a nature morte, vasi di fiori, paesaggi abruzzesi e vedute di Portofino. Muore a Roma nel 1989.

    http://www.arteoggi.com/cascella-g5.jpg

  2. #12
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    I Girasoli di Van Gogh
    Neue Pinakothek, München



    "Forse saprai che la peonia è di Jeannin, l'altea appartiene a Quost, ma il girasole è in qualche modo mio ..." - (V.Van Gogh in una lettera al fratello Theo, gennaio 1889)
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:55

  3. #13
    Жар._.
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    Flo'sei bravissima
    Molto interessante

  4. #14
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    grazie...

  5. #15
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    Henri Rousseau Le Douanier (Il doganiere)
    The Dream (Il sogno)
    1910
    olio su tela
    204,5 x 298,5 cm
    Museum of Modern Art, New York
    Gift of Nelson A. Rockefeller



    "Nel 1891 Henri Rousseau realizza il primo di una lunga serie di dipinti ambientati in giungle rigogliose ed irreali, abitate da animali.
    Questo tema viene ripresa spesso da Henri Rousseau, suscitando la pesante ironia dei critici, che pur cominciando ad essere meno duri nei suoi confronti, ne deridono le limitate capacità tecniche, sottolineando l’incongruenza della vegetazione, senza capire che non è reale ma frutto della sua straordinaria fantasia."


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  6. #16
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    XII
    I GIGLI

    Nel mio villaggio, dietro la Madonna
    dell'acqua, presso a molti pii bisbigli,
    sorgono sopra l'esile colonna
    verde i miei gigli:

    miei, ché a deporne i tuberi in quel canto
    del suo giardino fu mia madre mesta.
    D'altri è il giardino: di mia madre (è tanto!...)
    nulla piú resta.

    Sono tanti anni!... Ma quei gigli ogni anno
    escono ancora a biancheggiar tra folti
    cesti d'ortica; ed ora... ora saranno
    forse già còlti.

    Forse già sono su l'altar, lì presso,
    a chieder acqua, or ch'è mietuto il grano,
    per il granturco: e nel pregar sommesso
    meridïano,

    guardando i gigli, alcuna ebbe un fugace
    ricordo; e chiede che Maria mi porti
    nella mia casa, per morirvi in pace
    presso i miei morti

    G. Pascoli - Myricae

    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 09:02

  7. #17
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    V
    PERVINCA

    So perché sempre ad un pensier di cielo
    misterioso il tuo pensier s'avvinca,
    sì come stelo tu confondi a stelo,
    vinca pervinca;

    io ti coglieva sotto i vecchi tronchi
    nella foresta d'un convento oscura,
    o presso l'arche, tra vilucchi e bronchi,
    lungo la mura.

    Solo tra l'arche errava un cappuccino;
    pareva spettro da quell'arche uscito,
    bianco la barba e gli occhi d'un turchino
    vuoto, infinito;

    come il tuo fiore: e io credea vedere
    occhi di cielo, dallo sguardo fiso,
    più d'anacoreti, allo svoltar, tra nere
    ombre, improvviso;

    e il bosco alzava, al palpito del vento,
    una confusa e morta salmodia,
    mentre squillava, grave, dal convento
    l'avemaria.

    G. Pascoli - Myricae

    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 09:11

  8. #18
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    Cyparissus
    Libro X - vv. 86-140
    Ovidio

    Nella di stesa piana priva d'ombra,
    sulla cima d'un colle verde d'erba tenera,
    giunse Orfeo, e tocccò le corde della cetra:
    e subito d'intorno nacque l'ombra. E apparve la quercia
    e l'albero delle Eliadi, e l'ischio dalle alte fronde,
    il tiglio delicato, il faggio, il vergine lauro,
    il fragile nocciòlo, il frassino utile per l'aste,
    l'abete senza nodi, il leccio curvato dalle ghiande,
    il platano felice, l'acero di vari colori,
    il salice che vive lungo i fiumi e il loto delle acque,
    il bosso sempre verde e l'umile tamerice,
    il mìrto di due colori e il viburno dalle bacche cerule.
    Veniste anche voi, edere dai prensili piedi flessuosi,
    con la vite densa di foglie e l'olmo avvolto di tralci
    e gli orni e le picce e gli àlbatri colmi di rossi pomi
    e la lenta palma, premio al vincitore,
    e il pino con l'aspra chioma raccolta in cima,
    caro alla madre degli dèi, anche se Ati
    lasciò per Cibele la sua natura d'uomo
    e s'indurí in quel tronco. E fra quegli alberi
    apparve anche il cipresso, simile alle mete,
    albero ora, ma fanciullo un tempo diletto
    al dio che piega le corde dell'arco e della cetra.
    Viveva un cervo meraviglioso, sacro alle ninfe
    delle terre di Cartaia. Ramose e aperte,
    fitta ombra spargevano le corna sul suo capo:
    e splendevano d'oro. E dal liscio collo,
    giù sugli òmeri pendevano collane di gemme.
    Dal giorno della nascita, legato con tenui fili,
    un piccolo globo d'argento oscillava sulla fronte,
    lucevano perle alle orecchie, intorno alle tempie.
    Senza timore, vinta la timidezza naturale,
    entrava nelle case e abbandonava il collo
    alle carezze di mani anche ignote.
    Ma più era caro a te, Cyparissus,
    il più bello fra gli uomini di Ceo. Tu lo guidavi
    ai giovani pascoli e alle acque di chiara sorgente:
    tu gli intrecciavi fiori di vari colori tra le corna,
    e talvolta, lieto cavaliere, andavi qua e là
    sul suo dorso e frenavi la sua bocca mansueta
    con briglie purpurce. Ma un meriggio d'estate,
    quando la calura ardo le curve braccia del Cancro,
    il cervo riposava stanco sull'erba del prato
    al fresco d'ombra che stendeva un albero;
    e Cyparissus ignaro lo trafisse con un dardo.
    E come vide che moriva per il colpo crudele,
    invocò subito la morte. Quante parole di conforto
    gli rivolse Febo dicendo che non valeva dolore
    quella perdita lieve: ma, nel continuo lamento,
    egli chiede agli dèi, quale dono supremo,
    di lasciarlo sempre nel pianto. E senza fine pianse
    tutto il suo sangue, e le membra presero a inverdire,
    e i capelli, prima fluenti sulla fronte bianchissima,
    divennero ruvide fronde, e già dure
    volsero l'esile cima verso il cielo stellato.

    trad. Salvatore Quasimodo


    Vincent Van Gogh

    Strada con cipresso e stella
    1890
    olio su tela, cm 92 x 73
    Otterlo, Rijksmuseum Kröller-Muller
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 09:11

  9. #19
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    Flora
    1591 circa
    olio su tavola; 72,8 x 56,3
    Collezione privata

    Tra le più celebrate e ammirate “teste composite” dell’Arcimboldi, la prima versione della Flora, eseguita nel 1589, fu descritta dal Lomazzo e dal Comanini nelle loro opere, e le fu dedicato un sonetto encomiastico anche dal Borgogni. La divinità romana della Primavera è raffigurata da un’infinità di fiori bianchi, che restituiscono il delicato incarnato del volto, in cui il rossore delle guance è reso con due rose rosa tenue.

    link
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 09:13

  10. #20
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    L'inverno
    1563
    olio su tavola; 66,6 x 50,5
    Vienna, Kunsthistorisches Museum

    L'autunno
    1573
    olio su tela ; 76 x 64
    Parigi, Louvre

    La Primavera
    1573
    olio su tavola; 66,7 x 50,4
    Madrid, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando

    L’Estate
    1563
    olio su tavola; 67 x 50,8
    Vienna, Kunsthistorisches Museum

    Arcimboldi eseguì due serie di cicli di Elementi e Stagioni per la corte praghese, che, alla luce del ritrovamento di una serie di manoscritti provenienti dall’entourage di corte del pittore, sono state lette in chiave allegorico-celebrativa del reame. In particolare, un poema composto dal milanese Giovanni Battista Fontana, detto Fonteius, ha per oggetto proprio le famose serie che si baserebbero su un sistema di corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo. I vari elementi prendono forma umana per visualizzare il dominio della casa d’Austria sull’universo e sul tempo, nella persona del sovrano, adombrato nei profili dei ritratti. La Primavera, insieme all’Autunno, guarda verso sinistra, è mostrata nel periodo della prima giovinezza, con un viso traboccante di fiori, L’Estate come adolescente, L’Autunno come persona anziana e barbuta, L’Inverno come vecchio con una barba rada e incolta e la pelle-corteccia avvizzita.

    http://www.artonline.it/opera.asp?IDOpera=1071
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 09:59

 

 
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