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  1. #1
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    Piante e fiori nel mondo dell'arte e della letteratura

    Durante le mie letture e il mio girovagare in rete, mi sono imbattuta spesso in poesie, dipinti, brani che hanno come soggetto la descrizione e l'esaltazione di piante e fiori. Da qui l'idea di aprire un 3d che spazi un po' sul mondo vegetale visto con l'occhio dell'arte in tutte le sue forme, sperando nel contributo di più forumisti che siano interessati.

  2. #2
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    Vorrei iniziare con un'artista delicata, dolce e fantasiosa: Cicely Mary Barker.

    Cicely Mary Barker nacque a West Croydon, nel Surrey, il 28 giugno 1895. Per tutta la vita ebbe problemi fisici e da bambina soffrì di epilessia. A prescindere dagli attacchi della malattia, l'infanzia di Cicely fu felice e tranquilla. A causa della sua salute, studiò privatamente, sostenuta dal padre, a sua volta un artista esperto, che incoraggiò il suo talento artistico, iscrivendola alla Croydon Art Society quando aveva tredici anni e offrendole un corso d'arte per corrispondenza, che la giovane seguì fino al 1919.e successivamente una scuola serale sempre di belle arti.
    A 15 anni alcuni dei suoi disegni vennero acquistati da un editore e usati per una produzione di cartoline; l'anno successivo vinse il secondo premio in un concorso per la realizzazione di manifesti e venne eletta membro onorario dell'associazione che lo sponsorizzava.
    La morte prematura del padre costrinse Cicely a vendere poesie e disegni a riviste quali My Magazine, Child's Own ecc.

    Cicely è nota soprattutto per le sue bellissime, delicate e poetiche illustrazioni della serie delle Fate dei fiori, realizzate sulla base delle sue conoscenze botaniche e degli studi artistici - in particolar modo dei Pre-Raffaelliti, che spesso l'avevano portata a riprodurre bambini. Il suo primo libro di illustrazioni e poesie, stampato nel 1923 ebbe un grande successo tanto che ad esso ne seguirono subito altri sette.

    Per creare i libri delle Fate dei Fiori dipingeva dal vero quando poteva, a volte facendosi addirittura aiutare dal personale di Kew Gardens per trovare e identificare gli esemplari delle piante.
    Anche per ritrarre le fate si ispirò alla realtà: i modelli erano i bambini che frequentavano la scuola materna della sorella. Cicely creò i costumi delle fate da far indossare ai piccoli e costruì ali in miniatura con ramoscelli e garze.
    Terminati i disegni, componeva le poesie.
    Dai suoi disegni traspare la una visione della natura come un tutto armonioso e puro; le sue fate sono bambini con delicatissime ali ed ogni fata è la protettrice di un fiore diverso; come a dire che la natura, per esprimersi, non possa prendere altra forma che quella infantile, perchè solo lì sta la purezza di un'anima candida.

    Essendo profondamente credente, i suoi lavori sulle Fate si alternavano ad altri di carattere religioso, realizzando serie di cartoline e biglietti augurali o quadri che spesso donava alle chiese. La sua tecnica spazia dall'acquerello al disegno in bianco e nero, dall'olio ai pastelli.

    La Barker dpinse per tutta la sua lunga vita, finchè la vista glielo permise, fino a poco tempo prima della sua morte, avvenuta nel 1973, proprio nel giorno del cinquantesimo anniversario della pubblicazione del suo primo libro sulle Fate.





    CANZONE DELLA FATA ROSA

    Il più bello e caro dei fiori esistenti,
    perfetta da vedere e annusare,
    e le parole sono insufficienti
    se della Rosa vogliono parlare.
    Germogli che si aprono per dare
    falda su falda un bianco splendore,
    o quel rosa, quel rosso, che compare,
    intenso, dolce, profumato fiore!
    E non c'è cosa più meravigliosa
    che essere la Fata della Rosa!



  3. #3
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    Violetta

    Una violetta stava sul prato
    ignota e con il capo reclinato,
    era una graziosa violetta.
    Veniva una pastorella
    il passo lieve, l'anima serena,
    per la sua strada
    giù per il prato, cantando.

    Ah, pensa la violetta, vorrei tanto
    essere il fiore più bello del creato,
    ah, solo per un istante,
    fino a che mi ha colto il mio amore
    e mi ha stretto languida sul cuore!
    Ah, soltanto, soltanto
    per un breve quarto d'ora!

    Ahimé, ahimé, venne la giovinetta
    e non si diede cura della violetta,
    anzi calpesta l'infelice.
    Era lieta anche se cadeva e moriva:
    se muoio, muoio tuttavia,
    per causa sua, per causa sua,
    qui ai suoi piedi almeno.

    Johann Wolfgang Goethe


    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:35

  4. #4
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    IL FIORELLINO MERAVIGLIOSO
    Canzone del conte prigioniero

    Il conte
    Conosco un meraviglioso fiorellino
    e ne ho un grande desiderio;
    vorrei andare a cercarlo, se io
    non fossi prigioniero.
    Il mio dolore non è piccolo;
    quand'io vivevo libero,
    avevo vicino a me quel fiore.

    Da questo castell tutt'intorno
    scosceso i miei occhi vagano,
    e dall'alto della torre non posso
    scorgerlo con il mio sguardo;
    e chi lo porti alla mia vista,
    cavaliere o servo che sia,
    il mio fido dovrebbe restare.


    La rosa
    Sono tutta in fiore e ascolto quello
    che dici, qui sotto le tue sbarre.
    Povero nobile cavaliere, certo,
    di me, la rosa, intendi parlare!
    Eletta è la tua anima,
    la regina dei fiori domina
    certo anche nel tuo cuore.


    Il conte
    La tua porpora ogni onore merita
    dentro il verde involucro;
    per questo la ragazza ti desidera,
    come i gioielli e l'oro.
    Il tuo serto esalta il volto più bello:
    ma tu, fiorellino, non sei quello
    che io venero in segreto.


    Il giglio
    Ha uno stile altero e a cose
    eccelse aspira la rosa;
    ma loderà la bella del cuore
    anche il giglio che l'adorna.
    A chi batte il cuore in un petto fedele
    e pura, come la mia, ha la mente,
    questi di me ha la stima più alta.


    Il conte
    Io mi ritengo casto e puro,
    e puro da colpe malvage;
    ma qui sono tenuto prigioniero
    e tutto solo mi devo tormentare.
    Tu nella tua bellezza mi evochi
    la casta soavità delle vergini:
    ma io penso a un fiore più caro.


    Il garofano
    Io, il garofano, penso di essere questo
    fiore, qui nel giardino del carceriere,
    se no, perché il vecchio mi presta
    le sue cure con tanto amore?
    I petali urgono nella bella corona,
    un profumo per sempre si sprigiona,
    e tutti i mille colori.


    Il conte
    Non va disprezzato il garofano,
    è la gioia del giardiniere:
    ora alla luce deve stare esposto,
    ora lui dal sole lo protegge;
    ma quello che il conte rende lieto
    non è uno sfarzo ricercato,
    è un silenzioso fiore.


    La violetta
    Me ne sto reclinata e nascosta
    e non parlo volentieri, ma voglio,
    dato che ora è la mia volta,
    rompere il mio silenzio profondo.
    Se sono io, come mi dispiace,
    uomo stimato, di non recare
    su fino a te tutti i profumi.

    Il conte
    La buona violetta io la stimo molto:
    è tanto modesta e tanto
    odorosa; ma io ho bisogno
    di più, nel mio acerbo affanno.
    A voi soltanto voglio confidarmi:
    su questi picchi rocciosi e aridi
    non troverò la mia bella.

    Ma la donna più fedele della terra
    incede presso il ruscello, in basso,
    sospira e geme sommessa
    fino al giorno del mio riscatto.
    Quando coglie un fiore celeste
    e ripete: non ti scordar di me!
    lo sento anche di lontano.

    Certo, si sente la forza di lontano,
    se due si amano davvero;
    nella notte del carcere sono rimasto
    ancora vivo per questo.
    E nche se mi spezza il cuore, basta che
    io esclami: non ti scordar di me!
    e rinasco alla vita.

    J. W. Goethe



  5. #5
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    Gian Lorenzo Bernini
    Apollo e Dafne (1622-25)
    Marmo di Carrara
    cm. 243


    Gian Lorenzo Bernini creò per il cardinale Scipione Borghese un capolavoro senza precedenti raffigurando la metamorfosi in alloro della casta ninfa Dafne, inseguita invano da Apollo, dio della luce.
    L'opera marmorea in scala naturale, iniziata dal Bernini a ventiquattro anni, eseguita tra il 1622 e il 1625 era collocata nella stessa stanza della Villa, ma in origine stava su una base più bassa e ristretta, appoggiata alla parete verso la scala. A chi entrava allora, Apollo in corsa si presentava di spalle, compariva quindi la ninfa in fuga in un crescendo della sua metamorfosi: la corteccia avvolge gran parte del corpo, ma la mano di Apollo, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno sente ancora il battito del cuore. Quindi la scena si chiude, Dafne si è trasformata in alloro per sfuggire al divino aggressore.
    link

    “… i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza.” (Ovidio, Libro I, vv. 550-552).

  6. #6
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    "...Uscì nell'andito, spalancò la porta che dava sull'orto e sedette sullo scalino di pietra.
    La notte era calda e tranquilla, rischiarata appena dal velo biancastro della via lattea e dalle stelle vivissime. Davanti ad Annesa l'orto, nero e tacito, odorava di pomidoro e di erbe aromatiche: e il profumo del rosmarino e della ruta ricordava la montagna, le distese selvagge, le valli primordiali, coperte di macchie e di arbusti, che circondavano il paese. In fondo all'orto cominciava il bosco, dal quale emergeva la montagna, col suo profilo enorme di dorso umano disteso sull'orizzonte stellato: i grandi alberi neri erano così immobili e gravi che parevano rocce..."

    L'Edera - Grazia Deledda

    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:38

  7. #7
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    "...Questa volta ella arrivò ad una grande aiuola, tutta orlata di margherite, e con un salice piangente nel mezzo.
    - Oh Giglio, - disse Alice, rivolgendosi a uno stelo che oscillava graziosamente al vento, vorrei che tu potessi parlare.
    - Noi possiamo parlare, - disse il Giglio, - se c'è qualcuno con cui metta conto di parlare.
    Alice fu così stupita che rimase senza parola per un minuto. Finalmente, siccome il Giglio non faceva che oscillare, ripigliò a discorrere timidamente... quasi con un bisbiglio.
    - E tutti i fiori parlano?
    - Come te, - disse il Giglio, - e molto più forte.
    - Sai, - disse la Rosa, - cominciar noi non sta bene, e veramente tu parlavi; dicevo a me stessa: «Il suo viso ha qualche significato, sebbene non sia furbo». Pure, tu hai il colore giusto, e col colore giusto si va lontano.
    - Non m'importa nulla del colore, - disse il Giglio. - Starebbe meglio se ella avesse i petali un po' più arricciati.
    Ad Alice non piaceva di essere giudicata, e così cominciò a fare delle domande.
    - Non avete paura d'esser piantati qui fuori, con nessuno che vi accudisca?
    - V'è l'albero nel mezzo, - disse la Rosa, a che altro servirebbe?
    - Ma che potrebbe fare innanzi a un pericolo? - chiese Alice.
    - Troncarlo, - disse la Rosa.
    - È per questo, - disse una Margherita, - che il suo fusto si chiama tronco.
    - Non sai questo? - gridò un'altra Margherita, e tutte cominciarono a strillare in coro, finchè l'aria parve tutta assordata da quelle stridule voci.
    - Silenzio, tutte! - gridò il Giglio, agitandosi irosamente da un lato all'altro, fremente di rabbia. - Siccome sanno che io non posso raggiungerle, - balbettò, piegando verso Alice la testa tremante, - si mettono a gridare a quel modo.
    - Non ci badare, disse Alice con accento carezzevole, e, chinandosi sulle margherite, che stavano ricominciando, bisbigliò: - Se non state zitte, vi colgo.
    Vi fu un istante di silenzio e parecchie delle margheritine rosee diventarono bianche.
    - Benissimo! - disse il Giglio. - Le margherite hanno un carattere pessimo. Quando una parla, cominciano tutte, e non ci vuol altro per seccare chi le sente.
    - Come va che voi potete parlare così bene? - disse Alice, sperando di addolcirlo con un complimento. - Sono stata in tanti giardini, ma non ho mai sentito parlare i fiori.
    - Metti giù la mano e tasta il suolo, - disse il Giglio. - Saprai il perchè.
    Alice obbedì.
    - È molto duro, - ella disse, - ma non capisco che c'entri.
    - Nella maggior parte dei giardini. - disse il Giglio, - fanno i letti dei fiori troppo soffici, e così i fiori dormono sempre.
    La ragione era ottima, e Alice fu lieta di apprenderla.
    - Non ci avevo pensato, - disse.
    - Credo che tu non pensi mai! - disse la Rosa con un tono piuttosto severo.
    Non ho visto mai una fisionomia più stupida, - disse la Viola così improvvisamente, che Alice diede un balzo.
    - Tieni a posto quella lingua! - grido il Giglio. - Come se tu vedessi mai nessuno. Tu nascondi la testa sotto le foglie e vi russi tanto che ne sai del mondo quanto può saperne un germoglio..."

    Attraverso lo specchio - Lewis Carroll

    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:40

  8. #8
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    Portami il girasole ch'io lo trapianti

    Portami il girasole ch'io lo trapianti
    nel mio terreno bruciato dal salino,
    e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
    del cielo l'ansietà del suo volto giallino.

    Tendono alla chiarità le cose oscure,
    si esauriscono i corpi in un fluire
    di tinte: queste in musiche. Svanire
    é dunque la ventura delle venture.

    Portami tu la pianta che conduce
    dove sorgono bionde trasparenze
    e vapora la vita quale essenza;
    portami il girasole impazzito di luce.

    Eugenio Montale


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  9. #9
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    ...Era, insomma, impossibile trovare una bellezza più affascinante di quella di Marguerite.
    Alta e snella, fin troppo, aveva al massimo grado l'arte di far scomparire quel difetto della natura con una sapiente maniera di vestirsi.
    ...
    La splendida testa era fatta oggetto di una speciale civetteria.
    Era molto minuta, e sua madre, come avrebbe detto De Musset, sembrava averla fatta così per poterla fare con maggior cura. Mettete in un ovale di indicibile grazia due occhi neri ornati da sopracciglia dall'arco così puro da sembrare disegnato; velate quegli occhi di lunghe ciglia che, abbassandosi, ombreggino le guance rosate; tracciate un naso sottile, dritto, spirituale, con le narici leggermente dilatate da un anelito di vita sensuale; disegnate una bocca regolare, le cui labbra si schiudano dolcemente su denti bianchi come il latte; colorite la pelle col tono vellutato che avvolge le pesche non ancora sfiorate da alcuna mano, e avrete l'immagine di quella testa deliziosa.
    I capelli neri come il carbone, ondulati naturalmente, o forse no, si dividevano sulla fronte in due larghe bande, e si perdevano dietro la testa, mostrando i lobi delle orecchie sui quali brillavano due diamanti di quattro o cinquemila franchi ciascuno.
    ...
    Ogni volta che si recitava una nuova commedia, si poteva essere sicuri di incontrarla, con tre cose che non la lasciavano mai, e che occupavano sempre il parapetto del suo palco di prima fila: il binocolo, un sacchetto di dolci e un mazzo di camelie.
    Per venticinque giorni del mese le camelie erano bianche, e per cinque erano rosse; non si è mai conosciuta la ragione di questo cambiamento di colore, che io racconto senza saperlo spiegare, e che era stato notato anche dai suoi amici e dai frequentatori abituali dei teatri dove si recava più spesso.
    Marguerite non era mai stata vista con altri fiori che camelie, tanto che dalla sua fioraia, madame Barjou, avevano finito col chiamarla "La signora dalle camelie", e il soprannome le era rimasto."

    "La signora delle camelie" - Alexandre Dumas figlio



    Sara Bernhardt (1844-1923) Marguerite Gautier in 'La Dame Aux Camelias
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:50

  10. #10
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    Paul Cezanne, Natura morta con mele e vaso di primule, 1894

    Il quadro è conservato nel Metropolitan Museum di New York.
    Ultima modifica di Liquid Sky; 27-07-15 alle 08:51

 

 
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