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    VII
    La lotta dell'ebraismo contro la Tradizione Cattolica

    In realtà, dietro le sembianze della ricerca di un'unità ecumenica, di una riconciliazione tra le religioni e di altri vocaboli altrettanto seducenti, si trattava di demolire il baluardo della Tradizione cattolica, definita da Josué Jéhouda come «l'antica fortezza dell'oscurantismo cristiano». Secondo Jéhouda, ci sono stati tre tentativi di «raddrizzamento del cristianesimo», che «miravano ad epurare la coscienza cristiana dai miasmi dell'odio»; tre tentativi di raddrizzamento della teologia cristiana divenuta asfissiante e paralizzante; «tre brecce aperte nella vecchia fortezza dell'oscurantismo cristiano». In realtà, tre tappe importantissime nell'opera di distruzione del cristianesimo tradizionale:

    Il Rinascimento;
    La Riforma protestante;
    La Rivoluzione Francese.
    In questi tre grandi movimenti, Jéhouda intravede l'opera meravigliosa di scristianizzazione alla quale ognuno di essi, sotto diverse forme, ha potentemente contribuito. Egli non ce lo dice così brutalmente, in quanto è molto abile nel maneggiare gli artifici del linguaggio, ma ciò erompe con evidenza dai suoi scritti, come ce lo dimostrano alcune citazioni estratte dalle sue opere: «Il Rinascimento, la Riforma protestante e la Rivoluzione Francese rappresentano i tre tentativi di raddrizzamento della mentalità cristiana per mettersi al diapason con lo sviluppo progressivo della ragione e della scienza, e mentre il cristianesimo dogmatico andava oscurandosi, gli ebrei si emancipavano gradualmente». Parlando del Rinascimento, egli sostiene: «Possiamo affermare che se il Rinascimento non fosse stato deviato dal suo corso iniziale a svantaggio del mondo greco dualizzato, avremmo avuto senza dubbio un mondo unificato dal pensiero e dalla dottrina creatrice della Cabala» 47. Passiamo ora alla Riforma: «Con la Riforma, che esplose in Germania cinquant'anni dopo la fine del Rinascimento, l'universalità della Chiesa venne distrutta. Prima di Lutero e Calvino, Giovanni Reuchlin 48, discepolo di Pico della Miràndola, scosse la coscienza cristiana sostenendo fin dal 1494 che niente era superiore alla sapienza ebraica [...]. Con il ritorno alle sorgenti antiche, Reuchlin preconizzò anche il ritorno alle sorgenti ebraiche. Finalmente, egli ebbe la rivincita sul convertito Joan Pfeferkorn, il quale chiedeva a gran voce la distruzione di tutti i “Talmud” esistenti in circolazione. Lo spirito nuovo che stava per rivoluzionare l'intera Europa [...] si manifestò a proposito degli ebrei e del “Talmud” [...]. Tuttavia, non senza meraviglia, si trovarono tra i protestanti tanti antisemiti quanti tra i cattolici». In breve, conclude Jéhouda, «la Riforma fu la rivolta contro la Chiesa cattolica, che a sua volta è già una rivolta contro la religione d'Israele» 49. Parlando poi della Rivoluzione Francese, Jéhouda affermava: «II terzo tentativo di raddrizzamento della posizione cristiana, si compie dopo il fallimento di unificazione della cristianità per mezzo della Riforma, sotto la spinta della Rivoluzione Francese [...], la quale segnò l'inizio dell'ateismo nella storia dei popoli cristiani. Questa Rivoluzione, avendo assunto un atteggiamento nettamente antireligioso, si prolungò nel comunismo russo, e contribuì potentemente alla scristianizzazione dell'Europa» 50. E per coronare questo raddrizzamento della mentalità cristiana, giunsero Karl Marx (1818-1883) e Friedrich Nietzche (1844-1900). «Nel XIX secolo, vennero effettuati, rispettivamente da Marx e da Nietzche, due nuovi tentativi per risanare la mentalità del mondo cristiano» 51. In verità, «il senso profondo della Storia è identico in tutte le epoche, ed è una lotta sorda o aperta tra le forze che lavorano per il progresso dell'umanità e le forze che si aggrappano a valori cristallizzati, ostinandosi a mantenere ciò che sussiste a detrimento di ciò che deve ancora venire» 52. Per i pensatori ebrei, la riforma conciliare doveva costituire una nuova tappa nella via dell'abbandono, del cedimento e della distruzione della Tradizionale cattolica, svuotata a poco a poco della sua sostanza.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  2. #12
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    VIII
    Solo il monoteismo d'Israele é di essenza divina

    In realtà, si trattava di un nuovo episodio e di una nuova battaglia nel quadro del millenario scontro ebraico-cristiano. Ecco come Jéhouda, Rabi, Benamozegh e Memmi ci dipingono questo scontro: «Il cristianesimo - ci dice Jéhouda - rifiuta ostinatamente di considerare Israele come suo padre sul piano spirituale [...]; credere che il cristianesimo rappresenti la “pienezza” del giudaismo, che esso sia il suo punto culminante, o che il giudaismo sia stato completato dal cristianesimo, significa viziare in radice il monoteismo universale [...]. È giunto il momento in cui sarà necessario operare l'indispensabile purificazione della coscienza cristiana mediante la dottrina del monoteismo universale ebraico» 53. «L'antisemitismo cristiano, pur dicendosi messianico, pretende di sostituire il messianismo d'Israele con la fede in un Dio crocifisso che assicurerebbe ad ogni fedele la salvezza personale. Abbassando il messianismo ebraico mettendolo al livello del paganesimo, il cristianesimo tende a convertire tutti i giudei ad un messianismo ridotto [...]. Ma fino a quando il messianismo monoteista di Israele persisterà, anche solo in modo virtuale, quello cristiano apparirà sempre per quello che è: un'imitazione che crolla alla luce del messianismo autentico [...], e l'antisemitismo persisterà fino a che la cristianità rifiuterà di affrontare il suo vero problema, che è dovuto al tradimento dei messianismo monoteista» 54. «La testardaggine cristiana pretende di essere la sola erede d'Israele e propugna l'antisemitismo. Presto o tardi questo scandalo deve finire; prima finirà e prima scomparirà il clima di menzogna nel quale si avvolge l'antisemitismo» 55. Ascoltiamo ora Elia Benamozegh, uno dei maestri del pensiero ebraico contemporaneo: «Se il cristianesimo accetta di rivedere il suo pensiero sull'ebraismo, esso sarà sempre la vera religione dei gentili» 56. «La religione dell'avvenire deve poggiare su qualche religione positiva o tradizionale, avvolta dal misterioso prestigio dell'antichità. Ora, tra tutte le religioni antiche, l’ebraismo è la sola che afferma di possedere l'ideale religioso per l'intera umanità, poiché l'opera del cristianesimo non è che una copia che dev'essere posta davanti all'originale [...]. Siccome è la Madre incontrastata, essa è la religione più antica che diventerà la più nuova. [...] di fronte al cristianesimo [...] con la sua pretesa origine divina e la sua infallibilità [...]. Per sostituire un'autorità che si dichiara infallibile e che nasce soltanto nell'anno uno dell'era cristiana o dell'égira musulmana [...], occorre trovare un'altra infallibilità molto più seria che, iniziata con la storia dell'uomo sulla terra, con lui terminerà» 57. «La riconciliazione sognata tra i primi cristiani, come condizione della Parusìa, o avvento finale di Gesù Cristo, il ritorno degli ebrei nella Chiesa, senza il quale - tutte le diverse confessioni cristiane sono d'accordo su questo fatto - l'opera della Redenzione rimane incompleta, questo ritorno, diciamo, si effettuerà, com'è stato atteso, ma nell'unico modo serio, logico e duraturo, e soprattutto nell'unico modo proficuo per il genere umano. Si attuerà l'unificazione dell'ebraismo e delle religioni che ne sono scaturite, e, secondo la parola dell'ultimo dei Profeti, sigillo dei Veggenti - come i dottori chiamano Malachia - si avrà il ritorno cordiale dei figli al loro Padre» 58.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  3. #13
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    IX
    Supposto che Gesù Cristo sia storicamente esistito...

    Passiamo ora a Rabi: «Tra gli ebrei e i cristiani - dice Rabi - esiste una divergenza insormontabile. Essa riguarda Gesù. Ammesso che sia storicamente esistito, per l’ebreo egli non è nè Dio, nè il figlio di Dio. Tuttalpiù, si potrebbe ammettere, come ultima concessione, la tesi di Giuseppe Klauzer: né Messia, né profeta, né legislatore, né fondatore di una religione, né Tanna, né rabbi fariseo; per la nazione ebraica, Gesù è un grande moralista e un artista in parabole [...]. Il giorno in cui verrà liberato dai racconti dei miracoli e dal misticismo, il libro di morale di Gesù Cristo (il Vangelo; N.d.R.) sarà uno dei più preziosi gioielli della letteratura ebraica di tutti i tempi» 59. «Talvolta, mi capita di immaginare, nell'ultimo secolo, l'ultimo ebreo vivente in piedi davanti al suo Creatore, com'è scritto nel “Talmud”; il giudeo, legato da giuramento, resta in piedi fin dal Sinai. Immagino dunque quest'ultimo israelita che sarà sopravvissuto agli oltraggi della Storia e ai richiami del mondo. Che dirà dunque egli per giustificare la sua resistenza all'usura del tempo e alla pressione degli uomini? Lo sento; egli dice: “Non credo alla divinità di Gesù Cristo”. È logico che questa professione di fede sia di scandalo per il cristiano. Ma la professione di fede dei cristiani non è forse di scandalo per noi ebrei? Per noi [...], la conversione al cristianesimo implica la più grande bestemmia, ossia la credenza nella divinità di un uomo» 60. Questi scritti sono relativamente recenti. Ritorniamo ora a duemila anni fa e rileggiamo il racconto della Passione: «Poi quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani [...]. I sommi sacerdoti e tutto il Sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte; ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: “Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”. Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te”? Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”. “Tu l'hai detto”, gli rispose Gesù, “anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi del cielo”. Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: “Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare”? “È reo di morte”»! 61 (Mt 26, 57-66). A distanza di duemila anni, le posizioni reciproche rimangono immutate, e lo scontro ebraico-cristiano resta irriducibile.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

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    Israele e le rivolte dello spirito

    L'antagonismo ebraico si è manifestato in modo continuo - anche se sotterraneo - nel corso di duemila anni di scontro giudeo-cristiano. «L'ebreo - ci dice James Darmesterer - è stato il campione della ragione contro lo spirito mitico; nella notte intellettuale del Medioevo, solo in lui il pensiero ha potuto trovare un asilo. Provocato dalla Chiesa che vuole persuaderlo, dopo aver inutilmente cercato di convertirlo con la forza, egli mina con l'ironia e con l'avvedutezza delle sue controversie, e, come nessun altro, sa trovare i punti vulnerabili della sua dottrina. L'intelligenza dei Libri Sacri, e ancor più la terribile sagacità di chi è oppresso, sono i suoi mezzi per scoprire tali punti. Egli è il dottore dell'incredulo; tutte le rivolte dello spirito gli si presentano all'ombra o a cielo scoperto. Egli lavorò nell'immensa fucina di bestemmie del grande Imperatore Federico e dei Prìncipi di Svevia o d'Aragona; egli foggiò tutto questo micidiale arsenale di ragionamento e d'ironia che offrì poi agli scettici del Rinascimento e ai libertini del Seicento. Ed il sarcasmo di Voltaire non è altro che la rumorosa eco d'una parola mormorata sei secoli prima, nell'ombra del ghetto, e, prima ancora, (nei contro-vangeli del I e II secolo) all'epoca di Celso e di Origene, e alle origini stesse della religione di Cristo» 62. Dal canto suo, Elie Faure (1873-1937), le cui opere sono state recentemente ristampate e assai pubblicizzate, parla di «questo sogghigno sarcastico (Heine, Offenbach) verso tutto ciò che non è ebraico [...]. La sua spietata analisi ed il suo irresistibile sarcasmo hanno agito come il vetriolo». Seguendo il corso della nostra storia, «è facile seguire la traccia, e benché non sia possibile quantificare la diffusione del pensiero ebraico, solo dopo il suo passaggio ci possiamo rendere conto della sua potenza demolitrice. Sigmund Freud, Albert Einstein, Marcel Proust, Charlie Chaplin ci aprirono, in tutti i sensi, prodigiose vie che abbatterono le strettoie dell'edificio classico greco-latino e cattolico in cui da cinque o sei secoli il dubbio ardente dell'anima ebraica stava aspettando le occasioni per demolirlo. Poiché occorre notare che proprio il suo polo scettico sembra emergere per primo dal completo silenzio che avvolge l'azione dello spirito ebraico nel Medioevo, silenzio in mezzo al quale, dal Rinascimento in avanti, prorompono alcune voci, e che oggi è annichilito da un grandissimo fracasso». Sì, «si può forse considerare diversamente l’ebreo che da un demolitore armato dal dubbio corrosivo che fin dai tempi dei greci ha sempre opposto Israele all'idealismo sentimentale dell'Europa? [...] La sua missione storica è chiaramente definita, e forse per sempre. Essa sarà il fattore principale di ogni periodo apocalittico, come lo fu alla fine del mondo antico, e come lo sarà alla fine del mondo cristiano in cui viviamo» 63.
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    XI
    L'imperialismo ebraico

    I cittadini dell'orgoglioso impero britannico, a quel tempo al culmine della sua potenza, che la mattina del 9 febbraio 1923 lessero i giornali, sicuramente non fecero alcuna attenzione alle poche righe apparse sul settimanale ebraico Jewish World («Mondo ebraico»), righe temibili perché profetiche per coloro che seppero coglierne il senso. Il Jewish World diceva: «La dispersione degli ebrei ne ha fatto un popolo cosmopolita. Infatti, esso è l'unico popolo veramente cosmopolita, e, come tale, esso deve agire - ed in realtà agisce - come dissolvente di ogni distinzione di razza e di nazionalità. Il grande ideale dell’ebraismo non consiste nel fatto che un giorno gli ebrei si riuniranno in qualche angolo della terra per fini separatisti, ma che il mondo intero sarà imbevuto dell'insegnamento ebraico, e che quindi in una fraternità universale delle nazioni - in realtà, un più vasto ebraismo - tutte e le razze e le religioni separate scompariranno. [...] Essi andranno ben oltre. Con la loro attività letteraria e scientifica, con la loro supremazia in tutti i settori dell'attività pubblica, essi si accingono a fondere gradualmente i pensieri e i sistemi non-ebraici, o non rispondenti agli stampi ebraici» 64. «Già fiammeggia all'orizzonte l'aurora del “Nostro Giorno”», scrive un loro moderno profeta abbacinato dalla visione del vicino trionfo 65. Il sogno messianico può prendere le più svariate forme, ma lo scopo finale resta immutabile: il trionfo dell’ebraismo, della legge ebraica e del popolo ebraico. Sotto l'aspetto universalistico, si tratta, in verità, di un imperialismo ebraico che pretende di governare e asservire il mondo. Scrive Elie Faure: «II popolo ebraico, fin dai tempi di Gesù Cristo - tuttora non accolto dal suo popolo - si crede il popolo eletto in quanto strumento di una potenza superiore. Rispetto agli altri popoli, esso si crede a tutt'oggi il popolo eletto, perché rappresentante di una forza soprannaturale. [...] Per lui l'al di là non esiste. Per quanto se ne sia spesso parlato, Israele non vi ha mai creduto. Il patto d'alleanza non è che un contratto bilaterale nettamente preciso e positivo. Se l'ebreo obbedisce, lo fa esclusivamente per avere il dominio del mondo.[...] Israele è un terribile realista: vuole la ricompensa quaggiù sulla terra per chi fà il bene e il castigo per chi vive nel male [...]. Perfino nei momenti più oscuri della loro storia - e della Storia universale - questi eterni vinti conservano nel cuore fedele la promessa di una eterna vittoria» 66.
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    XII
    La divinità di Gesù Cristo, ostacolo per il messianismo ebraico

    Ma per raggiungere tale scopo, occorre abolire il cristianesimo, che rappresenta un ostacolo insormontabile sul cammino dell'imperialismo ebraico. Fino alla venuta di Gesù Cristo, la posizione d'Israele era semplice e chiara: secondo i Profeti, per grazia di Jahvé, Israele era stato chiamato a reggere il mondo; se il popolo dei servi d'Israele si fosse conformato alle esigenze divine, sarebbe venuto il tempo in cui Israele avrebbe regnato su tutta la terra. Ma ecco che all'improvviso in Galilea nacque un Profeta: un Profeta - Uomo e Dio - anch'Egli della stirpe reale di Davide, e quindi figlio dell'Alleanza. «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5, 17). E come prova della Sua missione, compie una serie di prodigi inauditi; le folle affascinate lo seguono...

    Però - ecco l'enorme gravità della Sua missione - egli interpreta la promessa in un senso completamente nuovo e diverso così da distruggere l'orgoglioso edificio ebraico spiritualizzandolo ed universalizzandolo. La realizzazione delle promesse veniva trasferita dal piano materiale a quello spirituale; oltrepassando il quadro nazionale, essa non era più unicamente indirizzata agli ebrei, fino a quel momento i soli beneficiari, ma veniva estesa al mondo intero... Non si trattava più della supremazia di una razza o di un popolo, né del trionfo di una nazione di privilegiati: il popolo eletto veniva declassato al rango di un popolo qualsiasi in mezzo ad altri popoli.

    L'orgoglio e il nazionalismo religioso degli ebrei non ammisero questo livellamento; esso era contrario alle promesse messianiche, e allontanava irrimediabilmente il momento della sottomissione di tutti regni della terra ad Israele. I capi dei sacerdoti e dei farisei non potevano tollerare una simile bestemmia ed un simile attentato ai loro privilegi, e, quindi, per liberarsi di quel pericoloso agitatore, lo consegnarono ai romani e lo fecero condannare a morte. Ma Gesù Cristo risuscitò e la Sua predicazione si propagò nel mondo antico con la rapidità della fiamma. Gli ebrei denunciarono i Suoi discepoli alle autorità romane quali ribelli dell'impero; Roma li perseguitò incessantemente, offrendoli in pasto alle belve, bruciandoli, scuoiandoli o crocifiggendoli. Ciononostante, l'ondata cristiana progredì senza tregua, conquistando le alte sfere del potere imperiale; poi bruscamente il mondo oscillò e si inclinò in favore della Chiesa di Cristo. Il 28 ottobre dell'anno 312, avvenne la battaglia di Ponte Milvio, alle porte di Roma, che vide Costantino contro Massenzio; il primo fu vincitore, mentre il secondo annegò nelle acque del Tevere. «Una sola battaglia fu sufficiente per cambiare l'assetto del mondo e l'aspetto religioso [...]. La vittoria di Costantino è giustamente considerata il punto di partenza di una nuova era, quella dell'Impero cristiano [...]. A partire da quel momento, per ragioni che non sono ancora state completamente chiarite, il vincitore - Costantino - legò il proprio destino a quello della Chiesa di Cristo. Grande e sorprendente rivoluzione, deplorata dagli uni ed esaltata dagli altri, essa rimane una delle più importanti della storia umana; il regno di Costantino non è che il preludio di un fenomeno che continua e si completa durante quel periodo caotico e straordinario che fu il IV secolo. Ma la fortuna inaudita della Chiesa doveva comportare la rovina della Sinagoga. Per questo motivo, il IV secolo fu un'epoca fatate che sfociò in un avvenire di angoscia, di lutto e di catastrofe» 67. Gli israeliti non hanno mai accettato e mai accetteranno questa sconfitta. La rottura fu totale e definitiva; lo scontro divenne ormai irriducibile da entrambe le parti. «Se l'ebreo ha ragione, la cristianità non è che un'illusione. Se invece ha ragione il cristiano, l’ebreo è, nella migliore delle ipotesi, un anacronismo o tuttalpiù l'immagine di ciò che non ha più ragione di esistere. Per l'ebreo, il cristianesimo rappresenta la rinuncia di un monopolio, e la rinuncia ad una “interpretazione nazionalista” - per non dire razzista - dell'”elezione”; esso è l'apertura alla fratellanza umana, e, nello stesso tempo, un grande “amen” detto a Dio, e a tutto ciò che Dio decide: è l'accettazione della sofferenza e della morte, la rinuncia all'orgoglioso io [ ...]. Che io sappia, il cristianesimo non ha mai sottoposto ad una prova così difficile nessun altro popolo. Perché per nessun altro popolo il passaggio al cristianesimo ha significato, a più o meno lunga scadenza, la sua scomparsa come tale. Presso nessun altro popolo, le tradizioni che bisognava abbandonare per abbracciare la fede in Cristo, erano così intimamente legate a tutte le manifestazioni di appartenenza ad una nazionalità. E qui tocchiamo l'altra ragione (o pretesto) che giustifica il “no” dell’ebreo a Cristo, il quale non corrispondeva all'idea che l’ebreo si era fatto del Messia e della salvezza» 68. «Pretendendo di essere il vero “Israele” - Israele secondo lo spirito e non secondo la spregevole carne - la teologia cristiana vuole sostituire definitivamente Israele. Peccato però che Israele non sia scomparso e che non voglia scomparire» 69. «Il cristianesimo si preoccupa essenzialmente della salvezza individuale di ogni uomo. L’ebraismo mira invece alla salvezza della casa d'Israele, la sola che può permettere la salvezza di settanta nazioni dell'universo» 70. «Israele si presenta nella Storia come un popolo particolare perché esso è contemporaneamente religione e nazione, senza nessuna possibilità di separare questi due fattori, cosa possibile invece per tutti gli altri popoli. Senza dubbio, Israele è proprio una razza, non nel senso biologico, come l'ha preteso il razzismo, ma nel senso etico della storia» 71. «Il cammino con cui la fede cristiana ha conquistato la sua indipendenza, doveva rapidamente e fatalmente trascinarla in una guerra aperta contro Israele “secondo la carne”, poiché la Chiesa si proclama il solo Israele di Dio e il solo Israele secondo lo spirito. Ma si coglie bene tutta la gravità di una tale rivendicazione? Essa è peggiore della diffamazione del popolo ebraico, e significa tentare di carpirle perfino la scintilla della vita e il fuoco sacro, e persino la sua stessa anima. Di più: essa significa sottrarre ad Israele il suo posto al sole e il suo statuto privilegiato nell'Impero, perché tali sono gli stretti legami e l'intreccio dello spirituale e del temporale» 72. Ritorniamo dunque al medesimo punto: abbattere la religione cristiana, nata dal suo seno, è una necessità vitale per Israele, il quale la considera come il suo più temibile avversario; Jules Isaac lo ripete continuamente nei suoi scritti. ll seguente passo, estratto da una sua opera relativamente recente, mostra con forza lo stato d'animo di gran parte della gioventù ebraica contemporanea: «Viviamo nell'entusiastica attesa di tempi nuovi e inauditi, e crediamo di scorgerne già i segni precursori: l'agonia decisamente iniziata delle religioni, delle famiglie e delle nazioni. Nutriamo solo collera, disprezzo e ironia per i ritardatari della Storia che si abbarbicano a questi residui [...]. Ahimè! Sia che ci sbagliamo completamente o che siamo rientrati dopo, in un periodo di riflusso, o che io sia semplicemente invecchiato, mi vedo costretto ad ammettere che questi residui avevano la tenacia della gramigna e si ostinavano a restare quali strutture profonde della vita dei popoli e del loro essere collettivo [...]. Apparentemente, eravamo condannati, e, per lungo tempo, ad accettare le religioni e le nazioni. Ancora una volta, io non giudico, ma mi limito a constatare» 73. Nel suo libro Le malheur d'Israël, lo scrittore ebreo A. Roudinesco fornisce una magnifica risposta a tutti questi anatemi pieni di collera: «La sopravvivenza fino a noi giorni di questa piccola comunità, malgrado le persecuzioni e le sofferenze inaudite, è stata definita il “miracolo ebraico”. Questa sopravvivenza non è un miracolo, ma tuttalpiù è una disgrazia. Il vero miracolo ebraico è la conquista spirituale dell'umanità attraverso il cristianesimo. La missione del popolo eletto è terminata da molto tempo. Quelli che, tra gli ebrei, sperano di poter un giorno completare il cristianesimo con un messianismo rinnovato, ignorano le leggi essenziali dell'evoluzione dell'umanità» 74.
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    Der Wehrwolf

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    Note

    1 Che il Nuovo Patto sostituisca l’Antico, ormai privo di alcuna efficacia salvifica e reso inutile dal sacrificio di Cristo, i cristiani lo hanno cantato per secoli nel bellissimo inno eucaristico Tantum Ergo, in cui appunto si dice che «le figure dell’Antico patto cedano alle verità del nuovo rito» («Et antiquum documentum novo cedat ritui»).
    2 Eppure, a riguardo del rigetto di Israele da parte di Dio, il Vangelo parla un linguaggio che non dà spazio ad equivoci: «E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo» (Mt 27-50-51). Il Dio d’Israele ha abbandonato il Tempio di Gerusalemme per abitare in ogni anima in grazia di Dio.

    3 In realtà, l’antisemitismo era stato condannato ben prima del Vaticano II. Il 21 marzo 1928, al termine di una riunione plenaria, i Rev.mi Padri della Suprema Sacra Congregazione del Sant’Ufficio approntarono un documento che condannava «tutti gli odii e le animosità tra i popoli, e massimamente l’odio contro il popolo un tempo eletto da Dio, quell’odio che oggi volgarmente suole designarsi con il nome di “antisemitismo”» (cfr. La Civiltà Cattolica, 1928, vol. II, pagg. 171-172).

    1 «Associazione fraterna ebraica fondata negli Stati Uniti nel 1843. Nella lingua ebraica “B'nai B'rith” significa “i figli dell'alleanza”. Lo scopo di questa associazione è di mantenere la tradizione e la cultura ebraiche e di lottare contro l'antisemitismo [...]. I membri si chiamano “Fratelli”, ricevono un'iniziazione e si riuniscono in Logge» (cfr. D. Ligou, Dictionnaire Universel de la Maçonnerie, Ed. P.U.K, Evry 1987); «Si può supporre che i dodici fondatori del “B'nai B'rith” fossero già massoni affiliati alle Logge americane, dal momento che essi scelsero un rituale che è un misto del Rito di York e del Rito americano degli “Odd Fellows”» (cfr. Tribune juive, n. 997/1986; cit. in Epiphanius, Massoneria e sètte segrete: la faccia occulta della Storia, Trento s. d., pag. 478).

    2 «Io sono il capo - disse con il suo linguaggio bonario e un po' dissacratore Giovanni XXIII al Prof. Jules Isaac - ma devo consultare anche gli altri, far studiare dagli uffici i problemi sollevati. Qui non siamo in una monarchia assoluta» (cfr. S. Schmidt s.j., Agostino Bea, il Cardinale dell'unità, Ed. Città Nuova, 1987, pag. 354). Lo schema venne poi definitivamente votato e ratificato il 28 ottobre 1965 nell'ambito della Dichiarazione Nostra Ætate, sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane (La religione ebraica, § 4).

    3 Cfr. I documenti del Concilio Vaticano II, Ed. Paoline, Roma 1979, pagg. 577-578.

    4 Cfr. M. I. Dimont, Les juifs, Dieu et l'Histoire («Gli ebrei, Dio e la Storia»), Ed. Robert Laffont, Parigi 1964.

    5 Che ciò corrisponda al pensiero di molti ebrei, lo ricaviamo da un aneddoto: nel 1938, l'Austria veniva annessa alla Germania di Hitler. L'ebreo Sigmund Freud (1856-1939), che in quei giorni si trovava a Vienna, venne sollecitato da un suo stretto collaboratore a lasciare la città per non rischiare la cattura da parte dei nazisti. Il padre della psicanalisi rispose con queste parole «I nazisti non li temo. Il nemico è la religione, la Chiesa cattolica» (cfr. E. Innocenti, Critica alla psicoanalisi, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988, pag.115).

    6 Ad ulteriore conferma, ecco un breve estratto di un articolo apparso nel febbraio del 1936 sulla rivista Catholic Gazete di Londra, contenente alcuni brani di conversazioni di ebrei parigini tenute nel corso di riunioni segrete: «Abbiamo già compiuto gran parte del nostro lavoro, però non possiamo dire di aver realizzato lo scopo della nostra opera. Abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere prima di poter abbattere il nostro principale nemico: la Chiesa cattolica. Dobbiamo metterci bene in mente che la Chiesa cattolica è l'unica istituzione che si è posta e rimarrà ad intralciare il nostro cammino per quanto durerà la sua esistenza. La Chiesa cattolica, con il suo lavoro metodico e con i suoi insegnamenti educativi e morali, forma nei propri figli una tale mentalità che li manterrà troppo fieri di sé stessi per sottomettersi alla nostra dominazione e per inginocchiarsi ai piedi del futuro Re d'Israele». Poco tempo dopo, il settimanale parigino Le réveil du peuple precisò che si trattava di dichiarazioni fatte nel corso di una riunione dell'Ordine massonico B'nai B'rith (cfr. Chiesa viva, nº 178, ottobre 1987, pag.16).

    7 Tutte le notizie che seguono, sono state estratte da dichiarazioni dello stesso Isaac.

    8 Secondo alcuni autori, il Cardinale Liénart era iscritto alla Massoneria di Rito Luciferino.

    9 «Ma chi era il Cardinale Agostino Bea? Molti l'hanno indicato di origini ebraiche [...]. Gesuita tedesco, già confessore di Pio Xll e amico di Giovanni XXIII, Bea era professore di Sacra Scrittura e rettore dal 1930 al 1940 del Pontificio Istituto Biblico. l suoi stretti legami con l'alta Massoneria ebraica sono noti e documentati: come l'incontro con il presidente del “B'nai B'rith” Label Katz avvenuto il 16 febbraio 1963 a Roma [...]. Ma Bea era in contatto anche col Gran Maestro delle Logge unite di Germania Pinkerneil» (cfr. Epiphanius, op. cit., pag.488). Circa le sue origini ebraiche, notiamo che «negli ultimi secoli troviamo in Germania e in Austria diverse personalità che portano il cognome “Beha”, equivalente fonetico del cognome sefardita “Beja”, che i loro antenati sefarditi portavano in Spagna dove vivevano. Ma il Cardinale Bea non era l'unico cripto-ebreo in Vaticano; oltre a lui agirono attivamente in tal senso altri ebrei sedicenti convertiti come i Monsignori John Oesterreicher e l'agostiniano Gregory Baum, ai quali si unirono i Vescovi Kempe, ausiliario della diocesi di Linburg (Germania) e Sergio Mendez Arceo, Vescovo di Cuernavaca, nel Messico (Mendez è un tipico cognome ispano-ebraico; egli era discendente di sefarditi che tentarono di giudaizzare la popolazione messicana dei Cotija)» (cfr. Chiesa viva, nº 179, novembre 1987, pagg. 16-17).

    10 Cfr. J. Isaac, Jésus et Israël, Nouvelle Edition Paris, Fasquelle 1959.

    11 Cfr. J. Isaac, L'einsegnement du mépris («L’insegnamento del disprezzo»), pag.141.

    12 Cfr. J. Isaac, Jésus et Israël, pag. 483.

    13 Ibid., pag. 493.

    14 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, Ed. Calmann‑Lévy, Parigi 1956, pag. 327.

    15 Ibid.

    16 Ecco alcuni estratti di scritti dai Padri della Chiesa a proposito del deicidio e dell’odio ebraico verso Cristo e i cristiani: San Giustino (100‑165) scrive: «Voi avete ucciso il Giusto e prima di lui i suoi profeti, e ora respingete perfidamente coloro che sperano in lui e colui che l’ha inviato, il Dio onnipotente e autore dell’universo; voi li disonorate per quanto è in voi, e nelle vostre sinagoghe elevate imprecazioni contro coloro che credono in Cristo, perché non avete il potere di portare le mani su di noi grazie a coloro che ora ci governano, ma ogni volta che l’avete potuto, l’avete fatto» (cfr. Dial. cum Tryphone, 16,4; PG 6, 511); Origene (185‑253) pensava che il popolo ebraico in quanto tale avesse commesso «il più grande dei delitti» (cfr. Contra Celsum, IV, 32; PG 11,1087), quello di uccidere il Figlio di Dio. Sant’Ambrogio (339‑397) parlava degli ebrei come di un «popolo parricida» e addossava a tutti loro la responsabilità della morte di Gesù: «Egli (Gesù) è stato ucciso dal popolo degli ebrei tutto intero, ed essi lo perseguitano ancora con il loro odio» (cfr. in Psal. 39,14; PL 14, 1062); San Cirillo d’Alessandria (370‑444) parla degli ebrei divenuti «dominicidi» («kyrioktoni»), e prima di lui da San Gregorio Nazianzeno (329‑390), che accusa gli ebrei di aver ucciso Cristo «con mani deicide» («chersi taìs theoktonis») (cfr. PG 37,466). Secondo San Cirillo di Gerusalemme (387), «Israele ha crocifisso il Figlio del Padre (celeste) e l’ha rigettato fuori dalla vigna» (cfr. Cath. XI); scrive Teodoreto di Ciro: «Fino a oggi, gli ebrei continuano ad esecrare il Salvatore» (in Psal. 109, 28).

    17 Cfr. J. Isaac, Jésus et Israël, pag. 351.

    18 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pag. 161.

    19 Così San Gregorio di Nissa apostrofa gli ebrei: «Assassini del Signore, assassini dei profeti, nemici di Dio, uomini che odiano Dio, avversari della Grazia, avvocati del diavolo, razza di vipere, discendenti dei farisei, sinagoga di Satana, peccatori, uomini perversi, lapidatori, nemici di ogni probità» (cfr. Oratio in Christi resurrectionem).

    20 Secondo San Giovanni Crisostomo, gli ebrei, dopo la morte di Gesù, si diedero a commettere i più grandi mali e perciò «Dio li odia» (nel senso che odia il male che commettono). Con lui, Sant'Atanasio (295-373), un altro Padre della Chiesa, afferma che «gli ebrei non sono il popolo del Signore, ma i capi di Sodoma e Gomorra» (cfr. De Incarnatione, 40, 7).

    21 Cfr. J. Isaac, Jésus et Israël, pag. 256.

    22 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pagg. 162-164, 165-166. L'Isaac si riferisce a Julius Streicher (1885-1946), un maestro di Norimberga nominato dal Führer, nel 1925, Gauleiter della Franconia, che condusse per vent'anni una ferocissima campagna antisemita che si concluse con la sua impiccagione al processo di Norimberga il 16 ottobre 1946.

    23 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pag.166.

    24 Ibid., pagg.167.

    25 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pagg. 168,172, 267, 289.

    26 Ibid.

    27 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pag. 289.

    28 Ibid., pag. 290.

    29 Ibid.

    30 «Pogrom» è un termine russo che significa «distruzione». Si trattava di sommosse popolari con massacri e saccheggi contro le minoranze ebraiche accusate di usura, frode, omicidi rituali, frequenti soprattutto nell'Europa centrorientale nell'Ottocento e agli inizi del Novecento.

    31 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pag. 285.

    32 Cfr. J. Isaac, Jésus et Israël, pag. 365-508.

    33 Ibid.

    34 Ibid., pag. 572.

    35 Cfr. Terre de Provence, del 23 gennaio 1965.

    36 Cfr. J. Jèhouda, L'antisémitisme, miroir du monde («L’antisemitismo, specchio del mondo»), Ed. Synthésis, Ginevra 1958.

    37 Non è un caso che Jèhouda citi in suo favore il filosofo ebreo Baruch Spinoza (1632-1677), le cui relazioni con la Càbala ebraica e il conseguente ritorno continuo della dottrina cabalistica nelle sue tesi, sono note a tutti gli studiosi di questo particolare settore (vedi, ad esempio, J. Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 1988, pagg. 184-189.

    38 Cfr. J. Jèhouda, op. cit., pagg. 135-136.

    39 Ibid., pag.132.

    40 Ibid., pag.155.

    41 Cfr. E. Benamozegh, Israël et l'Humanité, Ed. Albin Michel, Parigi 1961; la prima edizione di quest'opera risale al 1914.

    42 Cfr. A. Memmi, Portrait d'un juif («Ritratto di un ebreo»), Ed. Gallimard, Parigi 1962.

    43 Cfr. Rabi, Anatomie du judaisme français («Anatomia dell’ebraismo francese»), Les Editions de Minuit, Parigi 1962.

    44 Cfr. Rabi, op. cit.

    45 Cfr. J. Isaac, Genèse de l'Antisémitisme, pag. 309.

    46 Ecco il testo della preghiera incriminata del Venerdì Santo, eliminata dal Messale Romano da Giovanni XXIII: «Preghiamo anche per i perfidi giudei, affinché il Signore Dio nostro tolga il velo dai loro cuori, in modo che essi pure con noi riconoscano Gesù Cristo Nostro Signore»; da notare che etimologicamente il termine «perfidi» (dal latino pérfidis) significa «privi di fede», e quindi, lungi dall'essere un vocabolo offensivo, esso risponde benissimo alla dottrina cattolica espressa in questa bellissima preghiera. La stessa sorte è toccata alla preghiera presente nel Prefazio della Messa della III Domenica di Quaresima secondo il rito ambrosiano: «Oh, quanto perfida e testarda è la malvagia stirpe dei giudei, i quali si gloriano della loro carnale discendenza, al tempo stesso che si rifiutano di riconoscere il Padre che sta nei cieli. O gente ingrata, già molte volte colpita da esemplari castighi, che disdegna il Padre presente senza saper conservare l'assente. Ben è giusto invece che noi a grandi voci esultiamo, per aver ottenuto il posto e il regno dei giudei, in grazia di Cristo, Nostro Signore».

    47 Cfr. J. Jéhouda, op. cit., pag.168.

    48 «Con Giovanni Reuchlin, l'umanista di Pforzheim (nipote di Melantone, socio di Lutero nella Riforma Protestante), la lotta per l'íntroduzione della “Càbala” nella cristianità prende vigore. (Egli) si servì della sua conoscenza dell'ebraico, come di una chiave che lo aiutò a penetrare nel meraviglioso mondo della scienza cabalistica. [...] Reuchlin pubblicò due opere: “De verbo mirifico” (“La parola miracolosa”) e “De arte cabalistica” (“Sull'arte della Càbala”). [...] Giustamente temendo un nuovo prevalere dell’ebraismo, il domenicano Santiago Hochstratten, professore di teologia e inquisitore di Colonia, si assunse il compito di confutare Giovanni Reuchlin nella sua distruzione della “Càbala”. In essa, dimostrò che la dottrina cabalistica non era affatto a sostegno dei dogmi cristiani, ma anzi li negava, e che i libri di Reuchlin pullulavano di proposizioni erronee» (Cfr. J. Meinvielle, op. cit., pagg.164-165).

    49 Cfr. J. Jéhouda, op. cit., pagg.169-172.

    50 Ibid., pagg. 170-172.

    51 Cfr. J. Jéhouda, op. cit., pag.187. II vero nome dell'ebreo Marx era Mordekkai Levi.

    52 Cfr. J. Jéhouda, op. cit., pag. 186.

    53 Cfr. J. Jéhouda, op. cit., pagg. 10-11.

    54 Ibid., pagg. 154-160.

    55 Ibid., pag. 136.

    56 Cfr. E. Benamozegh, op. cit., pag. 18.

    57 Ibid., pagg. 34-35.

    58 Ibid., pag. 48.

    59 Cfr. Rabi, op. cit., pag. 204.

    60 Ibid., pag. 188.

    61 Ecco come San Luca descrive il medesimo episodio: «Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: “Sei tu il Cristo, diccelo”. Gesù rispose: “Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio”. Allora tutti esclamarono: “Tu dunque sei il Figlio di Dio”. Ed egli disse loro: “Lo dite voi stessi: io lo sono”. Risposero: “Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca”» (Lc 22, 67-71). Il racconto di San Marco è molto più simile a quello di San Matteo.

    62 Cfr. J. Darmesterer, cit. in A. Spire, Quelques juifs («Alcuni ebrei»), Ed. B. Grasset, Parigi 1928.

    63 Cfr. E. Faure, L’ame juive («L’anima ebraica»); cit. in La question juive vue par vingt-six éminentes personnalités juives («La questione ebraica vista da ventisei eminenti personalità ebraiche»), Ed. EIF, Parigi 1934.

    64 Cfr. Jewish World, del 9 febbraio 1923. Al British Museum, ho potuto verificare personalmente l'esattezza di questa citazione (N.d.A.).

    65 Cfr. A. Nossig, Integrales Judentum, Ed. Renaissance-Verlag, Berlino 1922.

    66 Cfr. E. Faure, art. cit.

    67 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pagg. 155-156.

    68 Cfr. F. Fejto, Dieu et son juif («Dio e il suo ebreo»), pagg. 34-190-192.

    69 Cfr. J. Jéhouda, op. cit.

    70 Ibid.

    71 Ibid.

    72 Cfr. J. Isaac, Genèse de l’Antisémitisme, pag. 150.

    73 Cfr. A. Memmi, op. cit., pag. 186.

    74 Cfr. A. Roudinesco, Le malheur d'Israël («La sfortuna di Israele»), Ed. de Cluny, Parigi 1956.
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