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L’OCEANO COSMICO DI MOBY DICK
di Giuseppe Badalucco
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"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
OT. Sapevate che Melville è un antenato di Moby (il musicista), che proprio dal titolo del libro del suo avo ha mutuato il nome d'arte? L'ho scoperto solo alcuni giorni fa, consultando wikipedia...
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"Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)
Il capitano Achab, l'eroe di Melville in lotta con l'invisibile
di Mario A. Rigoni
H. Melville
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Prima di essere riscoperto nel Novecento come un classico, anzi il classico dei classici americani, Moby Dick, pubblicato nel 1851, attraversò un lungo periodo di oscurità, dovuto alla sconcertante eccentricità della struttura non meno che del contenuto. La vicenda prometeica del capitano Achab e della sua caccia alla balena bianca si incarna infatti in una forma proliferante e digressiva, che non solo mescola alla narrazione - contrappuntata da storie nella storia - scene teatrali e monologhi lirici, ma concede vasto spazio all' illustrazione anatomica e storica della balena e delle sue specie: tanto che il romanzo si configura nello stesso tempo come un trattato cetologico (in quanto tale fu a lungo schedato nelle biblioteche!), inclusivo persino di ricerche etimologiche e di estratti documentari. Del resto, ancora oggi, il libro è assai più conosciuto per il suo semplice nucleo narrativo e per la riduzione cinematografica di John Huston (1956) che non per la sua fisionomia abissale, simile a quella del Leviatano del quale tratta. Benché la sua genesi, la sua imagery, il suo tono e il suo stile abbiano tratti riconoscibili e, più precisamente, romantici (la Bibbia, Shakespeare, La rima del vecchio marinaio di Coleridge), è il libro stesso un mostro marino che sembra inopinatamente sbattuto sulle spiagge della letteratura occidentale e che deve essere osservato nei particolari e nell' insieme, da vicino e da lontano, perché se ne possa svelare più adeguatamente il feroce segreto. Melville desunse dal trascendentalismo americano l' idea che niente esiste e vive nella materia senza avere una corrispondenza nella mente dell' uomo e che gli oggetti naturali sono «maschere di cartapesta»: ma la singolarità di Melville è che dietro di queste vedeva la potenza demoniaca dell' invisibile, un' insensata divinità senza principi e senza scopi, indifferente all' uomo e capace di tutto. Poiché «solo nella mancanza di terra risiede la più alta verità, che è senza riva», egli scelse come tema del suo libro e della sua meditazione il mare, questo «inafferrabile fantasma della vita», al centro del quale pose la balena e tutto il mondo della baleneria, che tra l' altro erano all' epoca parte notevole dell' industria americana. La massiccia e minuta descrizione naturalistico-tecnica che vi dedica doveva servire allo scopo sia di dare al racconto una solida base realistica sia di cavarne, persino dal minimo elemento, i significati analogici e simbolici. L' «aggraziato riposo della lenza che silenziosamente serpeggia intorno ai rematori prima di essere messa in azione» suscita la riflessione che «tutti gli uomini vivono avvolti in lenze baleniere. Tutti sono nati con cappi al collo. Ma soltanto quando sono afferrati nella rapida, improvvisa svolta della morte, solo allora i mortali avvertono i silenziosi, subdoli, onnipresenti pericoli della vita». In questa prospettiva simbolica Melville giunge ad affermare che «se non date il giusto riconoscimento alla balena, non siete che un provinciale e un sentimentale della Verità», così come a dedurre dal confronto fra le teste di due diverse balene morte, che «la Balena Franca sia stata uno stoico e il capodoglio un platonico che, magari, nei suoi ultimi anni si sia dedicato a Spinoza». Ma in che cosa consiste la verità di questo pugno di uomini, di questa ciurma di fantasmi che, guidata da un capitano empio e folle, visitata da funebri annunci e da neri umorismi, vaga nell' infinito splendore dell' oceano alla ricerca della della propria rovina? Melville, che fra il 1842 e il 1843 si era imbarcato tre volte su una baleniera, percepisce e descrive da maestro assoluto l' azzurro incanto equoreo, come testimonia, fra tanti altri, questo passo riferito a una giornata estiva nei mari del Giappone: «Quel sole giapponese, fissamente vivido, pare il fuoco splendente dell' immenso specchio ustorio di un oceano di vetro. Il cielo sembra laccato; nuvole non ve ne sono; l' orizzonte trema e la nudità di questa fulgidezza inesorabile è come l' insostenibile splendore del trono di Dio». La superficie abbagliante del mare, come quella del mondo, nasconde però un mistero di orrore, un cannibalismo universale, «dato che tutte le sue creature sono preda l' una dell' altra e si conducono guerra eterna, fin dal principio del mondo». E' questa «intangibile malvagità» che Achab vede incarnata nella sovrannaturale bianchezza della Balena, alla quale, lungi dal poter offrire la propria adorazione, giura odio eterno, fino alla distruzione di sé e del proprio equipaggio: «Io mi volgo verso di te, balena distruggitrice ma non vincitrice, fino all' ultimo io lotto con te: dal cuore dell' inferno io ti trafiggo; in nome dell' odio io vomito il mio ultimo respiro su di te». In ciò Achab è spinto non solo e non tanto dalla vendetta personale contro l' animale che gli ha mozzato una gamba e sfregiato il volto, ma da una forza superiore e incomprensibile, vittima egli stesso dell' atroce inganno cosmico: «Quale nascosto signore e padrone, quale imperatore crudele e spietato mi comanda che, contro tutti gli affetti e i desideri naturali, io debba (...) fare ciò che, nel mio cuore, non ho mai nemmeno osato di osare?». Moby Dick non è solo il romanzo più singolare e più importante della letteratura americana: in quanto sprofonda l' ulissismo della tradizione occidentale in una gnostica visione del creato, dove il fulgore delle forme e la nerezza della verità si mescolano inestricabilmente, è anche un capolavoro universale dell' odio metafisico.
Il capitano Achab, l' eroe di Melville in lotta con l' invisibile
Dal sito Archivio Storico del CORRIERE DELLA SERA.it
Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 05-05-10 alle 02:45
"Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)
Una lettura assolutamente propedeutica e fondamentale per chi si interessa di letteratura non mimetica.