Una carriera fulminante grazie all'aiuto delle
gerarchie ecclesiastiche e dei piccoli potentati locali
La caduta del banchiere di Fazio
che sognava il grande polo del Nord
di GIUSEPPE TURANI
MILANO - La carriera di Gianpiero Fiorani è finita, ma è stata certamente un'avventura straordinaria. Un'avventura e una carriera che lui stesso, mesi fa, aveva profeticamente riassunto nella battuta: "Non finirò all'inferno, ma farò mille anni di purgatorio". Il purgatorio di Gianpiero Fiorani, fino a poche settimane fa amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, super-protetto dal governatore Fazio, si chiamerà probabilmente "consulenze & lavoretti". Difficile, impossibile che entri di nuovo in banca.
Era partito per costruire il quinto gruppo bancario e per fare la guerra ai giganti del credito (tutti un po' invisi al governatore e alla maggioranza di governo), e è finito invece fuori strada nel giro di un paio di mesi.
Nato a Codogno, Bassa lombarda, nel 1959, arriva fino al diploma di ragioniere e si mette a fare, per un po', il cronista in un paio di giornali locali. Come capita spesso in provincia fa la conoscenza con un esponente politico-bancario del luogo, Carlo Cantamessi, che è il numero uno della Popolare di Lodi. È lo stesso Fiorani a raccontare che era a casa e si stava facendo un uovo, quando è arrivato Cantamessi e gli ha detto: "Dai, vieni in banca con me". Risposta. "Fossi matto". Andare a lavorare in banca, allora, nel 1978, non era considerato il massimo per un giovane ambizioso.
Ma Fiorani, chissà perché, accettò. Diventò subito direttore di filiale. E poi si passò agli incarichi speciali. Gli danno da sistemare gli sportelli che la Lodi ha in Sicilia, ma anche l'acquisizione e la sistemazione della Banca Rasini di Milano, l'acquisto della Banca Mercantile di Firenze. E altro ancora. Il giovane Fiorani dimostra subito di essere rapido, efficiente, discreto. Ha molte amicizie nel mondo cattolico, si spende in beneficenza, va in chiesa. Insomma, è perfetto. E infatti lo portano al vertice della Lodi.
Una volta arrivato in cima si dimostra anche diabolico nel muoversi. Le Popolari hanno molti limiti, ma lui li aggira abilmente. Si compra l'Iccri (Istituto centrale delle Casse di Risparmio) e lo trasforma in una holding. Dopo di che va a caccia di Casse di Risparmio: le Fondazioni gli cedono le banche, ma entrano nell'Iccri (che intanto ha cambiato nome in Banca Federale).
Non sempre, a quanto pare, Fiorani segue percorsi rettilinei. Del caso della Popolare di Crema si parla ancora oggi nel mondo bancario. La banca viene scalata da personaggi misteriosi dalla Svizzera, attraverso le solite società-schermo (uno schema che ricorda abbastanza da vicino la scalata, poi fallita, all'Antonveneta). La Consob di Luigi Spaventa indaga e passa le carte alla magistratura: falso in bilancio, false comunicazioni sociali, utilizzo di informazioni riservate. Ma Fiorani se la cava pagando una semplice oblazione. Va meno bene all'ispettore della Consob, che deve andarsene fra mille polemiche.
Anche Giulio Tremonti rimane molto perplesso di fronte alle Fondazioni bancarie che vendono i loro istituti a Fiorani e poi ne diventano soci. La storia della Popolare di Crema, comunque, si conclude con un'Opa lanciata dalla Lodi, alla quale i misteriosi personaggi che dalla Svizzera avevano rastrellato azioni cedono i loro pacchi. Con utili vertiginosi.
Nonostante qualche disavventura, Fiorani continua a fare shopping di banche. E diventa l'amico prediletto del governatore Fazio, che si fa fotografare con lui da una parte e Cesare Geronzi, presidente di Capitalia dall'altra. Onore non da poco, per un piccolo banchiere di provincia e per di più già abbastanza discusso.
Sono i tempi, due anni fa, in cui Tremonti e la Lega chiedono a gran voce le dimissioni di Fazio. Poi il vento cambia di colpo e la Lega si mette improvvisamente a difendere Fazio e a complimentarsi per la sua battaglia a favore dell'italianità delle banche. Dietro questa svolta, c'è naturalmente Fiorani. Che cosa è successo?
I leghisti (con il loro chiodo fisso di essere uno Stato nello Stato) si erano messi in testa di farsi una banca: la Credieuronord. Peccato che la banca sia gestita malissimo. A un certo punto c'è la possibilità che la banca salti per aria, con 3mila soci che vedono svanire i loro risparmi e vari esponenti della Lega sotto processo. Tutto questo viene evitato grazie a Fiorani, che, con la benedizione di Fazio, compra la banca (rifiutata dalla Popolare di Milano, visti i conti) e chiude la partita.
Nel gennaio 2005 parte l'avventura per il controllo dell'Antonveneta contro l'Abn Ambro che la voleva per sé. Sulla carta Fiorani è sicuro di vincere. Da una parte ha il governatore Fazio (con il quale sono diventati amici di famiglia, il figlio e il genero del governatore vanno a fare stage da lui), dall'altra gli amici di sempre a partire da Chicco Gnutti e Giovanni Consorte di Unipol che proprio con l'Antonveneta realizzarono la scalata alla Telecom. In più, le solite società svizzere e i soliti amici misteriosi. La scalata all'Antonveneta, insomma, doveva essere una passeggiata.
Invece è finita il 2 agosto, quando la procura di Milano ha sospeso Fiorani da tutti gli incarichi e lo ha accusato di molti reati finanziari. Poi, nuove perquisizioni. Il 2 ottobre doveva rientrare in banca. Probabilmente, viste anche le nuove accuse, sono stati i suoi stessi legali a consigliargli di farsi da parte.
(17 settembre 2005)