"Amor di libro" si tinge di nero
Se si sfoglia il programma della sesta edizione di “Amor di libro”, la kermesse organizzata dal Comune di Varese dal 28 maggio al 6 giugno, si può riscontrare una variegata serie di dibattiti dedicati a libri ed autori concentrati in una decina di giorni. Si ha l’impressione che quest’anno la manifestazione sia stata organizzata in economia rispetto al passato, senza troppa convinzione, buttando dentro un po’ di tutto, libri buoni e pessimi. Ma se dai libri si passa agli autori, tra i personaggi che interverranno nella sala conferenze del teatro di piazza Repubblica, non può passare inosservata, alle ore 21, domenica 30 maggio, una presenza a dir poco inquietante. Si tratta del filosofo-giornalista francese Alain de Benoist, un intellettuale che forse è ignorato dai più, ma che certamente non può risultare sconosciuto agli organizzatori di “Amor di libro” dove presenterà il libro “Le sfide della postmodernità” (Arianna). Chi è questo cattivo maestro messo sul piedistallo dall’ultradestra? E’ il creatore e leader della “Nouvelle droite”, cioè della Nuova destra, un movimento radicale che, nato in Francia, ha conosciuto proseliti e imitatori in tutta Europa, Italia compresa. Le idee di questo ideologo nero hanno avuto (e hanno) diritto di cittadinanza in quel sottobosco di sigle e movimenti visceralmente antidemocratici. E’ chiaro: de Benoist è un raffinato intellettuale, non uno sbrigativo picchiatore fascista, ma risultano ugualmente sbalorditive certe sue convinzioni. A partire dalla sua visione ferocemente anti-cristiana, la sua violenta critica al monoteismo in nome di una rinascita neo-pagana, che richiama quella che entusiasmava i nazisti tedeschi. Quale la colpa del cristianesimo agli occhi di de Benoist? Aver diffuso valori egualitari e democratici. Contro l’eguaglianza, l’intellettuale francese propugna da sempre un vero e proprio “diritto alla differenza”. Secondo lui, insomma, si devono preservare e difendere le diverse identità culturali, nazionali e religiose, ogni giorno minacciate e schiacciate dal “mondialismo”, ideologia universale di impronta liberale e americana. Con tesi di questo genere, de Benoist si è accattivato molte simpatie a destra, da quelle di esponenti del neofascismo nostrano (Giorgio Locchi, ad esempio) a quelle di settori della Lega Nord. Il filosofo-giornalista è quasi idolatrato dai giovani padani, ha partecipato a loro iniziative (come il convegno al Passo del Cuvignone nel 2002), è molto presente nel loro sito Internet. Dietro all’elogio della diversità rispuntano, però, i luoghi comuni della vecchia intolleranza razzista. “Dopo la guerra, una Europa nuova, finalmente unita, dovrà bloccare l’immigrazione selvaggia. Non possiamo permetterci le avanguardie di Bin Laden in casa nostra. Berlusconi ha fatto bene, commentando l’incontro di Gand, a ribadire il ruolo dell’Italia”, dichiarava ad un giornalista del “Tempo”, appena un mese dopo l’11 settembre, il filosofo che sarà ospite del Comune di Varese per “Amor di libro”. E ancora, in un’intervista alla “Padania”: “L’unico modo di affrontare l’immigrazione islamica è quello di non praticare alcuna assimilazione”. Posizioni dure, stile tolleranza zero, di certo condivise dall’onorevole Borghezio e dal nazionalista Jean-Marie Le Pen. Posizioni che, certo, non vanno demonizzate, ma di cui è meglio parlare senza imbarazzi. Del resto, non siamo certo noi a doverli avere, quanto, piuttosto, coloro che hanno invitato il filosofo francese a tenere una lezione di antidemocrazia a Varese.