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  1. #11
    laico progressista
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    Citazione da Intervento Principale di by GENYO
    Di fronte a questa prosopopea, e soprattutto per la mai esistita Italia, non me ne vogliate ma voglio ricordare il Samuel Johnson che saggiamente affermava:

    "Il patriottismo è l'ultimo rifugio dei farabbutti".

    E' molto pericoloso tentare di reificare qualcosa che non è mai esistito, tutta fantasia pelosissima.
    Peccato che il Paese in cui vivi si chiami Italia e abbia dei padri fondatori riconosciuti dai libri di storia e dalle istituzioni.
    Se poi non ti va di ammettere che c'era chi ha predicato la democrazia repubblicana con un secolo di anticipo, sono affari tuoi: l'ingratitudine è frutto di scarsa conoscenza o di scarsa sensibilità.

  2. #12
    decolonizzare l'immaginario
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    Citazione da Intervento Principale di by Paolo Arsena
    Peccato che il Paese in cui vivi si chiami Italia e abbia dei padri fondatori riconosciuti dai libri di storia e dalle istituzioni.
    Se poi non ti va di ammettere che c'era chi ha predicato la democrazia repubblicana con un secolo di anticipo, sono affari tuoi: l'ingratitudine è frutto di scarsa conoscenza o di scarsa sensibilità.
    ____________________________________________

    Con quei padri e quelle madri lì, meglio essere orfani:

    La Padania non ha nulla a che spartire con l'Italia da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, dalla cucina alla filosofia, dalla sociologia all'economia, dal costume alla metafisica, dall'artigianato all'arte....

  3. #13
    ALTRA FACCIA DELLA MONETA
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    Cerchiamo di capirci, sennò tanto vale piantarla.

    La differenza è fra coloro che vogliono impegnarsi personalmente per cercare di stare meglio un po' tutti (questo è il patriottismo mazziniano), almeno provarci, ma con la partecipazione e il coinvolgimento individuale; e dalla parte opposta coloro che ambiscono unicamente a fregare "quegli altri" (non importa chi siano "quegli altri", c'è sempre qualcuno da tenere fuori o rispetto al quale far pesare la prevaricazione dei propri veri o presunti privilegi).

    Il patriottismo mazziniano non è necessariamente fondato sulla parola "Italia", che può essere superata ove fosse definibile diversamente il concetto di "patria" (o addirittura di "patrie"), e ove fossero chiari inequivocabilmente i concetti di egualità e di repubblica (di fronte alla attuazione concreta dei quali persino la parola "democrazia" sarebbe lessicalmente superata).

    Sono l'egoismo individuale e la ricerca di privilegio da parte di alcuni che noi combattiamo.

  4. #14
    laico progressista
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    Citazione da Intervento Principale di by GENYO
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    Con quei padri e quelle madri lì, meglio essere orfani:

    La Padania non ha nulla a che spartire con l'Italia da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, dalla cucina alla filosofia, dalla sociologia all'economia, dal costume alla metafisica, dall'artigianato all'arte....
    La "padania" (o padàgna) esiste solo nella testa di qualche ignorante.
    Tutti gli altri sono e si sentono italiani, da Livigno a Lampedusa.

  5. #15
    decolonizzare l'immaginario
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    Citazione da Intervento Principale di by Paolo Arsena
    La "padania" (o padàgna) esiste solo nella testa di qualche ignorante.
    Tutti gli altri sono e si sentono italiani, da Livigno a Lampedusa.
    _______________________________________________

    Per ora siamo circa 5 milioni di "ignoranti", L'Italia non esiste, non è mai esistita, non esisterà.
    Perchè?
    Perchè tornarono i padani che non sono italiani.

  6. #16
    laico progressista
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    Citazione da Intervento Principale di by GENYO
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    Per ora siamo circa 5 milioni di "ignoranti", L'Italia non esiste, non è mai esistita, non esisterà.
    ...azzo! Cinque milioni che fanno la secessiùn, è una vera orda di barbari! Meno male che la Pianura Padana è estesa, vi potete accampare lì. L'italiano è un tipo ospitale, non vi farà mancare coperte e polenta.

  7. #17
    ALTRA FACCIA DELLA MONETA
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    Senza alcun intento polemico, mi piacerebbe capire da che tipo di conteggio deriva la stima di "cinque milioni di padani".

    Se si tratta dei presumibili simpatizzanti di una determinata area politica, mi sembrerebbe un numero un tantino sovrastimato.

    Se invece si tratta della popolazione "autoctona" di una determinata area geografica (ma quale?), mi sembrano veramente pochini.

    Giusto per inquadrare il discorso, mi trovo nella condizione di non poter dire con certezza quali potrebbero essere -anche solo approssimativamente- i confini territoriali di questa ipotetica "padania": se vai in Romagna i leghisti locali sono convintissimi di farne parte, ma che ci azzecca la Romagna con il fiume Po? Oppure dobbiamo pensare che la "padania" non è una definizione rigidamente geografica, ma è piuttosto una sorta di "luogo dello spirito", un altro modo simbolico per dire "noi dentro, fuori quegli altri" ?

  8. #18
    l'Edera del Cugino è sempre...
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    Le praterie del dubbio - Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno
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    Predefinito relazione Viroli

    in occasione dell'inaugurazione del Monumento,restaurato, a Mazzini, in quel di Torino il 22/04/2005.
    ===========================================


    I

    È stata una scelta saggia di inaugurare il restaurato monumento a Giuseppe Mazzini nell’ imminenza del 60 anniversario della Liberazione. Mazzini, lo hanno riconosciuto anche i critici più severi, è stato l’uomo che ha saputo risvegliare negli Italiani l’amore per la libertà, che ha saputo spiegare che essere davvero liberi vuol dire essere liberi moralmente, ovvero vivere secondo il senso del dovere accettato come obbligo con la nostra coscienza e solo con essa, e per questo assoluto e incoercibile. Mazzini è stato l’uomo che ha insegnato che vera libertà è fede religiosa nella libertà che sa tradursi, se necessario, nel sacrificio di sé stessi per un ideale.
    Oggi, nel 60° della Liberazione, per rimanere liberi dobbiamo rinascere moralmente, dobbiamo ritrovare la forza interiore dell’ideale e il senso della vita come missione. Mazzini può ancora aiutarci, se sapremo riscoprire il significato del suo insegnamento. Perché Mazzini? Immagino l’obiezione di molti: ‘Mazzini è stato il grande sconfitto del Risorgimento; è oggi un pensatore politico marginale, poco studiato e poco discusso’. Come può essere guida morale e politica per la rinascita dell’Italia nella libertà?
    È vero, se pensiamo al 1872, quando muore sotto falso nome a Pisa nella casa di Pellegrino Rosselli, prozio di Carlo e di Nello Rosselli, Mazzini è un uomo sconfitto: l’unità e l’indipendenza dell’Italia si sono compiute sotto l’egida di Casa Savoia; l’Italia non è diventata una repubblica; i poveri e le donne sono escluse dai diritti politici; l’Europa è dilaniata dalle guerre e altre, ancora più spaventose, verranno; interi continenti sono sotto il dominio coloniale. Ma oggi il verdetto della storia è completamente diverso. L’Italia è una Repubblica democratica; ha, e mi auguro che avrà ancora per molti anni, una Costituzione nata da un’Assemblea Costituente eletta a suffragio universale, l’Europa è unita e libera dall’orrore delle guerre; milioni di uomini e di donne si sono emancipati dal dominio coloniale.
    Sconfitti, se guardiamo alla realtà delle cose, sono piuttosto i nemici degli ideali mazziniani: coloro che volevano tenere l’Italia divisa, il potere temporale della Chiesa, la monarchia, gli ideologi del nazionalismo e delle guerre di conquista, gli avversari dell’uguaglianza democratica. Fra il 1943 e il 1947, anzi, l’Italia ha vissuto un vero e proprio ‘momento mazziniano’: una guerra di popolo per la liberazione e l’unità d’Italia in cui i volontari furono molto più numerosi che nel Risorgimento; poi un referendum popolare, a suffragio universale, che sceglie la Repubblica; poi ancora un’Assemblea Costituente, l’ideale per cui Mazzini lottò fino all’ultimo, che approva una Costituzione ricca di contenuti mazziniani: la sovranità popolare, l’uguaglianza dei diritti politici e sociali, il legame inscindibile fra diritti e doveri sancito con un linguaggio esplicitamente mazziniano: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2).
    Certo, molti importanti aspetti dell’utopia mazziniana sono ancora lontani. Ma sono davvero pochi i pensatori politici che indicarono mete che nel loro tempo sembravano poco più che sogni e duecento anni dopo sono diventate realtà. Mazzini non è dunque uno sconfitto, e non è neppure un pensatore che ha bisogno di essere riabilitato da deformazioni ne hanno travisato la fisionomia intellettuale. Una deformazione molto grave a dire il vero c’è stata, quella di Gentile che presentò Mazzini come apostolo di una religione della patria che aveva trovato nel fascismo la sua compiuta realizzazione storica. Ma è talmente grossolana che non merita davvero di essere discussa.
    Mazzini non ha bisogno di noi. Siamo noi che abbiamo bisogno di Mazzini perché la sua eredità contiene le idee che possono aiutarci a ritrovare una vera etica da cittadini, prima fra tutte la sua concezione del dovere. Mazzini riconosce il valore dei diritti, ma accusa la “teoria dei diritti” di essere contraddittoria: afferma il valore dei diritti e poi insegna una morale che rende di fatto impossibile la conquista e la difesa di quei medesimi diritti. “E voi, scrive Mazzini nei Doveri dell’uomo, dopo aver insegnato per cinquant’anni all’individuo che la società è costituita per assicurargli l’esercizio dei suoi diritti, vorreste dimandargli di sagrificarli tutti alla società, di sottomettersi, occorrendo, a continue fatiche, alla prigione, all’esilio, per migliorarla? Dopo avergli predicato per tutte le vie che lo scopo della vita è il ben essere, vorrete a un tratto ordinargli di perdere il ben essere e la vita stessa per liberare il proprio paese dallo straniero, o per procacciare condizioni migliori a una classe che non è la sua?”.
    La teoria dei diritti non può motivare l’individuo all’ impegno che richiede sacrifici ed è fonte di delusioni amare più che di gioie: “Chi può dire ad un uomo: segui a lottare pe’ tuoi diritti, quando lottare per essi gli costa più che non l’abbandonarli?”. Gli individui che hanno saputo far nascere e tenere vive libere patrie, e difenderle, non sono quelli che credevano solo nei diritti, ma quelli che vivevano secondo il dovere.
    Mazzini non chiede di rinunciare ai diritti; indica invece la sola via per conquistarli e goderli davvero: “Quand’io dico, che la conoscenza dei loro diritti non basta agli uomini per operare un miglioramento importante e durevole, non chiedo che rinunziate a questi diritti; dico soltanto che non sono se non una conseguenza di doveri adempiti, e che bisogna cominciare da questi per giungere a quelli”.
    A volte, per ragioni polemiche, Mazzini non distingue fra il principio dei diritti e la sua degenerazione, ma ha perfettamente ragione quando sottolinea che la teoria dei diritti non può ispirare nè motivare la lotta per l’emancipazione nazionale o per l’emancipazione politica e sociale che permettono l’effettivo godimento dei diritti individuali. Benché appaia a prima vista idealistica, la dottrina mazziniana della priorità del dovere sui diritti è in effetti più realistica delle teorie che pongono i diritti al primo posto.
    Un patriota del Risorgimento affrontava forse il carcere, l’esilio, la morte per affermare un suo diritto? E quale diritto e quale interesse guidava il patriota della Resistenza che affrontava i fascisti e i nazisti? Per difendere o conquistare quale loro diritto tante donne italiane hanno nascosto, nutrito, curato soldati e partigiani sapendo benissimo che rischiavano la loro vita e quella dei loro figli? Andare in carcere, subire la tortura, affrontare il plotone d’esecuzione vuol dire perdere tutti i diritti e tutti i beni più preziosi, e chi ha saputo farlo lo ha fatto per fede, per dovere, per amore.
    Ascoltiamo le loro parole: Guglielmo Jervis, nato a Napoli il 31 dicembre 1901, fucilato a Villar Pellice (Torino) il 4 agosto 1944, ingegnere, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria: “Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea" scrive colla punta di uno spillo su una Bibbia trovata sul luogo della fucilazione. Eusebio Giambone, linotipista, fucilato al Poligono del Martinetto 5 aprile 1944:“Sono tranquillo perché ho la coscienza pulita. Ho lottato senza tregua per la Grande e Santa causa della liberazione dell’umanità oppressa”. Franco Balbis, ufficiale, fucilato anch’egli al Poligono del Martinetto scrive alla madre: “Mi hai allevato nella fede, nell’amore, nella rettitudine e nell’onestà. Ho imparato dal tuo esempio ad essere uomo. Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana”. Ascoltiamo anche le parole che Carlo Rosselli, scrive nel confino a Lipari: la conquista della libertà esige il “concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale”.
    Non sono queste parole di chi ha lottato davvero contro il fascismo la prova più eloquente dell’idea mazziniana che l’emancipazione si ottiene con il dovere e con la fede? La necessità del dovere ce l’ha del resto insegnata proprio Norberto Bobbio, il più lucido teorico dei diritti, pochi anni prima di lasciarci: “Se avessi ancora qualche anno di vita, che non avrò, sarei tentato di scrivere L'età dei doveri”. La libertà la possono conquistare uomini e donne che avevano una fede religiosa nel dovere. Ecco la lezione di Mazzini, nella sua semplicità, e quella sua lezione si è dimostrata vera nel Risorgimento e nella Resistenza. Due volte l’Italia ha saputo rinascere dall’oppressione, dalla corruzione e dalla menzogna, e tutt’e due le volte ha trovato sostegno e guida nella lezione di Mazzini.
    II
    La seconda, altrettanto preziosa, eredità ideale che Mazzini ci ha lasciato è la sua concezione della patria. Mazzini connette la patria all’umanità, e dà al concetto di patria un’interpretazione repubblicana e democratica che incorpora la giustizia sociale. La patria è la casa comune dove viviamo con persone che capiamo e che abbiamo care perchè le sentiamo simili e vicine. Ma è anche una casa accanto ad altre case di ugual pregio. Quando siamo nella nostra casa dobbiamo assolvere i nostri obblighi in quanto cittadini; quando siamo in casa di altri dobbiamo assolvere i doveri verso l'umanità. La difesa della libertà è l'obbligo supremo di ognuno, anche se viviamo in suolo straniero e anche se il popolo oppresso è un popolo straniero. Per Mazzini gli obblighi morali verso l'umanità vengono prima degli obblighi verso la patria. Prima di essere cittadini di una patria particolare, siamo esseri umani. Le barriere nazionali non possono essere invocate per giustificare la sordità morale. Le voci dei popoli che soffrono possono essere ascoltate ovunque. Per quanto grandi siano le differenze culturali, l'amore della libertà rende la traduzione possibile. Possiamo capire solo in parte la sofferenza degli altri popoli, ma questo non ci impedisce di partecipare alla loro lotta, se abbiamo a cuore la libertà. Nell’analisi di Mazzini la passione interviene a compensare le debolezze della ragione. Lo stesso amore che sostiene l'impegno per la libertà comune del nostro popolo sostiene anche l'impegno per difendere la dignità umana.
    A differenza dei teorici contemporanei, Mazzini insegna che non c'è alcun bisogno di rinunciare al patriottismo per sostenere la causa dell'umanità o di rinunciare al principio dell’umanità per essere buoni patrioti. Spiega invece che la causa dell'umanità può essere sostenuta in modo più efficace edificando prima di tutto la nostra patria. Il vero patriottismo esige il pieno rispetto delle nazioni sorelle e il coraggio di opporsi contro i padroni del mondo, chiunque essi siano. Solo i popoli che sanno sacrificarsi per l'umanità, sottolinea Mazzini, rendono la loro patria immortale. L'amore della patria, diversamente dalle altre passioni, deve procede dall'universale al particolare: “Adoro la mia patria perché adoro la Patria; la nostra libertà, perch’io credo nella Libertà; i nostri diritti, perché credo nel Diritto”.
    Per Mazzini il vero patriottismo è l’opposto del nazionalismo. Il valore della nazionalità degenera in meschino nazionalismo quando chi lo propugna trascura il principio che "la libertà d’un popolo non può vincere e durare se non nella fede che dichiara il diritto di tutti alla libertà”. Separato dalla libertà, il nazionalismo è null'altro che un'altra maschera del governo illegittimo e ingiusto, e come tale offende il principio della nazionalità che animava i patrioti europei del 1848. Il principio di nazionalità impone di affermare il diritto sulla forza e di lottare per la fratellanza fra i popoli. I veri patrioti amano la propria nazione, ma l'amano in un modo che li spinge a riconoscere come compatrioti chiunque creda nella libertà. A renderli simili e vicini è il modo in cui ciascuno di essi ama la propria patria; il loro attaccamento alla libertà trascende le barriere della cultura, e rende possibile il riconoscimento reciproco e l'unità di intenti.
    La nazione per Mazzini merita il nostro amore fin quando rimane uno strumento per il bene e il progresso dell'umanità. Le condizioni geografiche, la storia, la tradizione, il linguaggio, i costumi non sono sufficienti a rendere la nazione degna del nostro amore. Per Mazzini tutto questo deve essere illuminato da una luce morale superiore che viene dall'impegno per la giustizia e per la libertà di tutti. Se la nostra patria agisce male, essa perde di valore, e nè i luoghi, nè i costumi, nè il linguaggio possono compensare la perdita di valore morale. Non merita più il nostro affetto. Merita anzi di scomparire.
    Per i teorici del nazionalismo la nazione è un organismo composto di diverse parti ordinate gerarchicamente; per Mazzini è un'associazione democratica di individui liberi ed uguali: “La patria è una comunione di liberi e d’eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. […] La patria non è un aggregato, è una associazione. Non v’è dunque veramente patria senza un diritto uniforme. Non v’è patria dove l’uniformità di quel diritto è violata dall’esistenza di caste, di privilegi, d’ineguaglianze”.
    A differenza dei nazionalisti Mazzini dà al concetto di patria un significato democratico. Oppone la patria dei popoli alla patria dei re e sottolinea che in una vera patria tutti i cittadini devono avere uguali diritti politici. Egli include nel concetto di patria non solo l'uguaglianza politica, ma anche il diritto all'educazione e al lavoro. In questo modo seppe rinnovare il concetto repubblicano di patria che aveva le sue radici nell’antichità classica e nel repubblicanesimo moderno, e ci ha lasciato in eredità un’idea di patria moralmente e politicamente più convincente rispetto a quelle in voga nella riflessione contemporanea. Una vera patria non può avere stranieri entro i propri confini. Deve garantire a tutti e a ciascuno la dignità che viene dai diritti di cittadinanza e il rispetto e l'autorispetto che solo il lavoro e l'educazione assicurano: “La patria non è un territorio; il territorio non ne è che la base. La patria è l’idea che sorge su quello; è il pensiero d’amore, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Finché uno solo tra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionale – finché un solo vegeta ineducato fra gli educati – finché un solo, capace e voglioso di lavoro, langue per mancanza di lavoro, nella miseria – voi non avrete la patria come dovreste averla, la patria di tutti, la patria per tutti. Il voto, l’educazione, il lavoro sono le tre colonne fondamentali della nazione; non abbiate posa finché non siano per opera vostra solidamente innalzate”. Solo dei cittadini possono esigere la giustizia sociale. Gli oppressi, i poveri, gli sfruttati non riescono a farsi ascoltare, se non possono parlare come cittadini, se non possono appellarsi alla comune appartenenza alla patria. Per questo anche le classi lavoratrici devono partecipare alla costruzione della repubblica. E' loro dovere come lo è di tutti gli altri.
    Questa è stata l’idea di patria che gli italiani riscoprirono quando cadde il fascismo. Ce ha dato una testimonianza indimenticabile Piero Calamandrei: “Su quelle rovine ancora fumanti finalmente si levava il sole. Gli uomini sparuti e sfigurati dalla fame, dalle veglie e dalle ferite, si raddrizzavano, rialzavano la fronte, tornavano a guardare in alto, verso il cielo: si riconoscevano, si sorridevano, si riabbracciavano. Era ritrovata, nella libertà, la patria comune; la parola patria, finalmente tornava ad avere un senso umano e fraterno”.
    Era un’idea di patria che ripudiava la menzogna della patria fascista incarnata nel capo infallibile che si afferma nella guerra e con la guerra contro gli altri popoli. Era la patria degli uomini liberi che guarda all’Europa come suo naturale completamento e perfezione. È stata l’idea mazziniana di patria che ha aiutato gli Italiani a rinascere a ritrovare se stessi ritrovando le radici ideali della propria storia, ed è stata questa idea di patria che ha ispirato la nostra Costituzione. Aveva perfettamente ragione Adolfo Omodeo quando alla radio, da Napoli, il 12 gennaio del 1944 disse che nella rovina si ripresentò agli Italiani il”volto autero e pensoso di Giuseppe Mazzini” e risorse spontanea negli animi la parola di lui che chiedeva “un ritorno degli spiriti alla più profonda loro radice, per ritrovarvi l’impulso, la fede ostinata e combattiva, l’accanimento “per la redenzione dell’Italia e per la creazione del popolo nuovo”.
    III
    La verità e l’emancipazione della coscienza
    L’ultima, ma forse avrei dovuto citarla per prima, lezione di Mazzini che devo mettere in rilievo è la sua convinzione che la vera emancipazione politica e sociale di un popolo e delle classi povere esige l’emancipazione delle coscienze, esige uomini e donne con una profonda e forte vita interiore che sanno liberarsi dalla menzogna e dalla banalità. È una lezione che vale ancora per tutti i popoli e tutti gli individui che vogliono vivere liberi, e vale soprattutto per l’Italia di oggi.
    La lettera a Crispi del 1864 è un documento che basta da solo a dimostrare l’attualità di Mazzini: “Il vero! L’Italia nascente non chiede se non quello, non può vivere senza quello. L’Italia nascente cerca in oggi il proprio fine, la norma della propria vita nell’avvenire, un criterio morale, un metodo di scelta fra il bene e il male, tra la verità e l’errore, senza il quale non può esistere per essa responsabilità, quindi non libertà. Secoli di schiavitù, secoli di egoismo, unica base all’esistenza dello schiavo; secoli di corruzione, lentamente e dottamente instillata da un cattolicesimo senza coscienza di missione, hanno guasto, pervertito, cancellato quasi l’istinto delle grandi e sante cose, che Dio pose in essa […]L’Italia nascente ha bisogno di fortificarsi acquistando conoscenza dei propri doveri, della propria forza, della virtù scossa dal sagrificio, della certezza di trionfo che è nella logica: e voi le date una teorica d’interessi, d’opportunità, di finzioni; un machiavellismo male inteso e rifatto da allievi ai quali Machiavelli, redivivo, direbbe: io aveva innanzi la sepoltura; voi, stolti, la culla d’un popolo. L’Italia nascente ha bisogno d’uomini che incarnino in sé quel vero nel quale essa deve immedesimarsi; che lo predichino ad alta voce, lo rappresentino negli atti, lo confessino, checché avvenga, fino alla tomba […]. Senza uomini siffatti, conclude Mazzini e le sue parole sono una profezia che purtroppo si è avverata, l’Italia cadrà sotto il giogo del primo padrone straniero e domestico, che vorrà inforcarla di tirannide, una Italia fiacca, irresoluta, sfiduciata di se stessa e d’altrui, senza stimolo di onore e di gloria, senza religione di verità e senza coraggio per tradurla in opera”.
    Ancora una volta il legame ideale fra questo concetto di Mazzini e la Liberazione si impone da sé. Basta leggere le parole di Rosselli: “Il problema italiano, scrive Rosselli in Socialismo liberale, è essenzialmente problema di libertà. Ma problema di libertà nel suo significato integrale: cioè di autonomia spirituale, di emancipazione della coscienza, nella sfera individuale; e di organizzazione della libertà nella sfera sociale, cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi. Senza uomini liberi, nessuna possibilità di Stato libero. Senza coscienze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione di classi. Il circolo non è vizioso. La libertà comincia con l’educazione dell’uomo e si conchiude col trionfo di uno Stato di liberi, in parità di diritti e di doveri, in uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite della libertà di tutti”. Rosselli indica nei governi paternalistici, nella miseria e nell’”educazione cattolica” le cause della corruzione morale degli italiani e trae da Mazzini l’esigenza del rinnovamento morale quale premessa indispensabile della libertà. “Ora è triste cosa a dirsi, scrive, ma non per questo meno vera, che in Italia l’educazione dell’uomo, la formazione della cellula morale base – l’individuo -, è ancora in gran parte da fare. Difetta nei piú, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell’autonomia e della responsabilità. Un servaggio di secoli fa sí che l’italiano medio oscilli oggi ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica”.
    Le dottrine di emancipazione sociale e politica che si fondavano sugli interessi e sulla forza hanno realizzato i mostri del totalitarismo. Ma l’idea dell’emancipazione degli uomini come conquista faticosa della libertà interiore e del dovere, premessa necessaria di ogni vera emancipazione sociale e politica, non è affatto morta. Questa idea deve tornare ad ispirare la politica democratica. L’Italia ha bisogno oggi come non mai di una politica ispirata dalla verità, dal dovere e dall’ideale della patria. E per realizzare questa politica abbiamo ancora bisogno di Mazzini, non il Mazzini apostolo lontano del Risorgimento, ma il Mazzini maestro vicino dell’emancipazione dalla mentalità da servi. Abbiamo ancora bisogno del suo insegnamento per non essere spettatori del declino della Repubblica ma artefici della sua rinascita.
    re

  9. #19
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    Predefinito Bicentenario Mazzini

    INFORMAZIONI PER LA STAMPA
    Comune di Brugherio



    Sabato 25 giugno 2005, ore 17, presso la Sala Giunta comunale,
    piazza C. Battisti 1 Brugherio


    Attualità di Giuseppe Mazzini
    a duecento anni dalla sua nascita




    Quest'anno ricorre il bicentenario della nascita di un grande precursore del repubblicanesimo: Giuseppe Mazzini (1805 - 2005).

    Nell’ambito delle celebrazioni del 2 giugno, Festa della Repubblica, cogliendo l’invito del Ministero dell’Interno su indicazione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l’Amministrazione comunale in collaborazione con la sezione locale dell’ANPI promuove un incontro-dibattito pubblico per sabato 25 giugno 2005, ore 17, presso la Sala Giunta comunale.

    Interverrà Maurizio Viroli, professore di Teoria politica all’Università di Princeton e Presidente dell’Associazione Nazionale Mazziniana.

    La ricorrenza assume un fondamentale rilievo nella vita del Paese sia sotto il profilo dell’adesione ai valori democratici della Repubblica Italiana, sia sotto il profilo dell’appartenenza alla più ampia comunità di popoli dell’Unione Europea.

    Mazzini, lo ricordiamo, non fu solamente il sostenitore dell'Unità Italiana in un'epoca in cui era ritenuta un'utopia, ma anche l'ispiratore delle prime Società Cooperative e di Mutuo Soccorso, un associazionismo che partiva dal basso per volontà dei singoli individui.

    “Di Giuseppe Mazzini, figura di grande valore politico e morale, ci resta oggi non solo la passione per la giustizia e la trasparenza nella gestione del bene pubblico ma anche il messaggio originale ed umanitario di fratellanza universale e di crescita civile degli individui. Giuseppe Mazzini ci dà l’occasione per discutere sul Risorgimento, periodo storico di notevole importanza ed attualità come primo passo verso la costruzione di una identità nazionale”.


    Brugherio, 15 giugno 2005
    Ciceruacchio

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    CIAMPI: MAZZINI RIFERIMENTO PATRIOTTISMO EUROPEO DEGLI ITALIANI - "Testimone di unità e di fratellanza tra le Nazioni europee"- Giuseppe Mazzini "può e deve diventare punto di riferimento per il nuovo patriottismo europeo di tutti gli italiani". E' quanto afferma il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in un messaggio inviato al sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, in occasione dell'inaugurazione del restaurato Museo del Risorgimento aperto nel giorno del duecentesimo anniversario della nascita di Giuseppe Mazzini. "Mazzini, con il suo pensiero e con la sua azione, è stato fra i protagonisti del nostro Risorgimento quello che ha più contribuito a restituire l'Italia agli italiani, affermando un nesso inscindibile fra i valori dell'unità e dell'indipendenza a quelli della democrazia repubblicana", scrive il Capo dello Stato. Mazzini - dice Ciampi - "è stato testimone autentico e appassionato della fratellanza fra le Nazioni Europee". "La sua idea di Patria - supera i limiti angusti dei nazionalismi per guardare all'Europa come federazione di popoli, uniti dalla fede comune nei valori di libertà e di uguaglianza". - 22/06/2005 - 10:23
    Ciceruacchio

 

 
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