Il caso Sgarbi
DI MASSIMO FINI
È sempre penoso, imbarazzante e quasi raccapricciante vedere un uomo che si umilia oltre ogni limite, calpestando per intero la propria dignità, se mai ne ha avuta una, pur di mantenere il posto al sole e i privilegi di cui ha immeritatamente goduto. È quanto ha fatto l'onorevole Vittorio Sgarbi con una lettera aperta al Corriere della Sera (4/9) indirizzata ai massimi esponenti della sinistra ("Caro Prodi, caro Fassino, caro Rutelli... oggi chiedo ospitalità a voi").
A questi leader della sinistra Sgarbi scrive: "consentitemi di non identificarmi con Berlusconi". Ma come? Per anni costui, sulla Rete ammiraglia della Fininvest, Canale 5, nell'ora di punta, ha condotto, per conto e in nome del suo padrone, una devastante campagna di delegittimazione della Magistratura definendo "assassini" i Pubblici ministeri e i giudici che applicavano le leggi dello Stato italiano emanate dal Parlamento italiano e aggredendo come "giustizialista e forcaiolo" chiunque osasse chiamare al rispetto della legge anche "lorsignori", mentre non ha mai speso una parola per i poveracci impigliati nelle lentezze della giustizia italiana.
Scrive di aver vissuto "l'orrore degli anni in cui i migliori venivano messi alla gogna, non con le parole ma con le inchieste giudiziarie, che mortificavano, umiliavano, cancellavano la persona".Non so se possano essere considerati "migliori" coloro che taglieggiavano, col metodo della tangente e del "pizzo", che è il metodo della mafia, chi voleva ottenere un appalto e che derubavano, direttamente o indirettamente, il popolo italiano. Ma la differenza sostanziale è che le inchieste giudiziarie sono un dovere istituzionale, le parole no. E se c'è uno che in quegli anni ha usato la gogna mediatica contro chiunque non la pensasse come lui, indicandolo al pubblico ludibrio, e forse peggio, con tanto di fotografia segnaletica (wanted), costui è proprio Vittorio Sgarbi.
Adesso l'ex deputato di Forza Italia chiede ai leader della sinistra di "non escludere la mia sensibilità per l'individuo e le sue libertà". Vittorio Sgarbi ha avuto sensibilità per la libertà di un solo individuo: la sua. Quest'uomo che per anni, protetto dall'immunità parlamentare e dal potere berlusconiano, ha insultato, ingiuriato, diffamato tutti, non solo personaggi di rilievo ma anche cittadini inermi (una professoressa, una certa Puppi, che aveva scritto "stà" con l'accento, come si usava peraltro nell'Ottocento, doveva essere, secondo il delicato e coprolalico linguaggio dell'onorevole, "Cacciata dall'Università a calci nel sedere. Calci! Nel sedere! Sedere! Calci!") arrivando alle volgarità più basse, vili, razziste (basta pensare, ma è solo un esempio, a quanto disse di Rosy Bindi, colpevole di non essere avvenente), una volta che a Napoli, nel febbraio del 1995, un automobilista si permise di rivolgergli un modestissimo "Si vergogni!", radunò gli uomini della sua scorta (pagati dallo Stato e quindi da noi contribuenti) e lo fece inseguire a sirene spiegate per tutta la città da due macchine dei carabinieri che, con le palette rosse regolamentari, alla fine fermarono l'incauto, lo costrinsero a scendere dalla macchina e lo circondarono. Questa è la sensibilità che l'onorevole Sgarbi ha per le libertà dell'individuo e per l'individuo stesso quando non si tratta di lui. Costui, che se la dà da libertino e tuona contro i moralisti, è lo stesso che accusa il ministro Giuliano Urbani di avere una relazione con un'attrice.
Adesso ha la spudoratezza di fare anche la vittima. "Sono stato un disperato e deluso alleato del centrodestra".
Dal centrodestra Sgarbi ha avuto tutto: un seggio parlamentare che mai avrebbe conquistato con le sue forze (nei testa a testa maggioritari è stato sempre trombato), una visibilità televisiva straordinaria e i conseguenti quattrini onori e prebende. E ora attacca, ingenerosamente, proprio il centrodestra: "Quell'area politica, per la sua stessa inconsistenza, oggi si è dissolta. E il centrodestra è un non-luogo diviso fra confusione e contraddizioni. La politica nei prossimi anni sarà tutta nel centrosinistra". Ma, guarda caso, l'onorevole Sgarbi si è accorto che il centrodestra è "incosistente", è "un non luogo", è zeppo di confusione e di contraddizioni solo da quando è diventato evidente che perderà le prossime elezioni politiche. È stato il primo topo a scappare dalla nave che affonda.Io, che negli anni Ottanta condussi una solitaria battaglia contro la partitocrazia e che nel 1992-94, all'epoca in cui la partitocrazia sembrava finalmente sconfitta grazie alle inchieste della Magistratura e all'avvento della Lega, che appoggiai sull'Indipendente, potevo starmene comodamente assiso sul carro dei vincitori, ne sono sceso. Sgarbi, senza alcun merito, vi è invece salito e adesso pretende di saltare su quello opposto perché, pietisce miserabilmente ai leader della sinistra, "non vorrei fare mancare nella prossima legislatura il mio anelito".
Vittorio Sgarbi, in sè, non è un problema, non conta nulla e non vale nulla. A cinquant'anni suonati è doveroso fare dei bilanci. Ha passato la sua vita a seminare insulti senza costruire niente, nella sua professione, che sarebbe quella di critico d'arte, non ha espresso nulla di significativo tranne un conservatorismo ottuso di cui sarebbe capace anche "la mi zia". Sgarbi conta come simbolo. Se il centrosinistra lo accetterà nelle sue file allora vorrà dire che in politica è davvero lecito tutto e che le oligarchie politiche sono disposte a calpestare ogni cosa, dignità, lealtà, onore e il senso stesso della politica, in nome della propria autoconservazione. Una ragione in più per muover loro, fuori ma anche dentro le Istituzioni repubblicane, una battaglia senza quartiere.
Massimo Fini
Fonte:www.ilgazzettino.it
6.09.05