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    Predefinito Le difficoltà di Abu Mazen e il "fantasma" di Arafat

    A pagina 10 di La Stampa del 2005-09-09, Fiamma Nirenstein firma un articolo dal titolo «Abu Mazen non andrà a New York. Ritorna il giallo sulla morte di Arafat»

    LA STAMPA di venerdì 9 settembre 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein che riportiamo:

    Abu Mazen ne aveva già abbastanza della dura realtà dell’Autonomia Palestinese per dovere affrontare adesso anche una paurosa lotta contro i fantasmi. E invece è proprio così: nell’alba del post disimpegno da Gaza, alla vigilia di un viaggio negli Stati Uniti che ormai non si terrà più, mentre Hamas fa di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote col terrorismo e il mondo lo chiama a prendere in pugno una situazione di caos troppo a lungo negletta, lo spettro di Arafat gli si è ripresentato dai quattri punti cardinali con risultati a dir poco molto preoccupanti. Tant’è vero che, come accennavamo, il presidente palestinese ha sentito il bisogno di cancellare il già pianificato viaggio a New York, dove doveva partecipare ai lavori dell'Assemblea Generale dell'Onu: da una parte lo richiede la durissima situazione di ordine pubblico successiva all’assassinio del cugino di Arafat ex capo dei servizi segreti, il 66enne Moussa Arafat (il cui figlio era stato rapito ed è stato rilasciato ieri); dall’altra sembra di capire da confidenze raccolte a Ramallah, che Abu Mazen non desideri spendere le sue carte e invocare sostegno per la causa palestinese in un momento in cui l’anarchia pare averlo sovrastato e potrebbe addirittura metterlo in pericolo. «Certo - dice da Gaza il ministro Sofian Abu Zaide - chi ha ammazzato Moussa Arafat non ha fatto un buon servizio all’Autonomia: è un danno alla nostra immagine, al tentativo di portare un po’ di calma a questo tormentato popolo, un danno alla leadership che cerca di affrontare il passaggio di Gaza nelle nostre mani con la speranza di un futuro di ordine e di pace».
    Abu Mazen è certo la persona più danneggiata dall’evento, perché esso getta discredito sulle sue intenzioni di mantenere l’ordine e impedire l’uso delle armi se non da parte della forza pubblica: è molto scoraggiante che a Gaza una milizia autonoma come il Comitato di Resistenza Popolare, ex fazione del Fatah, riesca a far fuori in piena città uno degli uomini più potenti della nomenclatura palestinese con il probabile concorso o nell’indifferenza di tutti quelli che lo odiavano (fra questi Hamas, ma anche Mahmoud Dahlan). Oltretutto, il fantasma di Arafat, che Abu Mazen aveva sempre tenuto a bada evitando celebrazioni, monumenti, commemorazioni che riportassero indietro l’Autonomia, si ripresenta anche con una clamorosa descrizione dei documenti medici in cui si cerca di nuovo, in realtà senza molto successo, di individuare la causa della sua morte. E rispunta il tema certo non piacevole per i palestinesi, della possibilità dell’Aids. Sia il quotidiano Haaretz (che anticipa la ristampa corretta di un libro sull’Intifada di Amos Harel e Avi Isacharoff, «The seventh war» in cui si pubblicano per la prima volta i risultati della commissione medica dell’ospedale parigino in cui è morto Arafat) che il New York Times menzionano oltre all’ipotesi di una massiccia infezione, anche l’Aids. Mentre il New York Times esclude la possibilità dell’avvelenamento, Ha’aretz la lascia in campo, ma cita (sollevando la furia palestinese fino addirittura a una dichiarazione del primo ministro Abu Ala) il parere del medico di Arafat, Ashraf al Kurdi: «So che i dottori francesi hanno trovato il virus dell’Aids nel sangue del Raiss».
    Per al Kurdi, tuttavia, il virus era stato inserito nel sangue del Raiss per coprire le tracce di un veleno. Attaccati nell’immagine e assediati dal caos, mentre l’esercito israeliano sta per uscire da Gaza il prossimo lunedì e si profila il rischio di una marea di giovani che, in gran parte guidata da Hamas, invade in massa le ex colonie ebraiche, solo un gesto di ordine, come l’arresto dei colpevoli dell’assassinio di Moussa Arafat e la raccolta delle armi illegali potrebbe restituire statura e forza a Abu Mazen. Siamo a un nodo inevitabile, e lui, immerso in mille riunioni a Gaza e in Cisgiordania, pondera un quesito degno di Machiavelli: conviene ancora cercare un accordo con le milizie armate che cercano in realtà di strappargli il potere, o occorre decidersi a combattere?

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  2. #2
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    A Gaza è iniziata una guerra di mafia che rischia di innescare una guerra
    civile

    è questa la chiave di lettura che spiega l’assassinio di Moussa Arafat, cugino dell’ex rais Arafat, a Gaza. Le modalità dell’esecuzione sono inequivocabili: cento armati assediano per un ora l’abitazione di Moussa, difesa dalla sua guardia del corpo. Venti le vetture del commando, decine i
    razzi Rpg e i mitra che sparano a tutto spiano. Il tutto a soli trecento metri dalla sede del quartiere generale dell’Autorità nazionale palestinese, ma nessun dirigente dell’Anp muove un dito. Sbaragliata la guardia personale, gli assalitori catturano vivo Moussa Arafat, lo portano in strada e lo trucidano: 23 proiettili in corpo. Altri rapiscono il figlio Manhal “per interrogarlo”. Ancora nessuna reazione dal quartier generale dell’Anp. Nessuno insegue gli assassini che si allontanano indisturbati. Passano poche ore e Maher al Fares, responsabile dell’intelligence in Cisgiordania, chiede in una conferenza stampa
    le dimissioni del ministro dell’Interno, Naser Yousef, responsabile politico dell’“inspiegabile” assenza di reazione delle forze regolari palestinesi. Poche altre ore e Abu Mazen annulla il suo viaggio a New York per partecipare alla sua prima Assemblea generale delle Nazioni Unite in veste di presidente dell’Anp. Dopo il dramma, la farsa: l’assassinio viene rivendicato dai Comitati di resistenza palestinesi, le brigate al Nasser Salah el- Dein. Passate poche ore, però, gli stessi “Comitati” distribuiscono a Gaza un volantino in cui sostengono che il loro portavoce “si è precipitato a rivendicare l’azione contro
    il cugino di Yasser Arafat, senza conoscere la verità”, e negano ogni genere di
    coinvolgimento. Il punto politico inquietante è che Moussa Arafat faceva ormai parte della “mafia perdente” di Gaza, perché aveva perso ogni potere sul campo, da quando Abu Mazen l’aveva emarginato, dando pienamente ragione a un movimento popolare contro di lui che – quando ancora era vivo Yasser Arafat – ha sconvolto Gaza per un anno. E’ una lunga faida: il 17 marzo 2004 un palestinese
    viene ucciso durante uno scontro tra la milizia di Moussa Arafat e la “cellula
    Ezzedin al Qassam” di Hamas. Il 17 giugno 2004 un altro morto durante uno scontro tra la guardia di Moussa Arafat e gli agenti delle forze della “sicurezza nazionale” del colonnello Saeb al Ajes. Il 18 luglio 2004 il
    premier palestinese, Abu Ala, si dimette dall’incarico dopo una giornata di violenze a Gaza: tremila palestinesi avevano infatti manifestato a Gaza City contro la nomina di Moussa Arafat a responsabile della sicurezza. Le Brigate al Aqsa, di al Fatah, avevano poi motivato politicamente la protesta: “Annunciamo il nostro rifiuto totale della nomina di un simbolo della corruzione, Moussa Arafat, quale direttore della Sicurezza generale. Questa nomina apre la strada a conseguenze pericolose”. Nuova manifestazione di migliaia di palestinesi a Gaza il 22 luglio. Sempre contro la nomina di Moussa Arafat, il 24 luglio, un gruppo di armati di al Fatah occupa, mitra alla mano, il municipio di Khan Younis. Yasser Arafat, a questo punto, ritira il cugino, ma lo mantiene a capo della “sicurezza militare”, mentre alcuni giornalisti palestinesi sono minacciati di morte per avere pubblicato notizie sulle contestazioni nei suoi riguardi. Il 16 settembre è rapito a Gaza – e poi rilasciato – il generale Mohammed al Batraci, braccio destro di Moussa Arafat. Il 12 ottobre una bomba
    esplode a Gaza al passaggio della vettura di Moussa Arafat. Il 18 ottobre ancora un morto nello scontro tra la milizia di Moussa e gli agenti dei Servizi di sicurezza preventiva di Rachid Abu Shbak. Il 14 novembre 2004, morto Yasser Arafat, Abu Mazen si reca per il suo primo “viaggio trionfale” a Gaza: è accolto a raffiche di mitra, sei i morti sul terreno. Un intervento dell’Ue
    Molti sussurrano – riportano le agenzie internazionali – che Moussa Arafat sia il mandante “dell’avvertimento mafioso”. Abu Mazen è illeso, ma il 23 aprile destituisce Moussa da ogni incarico operativo e lo relega a “consigliere”. La carriera politica del cugino del rais si era dunque conclusa da mesi con la sua piena emarginazione dal potere. La logica del suo assassinio non va allora
    ricercata nei conflitti politici tra i partiti palestinesi: è tutta interna ai traffici di stampo mafioso che a lui facevano capo (compresa, pare, la fornitura di cemento a Israele per la costruzione del Muro). Marco Minniti dei Ds, che ebbe la delega sui servizi segreti nel governo D’Alema, pochi giorni fa ha dichiarato che, nel caso fallisse il processo di ricomposizione politica delle tensioni interpalestinesi a Gaza affidato alle elezioni politiche e nel caso si accendesse uno scontro armato, la stessa Unione europea dovrebbe intervenire, anche con un contingente militare. Questo scenario pare già delinearsi, con una variante scabrosa: l’innesco del confronto militare “politico”, determinato però da logiche interne a cosche di vera e propria mafia palestinese, che sono sorte dal 1993 ad oggi – spartendosi i generosi finanziamenti europei e arabi – di cui un primo episodio è stata la vicenda dei milioni di dollari con cui è stata tacitata Suha, la vedova di Yasser Arafat

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  3. #3
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    Predefinito Re: Le difficoltà di Abu Mazen e il "fantasma" di Arafat

    Originally posted by Samuel
    A pagina 10 di La Stampa del 2005-09-09, Fiamma Nirenstein firma un articolo dal titolo «Abu Mazen non andrà a New York. Ritorna il giallo sulla morte di Arafat»

    LA STAMPA di venerdì 9 settembre 2005 pubblica un articolo di Fiamma Nirenstein che riportiamo:
    Ennesimo copia incolla da informazionesionistacorretta.com

    Vabbè...

    Fiamma dovrebbe ricordarsi una cosa: quando Arafat era libero di agire, senza che Israele gli ammazzasse i poliziotti, senza che Israele finanziasse Hamas, o i fratelli mussulmani autori dell'omicidio di Sadat che dir si voglia, queste cose non succedevano.

    Ed era ovvio, un popolo unito con una guida riconosciuta, segue quella guida.

    Del resto parliamo di chi ammazza un paralitico in sedia a rotelle, che fa politica con l'omicidio a ogni livello.

  4. #4
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    Originally posted by Samuel
    A Gaza è iniziata una guerra di mafia che rischia di innescare una guerra
    civile

    è questa la chiave di lettura che spiega l’assassinio di Moussa Arafat, cugino dell’ex rais Arafat, a Gaza. Le modalità dell’esecuzione sono inequivocabili: cento armati assediano per un ora l’abitazione di Moussa, difesa dalla sua guardia del corpo. Venti le vetture del commando, decine i
    razzi Rpg e i mitra che sparano a tutto spiano. Il tutto a soli trecento metri dalla sede del quartiere generale dell’Autorità nazionale palestinese, ma nessun dirigente dell’Anp muove un dito.
    Forse perchè, persona poco intelligente, l'Anp non dispone di simili armamenti, mentre Hamas si.

    Chiediti il perchè. CHIEDITI PERCHÈ L'IDF, LÌ PRESENTE, NON È INTERVENUTA.

    SECONDO L'INTELLIGENTISSIMO SAMUEL, DOVEVA INTERVENIRE GENTE IN GIACCA E CRAVATTA, LOGICO NO?

    Siete la tristezza del mondo, copiaincollisti che avete rinunciato a pensare.

 

 

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