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  1. #11
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  2. #12
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    Tra la verità e l'errore non c'è nessuna via di mezzo, tra questi due poli opposti non c'è che un immenso vuoto. Colui che si pone in questo vuoto è altrettanto lontano dalla verità di colui che è nell'errore (J. Donoso Cortes)
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    Riguardo alla Messa dell'indulto dell'oratorio di S. RIcco a Milano, per esperienza diretta posso testimoniare che non vi sono introduzioni non conformi al Messale del 1962 tranne che l'uso della voce alta in tutta la Messa (Canone escluso) come previsto dal'Indulto papale.
    Infatti non tutti sanno che la vera Messa di S. Pio V è interamente da recitarsi "submissa voce" dall'introito alla fine.

  3. #13
    Dal 2004 con amore
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  4. #14
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Il pensiero del Papa Benedetto XVI, secondo il cardinal Ratzinger (Parte I)

    Incontro con alcuni giornalisti dell’agenzia ZENIT

    MURCIA, giovedì, 28 aprile 2005 (ZENIT.org).- L’annuncio di Cristo e del suo Vangelo in un mondo relativista è per il nuovo Papa Benedetto XVI una delle sfide principali della Chiesa.

    Lo ha spiegato il cardinal Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, in un incontro con i giornalisti – tra i quali erano presenti alcuni giornalisti di ZENIT – il 30 novembre 2002 presso l’Università Cattolica San Antonio di Murcia, in occasione della sua partecipazione al Congresso Internazionale di Cristologia.

    Proponiamo questa lunga intervista in cui si riflettono alcuni dei tratti caratteristici di colui che è considerato uno dei maggiori teologi contemporanei.

    Alcuni interpretano spesso il fatto di annunciare Cristo come una rottura nel dialogo con le altre religioni. Com’è possibile annunciare Cristo e dialogare allo stesso tempo?

    Cardinal Ratzinger: Direi che oggi si assiste ad un vero dominio del relativismo. Chi non è relativista sembra quasi un intollerante. Pensare che si possa comprendere la verità essenziale è già considerato qualcosa di intollerante, ma in realtà è questa esclusione della verità a costituire una manifestazione di intolleranza molto grave e a ridurre gli aspetti essenziali della vita umana al soggettivismo. In questo modo non avremo più una visione comune su questi aspetti fondamentali. Ognuno potrebbe e dovrebbe decidere come può. Perdiamo così i fondamenti etici della nostra vita comune.

    Cristo è completamente diverso da tutti i fondatori delle altre religioni e non può essere ridotto ad un Buddha, o a un Socrate, o a un Confucio. E’ davvero il ponte tra cielo e terra, la luce della verità che ci è apparsa. Il dono di conoscere Gesù non significa che non ci siano frammenti importanti di verità in altre religioni. Alla luce di Cristo, possiamo instaurare un dialogo fecondo con un punto di riferimento in cui possiamo vedere come tutti questi frammenti di verità contribuiscano ad un approfondimento della nostra fede e ad un’autentica comunione spirituale dell’umanità.

    Cosa direbbe ad un giovane teologo? Quali aspetti della cristologia gli consiglierebbe di studiare?

    Cardinal Ratzinger: E’ importante, in primo luogo, conoscere le Sacre Scritture, la testimonianza viva dei Vangeli, sia di quelli sinottici che del Vangelo di San Giovanni, per ascoltare la voce autentica. In secondo luogo, sono molto importanti i grandi Concili, soprattutto il Concilio di Calcedonia, così come quelli successivi che hanno spiegato il significato della formula relativa a Cristo vero Dio e vero uomo. La novità del fatto che sia davvero Figlio di Dio e davvero uomo non è un’apparenza; al contrario, unisce Dio all’uomo.

    In terzo luogo, gli suggerisco di approfondire il mistero pasquale: conoscere questo mistero della sofferenza e della resurrezione del Signore e quindi cos’è la Redenzione, il fatto completamente nuovo che Dio, nella persona di Gesù, soffra, porti le nostre sofferenze, condivida la nostra vita, e in questo modo apra la strada all’autentica vita della Resurrezione.

    Si tratta di tutto il problema della liberazione della vita umana, che oggi è compresa nel mistero pasquale, da un lato si riferisce alla vita concreta della nostra epoca, dall’altro è rappresentato nella liturgia. Mi sembra fondamentale proprio questo nesso tra liturgia e vita, entrambe basate sul mistero pasquale.

    Cos’ha imparato il cardinal Ratzinger che il teologo Ratzinger non sapesse già?

    Cardinal Ratzinger: La base della mia fede in Cristo ha continuato ad essere sempre la stessa: conoscere quest’uomo che è Dio e mi conosce, e che – come dice San Paolo – ha dato se stesso per me. E’ presente per aiutarmi e guidarmi. Questa base non è mai cambiata.

    Nella mia vita ho letto i Padri della Chiesa, i grandi teologi, la teologia attuale. Quando ero giovane prevaleva in Germania la teologia di Bultmann, la teologia esistenzialista; poi è diventata più determinante la teologia di Moltmann, teologia di influenza marxista, per così dire. Direi che attualmente il dialogo con le altre religioni è l’elemento più importante: capire da un lato come Cristo sia unico e dall’altro come risponda a tutti gli altri, che sono precursori di Cristo e che sono in dialogo con Cristo.

    Cosa deve fare un’Università cattolica, portatrice della verità di Cristo, per rendere presente la missione evangelizzatrice del cristianesimo?

    Cardinal Ratzinger: E’ importante che in un’Università cattolica non si riceva soltanto la preparazione ad una certa professione. Un’Università è qualcosa di più di una scuola professionale, nella quale si imparano la fisica, la sociologia, la chimica… Una buona formazione professionale è molto importante, ma se ci fosse solo questa non si avrebbe altro che una serie di scuole professionali diverse.

    Un’Università deve avere come base la costruzione di un’interpretazione valida dell’esistenza umana. Alla luce di questo fondamento possiamo vedere il posto che occupa ogni scienza, così come la nostra fede cristiana, che deve essere presente ad un alto livello intellettuale.

    Per questo motivo, nella scuola cattolica ci deve essere una formazione fondamentale nelle questioni della fede e soprattutto un dialogo interdisciplinare tra professori e studenti perché possano comprendere insieme la missione di un intellettuale cattolico nel nostro mondo.

    Di fronte all’attuale ricerca di spiritualità, molta gente ricorre alla meditazione trascendentale. Che differenza c’è tra la meditazione trascendentale e la meditazione cristiana?

    Cardinal Ratzinger: In poche parole, direi che l’essenza della meditazione trascendentale è che l’uomo si espropria del proprio io, si unisce all’essenza universale del mondo; rimane, quindi, un po’ spersonalizzato.

    Nella meditazione cristiana, al contrario, non perdo la mia personalità, entro in una relazione personale con la persona di Cristo, entro in relazione con il “Tu” di Cristo, e in questo modo questo “io” non si perde, mantiene la sua identità e la responsabilità. Allo stesso tempo si apre, entra in un’unità più profonda, che è l’unità dell’amore che non distrugge.

    Direi, pertanto, semplificando un po’, che la meditazione trascendentale è impersonale, e in questo senso “spersonalizzante”, mentre la meditazione cristiana è “personalizzante” ed apre ad un’unità profonda che nasce dall’amore e non dalla dissoluzione dell’io.

    Lei è Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, quella che prima si chiamava Inquisizione. Molta gente non conosce i Dicasteri vaticani e crede che sia un luogo di condanna. In cosa consiste il suo lavoro?

    Cardinal Ratzinger: E’ difficile rispondere in poche parole. Abbiamo due sezioni principali: una disciplinare, l’altra di dottrina.

    Quella disciplinare deve occuparsi dei problemi relativi ai delitti commessi da sacerdoti, che purtroppo esistono nella Chiesa. Ora, come saprà, abbiamo il grande problema della pedofilia. In questo caso dobbiamo soprattutto aiutare i Vescovi a trovare le procedure adeguate e siamo una sorta di tribunale d’appello: se una persona si sente trattata ingiustamente dal Vescovo può ricorrere a noi.

    L’altra sezione, più conosciuta, riguarda la dottrina. In questo senso Paolo VI ha definito il nostro compito come quello di “promuovere” e “difendere” la fede. Promuovere, vale a dire aiutare il dialogo all’interno della famiglia dei teologi del mondo, seguirlo ed incoraggiare le correnti positive, così come aiutare le tendenze meno positive a conformarsi a quelle più positive.

    L’altra dimensione è quella di difesa: nel contesto del mondo odierno, con il suo relativismo, con un’opposizione profonda alla fede della Chiesa in molte parti del mondo, con l’ideologia agnostica, atea, eccetera, la perdita dell’identità della fede avviene con facilità. Dobbiamo aiutare a distinguere autentiche novità, autentici progressi, da altri passi che implicano una perdita di identità della fede.

    A questo scopo abbiamo a disposizione due strumenti molto importanti: la Commissione Teologica Internazionale, composta da 30 teologi proposti per cinque anni dai Vescovi, e la Commissione Biblica, formata da 30 esegeti anch’essi proposti dai Vescovi. Sono forum di discussione per i teologi per trovare, per così dire, un’intesa internazionale anche tra le varie scuole di teologia, così come un dialogo con il Magistero.

    Per noi la collaborazione con i Vescovi è fondamentale. Se è possibile, sono i Vescovi a dover risolvere i problemi. Spesso, però, si tratta di teologi che hanno fama internazionale e quindi il problema oltrepassa le possibilità di un Vescovo, motivo per il quale viene rimesso alla Congregazione. Qui promuoviamo il dialogo con questi teologi per giungere, se è possibile, ad una soluzione pacifica. Solo in pochissimi casi c’è una soluzione negativa.

    Quest’ultimo anno è stato difficile per i cattolici , a causa dello spazio che hanno avuto nei mezzi di comunicazione gli scandali attribuiti ai sacerdoti. Alcuni hanno parlato di campagna contro la Chiesa. Cosa ne pensa?

    Cardinal Ratzinger: Anche i sacerdoti sono peccatori, ma personalmente sono convinto del fatto che la presenza continua dei peccati dei sacerdoti cattolici sulla stampa, soprattutto negli Stati Uniti, sia una campagna costruita, perché la percentuale di questi delitti tra i sacerdoti non è più elevata che in altre categorie, se non più bassa.

    Negli Stati Uniti vediamo continuamente notizie su questi temi, ma meno dell’1% dei sacerdoti è colpevole di atti di questo tipo. La presenza continua di queste notizie non corrisponde all’obiettività dell’informazione, né all’obiettività statistica dei fatti. Si giunge, quindi, alla conclusione che sia voluta, manipolata, che si voglia screditare la Chiesa. E’ una conclusione del tutto logica e fondata.

    Si discute sul far comparire nel preambolo della futura Costituzione europea la parola “Dio” e i riferimenti al passato cristiano dell’Europa. Pensa che possa esistere un’Europa unita che volta le spalle al suo passato cristiano?

    Cardinal Ratzinger: Sono convinto del fatto che l’Europa non debba essere solo una realtà economica e politica, ma che abbia bisogno di basi spirituali. E’ un dato storico che l’Europa sia cristiana e che sia cresciuta sulla base della fede cristiana, che continua ad essere il fondamento dei valori del continente, che a sua volta ha influito su altri continenti.

    Mi sembra indispensabile avere una base di valori, e se ci chiediamo quale sia questa base ci rendiamo conto che non ce n’è altra al di là dei grandi valori della fede cristiana, al di sopra delle confessioni. Per questo credo che sia indispensabile il fatto che in questa Costituzione futura dell’Europa si parli delle basi cristiane del continente.

    Non vorrei cadere nell’errore di costruire un cattolicesimo politico. La fede non indica immediatamente ricette politiche, ma indica le basi. Da un lato la politica ha la sua autonomia; dall’altro, però, non c’è una separazione totale tra politica e fede. Esistono fondamenti della fede che creano poi uno spazio libero per la ragione politica. La domanda, quindi, è cos’è ciò che appartiene a queste basi perché la politica possa funzionare. Quali sono gli aspetti che devono essere lasciati liberi?

    In primo luogo è fondamentale avere una visione morale antropologica, e in questo la fede ci illumina. Per avere questa visione antropologica, che garantisce la libertà della ragione politica, è necessaria la persona di Dio? Sono convinto che una morale che non conosce Dio si frammenti, e quindi almeno la grande intuizione che ci sia un Dio che ci conosce e ci indica la figura dell’uomo, come immagine di Dio, appartenga a queste basi.

    Citare Dio, poi, non è un atto di violenza contro nessuno, non distrugge la libertà di nessuno, ma apre a tutti uno spazio libero per poter costruire una vita davvero umana, morale.

    Ci sono professori di seminario dei Paesi Baschi che arrivano a giustificare il terrorismo dell’ETA o non lo condannano fermamente. Sembra che ci siano dei legami tra questi sacerdoti e la teologia della liberazione. Si parla anche di una Chiesa locale basca. Quali decisioni si possono prendere contro questo fenomeno?

    Cardinal Ratzinger: In questo caso si applica semplicemente ciò che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha detto tra il 1984 (istruzione “Libertatis nuntius”) e il 1986 (istruzione “Libertatis conscientia”) sulla teologia della liberazione. Il cristianesimo è sicuramente legato alla libertà, ma la vera libertà non è una libertà politica.

    La politica ha la sua autonomia, com’è stato sottolineato soprattutto dal Concilio Vaticano II, e non deve essere costruita dalla fede in quanto tale, deve avere la sua razionalità. Dalle Sacre Scritture non si possono dedurre ricette politiche e ancor meno giustificazioni del terrorismo.

    Mi sembra che per quanto si riferisce a questo caso specifico sia già stato detto tutto nelle due istruzioni della nostra Congregazione sulla teologia della liberazione. La novità del messianesimo cristiano consiste nel fatto che Cristo non è immediatamente il Messia politico, che realizza la liberazione di Israele, come si sperava. Questo era il modello di Barabba, che voleva raggiungere immediatamente, anche con il terrorismo, la liberazione di Israele.

    Cristo ha creato un altro modello di liberazione, che si è realizzato nella comunione apostolica, e nella Chiesa per come si è costituita e conformata ed è testimoniata nel Nuovo Testamento. Come dicevo, comunque, è stato già detto tutto in quelle due istruzioni.

    [Segue la seconda parte su: Concilio Vaticano III, comunione ecclesiale, “Dominus Iesus”, scienza e fede]
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  5. #15
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Il pensiero del Papa Benedetto XVI, secondo il cardinal Ratzinger (Parte II)


    MURCIA, venerdì, 29 aprile 2005 (ZENIT.org).- In un incontro tenutosi nel 2002, presso l’Università Cattolica San Antonio di Murcia, il cardinal Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, aveva affrontato alcuni temi come la possibilità di un Concilio Vaticano III, la questione ecclesiologica sollevata dalla Dichiarazione “Dominus Iesus”, e lo stato attuale del dialogo fra scienza, morale e fede.

    La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 28 aprile 2005 . (ma in questo forum è il primo messaggio)

    E’ stato detto che è necessario convocare un nuovo Concilio Vaticano III, affinché la Chiesa possa adattarsi ai nuovi tempi. Lei che ne pensa?

    Cardinal Ratzinger: Innanzitutto, direi che si tratta di un problema pratico. Non abbiamo attuato in modo sufficiente l’eredità lasciataci dal Vaticano II; stiamo lavorando per assimilare e interpretare bene questa eredità, poiché i processi vitali richiedono del tempo.

    Una misura tecnica può essere applicata rapidamente, ma le cose della vita hanno dei percorsi molto più lunghi. È necessario del tempo perché un bosco possa crescere, è necessario del tempo perché un uomo possa crescere... In questo senso, i percorsi spirituali come quello dell’assimilazione del Concilio sono cammini della vita che hanno bisogno di una certa durata e che non possono essere percorsi da un giorno all’altro. Per questo credo che non sia ancora arrivato il momento di un nuovo Concilio.

    Questo tuttavia non è il problema primario, ma rappresenta comunque un problema pratico. Inoltre, nel Vaticano II avevamo duemila Vescovi ed era già immensamente difficile svolgere una riunione di dialogo; adesso avremmo quattromila Vescovi e credo che occorrerebbe inventare qualche tecnica nuova che consenta di svolgere il dialogo.

    Vorrei ricordare ciò che avvenne nel IV secolo, secolo di grandi Concili. Quando Gregorio Nazianzeno fu invitato a partecipare ad un nuovo Concilio, a soli dieci anni dalla conclusione di quello precedente, egli rispose: “No! Io non vado. Adesso dobbiamo continuare a lavorare su quell’altro. Abbiamo già tanti problemi. Perché volete convocarne subito un’altro?”. Credo che questa voce in qualche misura emotiva ci mostri che è necessario del tempo per assimilare un Concilio.

    Tra un grande Concilio e l’altro è necessario sviluppare soprattutto altre forme di contatto tra gli episcopati: i Sinodi di Roma, ad esempio. Certamente è necessario migliorare le procedure dei Sinodi, poiché vi sono troppi monologhi. Dobbiamo trovare veramente un processo sinodale, di un cammino in comune. Poi vi sono i Sinodi continentali, regionali, ecc; i lavori delle Conferenze Episcopali; gli incontri delle Conferenze Episcopali con la Santa Sede.

    Nell’arco di cinque anni, [Noi della Curia romana, ndr] vediamo tutti i Vescovi del mondo. Abbiamo migliorato molte cose in queste visite “ad limina”, che prima erano molto formali e che adesso sono autentici incontri di dialogo. Pertanto, dobbiamo migliorare questi strumenti per intrattenere un dialogo permanente tra tutte le parti della Chiesa e tra tutte le parti e la Santa Sede, per giungere ad una migliore applicazione del Concilio Vaticano II. Poi vedremo...

    Come è possibile mantenere fedeltà alla Chiesa e favorire allo stesso tempo la comunione, nell’apertura allo Spirito che ci porta alla verità tutta intera? In altre parole, come è possibile non cadere nella condizione estrema della rigidità e della rottura?

    Cardinal Ratzinger: Credo che si tratti di una questione soprattutto di maturità di fede personale. Apparentemente, fedeltà e apertura sembrano escludersi a vicenda. Ma io credo che l’autentica fedeltà al Signore Gesù e alla sua Chiesa che è il suo Corpo sia una fedeltà dinamica. La verità è per tutti e tutti sono creati per arrivare al Signore.

    Le sua braccia aperte sulla croce simboleggiano per i Padri della Chiesa al contempo il massimo grado di fedeltà del Signore inchiodato sulla croce e l’abbraccio al mondo, per attrarre il mondo verso di sé e lasciare spazio a tutti. Pertanto, una fedeltà autentica al Signore partecipa del dinamismo della persona di Cristo, ed è in grado di aprirsi alle diverse sfide della realtà, dell’altro, del mondo, ecc., e di trovare al contempo proprio lì la sua identità profonda, che non esclude nulla di autentico, ma che esclude solo la menzogna.

    Nella misura in cui noi entriamo in comunione con Cristo, nel suo amore che ci accoglie tutti e ci purifica, nella misura in cui noi partecipiamo alla comunione con Cristo, potremmo essere fedeli e aperti.

    A che punto è il dialogo ecumenico sul concetto di Chiesa? Dopo la pubblicazione dell’istruzione “Dominus Iesus”, il 6 agosto 2000, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono state formulate diverse critiche tra i rappresentanti delle Chiese evangeliche, che non hanno accettato o non hanno capito bene alcune sue dichiarazione in cui lei ha affermato che si dovrebbe parlare di comunità cristiane piuttosto che di Chiese.

    Cardinal Ratzinger: L’argomento richiederebbe una lunga dissertazione. In primo luogo, ci è stato detto che se nella “Dominus Iesus” ci si fosse limitati a parlare del carattere unico di Cristo, l’intera cristianità sarebbe stata felice di questo documento, tutti si sarebbero uniti in un applauso alla Congregazione. “Perché avete aggiunto il problema ecclesiologico che ha suscitato critiche?”, ci è stato chiesto.

    Eppure, era necessario parlare anche della Chiesa, perché Gesù ha creato questo Corpo e Lui è presente, attraverso i secoli, per mezzo del suo Corpo che è la Chiesa. La Chiesa non è uno spirito fluttuante. Sono convinto che [nella “Dominus Iesus”, ndr] abbiamo interpretato in maniera totalmente fedele la “Lumen Gentium” del Vaticano II, mentre negli ultimi trent’anni ne è stato progressivamente ammorbidito il testo. Tanto è vero che i nostri critici ci hanno rimproverato di essere rimasti ai testi del Concilio, senza però aver capito il Concilio. Almeno riconoscono che siamo stati fedeli ai testi.

    La Chiesa di Cristo non è un’utopia ecumenica; non è qualcosa che facciamo noi; non sarebbe la Chiesa di Cristo. Per questo siamo convinti che la Chiesa è un Corpo, non è solo un’idea, ma questo non esclude diverse forme di una certa presenza della Chiesa persino fuori dalla Chiesa cattolica, forme che sono specificate dal Concilio. Mi sembra evidente che esistono, pertanto, diverse matrici ed è comprensibile che questo susciti dei dibattiti all’interno della Chiesa.

    Lei pensa che la Chiesa, specialmente nel mondo occidentale, sia preparata ad affrontare la scristianizzazione e il grande vuoto di fede di oggi? Oppure esiste ancora tra gli uomini di Chiesa l’immagine di un certo cristianesimo che non coincide con quella di una Chiesa missionaria?

    Cardinal Ratzinger: Credo che in questo senso dobbiamo imparare ancora molto. Ci occupiamo troppo di noi stessi, delle questioni strutturali, del celibato, della ordinazione delle donne, dei Consigli pastorali, dei diritti di tali Consigli, dei Sinodi... Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte; che non sa come vivere.

    Questa incapacità di vivere del mondo si rende evidente nei fenomeni della droga, del terrorismo, ecc. Pertanto, il mondo ha sete di risposte, mentre noi rimaniamo fermi sui nostri problemi. Sono convinto che se usciamo per incontrarci con gli altri e presentiamo agli altri in modo adeguato il Vangelo, i problemi interni risulterebbero subito relativizzati o persino risolti. Per me questo è un punto fondamentale: dobbiamo rendere il Vangelo accessibile al mondo secolarizzato di oggi.

    Quale può essere secondo lei il punto di partenza per coniugare la crescita del potere tecnico e scientifico dell’umanità con la fede e la morale?

    Cardinal Ratzinger: È un qualcosa che bisogna riscoprire di nuovo, perché i paradigmi scientifici cambiano e la situazione del dialogo tra scienza e fede si trova di fronte a problematiche nuove. Un importante strumento, ad esempio, è la Pontificia Accademia delle Scienze, della quale sono adesso membro - di recente ho partecipato per la prima volta ad una sua riunione.

    Fino a poco tempo fa era solamente un’assemblea di scienziati (fisici, biologi, ecc.), ma adesso sono entrati a farne parte anche filosofi e teologi. Abbiamo constatato la difficoltà del dialogo tra le scienze e la filosofia e la teologia, perché sono modi totalmente diversi di affrontare la realtà; con metodi diversi, ecc.

    Uno di questi accademici, specializzato nella ricerca sul cervello umano, ha detto che esistono due mondi inconciliabili: da una parte la scienza esatta, secondo cui, nel suo campo, non vi è libertà, non esiste una presenza dello spirito, ma dall’altra parte, lo scienziato si rende conto che è un uomo e sa di essere libero. Pertanto, secondo lui, sono due mondi diversi e non abbiamo la possibilità di conciliare queste due percezioni del mondo. Egli stesso ammetteva di credere nei due mondi: nella scienza che nega la libertà e nella sua esperienza di uomo libero. Ma in questo modo non possiamo vivere: sarebbe una schizofrenia permanente.

    In questa situazione attuale di forte specializzazione metodologica di entrambe le parti, dobbiamo trovare la via attraverso la quale scoprire la razionalità dell’altro ed instaurare un autentico dialogo. Per il momento non esiste una formula risolutiva. Per questo è sommamente importante trovare esponenti delle due parti del pensiero umano - le scienze, la filosofia e la teologia – in grado di scoprire che entrambe sono espressione della ragione autentica, e con il compito di comprendere che la realtà è una e che l’uomo è uno.

    Per questo è molto importante che nelle università, le facoltà non stiano una parallela all’altra, ma stiano in un contatto permanente, nel quale si impara a pensare insieme agli altri e a trovare l’unità della realtà.


    *FINE*
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  6. #16
    torquemada
    Ospite

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    Ringrazio Thomas per l'ottimo 3d; contiene alcuni doppioni, già presenti nei miei 3d su liturgia, gregoriano & C.
    Ma almeno così abbiamo la speranza che siano letti da un numero maggiore di persone.

  7. #17
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Dreyer
    Riguardo alla Messa dell'indulto dell'oratorio di S. RIcco a Milano, per esperienza diretta posso testimoniare che non vi sono introduzioni non conformi al Messale del 1962 tranne che l'uso della voce alta in tutta la Messa (Canone escluso) come previsto dal'Indulto papale.
    Infatti non tutti sanno che la vera Messa di S. Pio V è interamente da recitarsi "submissa voce" dall'introito alla fine.
    A Milano, a San Rocco, non viene celebrata alcuna messa del 1962.
    Nel 1962 è edita una edizione del Messale Romano, che recepisce le nuove Rubriche Generali del 1960.

    La messa di Milano, è Ambrosiana, e nulla c'entra con san Pio V. Il santo in questione è semmai San Carlo Borromeo (sebbene il rito sia stato modificato dal Card. Schuster, dal Card. Montini e dal Card. Colombo)

    Non molti effettivamente sanno di questa particolarità del messale di san Pio V, anche perchè è una balla.
    Basta leggere le Rubriche generali, che al capo XVI 1,2, e 3 "De his quae clara voce, aut secreto dicenda sunt in Missa"( ) dicono sostanzialmente che si dice ad alta voce:

    -Tutto l'avantimessa, ossia segno di croce, antifona e salmo 42, confessione, ecc. esclusa la preghiera Aufer a nobis, e la preghiera Oramus te Domine, per merita...
    -Introito
    -Kyrie
    -Gloria
    -Dominus Vobiscum
    -Oremus
    - (se c'è) flectamus genua,levate
    -Orazioni
    -Epistola oppure
    -Profezia
    -Graduale
    -Verso
    -Tratto
    -Sequenza
    -Vangelo
    -Credo
    -Offertorio
    -le due parole Orate fratres
    -Prefazio
    -Le tre parole Nobis quoque peccatoribus
    -Dossologia con Pater
    -Per omnia saecula saeculorum
    -Pax Domini
    -Agnus Dei
    -Domine non sum dignus
    -Communio
    -Post.communio
    -Orazioni
    -Humiliate capita
    -Ite Missa est (Benedicamus Domino/Requiescant in Pace)
    -Benedizione finale
    -Ultimo Vangelo

    Ciò che rimane, è submissa voce.

    A dire il vero "dall'introito alla fine", si dice quasi tutto ad alta voce. Non TUTTI sanno...

  8. #18
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito Ma pensa....


  9. #19
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito


  10. #20
    Napoléon I
    Ospite

    Predefinito Siam fatti così....


 

 
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