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Per gli alunni stranieri più risorse e più insegnanti
ROMA - Sono 50.000 i nuovi studenti stranieri nelle scuole italiane e, per l’anno scolastico 2004-2005, gli alunni immigrati o figli di immigrati nelle aule saranno 350.000. Un numero in crescita costante, secondo il ministero dell’Istruzione, che già parla di 400.000 studenti stranieri nel 2005-2006, pari al 5 per cento del totale della popolazione scolastica. E il ministero, gli enti locali, i singoli istituti si attrezzano per gestire una rivoluzione che non è più episodica. “Ormai il mondo è seduto nella scuola italiana”, aveva detto Vinicio Ongini - responsabile al Miur dell’indagine annuale sulle presenze non italiane nelle scuole - commentando il dato delle 190 nazionalità che caratterizzano l’universo scolastico.
In Italia vivono oggi 412 mila minori stranieri, rispetto ai 284 mila registrati dal censimento nazionale del 2001. Ma i figli dei cittadini stranieri saranno un milione tra dieci anni, con un tasso di crescita delle seconde generazioni che ogni anno supera del 20 per cento quello dell’anno precedente, come rilevato dall’analisi della Fondazione Giovanni Agnelli sui minori stranieri. Va da sé che sarà la scuola a dover far fronte alla realtà, dove accanto agli italiani siedono sui banchi bambini e ragazzi provenienti soprattutto da Albania, Marocco, Romania, Cina ed Ex Jugoslavia, con una crescita costante di giovani dell’Europa dell’est.
Grandi numeri non sempre facili da gestire, cui si accompagnano difficoltà legate sì al rendimento scolastico (migliore per gli studenti che vivono nei piccoli centri), ma soprattutto dovuti agli ostacoli determinati dalla lingua. Esistono poi problematiche che riguardano la collocazione dei ragazzi in classi di età differenti da quelle in cui dovrebbero essere inseriti e la relativa importanza che alcune famiglie attribuiscono al ruolo educativo e formativo della scuola. A tutto ciò si sommano gli scogli burocratici relativi, a volte, alla mancanza di documenti, alla difficoltà di trovare le informazioni, alle complesse dinamiche dei ricongiungimenti familiari e a quelle delle procedure di accoglienza dei minori non accompagnati.
Per affrontare la sfida che attende la scuola multietnica, in molte città dove la presenza degli alunni stranieri supera anche il 10 per cento (come Torino, Milano, Firenze, Vicenza) i Csa, i Centri dei servizi amministrativi, stanno organizzando squadre di insegnanti incaricati di mettere appunto specifici programmi per favorire l’accoglienza e l’integrazione dei nuovi arrivati. Ma in tutta Italia, oltre al personale adeguatamente formato, servono risorse da destinare ai progetti di inserimento.
In Lombardia, nuovi 150 docenti di italiano si affiancheranno ai 130 che già insegnano la lingua agli alunni stranieri iscritti nelle scuole statali e non: sono 88.170, secondo l’Ufficio scolastico regionale, il 40 per cento dei quali vive e studia a Milano. Un milione di euro, inoltre, andrà ad aggiungersi a un fondo già esistente di 5.564.100 euro, cui gli istituti si servono per finanziare specifici programmi d’integrazione. E così anche nel Lazio, dove l’assessorato all’Istruzione e alla Formazione ha innalzato del 15 per cento lo stanziamento destinato alle scuole multietniche. Sono 23.078 gli iscritti stranieri negli istituti laziali, 17.872 solo a Roma.
Nel Nordest, allo stesso tempo, si pensa alla didattica: 150 docenti a Treviso sono impegnati nella realizzazione di testi scolastici facili da comprendere anche per chi non conosce bene l’italiano. In provincia studiano 9.668 alunni stranieri, il 10 per cento di tutti gli studenti stranieri della regione. Il risultato cui giungeranno questi insegnanti saranno utilizzati anche dai colleghi di Verona e Vicenza, mentre a Bologna è stato potenziato il gruppo di esperti al Cdlei, il Centro documentazione e laboratorio per un’educazione interculturale.
(29 agosto 2005 - ore 11.17)
La domanda è ovvia: mancano in molte scuole gli insegnanti regolari, molti precari aspettano di diventare di ruolo, in diverse regioni molte scuole hanno aule fatiscenti e problemi di ogni genere, ma i soldi per far imparare l'italiano ai piccoli stranieri ci sono, come ci sono per avviare le cosiddette "politiche per l'integrazione" (qualunque cosa siano). Da dove escono questi soldi?
Inoltre, a sentire il centro-sinistra, si avrà, se vinceranno loro il prossimo anno, un Ministero per la Convivenza. Scusate, ma non si era detto che il MinCulPop era passato di moda?