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  1. #1
    Bestia in via d'estinzione...
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    "Molti canti ho sentito nella mia terra natìa, canti di gioia e di dolor. Ma uno mi s' è inciso a fondo nella memoria ed è il canto del comune lavorator"...spettrale residuo di quegli estatici giorni rivoluzionari!
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    In memoria di Salvador Allende e di Unidad Popular

    Ricordare l'11 settembre (1973)

    In questo articolo scritto tre anni fa, e che potremmo sottotitolare “nessuno può rubare il nostro giorno”, Tito Tricot si chiede se le vittime del World Trade Center siano da ritenersi più preziose degli innocenti assassinati nel colpo di stato in Cile, organizzato dagli Stati Uniti.

    Lunedi, 16 settembre 2002

    I nostri sogni furono distrutti quando in una mattina nuvolosa i militari rovesciarono il governo democraticamente eletto di Salvator Allende.

    Ventinove anni dopo, i pompieri cileni hanno fatto suonare le loro sirene per rendere tributo alle migliaia di uomini e donne che persero la loro vita senza sapere con precisione che cosa stava accadendo. Fu una commemorazione, non per le vittime del colpo di stato, ma per quelli che rimasero uccisi nel WTC a New York. Un evento triste, ma ancora più triste è che i pompieri cileni non abbiano mai suonato le loro sirene per ricordare i nostri morti. E ce ne furono migliaia, compresi molti bambini, assassinati dai militari.

    Non è il caso di confrontare disperazione e dolore, ma, per un anno intero, i media americani hanno cercato di convincerci che la vita dei nord americani ha più valore di quella degli altri popoli. Dopo tutto, noi siamo il terzo mondo, cittadini di paesi sottosviluppati che possono essere arrestati, torturati e uccisi. Come altrimenti possiamo interpretare il fatto che il golpe militare fascista nel nostro paese venne organizzato negli Stati Uniti?

    La verità è che nessun presidente americano ha mai versato una lacrima per i nostri morti; nessun politico americano ha mai mandato un fiore alle nostre vedove.

    I governi e i media americani usano criteri diversi per misurare la sofferenza. E’ proprio questa ipocrisia e questo doppio criterio di giudizio che fa male, in particolare quando, in quel giorno simbolico per i cileni, il presidente del Cile, Ricardo Lagos, ha presenziato una cerimonia commemorativa all’ambasciata americana dove l’ambasciatore, William Brownfield, ha affermato che “la gente che odia gli Stati Uniti deve essere controllata, arrestata o eliminata”.

    In che mondo viviamo? Possiamo noi non fare nulla mentre, nel nome della lotta contro il terrorismo, i paesi vengono bombardati o invasi dalla macchina da guerra americana? Io credo di no, in particolare perché, prescindendo dall’orrore degli attacchi al WTC, gli USA non hanno alcun diritto morale ad imporre la propria volontà sul nostro continente.

    Dopo tutto, noi in America Latina abbiamo un’ampia esperienza con le strategie terroristiche americane. Solo nel nostro continente 90.000 persone sono scomparse come risultato diretto delle operazioni e delle politiche anti-insurrezionali degli Stati Uniti – 30 volte il numero delle vittime del WTC.

    Uno non può – e non dovrebbe – tentare di quantificare la sofferenza, ma noi abbiamo il diritto di denunciare questo doppio criterio di giudizio. Abbiamo anche il diritto di contestare la frase del Presidente Lagos: “..per la gioventù di oggi ciò che è accaduto nel 1973 fa parte della storia”. Alcune ore dopo la frase del Presidente, migliaia di persone – per lo più giovani – occuparono zone di Santiago e di altre città per esprimere i loro veri sentimenti circa questo disgraziato giorno nella storia del Cile. Hanno organizzato manifestazioni, veglie, concerti, incontri, seminari e barricate per difendersi dalla polizia.

    E’ stato un modo per dire: nè gli Stati Uniti nè qualcun altro ha il diritto di rubare la nostra memoria. Nessuno ha il diritto di rubare il nostro giorno, perché l’11 settembre 1973 è inciso nei nostri cuori con le lacrime.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  2. #2
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    L'11 settembre 1973 non è importante solo per il Cile....

    Enrico Berlinguer, dopo la morte di Allende, scrisse tre articoli su Rinascita (mi pare), in cui profilava l'alleanza con forze non solo comuniste, in Italia, per governare.....

  3. #3
    Bestia in via d'estinzione...
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    "Molti canti ho sentito nella mia terra natìa, canti di gioia e di dolor. Ma uno mi s' è inciso a fondo nella memoria ed è il canto del comune lavorator"...spettrale residuo di quegli estatici giorni rivoluzionari!
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    In origine postato da Red River
    L'11 settembre 1973 non è importante solo per il Cile....

    Enrico Berlinguer, dopo la morte di Allende, scrisse tre articoli su Rinascita (mi pare), in cui profilava l'alleanza con forze non solo comuniste, in Italia, per governare.....
    Io ritengo più grave l' 11/9 cileno, che quello americano; e non è per antiamericanismo o altro.
    "Gli idoli di legno possono vincere, le vittime umane venir sacrificate."
    Karl Marx

  4. #4
    Cometa Rossa
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    In origine postato da Egol
    Io ritengo più grave l' 11/9 cileno, che quello americano; e non è per antiamericanismo o altro.
    Si più grave per la tenuta della democrazia, ma meno importante come conseguenze storiche.

  5. #5
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    In origine postato da Paul Z.
    Si più grave per la tenuta della democrazia, ma meno importante come conseguenze storiche.
    Azz, a distanza di soli quattro anni gia' lo sai??

  6. #6
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    non penso sia questo il momento ed il posto per stilare classifiche di "gravità"

    Paolo

  7. #7
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    E comunque, effettivamente, dall'11 settembre 2001 sono passati solo quattro anni, è ancora troppo presto....

  8. #8
    Silvioleo
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    mi risulta che l'intervento di Pinochet fu chiesto dal parlamento perchè,come risulta dagli atti,il governo aveva violato gravemente la costituzione...la storia è un po' piu' complessa di come la buttate giu' voi...

  9. #9
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    In origine postato da Silvioleo
    mi risulta che l'intervento di Pinochet fu chiesto dal parlamento perchè,come risulta dagli atti,il governo aveva violato gravemente la costituzione...la storia è un po' piu' complessa di come la buttate giu' voi...

    Poteva richiederlo chi ti pare, ma il risultato furono parecchi morti. Quindi direi che è comunque da deplorare, non ti pare?
    _______________________
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  10. #10
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    In origine postato da Silvioleo
    mi risulta che l'intervento di Pinochet fu chiesto dal parlamento perchè,come risulta dagli atti,il governo aveva violato gravemente la costituzione...la storia è un po' piu' complessa di come la buttate giu' voi...
    il parlamento poteva sciogliersi e chiedere nuove elezioni.

    Ammazzare il presidente in carica non mi sembra una procedura parlamentare... e poi il parlamento ha potere legislativo, non esecutivo!!

    (della serie: l'abc della democrazia)

    In quanto alla situazione economica, riporto:

    ---

    http://www.tmcrew.org/archiviochomsky/501_7_9.html

    Ecco i "successi" economici di Pinochet

    ---

    Il successo più fenomenale del capitalismo in America Latina è quello del Cile, con la sua "prospera economia da libero mercato prodotta dal generale Augusto Pinochet" (Nash). Si tratta di una verità consolidata e da tutti ripetuta: è vero, Pinochet era un duro, ma il 'miracolo economico' portato avanti dai suoi 'Chicago Boys' dal 1974 al 1989 è sotto gli occhi di tutti. Da ammirare quindi, sempre che non lo si guardi troppo da vicino.

    Il 'miracolo' di Pinochet si sarebbe poi misteriosamente trasformato in meno di dieci anni nella "catastrofe cilena", scrive David Felix. Se guardiamo da vicino la situazione cilena scopriamo ad esempio che, nel tentativo di salvare l'economia, il governo di Pinochet si impossessò praticamente dell'intero sistema bancario del paese, portando alcuni a descrivere la transizione da Allende a Pinochet come "un passaggio dal socialismo utopico a quello scientifico, visto che i mezzi di produzione stanno finendo nelle mani dello stato" (Felix), oppure "la strada di Chicago al socialismo". Il periodico antisocialista "Economist Intelligence Unit" di Londra scrisse a questo proposito che "il presidente Pinochet, fedele seguace del libero mercato, aveva un controllo molto più completo sulle 'chiavi dell'economia' di quanto il presidente Allende non avesse mai sognato". Dopo che lo stato rivendette a prezzi stracciati al settore privato sia le imprese che aveva precedentemente acquistato sull'orlo del fallimento e risanate, sia le industrie pubbliche più efficienti e redditizie, che generavano il 25% delle entrate del governo; la parte di economia controllata dal governo nel 1983, notano Joseph Collins e John Lear, era paragonabile per estensione a quella dei tempi di Allende. Le società multinazionali guadagnarono molto in questo processo, assumendo il controllo di ampi settori dell'economia del paese. Citando degli economisti cileni, James Petras e Steve Vieux riferiscono che "nell'ondata di privatizzazioni del 1986-87 furono concessi agli acquirenti finanziamenti per circa 600 milioni di dollari", anche nel caso di "attività gestite in modo efficiente e che producevano utili". Si prevede inoltre che le privatizzazioni ridurranno le entrate dello stato nel periodo 1990-1995 tra i 100 ed i 165 milioni di dollari.

    Continuando ad esaminare i dati del 'miracolo' vediamo come solo nel 1980, il prodotto interno lordo pro capite in Cile raggiunse il livello del 1972 (all'epoca di Allende) e, nel corso dei sette anni precedenti, gli investimenti si mantennero inferiori a quelli della fine degli anni '60, mentre la disoccupazione era di molto cresciuta.


    Inoltre, tra il 1973 ed il 1985, la spesa sanitaria pro capite venne più che dimezzata innescando l'esplosiva diffusione di malattie legate alla povertà come il tifo e l'epatite virale.

    Dal 1973, i consumi della popolazione cilena diminuirono del 30% per il 20% più povero della popolazione di Santiago, mentre aumentarono del 15% per il 20% più ricco.

    Ospedali privati mettevano orgogliosamente in mostra le loro attrezzature ad alta tecnologia per i ricchi, mentre quelli pubblici offrivano appuntamenti a mesi di distanza e medicine che la gente non poteva permettersi.

    L'educazione universitaria, aperta a tutti sotto Allende, adesso è riservata ai soli privilegiati; questi ultimi non saranno più influenzati dai 'sovversivi' che sono stati eliminati, ma frequenteranno corsi di "sociologia, scienze politiche ed economia... paragonabili ad una sorta di catechismo sulla verità rivelata del libero mercato e del pericolo rosso" (Tina Rosenberg).

    Proprio come in Brasile sotto i generali, o in altri posti a noi familiari. Non certo più brillanti sono i dati macroeconomici degli anni di Pinochet, generalmente peggiori di quelli dei due decenni precedenti;
    la crescita media del prodotto nazionale lordo dal 1974 al 1979 fu pari alla metà di quella del periodo tra il 1961 ed il 1971, mentre dal 1972 il P.N.L. pro capite diminuì del 6,4% e calarono del 23% i consumi (pro capite).

    La capitale Santiago adesso è "tra le città più inquinate del mondo", osserva Nathaniel Nash, grazie al modello monetarista del libero mercato di Friedman con il suo slogan "Produrre, produrre, produrre", succeda quel che succeda - un atteggiamento che in altri contesti, e quando ci fa comodo, denunciamo come 'stalinista'.

    E quel che 'successe' fu proprio il determinarsi di una situazione caratterizzata dagli "spaventosi costi del disinquinamento... e dagli spaventosi costi del lasciare le cose come stanno" in un paese con "alcune delle fabbriche più sporche del mondo", nessun regolamento, una grave contaminazione delle falde acquifere ed una rovina generale dell'ambiente, con le relative temute conseguenze per la salute della popolazione.

    E grazie al 'miracolo cileno', insieme ad una piccola spinta data dagli Usa per 'costringere l'economia alla resa' sotto il governo Allende, la proporzione della popolazione caduta al di sotto della soglia di povertà (il reddito minimo necessario all'alimentazione ed alla casa) è salita dal 20% del 1970 al 44,4% del 1987.

    "Non esattamente un miracolo", sottolinea Edward Herman (43).

    Una volta, ci dicono i commentatori sulla base delle verità ufficiali del 1992, i nostri pupilli latinoamericani non ascoltavano i nostri saggi consigli. Adesso, però, con la vittoria mondiale del liberismo economico e del libero scambio, hanno compreso finalmente la saggezza delle nostre parole. Il coro di autoadulazioni non è turbato dal fatto che noi stessi non abbiamo mai seguito quel modello, come del resto tutti i paesi sviluppati (tranne che in alcuni casi quando ciò era vantaggioso) e che, a differenza di quanto si sostiene, l'America Latina ha generalmente seguito i nostri consigli, come illustra l'esempio del Brasile.

    E non si tratta di un caso isolato. L'Alleanza per il Progresso delle amministrazioni Kennedy e Johnson ne è un altro. Uno dei suoi successi più famosi fu il Nicaragua di Somoza. Il 'miracolo' fu talmente catastrofico da fornire una solida base popolare alla rivoluzione sandinista del 1979. L'economista nicaraguense più stimato durante la guerra Usa contro il Nicaragua, Francisco Mayorga, diventò lo zar dell'economia sotto il nuovo governo della Uno appoggiato dagli Usa (ma fu presto dimenticato quando le politiche di risanamento da lui avviate con l'incoraggiamento degli Stati Uniti si rivelarono un completo fallimento). In ogni caso, nei suoi giorni di gloria, i media e tutti coloro che tessevano le lodi di Mayorga ignorarono deliberatamente la sua principale opera accademica. In questa interessante ricerca del 1986, Mayorga esaminava il fallimento del 'modello monetarista' predicato ed appoggiato entusiasticamente dagli Usa che, alla vigilia della rivoluzione sandinista del 1979, aveva portato l'economia "sull'orlo del collasso", forse irreversibile, a prescindere da qualunque politica economica fosse stata seguita e persino senza l'immenso prezzo pagato dal Nicaragua per il terrorismo e la guerra economica statunitense (44).

    Ignorando tranquillamente i dati più importanti della situazione (e soprattutto, l'innominabile responsabilità degli Usa), gli specialisti sull'America Latina ci informano dalle colonne dei giornali che ora "per i pionieri commerciali dell'era post-sandinista, il Nicaragua è maturo per un ritorno [degli investitori esteri] dopo un decennio di cattiva amministrazione rivoluzionaria e due anni di riabilitazione fiscale sotto il presidente Violeta Chamorro" (Pamela Constable). E' vero, gli uomini d'affari vedono tuttora dei problemi, nota Constable: "La continua minaccia di violenze da parte dei sindacati" e delle fazioni armate nelle campagne, e "l'irrisolto status delle proprietà" confiscate dai sandinisti. Ma i 'pionieri commerciali' sono ottimisti. Particolarmente sollevati sono i banchieri ed i loro clienti. I sandinisti avevano nazionalizzato le banche "e cominciato a concedere i prestiti statali ai contadini, alle cooperative rurali ed alla piccola industria ad alto rischio" scrive Tim Johnson sul "Miami Herald". Ma per fortuna ora è finita e, come commenta un banchiere privato: "Il pubblico comincia a esigere più servizi dagli istituti di credito".

    Per 'pubblico' non si intendono certo i contadini, la cui marcia contro la fame veniva riportata pochi giorni dopo dalla stampa messicana, o l'esercito dei disoccupati, o i bambini che fiutano la colla, o le figure che, in condizioni subumane, celebrano la vittoria del capitalismo e della democrazia cercando rifiuti nel mondezzaio di Managua.

    Poco dopo l'insediamento del nuovo presidente, la Banca Nazionale per lo Sviluppo (B.N.D.), governativa, annunciò una nuova politica del credito varata in seguito alle pressioni delle istituzioni internazionali creditrici: "Sotto il governo sandinista - scrive il "Central America Report" - la B.N.D. forniva sussidi e prestiti a basso tasso di interesse alle cooperative ed ai piccoli agricoltori con pochissime condizioni, ma quei giorni sono finiti". Adesso ci saranno "solo prestiti garantiti a clienti in grado di fornire solide garanzie, lasciando la maggior parte dei contadini in mezzo ad una strada". Un'altra caratteristica della nuova politica del credito dovrebbe essere quella "di rendere impossibile ai lavoratori il pagamento dei debiti e delle rate mensili per l'acquisto di aziende nelle quali lavorano", condizione questa imposta dagli Usa per sospendere la loro guerra economica. In tal modo si supererà un 'serio' difetto del processo di privatizzazione: il fatto che il passaggio delle aziende ai privati, sotto la diabolica influenza dei sandinisti, aveva permesso alla classe sbagliata - i lavoratori - di ottenere una parte della proprietà. Questo non è affatto corretto e contraddice la nozione di 'miracolo economico'.

    (43) Felix, 'Financial Blowups', 'Reflections on Privatizing', 'Latin American Monetarism in Crisis', in "'Monetarism' and the Third World", Institute of Development Studies, Sussex, 1981. Dati compilati dall'economista cileno Patricio Mueller; UN ECLA Poverty Study, Santiago, 1990, (Felix, p.c.). Petras e Vieux, 'Myths and Realities'. "Economist Intelligence Unit" citato in Doug Henwood, "Left Business Observer", n. 50, 7 luglio 1992. Collins e Lear, 'Pinochet's Giveaway', "Multinational Monitor", maggio 1991. Rosenberg, "Dissent", estate 1989. Herman, lettera, "Washington Report on the Hemisphere", 3 giugno 1992. Nash, "New York Times", 6 luglio 1992.

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