Sfruttamento capitalista? Un concetto senza senso
Se analizzato i maniera logica e razionale, invece che emotiva o ideologica, il concetto di sfruttamento capitalistico non ha senso alcuno.
E' infatti del tutto scorretto parlare di "sfruttamento" in riferimento a una qualsiasi relazione libera e volontaria tra due individui, compresa quella che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore. In tutte le relazioni volontarie, infatti, entrambe le parti si avvantaggiano, perche' altrimenti non avrebbero instaurato e mantenuto in piedi il rapporto.
Il concetto di sfruttamento ha un senso solo nelle relazioni coercitive e non volontarie, dove una parte non condivide i termini del rapporto ma e' costretta a subirli a causa della violenza fisica minacciata dall'altra parte. Sono i tipici casi delle relazioni tra padrone e schiavo, signore e servo della gleba, governante e contribuente, rapinatore e rapinato, estortore ed estorto, e cosi' via. In tutti questi casi si e' indubbiamente in presenza di una situazione di sfruttamento, perche' una parte si avvantaggia a danno dell'altra (che desiderebbe interrompere la relazione al piu' presto). A differenza del governante, del rapinatore o del padrone di schiavi, infatti, l'imprenditore non puo' costringere nessuno a lavorare per lui con una pistola puntata alla tempia.
Si puo' allora onestamente definire "di sfruttamento" un rapporto in cui la pena piu' grave che lo "sfruttatore" puo' affibbiare allo "sfruttato" consiste nella sua liberazione? Certo che no! Mentre lo schiavo o il contribuente non desiderano altro che la loro liberazione (e cio' dimostra l'esistenza dello sfruttamento), il lavoratore al contrario non desidera il licenziamento (e cio' dimostra che non vi e' sfruttamento) Trasferire il concetto di sfruttamento dalle relazioni coercitive alle relazione volontarie e' un vero e proprio imbroglio linguistico orwelliano, un atto di disonesta' intellettuale che ricorda certe pratiche dei regimi totalitari, i quali dipingevano la liberta' come schiavitu', e mascheravano la brutale costrizione come vera e autentica liberta'. Trotzky, ad esempio, condannava come "borghese" il lavoro libero, e corentemente proponeva il lavoro forzato per tutti: "In una societa' socialista il lavoratore deve essere considerato come un soldato, e se non lavora e' un disertore che va trattato come tale" - cioe' fucilato.
Si dira': ma il datore di lavoro sfrutta lo stato di bisogno del lavoratore. E allora? Tutti gli scambi volontari tra due persone si verificano perche' una ha bisogno dell'altra, ed entrambe le parti sfruttano il bisogno dell'altra. Quando entro in un ristorante e ordino una pizza, il pizzaiolo "sfrutta" il mio bisogno di cibo per spillarmi dei soldi, ma nello stesso tempo io "sfrutto" il suo bisogno di soldi per farlo lavorare al mio servizio. Chi e' allora che sfrutta l'altro? In realta', dato che lo scambio e' volontario, non si puo' dire che io sia uno sfruttatore del pizzaiolo piu' di quanto lui lo sia di me. Lo stesso ragionamento vale anche per tutti gli scambi denaro-attivita' lavorativa che caratterizzano l'economia di mercato: anche il lavoratore "sfrutta" la necessita' di manodopera del datore di lavoro per ottenere denaro, ma non c'e' nulla di male in tutto cio'.
Ne' si puo' dire che si ha sfruttamento, in uno scambio volontario, quando una parte paga l'altro meno di quanto meriti. Non esiste infatti alcun criterio oggettivo per stabilire il valore di un determinato bene o servizio: il valore di essi e' determinato unicamente da quanto le altre persone della societa' sono disposte a pagarli. Se qualcuno, usando la violenza, pretende che gli siano pagati dei servizi lavorativi che altrimenti nessuno volontariamente gli pagherebbe (come nel caso dei dipendenti pubblici, i cui stipendi derivano da imposte estorte coercitivamente ai contribuenti) costui non e' altro che un parassita antisociale: se io decido di impiegare tutta la giornata per costruire televisori di cartone sarei considerato un pazzo se pretendessi di essere pagato da qualcuno per questa attivita', ma lo stesso discorso vale anche per tutti quei lavoratori che pretendono con la forza di essere pagati piu' del valore di mercato del loro lavoro.
Ma il lavoratore si trova in una posizione deteriore rispetto a quella del datore di lavoro? E' impossibile affermarlo a priori. Vi sono datori di lavoro ricchissimi, ricchi, di medio livello, poveri e financo poverissimi (falliti o sul lastrico), cosi' come vi sono lavoratori dipendenti miliardari, milionari, di medio livello, poveri o poverissimi. Le combinazioni possibili sono infinite, e non ha senso privilegiare a priori coloro che vendono lavoro rispetto a coloro che l'acquistano - per lo stesso motivo per cui sarebbe assurdo dichiarare che i venditori di patate si trovano in una posizione peggiore rispetto ai compratori di patate. In realta' ogni situazione e' a se', e ogni situazione varia da caso a caso.
Va detto piuttosto che la posizione del lavoratore dipendente presenta numerosi vantaggi rispetto a quella del lavoratore autonomo. Mentre l'imprenditore viene pagato solo al termine del ciclo produttivo (dopo che il bene e' stato prodotto, e solo se viene venduto), il lavoratore viene pagato in anticipo, anche se il bene prodotto non verra' venduto. Per questa ragione moltissime persone preferiscono un guadagno immediato e certo (da lavoratore dipendente) a un guadagno futuro e incerto (da lavoratore autonomo), come confermato anche dalla pratica dei colloqui di lavoro, dove molte persone dichiarano di preferire uno stipendio fisso a fine mese piuttosto che uno stipendio a provvigioni.20 Il profitto dell'imprenditore, dunque, non ha niente a che vedere con un presunto "sfruttamento" (?), ma e' solo conseguenza del fatto che, sotto qualsiasi sistema, i beni attuali valgono di piu' dei beni futuri: nessuno preferisce dieci milioni fra un anno a dieci milioni subito, se non in cambio di un adeguato compenso. La funzione del capitalista e' quindi fondamentale, perche' in sua mancanza i lavoratori non potrebbero essere pagati fino a quando il prodotto e' finito e venduto, e molti di loro non sarebbero affatto disposti ad accollarsi questa attesa. In una comunita' socialista i lavoratori sarebbero costretti ad assumersi controvoglia investimenti e rischi imprenditoriali di cui farebbero volentieri a meno, con conseguenze disastrose sui loro salari.20
Ma ci sono effettivamente situazioni in cui il lavoratore si trova in uno stato di estremo bisogno? Se anche ci fossero, non si capisce per quale motivo bisogna incolpare il datore di lavoro il quale, offrendogli un lavoro anche miserabile, migliora le sue chance rispetto alla sua situazione precedente. Secondo un certo modo delirante di ragionare, se io, incontrando un poveraccio, gli propongo un lavoro per un modico salario sarei uno sfruttatore, ma se invece non gli propongo nulla non sarei piu' uno sfruttatore! Tuttavia, dal punto di vista del povero, la prima situazione e' decisamente migliore della seconda, dato che ha una possibilita' di scelta in piu'. E' lui l'unica persona che puo' decidere dei propri interessi! Se io decido di lavorare per una data persona in cambio di un compenso concordato, di qualunque entità esso sia, non vedo in base a quale diritto un terzo puo' intromettersi, e cercare di impedirmelo, solo perche' a suo dire il compenso e' troppo basso.
Detto questo, va ricordato che nelle nostre attuali societa' i lavoratori del settore privato sono effettivamente sfruttati in maniera feroce: non dal capitalista, come incredibilmente sostengono taluni, ma dallo Stato. Il capitalista dice al lavoratore: ti do 3-4 milioni lordi al mese se svolgi questo lavoro, e il lavoratore e' libero se accettare o meno. Lo Stato dice al lavoratore: tu devi darmi piu' della meta' del tuo guadagno (tra imposte dirette e indirette), altrimenti ti sbatto in galera - e il lavoratore non e' libero di dire no.
Domanda: quale delle due relazioni e' piu' vantaggiosa per il lavoratore? Anche un bambino sarebbe in grado di rispondere, ma il servilismo e l'adorazione idiota dello Stato che caratterizza tanti socialisti e' tale, che non si sono mai azzardati a spendere una parola per denunciare questo vergognoso sfruttamento politico-burocratico a danno dei lavoratori.
Un'economia di mercato completamente libera sarebbe in grado di garantire salari altissimi e inimmaginabili ai lavoratori - come in parte ha fatto fino ad oggi - perche' gli accresciuti investimenti di capitale rendono i lavoratori sempre piu' produttivi.
E' un fatto particolarmente incomprensibile, e anche piuttosto ignobile, di una certa tradizione socialista quello di avere attaccato con tanto furore proprio quella categoria di persone - gli imprenditori e i capitalisti - che, dalla rivoluzione industriale in poi, per la prima volta nella storia ha impiegato delle risorse al fine di rendere piu' produttivo il lavoro umano, invece che sprecarle in guerre, sfarzi, privilegi, sprechi assurdi (es. piramidi) come per secoli hanno fatto le categorie parassitarie statali (imperatori, sovrani, signorotti feudali, cortigiani, burocrati, e cosi' via), e come oggi gli uomini politici continuano a fare.
Ma si sa...lo Stato e' sacro e non si tocca...
Guglielmo Piombini