Iraq: trecento morti ai check point Usa
Dal marzo 2003, inizio della guerra, all¹aprile 2005, ci sono stati 311 civili morti e 674 feriti ai posti di blocco americano in Iraq. I numeri dei primi quattro mesi del 2005 evidenziano un aumento del 22,7 per cento rispetto al 2004, quando c¹era stato un morto ogni due giorni. A riportare i dati di questa vera e propria strage dei check point è il numero zero della Rivista di intelligence, edito dal Centro studi strategie internazionali, presentato ieri alla Camera e interamente dedicato all¹uccisione di Nicola Calipari.
(Da La Stampa del 29 giugno 2005)

Arrivano i nostri (o i mostri?)
Il Financial Times torna ad occuparsi della battaglia commerciale tra Coca-Cola e Pepsi che, simboli della potenza economica degli Stati Uniti, tornano a combattere anche sul terreno del mercato iracheno. Mentre Coca-Cola torna nel mercato iracheno dopo 37 anni di assenza e "sulla scia dell' invasione americana", la rivale Pepsi tenta di superare i problemi di sicurezza a Baghdad - che da tempo frenano la produzione giornaliera - per ristabilire il suo primato. La situazione è tutt' altro che tranquilla, e molti operai disertano le fabbriche per timore di attentati o sequestri ma - sottolinea il FT - al momento il più grande problema del colosso statunitense è un altro: il ritorno di Coca-Cola, "il vero nemico". Mentre i civili e le forze dell' ordine vivono in Iraq l' incubo di una guerra mai finita, due giganti made in Usa combattono la loro personale battaglia, quella delle vendite. A suon di bollicine.
(Agi del 4 luglio 2005)

Iraq, i risultati della democrazia esportata
I cristiani iracheni temono la possibile imposizione della legge islamica - In un messaggio inviato alla sezione britannica dell¹Associazione cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), monsignor Andraos Abouna, Vescovo ausiliare di Baghdad, ha manifestato la sua preoccupazione circa la possibilità che la Costituzione, attualmente in fase di redazione, possa trasformare il Paese in uno Stato islamista che discrimina i non musulmani. Questo giovedì, il presule ha inviato ai rappresentanti della Chiesa cattolica britannica una lettera firmata dai leader delle nuove confessioni cristiani, nella quale implora l¹uguaglianza per tutti i gruppi religiosi. La preoccupazione dei leader religiosi è giustificata da alcune informazioni circolanti le quali assicurano che i musulmani sciiti (il gruppo religioso più numeroso dell’Iraq) stanno facendo pressione affinché la Costituzione includa la legge islamica (sharia). I cristiani in Iraq sono circa 800.000, il 3% della popolazione. Di questi, il 70% sono cattolici di rito caldeo.
(Agenzia Zenit del 15 luglio 2005)

Giornalismo indipendente
La polemica tra Israele e Vaticano. Le vittime cancellate, di Pierluigi Battista - Certamente non è stata un¹omissione voluta, una negligenza deliberata e carica di significati negativi. Se nel suo Angelus di domenica scorsa Benedetto XVI non ha incluso Israele nell¹elenco dei Paesi (Egitto e Turchia, Iraq e Gran Bretagna) esplicitamente menzionati come vittime degli attacchi terroristici degli ultimi giorni, si sarà sicuramente trattato di una banale dimenticanza, di un veniale errore diplomatico. Però è comprensibile che il governo di Gerusalemme abbia convocato il Nunzio apostolico in segno di protesta per la cancellazione dello Stato di Israele dall¹elenco di chi patisce, tra lutti infiniti, le aggressioni terroristiche di un nemico che fa della strage degli innocenti la propria arma, seminando il panico non su obiettivi militari, ma tra la gente normale intenta nelle occupazioni della vita ordinaria. Israele protesta ancora una volta contro un doppio standard morale e interpretativo. Quello che impedisce a molti, a troppi, di riconoscere nel terrore in grado di colpire la metropolitana di Londra come le stazioni di Madrid, le spiagge di Sharm el Sheikh come le strade di Istanbul lo stesso identico terrore che da anni affligge gli inermi cittadini israeliani: non i soldati impegnati in attività di guerra ma i civili che ogni giorno a Gerusalemme e a Tel Aviv salgono sull¹autobus per andare a scuola, vanno al ristorante con gli amici, frequentano discoteche e luoghi di ritrovo come in una qualunque città minacciata dalla guerra del fondamentalismo islamista. Per i cittadini di Israele, però, la pietà dell¹opinione pubblica mondiale sbiadisce e addirittura si dimezza. Forse, si mormora, i civili israeliani che saltano in aria quando i kamikaze si fanno esplodere «se la sono andata a cercare» (del resto, non è stata detta la stessa cosa per gli americani dopo l’11 settembre?). Come se per Israele non valesse l’orrore generato dalla guerra asimmetrica scatenata dai terroristi. A Israele l¹opinione pubblica internazionale stenta a riconoscere il risultato della riduzione di quasi l¹ottanta per cento degli attentati terroristici da quando è cominciata la costruzione della barriera difensiva. Anzi, non si è affievolita la polemica contro la costruzione di quello che viene impropriamente definito un «muro» per evocare grotteschi paragoni con il muro di Berlino, eretto, è bene ricordarlo per chi si dimostra prigioniero del pregiudizio, per impedire l’uscita dei tedeschi dell¹Est, non già per far da filtro all¹ingresso di kamikaze intenzionati a uccidere il maggior numero di cittadini innocenti. Non viene adeguatamente riconosciuto nemmeno lo sforzo del governo di Sharon di procedere alla demolizione degli insediamenti dei coloni in terra palestinese.
Nell¹oblio collettivo, allo Stato di Israele si fa fatica addirittura a riconoscere lo status di vittima di un terrorismo che, proprio come quello che compie i suoi massacri nei simboli della quotidianità occidentale, non si prefigge uno specifico e circoscritto e negoziabile obiettivo politico ma la distruzione esistenziale della stessa presenza ebraica organizzata in uno Stato. Una dimenticanza collettiva che è l¹ultimo schiaffo morale alle vittime del terrorismo. L¹omissione di Papa Ratzinger non ha certo il senso di un gesto aggressivo, come del resto ha chiarito il portavoce vaticano Joaquín Navarro Valls. Ma davvero lo Stato di Israele non può essere accusato di un eccesso di suscettibilità.
(Dal Corriere della Sera del 26 luglio 2005)

Pensare da israeliani
Vivere da israeliani (editoriale di Lucia Annunziata dopo le bombe esplose a Londra) - Il futuro ha un nome: la Israelizzazione del mondo occidentaleŠ. Ma una cosa sono i dibattiti, altro è vedere trasformarsi, con buona pace per la retorica sulla flemma anglosassone, Londra, New York, Washington in Tel Aviv: evacuazioni, cani, uomini, armati, operazioni militari in piena città, controllo degli zainiŠ Qui davvero, il parallelismo con Israele c¹è tutto, dal terrorismo delle organizzazioni militari, alla ondata di un fai-da-te kamikaze con donne, bambini e giovani suicidi da cui nessun bar o autobus può difendersiŠ
(Da La Stampa del 23 luglio 2005)

I retroscena all¹isterismo israeliano contro la Santa Sede
Gerusalemme (AsiaNews) _ L¹attacco senza precedenti lanciato ieri dal Ministero israeliano degli esteri contro la persona di Benedetto XVI è una cortina fumogena per nascondere la decisione dello stesso ministero di abbandonare i negoziati con la Santa Sede, in programma lo stesso giorno: lo si apprende da fonti di AsiaNews a Gerusalemme.
Tali negoziati _ esplicitamente richiesti dall¹Accordo Fondamentale fra Israele e Santa Sede del 1993, il trattato internazionale che è la magna charta di tutti i rapporti fra lo stato ebraico e la Chiesa cattolica _ hanno lo scopo di giungere a un nuovo trattato per confermare il diritto della Chiesa all¹esenzione dalle tasse (un diritto che dura da secoli) e quelli di proprietà, entrambi erosi dallo stato israeliano fin dalla sua fondazione. I negoziati erano cominciati in modo ufficiale l¹11 marzo 1999. Ma negli ultimi anni Israele è stato riluttante perfino a incontrare la delegazione della Santa Sede e dialogare sui termini degli accordi. Il 28 agosto 2003 la delegazione israeliana ha abbandonato in blocco il tavolo dei negoziati e vi è tornato solo un anno dopo, in seguito a pressioni della Chiesa e del governo degli Stati Uniti.
Dopo essersi accordati per alcuni, pochi incontri nel 2005, Israele si è detta d¹accordo ad incontrarsi il 19 luglio scorso; all¹ultimo momento ha cancellato l¹incontro per fissarlo al 25 luglio. Fonti ecclesiali a Gerusalemme affermano che con ogni evidenza i rappresentanti di Israele temevano le conseguenze di una nuova cancellazione all¹ultimo momento e così hanno pensato di inscenare una critica all¹Angelus (Š), solo per nascondere le loro impreparazioni e mancanze sulle obbligazioni da loro prese riguardo ai negoziati con la Santa Sede. Di recente, alcune personalità vaticane hanno parlato apertamente delle continue mancanze di Israele nel mettere in atto le obbligazioni prese con la Santa Sede. In tutto questo periodo, né l¹Accordo Fondamentale del ¹93, né l¹Accordo sulla Personalità giuridica del ¹97 sono stati ancora tramutati in legge. L¹anno scorso il governo ha ufficialmente informato la Corte suprema di Israele che esso non si considerava per nulla vincolato all¹Accordo Fondamentale. Nonostante tutte le proteste da parte della Santa Sede, la posizione di Israele non è cambiata.(...)
(AsiaNews del 26 luglio 2005)

Maschilismo
³ŠOggi aumentano sempre più gli stupri di donne e bambine. La disinibizione da ogni regola morale di comportamento, ha gravi conseguenze, fra le quali l¹eccitazione sessuale dei maschi fin da adolescenti. E¹ orrore ciò che i maschi fanno, ma un po¹ di colpa, forse molta, l¹hanno anche le donne che scoprendosi invitano sempre più i maschi ad approfittare del sesso femminile: non solo invitano ma eccitano il maschio ad approfittare dell¹occasione² (Don Oreste Benzi).
³Š Per noi donne in generale c¹è ancora molto materiale da smaltire e non c¹è bisogno di trovarlo nell¹Islam, il più vergognoso e bieco maschilismo ipocrita. Lo troviamo nelle parole di un sacerdote di casa nostra² (Elisabetta Voce, consigliere di quartiere di Alleanza Nazionale).
(Da Il Corriere di Romagna del 26 luglio 2005)

Storico annuncio dell¹Ira: stop alla lotta armata
E così, questa volta, i Fucili dell¹Ira dovrebbero davvero tacere. Con la storica dichiarazione di ieri, la parte più rappresentativa dell¹ala militare del Movimento repubblicano delle Sei Contee dell¹Ulster annuncia di voler proseguire l¹obiettivo dell¹Irlanda unita e della fine del controllo britannico sull¹Isola verde attraverso un metodo alternativo alla lotta armata. Per i dirigenti dei Volontari d¹Irlanda, si tratta di una sfida lanciata nel pieno di un ancora flebile processo di pace, avviato con gli storici accordi del Venerdì Santo del 1998 e fino a ieri sostanzialmente arenato. I Fucili dell¹Ira citati prima, quei Rifles of the Ira musicati da una indimenticabile ballata dei Wolfe Tones, in realtà sono quelli della sollevazione del ¹21, che portò l¹Irlanda alla parziale indipendenza dal dominio britannico. Ma la continuità, reale ed epica dell¹attuale struttura clandestina dell¹Ulster con l¹esercito che diede uno Stato libero ad una nazione oppressa e sfruttata da secoli, è sempre stata evidente. E gli innumerevoli e vividi murales che li raffigurano un po¹ ovunque nelle zone repubblicane delle Sei Contee ne sono un esempio popolare, entrato nell¹immaginario collettivo del XX secolo. Da sempre denominati ³terroristi² da parte britannica e nell¹uso comune di molta informazione internazionale, i guerriglieri dell¹Ira non potevano però scegliere momento migliore per deporre le armi e rimettersi in pieno gioco nel processo politico democratico, ruolo già abilmente sostenuto dallo Sinn Fein di Gerry Adams. (Š) Anni fa, un dirigente della Celtic League, l¹Ong che intende rappresentare le legittime aspirazioni alla sovranità dei Sei Paesi di lingua celtica (tra cui, appunto, la parte del territorio irlandese ancora soggetto a Londra), pose con chiarezza la distinzione: il terrorismo di matrice (si diceva allora) medio orientale, dal punto di vista sia strategico che tattico, non ha nulla a che vedere con la lotta armata in Ulster. Mentre il primo colpisce indiscriminatamente nella folla, gli attacchi dell¹Ira (e, almeno in parte, dell¹Eta nei Paesi Baschi) sono diretti verso obiettivi rappresentativi dello Stato occupante. E sono sempre preceduti, compreso l¹ultimo attacco dell¹Ira del 1996 a Londra, da un avvertimento affinché i civili vengano fatti sgombrare prima dell¹esplosione. (Š) L¹augurio è che davvero il sangue versato per troppo tempo nella lotta per la sovranità di tutte le Contee d¹Irlanda resti soltanto nelle pagine tragiche ed epiche dei libri di storia. La nuova sfida, ora, dovrà essere accettata e vinta da chi, da ambo le parti, non ha mai aderito agli accordi di Stormont o da chi, come in particolare certe frange unioniste, sta cercando di sfilarsi dal tavolo accollandone la responsabilità ai repubblicani. Il loro addio alle armi, una volta confermato dai fatti, potrà cancellare anche quest¹ultimo pericoloso equivoco.
(Da la Padania del 29 luglio 2005)

Nagasaki: una statua della Madonna testimone del crimine degli Usa
Hiroshima (AsiaNews) _ Hiroshima si prepara a ricordare il 60° anniversario di quello che è considerato il primo olocausto nucleare della storia. In una serie di celebrazioni che coinvolgono anche la Chiesa cattolica locale, la città giapponese insieme a tutto il paese si fermerà per osservare il silenzio domani mattina alle 8.15. A quest¹ora il 6 agosto 1945 il bombardiere statunitense B-29 Enola Gay sganciò su Hiroshima la bomba _ battezzata Little boy _ che con le sue radiazioni uccise sul colpo 140 mila dei 350 mila abitanti di Hiroshima; i suoi effetti sui sopravvissuti continuano ad uccidere circa 5 mila persone all¹anno. Secondo fonti del municipio nel 2005 il totale delle vittime toccherà 242 mila. (...) Anche la Chiesa cattolica locale ha previsto una serie di appuntamenti di preghiera tra oggi e il 9 agosto, data che lega indissolubilmente Hiroshima a Nagasaki, colpita in questa data dallo stesso dramma (...) A Nagasaki le cerimonie di commemorazione culmineranno invece il 9 agosto prossimo con una messa presieduta da mons. Takami al Parco della pace. Nella parrocchia di Urakami verrà esposta al pubblico la cosiddetta ³Madonna bombardata². Essa consiste nella testa di una statua lignea della Vergine sopravvissuta all¹esplosione, che invece distrusse completamente la chiesa - a soli 500 metri di distanza dal centro della deflagrazione.
(AsiaNews del 5 agosto 2005)


Olanda: arriva lo "sperma show", il reality sulla fecondazione

Tutto quello che potete immaginare prima o poi diventa reality show. Non ci sono limiti alla fantasia degli autori televisivi: un'emittente olandese manderà in onda tra breve una nuova trasmissione, nella quale una donna nubile sceglierà l'uomo che giudica miglior donatore di sperma dal quale essere inseminata. Il programma consiste di fatto in una "gara dello sperma" tra diversi candidati: e infatti i media olandesi non hanno faticato a definire "sperma show" il progetto che l'emittente privata Talpa ha deciso di trasmettere.
L'obiettivo al quale puntano le donne che intendono partecipare allo show è racchiuso nel nome del programma: "Voglio tuo figlio, ma nient'altro". Il debutto è fissato per il prossimo 23 agosto con una prima trasmissione-test. In caso di successo seguirà una serie. Per trovare la formula più appropriata, l'emittente privata olandese ha reso noto che al progetto parteciperanno cinque produttori tv: la nuova serie sarà gestita dalla società il cui format avrà riscosso il maggior sostegno tra gli spettatori. Quella di "Voglio tuo figlio" è in realtà un'idea vecchia, visto che in Olanda se ne parla dal 2001, ricorda il quotidiano di Amsterdam Algemeen Dagblad. Tuttavia, il progetto venne subito accantonato a causa delle infuocate polemiche - persino al Parlamento dell'Aja - che sollevò in quel momento.
E' probabile che il nuovo programma sarà comunque accolto con qualche protesta: un po' come sta accadendo in questi giorni al "Grande Fratello" in Gran Bretagna e in altri paesi. I produttori olandesi di "Voglio tuo figlio" hanno però ritenuto che in un modo o in un altro le cose siano cambiate e che quindi i tempi siano ormai maturi per dare via libera allo "sperma show". D'altro canto, qualche giorno fa in Gran Bretagna è stato presentato "Make me a mum" ("Rendimi mamma"), un nuovo spazio televisivo non ancora in onda, ma che ha già suscitato un mare di polemiche, in particolare da parte di diverse entità che difendono il diritto alla vita. In questo caso, sono previsti sei episodi, durante i quali mille uomini dovrebbero sfidarsi fino ad arrivare a solo un paio di finalisti. I criteri di scelta sono due. Il primo prevede che la futura mamma scelga quello che considera il padre ideale sulla base della sua sensualità, intelligenza, personalità, condizioni economiche e naturalmente apparenza e prestanza fisica. Il secondo parametro riguarda invece proprio la compatibilità genetica e la qualità dello sperma del candidato.
(Da la Repubblica del 10 agosto 2005)


Pastora tedesca

Š Con don Cristiano, il sacerdote che ci ha accompagnato dalle Marche, abbiamo partecipato a una messa particolare, celebrata apposta per noi ragazzi della GMG nella chiesa cristiana evangelica. Appena entrata non credevo ai miei occhi. Sull¹altare c¹era una donne preteŠ All¹inizio mi fa fatto strano, poi è stato bellissimo vedere una donna come me celebrare la messaŠ Una messa celebrata da un sacerdote donna ha un effetto particolare su di me. Quasi la sento più vicinaŠ Appena terminata la funzione religiosa, ho conversato qualche minuto con lei e ho saputo che era la moglie del pastore protestante. Matrimonio e servizio alla chiesa, tutto insieme. Non male.
(Diario di una ragazza alla GMG di Colonia, da La Stampa del 15 agosto 2005; da notare che la ragazza, cresciuta unicamente con il rito di Paolo VI, non sembra aver colto la differenza che vi è tra la Messa cattolica e il culto protestante).


Il luterano Roger Schutz: santo subito?

³In questo momento di tristezza possiamo solo affidare alla bontà del Signore l¹anima di questo suo FEDELE SERVITORE² (Messaggio di Benedetto XVI per la morte del pastore luterano Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé).
(Agenzia Zenit del 17 agosto 2005)