Roma 13 settembre (La Velina Azzurra) - I lettori continuano a interrogarsi con sorpresa sul caso Fazio, sui reali motivi dell’assedio al governatore, sulla sua straordinaria resistenza e sulla debolezza, invece, di tutti gli altri soggetti nei suoi confronti. I giornali hanno chiamato in ballo il Vaticano, la massoneria e le banche ebraiche. Cardinali e “Figli della Luce” hanno taciuto, mentre gli esponenti del mondo ebraico hanno reagito con prevedibile sdegno ricordando la Shoah. Freschi di vacanze e con la modestia che ci è propria, tentiamo di spiegare il tutto in poche righe.

Fazio è un cattolico, probabilmente un membro dell’Opus Dei. La celebrata autonomia della Banca d’Italia è una favola per i bambini. Fino al 1993 è stata sempre infiltrata dalla massoneria internazionale, soprattutto da certe logge franco-britanniche (Lamberto Dini era in conflitto con i vertici perché rappresentava certi circoli Usa). Nello stesso tempo, la nostra banca centrale era una specie di controllata di fiducia della Bundesbank. E questo ne spiega sia sacralizzazione da parte della ubbidiente stampa italiana sia il prestigio di posizione goduto in Europa..

Non è neppur vero che prima di Fazio la Banca d’Italia fosse il pozzo di virtù che si è sempre accreditato. Sempre nel fatidico 1993, quando fu chiamato a guidare Palazzo Chigi il governatore uscente Ciampi non riuscì a pilotare la successione nel segno della nobile continuità “laica”. Per un evidente riequilibrio dei ruoli, dopo 50 anni lo scettro di Palazzo Koch passò all’uomo del Vaticano. Era infatti il momento dell’assalto internazionale alle privatizzazioni italiane, promosse nella celebre crociera dello yacht reale “Britannia”. Le purghe giudiziarie di Tangentopoli fecero fuori i vecchi partiti e i leader politici protezionisti che avrebbero ostacolato il nuovo processo oppure che avrebbero chiesto un pedaggio troppo esoso.

Quelle privatizzazioni ottennero invece uno sconto del 30% grazie alla provvida (per gli acquirenti) svalutazione della Lira italiana disposta nel settembre 1992 dal buon Ciampi davanti alle manovre del simpatico speculatore George Soros. Possiamo ricordare che “per un caso” Soros è l’esecutore principale dei banchieri Rothschild, ramo inglese, avvezzi da un paio di secoli a giocare con l’economia e la politica degli Stati d’Europa? Possiamo aggiungere che “per un caso” Soros era ieri il referente di Romano Prodi come oggi lo è di Francesco Rutelli (che gli ha chiesto uno sfacciato “aiuto elettorale”)?

Purtroppo, prima di svalutare la Lira, Ciampi pensò bene di resistere al lungo assedio di Soros bruciando a vuoto metà delle riserve del Paese (pari oggi a 25 o 30 miliardi di Euro) che finirono in tasche imprecisate. . Un errore “tecnico” di cui nessuno gli ha mai chiesto conto, ma che certamente, al momento della successione, propiziò le carte di Fazio aprendo il nuovo corso cattolico di Bankitalia. Un errore, quindi, che lo stesso Fazio avrebbe potuto e potrebbe ancora rimproverargli con argomenti magari ben documentati. Ed ecco forse uno dei motivi della timidezza dell’attuale capo dello Stato nei confronti dell’attuale governatore.

Fin quando, trascorsi 12 anni di potere “cattolico” a Via Nazionale, l’equilibrio è cambiato di nuovo con la durissima campagna anti-Fazio, guidata dal Corriere della Sera (abituale interprete dei sussurri quirinalizi) nel nome degli ormai squallidi e indebitati “poteri forti” italiani e, neanche a dirlo, dai soliti noti della stampa finanziaria britannica. Anche stavolta la magistratura (milanese) è intervenuta a favore delle forze attaccanti. Ma solo fino a un certo punto. All’inizio s’erano delineati tutti gli ingredienti di una Tangentopoli 2, che forse è stata scoraggiata o rinviata dalla durissima e imprevista difesa del governatore, appoggiato da un Vaticano gagliardo e rimontante.

Ma anche Fazio ha fatto in 13 anni i suoi “errori”. E quanti! Ha lasciato crescere scandali ignobili come Parmalat, Cirio, bond argentini. Nella gestione dittatoriale del sistema bancario e del credito industriale, ha tenuto in piedi indebitamenti mostruosi con aziende e dinastie marce. Ha sanato bilanci insanabili e fatto crescere colossali imbrogli ai risparmiatori. Ma ha fatto anche enormi favori e creato poteri e ricchezze. Non solo sono nati i Fiorani e i Ricucci. I DS di D’Alema e Fassino sono diventati anche loro banchieri con Montepaschi e Unipol. Persino la Lega Nord ha avuto la sua banchetta padana che però è fallita. Nel frattempo, dai computer della Banca d’Italia, Fazio ha visto molte cose, molti flussi di denaro, molti movimenti di società. E questo spiega il timore o il terrore di tanti di voltargli le spalle, a cominciare dal premier Berlusconi, facilmente allarmato che certe operazioni estere del gruppo Fininvest, magari nella Russia dell’amico Putin, possano essere messe in discussione.

Del resto le conoscenze di Fazio sono pericolose anche per molti banchieri centrali e per la stessa Bce, come fa pensare la straordinaria timidezza mostrata anche dal presidente Jean Claude Trichet. A pensarci bene, la stessa stampa britannica, che è stata sempre implacabile con il pavido Berlusconi, appare adesso molto cauta con il governatore di Bankitalia. Ne vorrebbe le dimissioni, ma non spinge troppo a fondo. Di solito i banchieri centrali lasciano il loro posto appagati e felici, al culmine di una onorata carriera o per assumere cariche anche più importanti. Se si tenta di mandarne via uno senza il suo consenso vuol dire che un certo equilibrio si è rotto. Ecco detti i motivi del caso Fazio.


Mestieri pericolosi

Banchieri che affogano in piscina
e altri che cadono dalle finestre

Roma 13 settembre (La Velina Azzurra) - In Gran Bretagna, dove la sanno sempre lunga, qualcuno ha collegato i nostri tristi scandali finanziari con la morte in piscina dell’ex presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Wim Duisenberg e di un ex membro del consiglio di amministrazione della Citybank, rimasto ucciso anche lui in circostanze anomale. La settimana scorsa, alla ripresa della sessione plenaria dell’assemblea di Strasburgo, il deputato britannico Ashley Mote dell’Uk Independence Party, partito degli euroscettici, ha chiesto che l’Unione europea chiarisca i possibili legami tra i due tragici eventi e il processo deciso il 29 luglio scorso dal Tribunale di Milano contro sei banche e tredici loro amministratori nell'ambito dell'inchiesta sul crac Parmalat.

Si è aperto un capitolo foriero dei più interessanti sviluppi. Nel suo intervento in assemblea, l’eurodeputato ha ricordato che tra le banche coinvolte nell'inchiesta giudiziaria sul caso Parmalat spiccano in primo piano la Deutsche Bank e la Citybank ed ha ricordato che il superbanchiere olandese Duisemberg venne eletto primo presidente della Bce beneficiando proprio del sostegno della grande banca tedesca. Un fatto curioso è che nemmeno 48 ore dopo la decisione del Tribunale di Milano di aprire il processo, Duisemberg è stato trovato a galleggiare senza vita nella piscina della sua villa in Francia. Secondo la polizia francese avrebbe avuto un attacco cardiaco. Il secondo episodio altrettanto curioso è che, nelle stesse ore, un ex alto manager della Citybank, anche lui coinvolto nel caso Parmalat (ma Ashley Mote non ne ha voluto rivelare il nome) precipitava da una finestra del suo appartamento da un grattacielo di New York.

Quanto basta, dunque, perché l’esponente politico britannico chiedesse al parlamento di Strasburgo di promuovere adeguate indagini da parte dell’Europol e dei servizi di intelligence nazionali. Purtroppo l’’iniziativa dell’eurodeputato britannico non ha affatto interessato i mass mediaeuropei, che l’hanno sostanzialmente censurata. Così come nessun giornale e nessuno dei nostri giornalisti investigatori aveva pensato –complici le vacanze estive- di approfondire la strana morte del già più potente banchiere d’Europa (che aveva anche creato l’Euro). Il sospetto sollevato da Mote è evidente: oltre alla Banca d’Italia, anche la Banca Centrale Europea potrebbe avere informazioni e responsabilità sul crac Parmalat. Nel processo che si attende a Milano, anche l’ex presidente Duisemberg e il manager americano avrebbero potuto essere chiamati a testimoniare sui flussi internazionali di denaro connessi con quella vicenda. E ciò poteva diventare enormemente sgradito a certi circoli molto potenti.

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