FILOSOFIA
L'autore della «Volontà di potenza» e del concetto di Superuomo ha fatto da battistrada agli ideologi contemporanei

Nietzsche, profeta dell'eugenetica



Di Andrea Galli

È Friedrich Nietzsche il profeta della genetica del nuovo millennio? È il visionario di Sils Marie l'ispiratore di un'eugenetica «liberale» che secondo molti è in nuce, come rischio, nello sviluppo impetuoso delle biotecnologie? La domanda non è peregrina. Il profilo baffuto dell'autore della Volontà di potenza aleggia sulle discussioni bioetiche degli ultimi anni. Non è solo Francis Fukuyama ad averlo richiamato nel suo Our posthuman future, studio sulle conseguenze della «rivoluzione biotecnologica». Non sono solo esponenti del movimento transumanista, il network fautore di un superamento dei limiti dell'umano per mezzo di ingegneria genetica, neuroscienze e nanotecnologie - oggi raccolto in gran parte attorno alla World Transhumanist Association, fondata all'Università di Oxford nel 1998 da Nick Bostrom e David Pearce - a riportare in auge il binomio Nietzsche-eugenetica. È anche, per esempio, uno dei filosofi più noti oggi in Germania, Peter Sloterdijk, ad aver auspicato un recupero di Nietzsche ed eugenetica associati. Sostenitore dell'irrimediabile fallimento dell'umanesimo antico e moderno, Sloterdijk scatenò nel 1999 un vero putiferio parlando dell'ingegneria genetica e dell'uso di «tecniche antropiche» come vie affidabili per il reale perfezionamento dell'uomo. E interpretando il racconto dello Zarathustra nietzscheano come anticipazione di una nuova epoca «in cui gli uomini finiranno sempre più sul lato attivo o passivo della selezione», sottinteso genetica. Il riferimento a Nietzsche da parte dei ripropositori moderni dell'eugenetica non è però una novità. Sembra più un ritorno alle origini. «A Francis Galton l'onore di aver fondato la scienza dell'eugenetica, a Friedrich Nietzsche l'onore di aver fondato la religione dell'eugenetica» scriveva nel 1909, sulla «Eugenics Review», la rivista apripista in Occidente della nuova «scienza» antropologica, Maximilian Mügge, illustre divulgatore di Nietzsche sul suolo britannico. Specificando che «giunta a termine la fase di transizione ed essendosi l'uomo, alla fine, evoluto dall'animale, il sogno del Superuomo assume oggi un'incarnazione nella religione eugenetica di Nietzsche». Mügge, intellettuale reazionario, assieme a personalità del socialismo fabiano come Havelock Ellis e George Bernard Shaw, fu tra i promotori di un abbinamento tra genealogia della morale e selezione della razza. Con un riscontro di tutto rispetto: fu lo stesso Francis Galton - cugino di Darwin e unanimemente riconosciuto come fondatore dell'eugenetica moderna - ormai anziano, a far arrivare allo scrittore il suo apprezzamento, ricambiando l'apologia che Mügge aveva fatto di Galton nel suo Friedrich Nietzsche: his life and work. Non erano solo personalità in vista come Mügge, Shaw e altri a rifarsi a Nietzsche. Come ha dimostrato con acribia lo storico inglese Dan Stone, nel suo recente Breeding Superman: Nietzsche Eugenics and Race, tutti o quasi i pionieri dell'eugenetica britannica trassero ispirazione da o si confrontarono con il pensatore tedesco. «Solo il nietzcheanesimo ci può condurre fuori da questa "empasse"» scriveva nel 1913 Paul Cohn, collaboratore di Oscar Levy, editore in Gran Bretagna della prima edizione completa delle opere di Nietzsche. «Un sano sistema eugenetico prevarrà, libero da quel falso umanesimo che è più devastante per l'umanità di tutte le invasioni dei tartari, e da quelle false teorie eugenetiche che preservano le persone sbagliate. La scienza, invece di supportare un sistema etico superato, sarà volta al servizio di un Superuomo. Così saranno sviluppati veri leader nietzscheani, con corpo, volontà e intelletto forti e bellissimi». Un altro membro della Eugenics Society, Claude Mullins, scriveva sempre nel '13: «Una carità miope, da parte dei privati e dello Stato, sta producendo grandi danni incoraggiando la riproduzione del debole ... Non desta sorprese, perciò, trovare moltissimi eugenisti che si dissociano da questo codice morale, che credono ispirato alla religi one cristiana. Consciamente o inconsciamente sono spinti sulle posizioni di Nietzsche, a cui il cristianesimo sembrava una glorificazione e un incoraggiamento del debole nella razza umana... mentre l'ideale affermato da Nietzsche era senza dubbio un ideale eugenetico». Un ambito, quello del rapporto fra Nietzsche e la formazione del movimento eugenetico britannico, la culla dell'eugenismo novecentesco, che è rimasto relativamente in ombra. Ma che meriterebbe una certa attenzione, anche perché in grado di offrire spunti interessanti per il presente. Come questo offerto da Anthony Mario Ludovici, già segretario dello scultore August Rodin, filosofo e sociologo, uno dei principali alfieri di Nietzsche nell'Inghilterra di inizio '900. Nel 1928, in uno scambio epistolare con Carlos Paton Blacker, della Eugenics Society, Ludovici richiamava il collega alla necessità di legalizzare l'infanticidio selettivo. Blacker lo tranquillizzava, con i progressi della tecnica si sarebbe arrivati a una selezione più efficace e meno traumatica: quella prenatale.


Avvenire - 21 settembre 2005