mercoledì, 1 giugno, 2005
EMIGRAZIONE
Lo spot del Sudafrica: «Bianchi, tornate a casa»
Campagna pubblicitaria per richiamare i 250 mila andati in esilio nel dopo apartheid: « C' è bisogno di voi »
Gli appelli e le promesse non fermano l' esodo. Un italiano che vive a Johannesburg: « Sono pronto a emigrare in Australia, per i nostri figli qui non c' è futuro »
« In Sudafrica mi hanno rapito due volte. Vivevo con la pistola sul comodino. In Nuova Zelanda vivo in un paesino di 50 mila abitanti. Su 90 medici, noi sudafricani siamo venti. Si sta con la porta aperta anche la sera. Possono fare tutte le campagne pubblicitarie che vogliono, ma indietro non torno » . Questo dice il dottor David van Buuren al settimanale di Johannesburg Sunday Times . « Indietro non torno » . Non è l' unico a pensarla così. Un terzo dei sudafricani bianchi laureati in medicina dal ' 90 al ' 97 sono all' estero. A partire sono i giovani ingegneri in cerca di lavoro, ma anche chi è diventato grande con l' apartheid, quando anche le autopsie ( per dirne una) obbedivano alle leggi della segregazione razziale e gli studenti neri non potevano sezionare cadaveri bianchi ( ma non viceversa). Quel regime è finito: nei grandi magazzini di Melville, nel centro di Johannesburg, i ragazzini si distinguono per la marca del telefonino più che dal colore della pelle. Sarà per questo che l' « esodo bianco » continua? Negli ultimi 11 anni, dalle prime elezioni democratiche del ' 94, almeno 250.000 sono andati altrove. Gran Bretagna ( 155 mila), Australia ( 83 mila). Partono quelli dai 20 ai 40 anni, molti laureati, ma anche i padri di famiglia. C' è chi pensa di farli tornare indietro, di fermare questo « brain drain » . Come? Con una campagna pubblicitaria che ha un nome toccante, e anche un po' tonitruante: « La rivoluzione del ritorno » . Potete darci un' occhiata al sito Internet
www. homecomingrevolution. co. za . E' un mix tra la pubblicità progresso e l' agenzia turistica, una foto forse con il mare di Cape Town, la silhoutte di un uomo con le braccia alzate, la freccia multicolore che ricorda l' arcobaleno simbolo della « Rainbow Revolution » di Mandela. Ogni mese 10 mila visitatori. Anche il dottor Van Buuren ci ha fatto una capatina, dalla sua casa senza serrature in Nuova Zelanda. A quelli come lui l' organizzazione non governativa guidata da Angel Jones indirizza i dépliants distribuiti presso le ambasciate in giro per il mondo. Il messaggio è rassicurante: non abbiate paura, il Paese sta cambiando per il meglio, tornate. Nel sito Internet scorrono notizie positive: il Sudafrica è la 25esima economia mondiale, la 15esima Borsa, il terzo Paese per la bontà dell' acqua dal rubinetto, ha il record della « via del vino » più lunga, Moody' s ha appena aumentato il rating... Basterà a convincere chi viveva con la Browning 9 millimetri sul comodino? Non fa testo un' attrice come Charlize Theron, che ogni tanto va a Johannesburg per una photo opportunity con il vecchio Nelson per poi ri fiondarsi a Beverly Hills. In quanti sono tornati? Gli alfieri della « Homecoming revolution » , intervistati dal quotidiano francese Le Monde , non forniscono dati. Certo sembra una campagna persa, se si presta ascolto a un modenese di 42 anni che vive in Sudafrica dal 1971. Parla al Corriere da Johannesburg, non vuole che esca il suo nome perché ha un po' paura. Ha deciso anche lui di emigrare in Au stralia, ma non è sicuro di farcela. Ha la mamma anziana e le autorità australiane, dice, fanno un po' di resistenza nel dare un visto a una signora di 75 anni. Perché C. F. si è disinnamorato del Sudafrica? « Io qui vivo bene, ho un' attività di consulenza aziendale, non ho visto diminuire il mio tenore di vita. Sono cresciuto nelle scuole pubbliche, con i neri. Quando l' apartheid è finito non temevamo il governo di Mandela, ma una controrivoluzione violenta degli estremisti bianchi » . E adesso? « Sono preoccupato per i miei due figli. Il loro futuro. Sarà sempre più difficile trovare lavoro, soprattutto per i maschi » . Perché? « Con la cosiddetta discriminazione positiva, il governo del l' Anc sta riducendo gli spazi per i bianchi » . L' idea è di privilegiare i neri e le donne nelle assunzioni, con un sistema di quote, per creare una black middle class . « Invece stanno ottenendo l' opposto: fanno crescere una élite nera accanto a quella bianca. A perderci saranno i miei figli » . La pensano così tanti bianchi della classe media: Joe, assistente sociale incontrato sulla riva dell' Orange ( figlia felice infermiera a Londra) come Andrew, tecnico di Johannesburg che sfidò il regime facendo abbattere ( quan do Mandela era ancora in prigione) il muro che divideva il suo quartiere dal ghetto di Tamboville ( « ora mio figlio non potrà andare all' università per quelle maledette quote » ) . Discriminazione al contrario? Nadine Gordimer, Nobel per la Letteratura, ride sarcastica quando osserva che la prima domanda che le rivolgono i giornalisti stranieri è sempre la stessa: come se la passano i bianchi? « Come se le sorti di 6 milioni di privilegiati contassero più dei 35 milioni di neri di questo Paese » . Certo, il 10% dei bianchi vive sotto la soglia di povertà. Ma il reddito medio di una famiglia bianca è di 190.000 rand l' anno ( più di 20 mila euro) ed è in costante crescita. Quello dei neri è di 43 mila rand. Anche Bobo vorrebbe emigrare, vedere il mondo. Un anno fa teneva una scalcinata biblioteca civica a Soweto, faceva l' allacciatore abusivo « ufficiale » di energia elettrica ( con tanto di tuta azzurra) e a tempo perso ha fatto da guida al Corriere per una settimana. Orfano, con i fratelli sul gobbo, non ci stava dentro con i soldi. Adesso fa il becchino, si è messo nel ramo pompe funebri: nel Paese che è la culla dell' Aids un lavoro sicuro. La fuga all' estero, e l' eventuale « rivoluzione del ritorno » , è un lusso che non può permettersi. « Il Sudafrica è mezzo pieno. Quindi tornate a casa » . Lo spot con il bicchiere ( a sinistra) fa parte della campagna pubblicitaria lanciata dalla organizzazione non governativa « Homecoming revolution » per far rientrare 250.000 bianchi che hanno lasciato il Paese dal ' 94. Gran Bretagna e Australia i Paesi preferiti
Farina Michele