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Discussione: Un interessante saggio

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    “BENEDIZIONI” EBRAICHE: LA BIRKAT HA-MINIM

    Pochi lo sanno, ma, stando ad alcuni studiosi del Nuovo Testamento, il Vangelo di Giovanni sarebbe stato scritto in risposta e forse in polemica alla Birkat ha-Minim, la «benedizione» sinagogale (in realtà una maledizione) contro gli eretici.

    Come è ricordato nel documento «Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana», promulgato dalla Pontificia Commissione Biblica, «la sua datazione all'anno 85 è incerta e l'idea che si trattasse di un decreto ebraico universale contro i cristiani è quasi certamente un errore. Ma non si può seriamente mettere in dubbio che a partire da date diverse a seconda dei luoghi, le sinagoghe locali non abbiano più tollerato la presenza dei cristiani, facendo loro subire vessazioni che potevano arrivare fino alla messa a morte (Gv 16, 2). Gradualmente, a partire dall'inizio del II secolo, una formula di 'benedizione' che denunciava eretici o devianti di ogni tipo fu compresa come riferita anche ai cristiani e, molto più tardi, come riferita specialmente ad essi. Verso la fine del II secolo, le linee di demarcazione e di divisione tra ebrei che non credevano in Gesù e i cristiani erano dappertutto chiaramente tracciate. Ma testi come 1 Ts 2,14 e Rm 9–11 dimostrano che la divisione era già percepita chiaramente molto prima di questo tempo».

    Secondo Jean Pierre Lémonon, dell'Università Cattolica di Lione, «verso la fine del I secolo, i 'maestri della Sinagoga' proposero di applicare ai discepoli di Gesù la dodicesima 'benedizione' che, dagli anni 150 avanti Cristo era, con qualche variante, utilizzata per impedire agli eretici e a tutti quelli che si allontanavano dalla tradizione di Israele di partecipare alle riunioni comunitarie. Così le autorità della sinagoga rendevano impossibile la partecipazione dei discepoli di Gesù alle attività della comunità giudaica. Da parte sua, la tradizione giovannea è una buona testimonianza della polemica diretta contro i discepoli attaccati ai costumi ebraici. Questi ultimi sono simboleggiati dai fratelli di Gesù che non credono in lui (Gv 7,5) e dagli ebrei che avevano creduto, ma che comunque non ispiravano fiducia a Gesù (Gv 2,23-25; 8,31-59). In più il racconto giovanneo della guarigione del cieco nato intima a questi discepoli di scegliere il loro campo: essi sono rappresentati dai parenti del cieco che conoscono la verità, ma temono di essere esclusi dalla sinagoga».

    Già J. L. Martyn (1) aveva affermato che il Quarto Vangelo era stato scritto proprio con l'intento di «consolare la comunitá cristiana, traumatizzata dall'espulsione dalla sinagoga. Ciò presuppone una sinagoga dove gli ebrei sarebbero stati perseguitati dai loro confratelli, solo che li si sospettasse di essere diventati cristiani e lascia intravedere una tensione con la gerarchia giudaica sempre piü controllata dai farisei».
    Nel periodo dopo il 70 dopo Cristo la prova della rottura con la sinagoga si trova proprio - secondo Martyn - nell'estensione ai Cristiani della 12ª delle diciotto «benedizioni» (Shemone esre), la Birkat ha-Minim per l'appunto.

    Vale la pena di far conoscere queste cose, perchè i cristiani, anche cattolici, sono sempre più prigionieri dell'ignoranza e del pregiudizio e subiscono, senza reagire, ogni sorta di accusa e calunnia pronunciata contro la Chiesa, nel timore di essere accusati di antisemitismo, aderendo supinamente alla vulgata secondo cui i contrasti con il giudaismo sarebbero frutto esclusivo del peccato, della violenza e della intolleranza della Chiesa.
    Niente di più falso in realtà, salva le necessità di precisare oltretutto che l'antigiudaismo teologico (che nulla ha a che fare con l'antisemitismo) è – se rettamente inteso – addirittura connaturato alla Fede cristiana.
    Scrive san Paolo: «quanto al Vangelo, [sono] nemici a causa vostra, quanto alla elezione, [sono] amati a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!».
    Paolo sa che tra i discepoli di Cristo e i giudei che non credono in lui c'è una relazione di opposizione.
    I giudei contestano la fede cristiana; non accettano che Gesù sia il loro messia (Cristo) e il Figlio di Dio. I cristiani non possono non contestare la posizione di questi giudei.
    Il rapporto tra ebrei e cristiani fu, dunque, fatto da subito di duri reciproci contrasti.
    E non guasta ricordare chi cominciò.

    La rivolta ebraica del 66 dopo Cristo contro la dominazione romana in Palestina, culminò nel 70 con la distruzione del tempio di Gerusalemme, avvenuta, stando allo storico Giuseppe Flavio, proprio nello stesso giorno della distruzione del primo tempio, quello di Salomone.
    La spada di Roma costò agli ebrei circa un milione di morti e la guerra giudaica si concluse tre anni dopo con la conquista da parte delle armate imperiali delle fortezze dell'Heredion, di Macheronte e di Masada: i difensori di quest'ultima preferirono il suicidio collettivo alla resa.
    La distruzione del tempio, che segnò anche la fine della pratica del «sacrificio», determinò profondi cambiamenti nella società giudaica: i sadducei, che erano l'aristocrazia sacerdotale, vennero via via perdendo importanza e considerazione, fin quasi a scomparire.
    I «rivoluzionari» (sicari, zeloti e altri) furono sterminati.

    L'insediamento zelota di Qumran fu distrutto nel 68, mentre i superstiti, pare rifugiatisi a Masada, morirono nell'assedio.
    La riorganizzazione della vita giudaica venne allora egemonizzata da una nuova classe religiosa, sopravvissuta alla rivolta, quella dei Rabbaniti, i maestri rabbini e «i saggi d'Israele», che furono a poco a poco riconosciuti come guide del popolo.
    Si è soliti affermare che i Rabbaniti siano gli eredi dei Farisei, ma recenti ricerche inducono a credere che in realtà i rabbini non sono necessariamente i discendenti dei farisei, ma nacquero dall'unione tra la religiosità farisaica, tutta incentrata sul rispetto delle leggi di purità e quella degli scribi, imperniata sulla Torà e sul suo studio.
    Costoro, che erano radunati ad Jamnia (Yavneh), sulla costa palestinese, furono considerati dalle autorità romane i rappresentanti ufficiali del giudaismo sopravvissuto.
    Sul piano dell'organizzazione interna, i Rabbaniti considerano eretiche le altre correnti del giudaismo (compreso il nascente cristianesimo).

    Le comunità cristiane, che già avevano subito le persecuzioni testimoniate dagli Atti degli Apostoli, a seguito del prevalere della tendenza «cattolica» (cioè universale) di matrice paolina, videro crescere contro di loro l'ostilità del giudaismo.
    Se Rabbi Trafone sfogava il proprio astio con queste parole: «i vangeli devono essere dati alle fiamme, perché per la fede giudaica il paganesimo è meno pericoloso delle sette giudeo-cristiane. Preferirei cercare rifugio in un tempio pagano, piuttosto che in un'assemblea giudeo-cristiana», Samuele il Giovane, su ordine del patriarca Gamaliel, inserì tra le preghiere quotidiane la Birkat ha-Minim [letteralmente 'benedizione' contro gli eretici]: «i nostri maestri insegnarono: Shimon Ha-Pakoli ordinò le 18 'benedizioni' davanti a Rabban Gamaliele secondo l'ordine di Jabne. Disse Rabban Gamaliele ai saggi: c'è qualcuno tra di voi che sappia comporre una preghiera riferita ai Minim (Birkat ha-Minim)? Si levò Shmuel Ha-Qatan e la compose. L'anno seguente (quando fu chiamato a recitarla) la dimenticò e cercò di ricordarla per due o tre ore, ma non fu sostituito dal suo posto di lettore. Per quale motivo non lo sostituirono? Disse Rav Yehuda: se un lettore si sbaglia in qualunque 'benedizione' non verrà sostituito, però se si tratta della Birkat ha-Minim egli sarà sostituito per il sospetto che possa essere un Min» (Berackot 28b-29a). (2)

    Fu così che nella preghiera dell' «amidah» (3) , venne aggiunta una «benedizione» contro gli eretici, il cui testo nella versione della «Genizah» (4) del Cairo di S. Schechter (5) , recita così:

    «che agli apostoli ('Meshumadim') non sia data speranza e che l'impero dell'orgoglio sia prontamente sradicato dai nostri giorni.
    Che i 'Ntzrim' (6) e che i 'Minim' (7) periscano all'istante, che siano cancellati dal libro della vita e non siano contati tra i giusti. Benedetto sii Tu Signore che abbassi i superbi».

    Regola cogente riguardo all' «amidah» era che l'intero corpo di essa poteva essere recitato mentalmente o bisbigliato, tranne il «Birkat ha-Minim», che doveva essere pronunciato ad alta voce, pena l'estromissione dalla sinagoga.

    Durante il Medio Evo, Alfonso di Valladolid, un ebreo che si era convertito alla Fede cattolica, riferì al re Alfonso XI di Castiglia che gli ebrei insultavano i cristiani quando recitavano una delle diciotto «benedizioni» della preghiera di «amidah».
    Il re Alfonso ordinò allora di tenere un disputa pubblica con i rabbini locali riguardo alla presunta natura anticristiana della dodicesima «benedizione», il Birkat ha-Minim.
    I rabbini spiegarono che la Birkat ha-Minim era una supplica a Dio per condannare «i diffamatori» e «i malvagi» e che la preghiera aveva quasi 1.500 anni.
    Dissero che era riferita all'occupazione della Giudea da parte dei Greco-Siriaci e che le maledizioni erano rivolte agli occupanti e a quegli ebrei che avevano collaborato con loro.
    Il re Alfonso XI ignorò le loro spiegazioni e il 25 febbraio 1336 vietò la preghiera di Birkat ha-Minim, poiché essa costituiva un'offesa a tutti i cattolici.
    Per evitare ritorsioni da parte della popolazione, le comunità giudaiche in Castiglia ed altrove cancellarono le frasi «offensive».

    Ma di recente il Birkat ha-Minim è riapparso nei libri di preghiera.
    Sui due termini della «benedizione» – «Ntzrim» e «Minim» - il dibattito tra gli studiosi è stato molto vasto e non di rado orientato a ridimensionare e sminuire la durezza del suo contenuto o a dimostrare che originariamente il testo, contrariamente a quello ritrovato da Schechter, non avrebbe compreso i «Ntzrim» (Nazareni) e i «Minim» (gli eretici), ma solo questi ultimi.
    Vi è stato chi ha sostenuto che la Birkat ha-Minim sarebbe stata creata come risposta al cristianesimo stesso (individuato direttamente tra le dottrine dei «Minim»), che si sarebbe presentato come una forza socio-religiosa già di grande importanza, al punto di mettere in pericolo l'ebraismo esistente.
    Per tale ragione questa «benedizione» stabilì i parametri definitivi tra ebraismo e cristianesimo che ancora oggi perdurano.
    Conseguentemente, secondo questa tesi, l'ebraismo di allora fu spinto a proteggersi contro il cristianesimo.
    Tesi tutta da dimostrare, se si considera l'esiguità delle comunità cristiane, rispetto al radicamento del giudaismo tradizionale.
    Altri sostengono invece che la Birkat ha-Minim non sia il risultato di un confronto con il cristianesimo e che non fosse questo il suo obiettivo.
    Essa fu piuttosto diretta contro un gruppo particolare che deviò dai principi della comunità ebraica e che era forse vicino a principi cristiani.
    Se colpì i cristiani, non si sarebbe trattato di un attacco diretto contro il cristianesimo, ma di un «effetto collaterale» indesiderato.
    Tutte queste interpretazioni mirano in sostanza a dimostrare che non è esistito e non esisterebbe nessuno scritto che abbia provocato la rottura fra giudaismo e cristianesimo, tantomeno la Birkat ha-Minim.
    Questa rottura invece – ad esempio secondo Kimelman - sarebbe il frutto di una lunga storia che è, a sua volta, dipesa in gran parte dalla situazione politica e dal potere esercitato dalla Chiesa: «la separazione fu piuttosto il risultato di un lungo processo dipendente da situazioni locali e, in ultima analisi, dal potere politico della Chiesa». (8)
    E' evidente il tentativo di piegare i fatti al pre-giudizio e di invertire con una maldestra operazione di ribaltamento le responsabilità pesanti del giudaismo, riguardo alla rottura dei rapporti col nascente cristianesimo.

    Gran parte di queste posizioni sono state confutate da Horbury (10) , per il quale la Birkat ha-Minim esisteva già all'epoca di Rabban Gamaliele e faceva parte integrante del quadro delle «orazioni» dell'ebraismo.
    Se è vero poi che non colpisce esclusivamente i cristiani, questi ultimi occupano grande spazio in essa.
    Vero è pure che la maledizione contro i cristiani sarebbe presente già nel testo originale dell' 85 dopo Cristo.
    A tale proposito Horbury cita san Giustino: «...Giustino, il primo testimone non ebreo a riferire di una maledizione sinagogale, aveva ragione nel supporre che sia i cristiani provenienti dal mondo pagano che i giudeo-cristiani venissero maledetti nella sinagoga. La maledizione, una delle misure prese contro il cristianesimo emergente, era nella forma della 'benedizione' Birkat ha-Minim. Questa maledizione contro gli eretici fu approvata a Yavne (Jamnia n.d.a.) all'epoca di Gamaliele II ed incorporata nella tefillah che, a quell'epoca, stava acquisendo importanza come elemento dell'unità ebraica». (11)

    Horbury vede infine nella Birkat ha-Minim un fattore, anche se non esclusivo, di grande peso nella separazione tra ebraismo e cristianesimo: «in quanto tale non fu decisivo nella separazione della Chiesa dalla sinagoga, ma dette una solenne espressione liturgica alla separazione che si ebbe nella seconda metà del primo secolo e ciò assieme alle altre misure a cui appartiene». (12)
    Una prova ulteriore del fatto che – come scriveva il famoso sociologo Max Weber - «il fortissimo inasprimento delle relazioni tra giudaismo e cristianesimo è stato, nei primi secoli, provocato essenzialmente non da parte cristiana, ma giudaica».
    E' una consapevolezza che occorre riacquistare, evitando altresì di pensare il cristianesimo come «setta ebraica» e lo scontro tra le prime comunità cristiane ed il giudaismo come un contrasto tutto interno a quest'ultimo.

    Se il cristianesimo non rimase prigioniero del particolarismo giudaico, ma dispiegò il suo annuncio di salvezza fino agli estremi confini della terra, fu grazie al genio dell'ebreo Saulo di Tarso, il quale capì che l'elezione di Israele non era fine a se stessa, ma aveva valore in vista della redenzione di tutti gli uomini.
    L'universalità dell'annuncio, compreso in ritardo dalla Chiesa di Gerusalemme e da Pietro, farà esclamare a quest'ultimo: «in verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti».

    Per questo Colui «che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce» insegnava a benedire e non maledire.

    Tuttavia, proprio come recita il Vangelo di Giovanni: «venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto…»

    Domenico Savino

    Note

    (1) J. L. MARTYN, «History and Theology in the Fourth Cospel», New York, 1968.

    (2) Il fatto che Shmuel Ha-Qatan non ricordasse la preghiera da lui stesso composta potrebbe far supporre che fosse un Min. Se così fosse stato egli non avrebbe recitato la preghiera non per dimenticanza, ma piuttosto per non recitare una orazione contro se stesso. Il Talmud però toglie questo sospetto precisando che Shmuel Ha-Qatan non venne destituito. L'episodio vuole verosimilmente evidenziare che la maledizione è composta da un ebreo, che è noto Shmuel Ha-Qatan non è un Min, ma che in altri casi un errore nella recita della Birkat ha-Minim comporta la sostituzione nel posto di lettore.

    (3) E' la parte essenziale della preghiera quotidiana. Consta di diciannove (18+1) «benedizioni» nei giorni feriali e di sette «benedizioni» nei sabati e nei giorni festivi, e si recita in piedi, rivolti verso le vestigia del santuario di Gerusalemme.

    (4) Per «genizah» si intende un locale (di solito non molto grande) annesso alla sinagoga. In tale locale venivano conservati ogni sorta di documenti, dalle forme e dimensioni più disparate. Spesso accadeva trattarsi solo di modesti frammenti. Il motivo di tutto ciò è da attribuirsi alla «credenza» ebraica secondo cui al momento della resurrezione i documenti torneranno ai loro legittimi proprietari. La genizah del Cairo risale al tempo della costruzione della sinagoga e quindi intorno al XIII secolo. Verso la fine del 1800, a seguito di lavori di restauro della sinagoga stessa, venne scoperta accidentalmente la genizah di cui si era perduta memoria. Tale scoperta fu molto importante, anche perché in essa venne rinvenuto il celeberrimo «Documento di Damasco», di origine qumranica. Tale documento è risultato preziosissimo per l'esegesi dei documenti rinvenuti a Qumran.

    (5) S. Schechter S., «Genizah Specimens, Jewish Quarterly Review», X, 1898, pag. 657.

    (6) Questo termine Ntzrim può essere letto Notzrim che significherebbe cristiani. Tale termine è quello che gli ebrei (ed in genere tutti i semitici) usano ancora oggi per indicare i «cristiani».

    (7) II termine ebraico «min», tipo, varietà in senso figurato indica colui che devia (dalla linea del giudaismo).

    (8) 37. Kimelman R. – «Birkat ha-Minim and the Lack of evidence for an Anti-Christian Jewish prayer in later antiquity», in: Jewish and Christian Self-Definition, Edited by Sanders, E.P., Volume II, Fortress Press, London 1981, pagina 244.

    (9) Horbury W. – «The Benediction of the Minim and the Early Jewish Christian Controversy», The Journal of Theological Studies, V, XXXIII, 1982.

    (10) Il termine ebraico «tefillah» (preghiera) significa giudicare, da cui i concetti di introspezione e di autoesame. Tefillah deriva dalla radice palàl, giudicare: pelilìm infatti sono i giudici. Palàl può anche essere usata nel senso di ricercare, indagare e chiedere.

    (11) 40. Horbury, opera citata, pagina 59.

    (12) 43. Horbury, opera citata, pagina 61.

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  2. #2
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    Davvero interessantissimo e ben documentato.
    Grazie August.

  3. #3
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    Grazie
    Pro aris rege!

 

 

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