Leghista nei guai.
L'accusa dal pm che si scontrò con Bossi.
Nel mirino ci sarebbe anche un uso disinvolto dell'auto blu
VARESE — Un sindaco leghista che fa pressioni e telefonate per sistemare un'immigrata clandestina: a prima vista sarebbe una specie di ossimoro, di nonsense politico ma è esattamente il caso all'esame della procura di Varese. Il sindaco accusato è Aldo Fumagalli, primo cittadino della «città vetrina» del Carroccio e soprattutto uomo portato in palmo di mano da Umberto Bossi. Fumagalli, sindaco di Varese dall'autunno del '97, ha ricevuto ieri un'informazione di garanzia: è iscritto nel registro degli indagati per concussione e violazione di alcune norme della legge Bossi-Fini. Il sindaco ammette di aver ricevuto un'informazione di garanzia: «E' vero, ma le accuse sono assurde. Non ho mai favorito l'immigrazione clandestina, anzi l'ho sempre combattuta».
Non una parola, invece, sul fronte degli inquirenti. Le indiscrezioni dicono che l'inchiesta prende le mosse dall'esposto presentato meno di un anno fa da Augusta Lena, responsabile della cooperativa Sette Laghi, società che in passato aveva avuto tra i suoi amministratori anche il fratello di Bossi e che gestiva per conto del comune di Varese i servizi di pre e dopo scuola. Secondo alcune indiscrezioni, il sindaco avrebbe fatto pressioni sulla cooperativa perché regolarizzasse e desse lavoro a una giovane immigrata romena. Favori inizialmente concessi, ma quando nell'estate del 2004 la Sette Laghi perde l'appalto per i servizi comunali, la presidente si presenta in Procura e racconta tutti i suoi tormentati rapporti con il Comune di Varese.
Fumagalli accoglie con sconcerto la notizia: «Non ho mai fatto pressioni per assumere nessuno. Certo, ricevo una quindicina di segnalazioni al giorno di persone in difficoltà. E queste segnalazioni le giro a cooperative e case di riposo». Ma non si tratta di raccomandazioni, spiega: «Cerco soltanto di aiutare chi ha bisogno. La maggior parte delle segnalazioni, comunque, le delego ai miei collaboratori». Fumagalli non esclude una vendetta politica: «Può darsi che qualcuno abbia interesse ad accusarmi, in quanto leghista. Saprò difendermi. Ma seguo il mio motto: male non fare, paura non avere».
Nel fascicolo di indagine ci sarebbero altri episodi, a cominciare da un uso «disinvolto» dell'auto blu da parte del sindaco, per viaggi non legati ai suoi compiti istituzionali. Ieri mattina è stato interrogato per oltre due ore, in qualità di testimone, Salvatore Napoli, vigile urbano e, fino a un anno, fa autista nonché «ombra» di Fumagalli. Napoli, al termine dell'interrogatorio, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. L'interrogatorio del vigile è al momento, oltre all'invio dell'informazione di garanzia, l'unico fatto sostanziale dell'inchiesta. «Valuteremo nei prossimi giorni se presentarci in procura e farci interrogare — spiega l'avvocato Giancarlo Beraldo, difensore di Fumagalli —. Prima, però, vorremo capire nello specifico che fatti ci vengono contestati».
Il titolare dell'inchiesta varesina è il pubblico ministero Agostino Abate, primo magistrato ad avviare, nel 1994, un'inchiesta sui conti della Lega Nord. Per quell'episodio Abate fu prima bersaglio di una violenta invettiva da parte di Bossi in persona (invettiva per la quale il Senatùr è stato condannato) e in seguito di un'ispezione da parte degli 007 ministeriali spediti a Varese dal guardasigilli Roberto Castelli. Nel maggio scorso la sezione disciplinare del Csm ha assolto Abate da qualsiasi imputazione.
Claudio Del Frate
Alessandro Trocino
Corriere.it
16 settembre 2005