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    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    L’aspirina di Erode: anche in Italia l’aborto chimico e “facile” della RU-486


    ROMA, domenica, 18 settembre 2005 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo per la rubrica di Bioetica l’intervento della dottoressa Claudia Navarini, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.



    * * *


    Il 10 settembre è iniziata ufficialmente in Italia – presso l’ospedale Sant’Anna di Torino – la sperimentazione della RU-486, nome commerciale in Europa di un farmaco abortivo a base di mifepristone.

    Se ne parlava da tempo. A tratti l’avvio della sperimentazione sembrava imminente, poi qualcosa fermava la procedura e per un po’ non se ne parlava più (cfr. RU 486: breve cronistoria dei fatti principali, “Bioetica. Rivista interdisciplinare”, 4/2002). Gli abortisti si affrettano a stigmatizzare la presenza “oscurantista” della Chiesa Cattolica e l’arretratezza su “certi” temi della cultura italiana da essa influenzata.

    Forse le ditte farmaceutiche e le organizzazioni governative sono invece state maggiormente influenzate dalla presenza dei rapporti della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, che documentano i numerosi casi di gravi effetti secondari della pillola abortiva sulle donne. Negli Stati Uniti il mifepristrone a scopo abortivo è stato introdotto nel settembre 2000, con il nome commerciale di Mifeprex. Questo farmaco inibitore del progesterone, se assunto precocemente (entro 49 giorni dall’ultima mestruazione), è in grado di arrestare una gravidanza nell’85% circa dei casi. Associato a prostaglandine (solitamente misoprostol), garantisce il 95% di abortività.

    Il 19 luglio 2005, una nota della FDA metteva in guardia sui rischi dell’aborto chimico, “consapevole dei quattro casi di morti settiche negli Stati Uniti fra il settembre 2003 e il giugno 2005, a seguito di aborto medico con mifepristone (Mifeprex) e misoprostol”. Un analogo caso di sindrome da shock tossico era stato riportato in Canada nel 2001 (cfr. Clostridium sordellii Toxic Shock Sindrome After Medical Abortion with Mifepristone and Intravaginal Misoprostol – United States and Canada, 2001-2005, “MMWR Weekly” 29 luglio 2005, 54 (29), p. 724). D’altra parte, il primo caso registrato di morte da aborto farmacologico è del 1991 in Francia, nella patria dell’RU-486, dove il prodotto è in commercio già dal 1989.

    La letteratura medica sullo shock tossico da mifepristone è vasta ed esauriente. Proprio in settembre la rivista “The Annals of Pharmacotherapy” ha pubblicato un articolo in cui vengono descritti con estrema chiarezza il funzionamento della sostanza e la modalità con cui si può ingenerare l’infezione fulminea e letale da batterio Clostridium sordellii (R.P. Miech, Pathophysiology of Mifepristone-Induced Septic Shock Due to Clostridium sordellii, “The Annals of Pharmacotherapy”, settembre 2005, 39(9), pp. 1483-8, già pubblicato on-line il 26 luglio 2005)

    Non esiste una stima completa e ufficiale dei decessi da aborto farmacologico, ma è evidente una generale presa di distanza dai presunti “benefici” del procedimento e un generale appello alla cautela, dopo i primi anni di cieco entusiasmo per una modalità di aborto che pareva “liberare” le donne dal giogo medico e giuridico dell’aborto chirurgico. Di fatto, perfino in Cina, dove nel 1992 la pillola abortiva era stata messa in commercio come prodotto da banco, nel 2001 si è compiuto un passo indietro, ammettendo l’aborto chimico solo all’interno di un’attenta procedura ospedaliera (cfr. C. Hall, China Bans Abortion Pill, CNSNews.com, 22 ottobre 2001). Probabilmente non si saprà mai nei dettagli quali eventi abbiano indotto il mutamento, ma gli esempi occidentali ne lasciano facilmente intuire la portata.

    Oltre alle morti per sepsi, sono stati segnalati numerosi casi di complicazioni da aborto farmacologico, tra cui emorragie, nausea, vomito, svenimenti, crampi addominali, fenomeni ipertensivi. Inoltre, resta la possibilità che l’aborto “domestico” non sia completo, e che si debba comunque ricorrere alla chirurgia. Se la gravidanza prosegue – circa il 5% – sono altamente probabili malformazioni fetali (cfr. D. Grimes, Risks of mifepristone abortion in context, “Contraception”, 2005, 71 (3), p. 161; si vedano anche i siti dedicati al mifepristone).

    A fronte di tali dati, l’Italia inizia la sperimentazione dell’RU-486, che coinvolgerà 400 donne, secondo il protocollo già descritto nel 2002 dal ginecologo del Sant’Anna Silvio Viale: la donna “in ospedale dovrà tornare tre volte. Il primo giorno le verrà data la pillola, il terzo giorno il misoprostol, il farmaco a base di prostaglandine che favorisce l’espulsione. Il decimo giorno, un ultimo controllo” (È tutto in regola, noi andremo avanti, “Corriere della Sera”, 16 dicembre 2002).

    Sembra semplice, quasi banale quanto un mal di testa. Una soppressione facile e “indolore” di una vita, soppressione che – si sostiene – “risolve” alla donna i problemi di una maternità indesiderata e i disagi dell’intervento chirurgico; non serve nemmeno il ricovero, il che forse “semplifica” le procedure di autorizzazione all’aborto, e magari riduce le seccature dovute al fastidioso numero di obiettori di coscienza; una soppressione che per la sua tempestività si può svolgere nella più totale segretezza, senza che neppure il “partner” ne sappia mai nulla. Insomma, un trionfo dell’autodeterminazione femminile.

    Eppure, a ben vedere, che cosa separa l’assunzione della pillola dal “controllo” a dieci giorni? Un lungo periodo in cui, mentre si consuma l’agonia e la morte del piccolo nel suo grembo, la donna penserà molte cose: se l’aborto la farà soffrire, se tutto poi tornerà come prima, se era veramente il caso di inghiottire quella tavoletta assassina, quel pesticida umano (come durante un’intervista lo aveva chiamato Jérome Lejeune nel 1990) che non le ha dato davvero molto tempo per riflettere, per essere dissuasa (come dice la legge 194); che l’ha lasciata più sola dell’aborto “normale”, perché attorno a lei tutti vedevano nella pillola abortiva la soluzione facile, a portata di mano.

    Insomma, l’agile “pillola del mese dopo” trasforma l’attesa della gravidanza, cioè del figlio, nell’attesa della sua morte, che dura dieci penosissimi giorni. In quel tempo si può anche cambiare idea, ma non si può più tornare indietro.

    Anche il fatto che il decorso post-aborto sia con l’aborto farmacologico meno traumatico è tutto da dimostrare. I dati finora raccolti sulla sindrome post-abortiva dicono chiaramente che la donna va incontro ad un vero e proprio lutto, indipendentemente dall’epoca in cui l’aborto viene eseguito e dalla tecnica usata.

    Anzi, è ragionevole ritenere che l’aborto “in casa” investa la donna di responsabilità e sensi di colpa ancora maggiori, perché mentre l’intervento abortivo “classico” viene materialmente eseguito da un medico, nel caso dell’RU-486 l’unica vera esecutrice è la donna che assume la pillola, che spia tutti i segnali dell’aborto in atto, che si “libera” del proprio figlio con pochissimo aiuto “esterno”.

    Resta da valutare se una simile procedura, così confinata nel privato, così restia a passare attraverso la consulenza preliminare sia compatibile con l’attuale legislazione, che vorrebbe formalmente porsi “a favore della maternità”, cercando di rimuovere tutti i possibili ostacoli che portano alla richiesta di aborto. È stato giustamente notato che vi sarebbero vari punti di incoerenza con la legge 194. Sarebbe quindi necessario capire una volta per tutte se la legge 194 vige e vincola anche laddove prevede organi e procedure per evitare il ricorso all’aborto.

    Si dovrebbe comprendere – una volta di più – la consistenza delle “regole severissime” e dei “paletti” di cui si parla ogni volta che si è voluto (aborto, fecondazione artificiale) o si vuole (RU 486, eutanasia) legalizzare una pratica contraria alla vita umana tranquillizzando al contempo le coscienze dei meno avvertiti o dei meno disposti a opporvisi seriamente. Basteranno detti “paletti” a fermare la diffusione della pillola abortiva?

    Alfredo Mantovano rispondeva efficacemente a queste domande già quindici anni fa, quando si iniziava a parlare di RU-486, senza ancora conoscere esattamente gli effetti secondari del farmaco, ma avendo ben chiaro l’effetto primario, ovvero l’uccisione di un bambino non nato: “l’incoerenza è soltanto formale: infatti, nella sostanza è del tutto logico, dopo dodici anni [ora 27, ndr] di pratica abortiva indiscriminata e a semplice richiesta della gestante, così come di fatto consente la legge n. 194, che il profilarsi all’orizzonte di un sistema in apparenza più pratico e più veloce trovi consensi fra i sostenitori della legalizzazione della IVG” (A. Mantovano, Aborto anche in “pillole” , “Cristianità”, 193-194, 1990).

    Nella triste ipotesi che la RU 486 sia definitivamente autorizzata in tutto il territorio nazionale, è poi lecito aspettarsi un’ulteriore tragica beffa: quella del presunto “calo” degli aborti, secondo il vecchio sofisma per cui non c’è miglior rimedio a un male che legalizzarlo. Non sorprenderebbe di vedere calcolati nelle statistiche soltanto i “vecchi” aborti chirurgici, senza sommare ad essi i trattamenti a base di farmaci abortivi. E così, mentre l’urlo degli innocenti si farà ancora più frequente, si sarà trovato il modo di renderlo ancora più silenzioso.

    [I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica scrivendo all’indirizzo: bioetica@zenit.org
    . La dottoressa Navarini risponderà personalmente in forma pubblica e privata ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le iniziali del cognome e la città di provenienza]

    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  2. #2
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    l'RU486 non e' la pillola del giorno dopo ma, casomai, del mese dopo (come peraltro riportato) perche' la sua somministrazione presuppone una "diagnosi" .

    ..............

    perchè faccia effetto, cioè UCCIDERE L'EMBRIONE, deve essere assunta entro le 48 ore dal rapporto sessuale.........l'effetto si esaurisce in dieci giorni.........

    quello che dici tu è il prenderla , se si vuole essere sicuri di essere rimasti in stato interessante........allora tocca attendere il periodo mestruale e verificare lo stato.........

    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  3. #3
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    Originally posted by antonio
    la pillola del mese dopo uccide l'embrione...

    la pillola del giorno dopo potrebbe, dico potrebbe, non uccidere niente, nel senso che la fecondazione potrebbe anche non essere avvenuta...ma e' l'intenzione , la finalita' cosciente dell'atto che ne stabilisce la moralita'...

    per cui, se anche in termini biologici agiscono diversamente, il giudizio non puo' essere diverso rispetto alla pillola del mese dopo..
    è vero e potrebbe.....dico potrebbe....generare malformazione nel feto nel 5% dei casi

    sul resto concordo.....non sono infatti due tipi di pillole è sempre una che può essere presa in due tempi diversi.......
    Se non erro anche qui mettemmo la notizia che in Inghilterra si è aperto un caso mostruoso del quale non ci hanno più aggiornati:

    l'aumento di BAMBINE DI 12 ANNI che facevano uso della pillola DEL GIORNO DOPO.....il caso fece aprire il dibattito perchè fino a 16 anni, in Inghilterra avere rapporti sessuali con minori è un reato...ma non si spiega come un altra Legge abbia deciso che bambine di 12 anni possano far uso di questo contraccettivo.......

    naturalmente con il plauso dei genitori......



    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  4. #4
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    Originally posted by antonio
    chimicamente, farmacologicamente, sono due tipi di pillole diverse.

    per quanto attiene le dodicenni , per quanto mostruoso possa sembrare, vi sono dodicenni che ricorrono all'aborto.
    ergo.....è meglio prendere la pillola secondo te, giusto?

    la pillola è una sola........alla quale viene associata nell'uno o nell'altro caso una aggiunta al preparato.......
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  5. #5
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    (suggerimenti da un sito che consiglia la pillola)

    Pillola del giorno dopo

    Potete rivolgervi ai Consultori familiari, al medico di famiglia, qualunque altro medico oppure alla nostra Associazione.
    Tel. 333 9856046
    La contraccezione di emergenza non è, non può e non deve essere considerata un rimedio contraccettivo abituale!
    Però la pillola del giorno dopo può mettervi al riparo da "incidenti" o "situazioni a rischio" e può essere utilizzata in alternativa ad una possibile interruzione di gravidanza.
    Solo un medico può prescrivere il farmaco.


    QUANDO SI USA LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO?
    La pillola del giorno dopo o contraccezione "post-coitale", è un metodo occasionale da utilizzare nelle ore successive al rapporto a rischio.
    Facciamo qualche esempio di rapporti a rischio:
    il preservativo che si rompe o male indossato;
    coito interrotto (quando ritenuto inefficace, causa di molte gravidanze indesiderate);
    l'espulsione della spirale (completa o parziale);
    l'assunzione non corretta della pillola anticoncezionale (ve la siete dimenticata o magari avete avuto un episodio di diarrea o vomito).

    CHE EFFICACIA HA LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO?
    L'efficacia della pillola del giorno dopo è strettamente correlata ai suoi tempi di assunzione: più sono vicini al rapporto sessuale a rischio e maggiore è la protezione che offre.
    L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha realizzato uno studio che indica che l'uso della "pillola del giorno" dopo previene il 95% di gravidanze indesiderate.

    HO PRESO LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO PER UN RAPPORTO A RISCHIO, ORA POSSO ESSERE SICURA DI ESSERE PROTETTA FINO ALLE PROSSIME MESTRUAZIONI?
    Nooo! La pillola del giorno dopo è efficace solo per il rapporto che ha indotto la sua assunzione.
    Per i rapporti sessuali successivi occorre ricorrere un'altro metodo contraccettivo ( preservativo, diaframma, creme spermicide.... quello che volete).
    Adottate poi una contraccezione regolare e sicura.

    (sic!!! )

    HO PRESO LA PILLOLA MA HO VOMITATO. COSA DEBBO FARE?
    La pillola del giorno dopo normalmente non procura episodi di vomito.
    In ogni caso, se il vomito sopravviene nelle due ore successive all'assunzione del farmaco, è raccomandata l'assunzione immediata di altre due pillole.




    *******************

    AGENZIA DI GIORNALISMO SCIENTIFICO (Zadig.it)

    ABORTO MEDICO

    RU-486, "la pillola del giorno dopo", storia e aspetti giuridici

    03-02-2003



    Il grande scienziato francese Jérome Lejeune l'aveva definita senza troppi giri di parole: un "pesticida umano". Ora la RU 486, la pillola che provoca l'aborto se assunta entro il secondo mese di gravidanza, è sbarcata anche in Italia. Il via libera è arrivato dal Comitato etico della Regione Piemonte, che nell'ottobre 2002 ha approvato la sperimentazione di questo prodotto chimico presso l'ospedale Sant'Anna. Dal gennaio 2003 i nascituri di Torino cominceranno a essere uccisi con questo nuovo sistema, che verrà testato su 400 donne incinte.


    Che cos'è la RU 486

    La Ru 486 è un prodotto chimico a base di Mifepristone, un potente antiormone che interrompe l'annidamento dell'embrione nell'utero e provoca l'aborto del concepito.. La Ru 486 - che non può essere definita un farmaco, poiché non serve a curare una patologia - viene assunta dalla donna come una normale pastiglia. Trascorsi tre giorni, i medici somministrano alla madre una sostanza che induce le contrazioni e provoca l'espulsione dell'embrione nel 60% dei casi. Poiché la procedura è dolorosa e non esente da complicanze per la donna, per ora la somministrazione della pastiglia deve avvenire in ambiente ospedaliero, dove la donna stessa verrà tenuta in osservazione per alcune ore dopo l'aborto, e visitata di nuovo circa 15 giorni dopo.


    Un po' di storia

    La Ru 486 è stata prodotta dai laboratori della Roussel Uclaf, una società controllata dal Governo francese e dal gruppo tedesco Hoechst. Non è un caso che nella genealogia delle aziende chimiche tedesche compaia anche la I.G. Farben, che produceva il famigerato Zyclon B., il gas omicida usato da Hitler. La Ru 486 è usata da 10 anni in Francia, mentre è sbarcata negli Usa nel 2000. Un comunicato stampa del 23 giugno 1988 dimostra il coinvolgimento dell'Onu nella realizzazione del prodotto: è la stessa Roussel Uclaf a dichiarare di "averlo sviluppato in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Unfpa", che sono agenzie Onu. E' evidente che il prodotto sarebbe utilissimo per "diradare" le popolazioni dei paesi poveri, soprattutto dove non esistano presidi chirurgici adeguati per promuovere l'aborto su scala mondiale.

    In Italia, di Ru 486 si iniziò a parlare nel 1989, quando l'allora sottosegretario alla sanità, la socialista Elena Marinucci, ne caldeggiò (senza successo) l'adozione nel nostro Paese. Ora l'operazione è riuscita per iniziativa dei soliti radicali e di alcuni medici aborzionisti in quella Torino che è la città di don Bosco ma anche della massoneria e del satanismo. Nulla avviene per caso.


    Aspetti giuridici

    1. La prima considerazione da fare è che la RU 486 non è che uno fra i tanti modi con cui è possibile uccidere l'innocente. Viene presentata come uno strumento "umanitario" così come i giacobini offrirono alle vittime del Terrore la ghigliottina, considerata "umanitaria" rispetto alla fucilazione e alla forca. La conclusione era in entrambe i casi la morte dei condannati. Dunque, la radice di ogni male è rappresentato da una legge integralmente iniqua - come la 194/1978 nel caso dell'Italia - che ammette l'autodeterminazione della donna, affidando al suo totale arbitrio la vita del concepito. Posto questo antiprincipio aberrante, tutto diventa possibile.

    2. Uno degli scopi meno evidenti ma più diabolici della Ru486 è l'aggiramento della obiezione di coscienza. Potrà accadere infatti che, un aborto chimico "iniziato" qualche giorno prima, presenti delle complicanze tali da richiedere l'intervento del personale ospedaliero. A questo punto, in casi di urgenza e rischio per la salute della donna, un medico o un infermiere obiettore di turno si vedranno costretti dalla legge a continuare l'opera nefanda dei colleghi abortisti.

    3. Nel consenso informato che viene firmato dalla donna prima di iniziare il "trattamento", la gestante viene avvertita che in caso di "fallimento" - vale a dire se il nascituro sopravvive alla dose di veleno - il nascituro andrà incontro a rischi per la sua salute, e che in ogni caso l'aborto potrà essere ottenuto a quel punto solo con un intervento chirurgico.

    4. Va anche aggiunto che questa pastiglia rende la donna protagonista dell'atto abortivo: è lei che "dà la morte" al proprio figlio, ingerendo la Ru 486. Si invertono i ruoli tipici dell'aborto chirurgico: il medico non più protagonista ma assistente; la donna non più passiva ma protagonista dell'atto omicida.


    Verso l'aborto "fai da te"

    1. Ove la Ru 486 venga usata dentro le procedure previste dalla 194, essa difficilmente può essere dichiarata "fuori legge", almeno nel senso formale del termine. Diverso è il discorso di uno suo utilizzo "privatistico", che configurerebbe una violazione palese delle pur blande misure di controllo poste dalla 194.

    2. L'aborto avviene oggi normalmente con modalità chirurgiche particolarmente raccapriccianti. La donna deve sottoporsi a un intervento, all'anestesia totale, e ai rischi per la sua salute (pur modesti) connessi all'intervento. La Ru 486 risponde al tentativo di rendere sempre più normale, semplice, sicuro e nascosto l'aborto.

    3. In una prima fase, questo obiettivo è piuttosto arduo da raggiungere, perché con la Ru 486 la donna vive per certi versi in presa diretta l'aborto molto più che nell'atto chirurgico: trascorre tre giorni sapendo che ormai ha attivato una procedura inarrestabile di avvelenamento del figlio, inarrestabile anche in caso di ripensamento; e "vede" il figlio espulso da sé come un vero e proprio rifiuto. Orribile.

    4. Ma, d'altro canto, non si deve sottovalutare la possibilità di perfezionare questa arma chimica, tentando di eliminare i rischi di sanguinamento, la dolorosità, la "visibilità" del embrione espulso; affinandola insomma a tal punto da renderla agibile in farmacia come un normale prodotto da banco.

    5. Si realizza in questo modo l'ultimo stadio della "normalizzazione" dell'aborto, che così sembra scomparire dalla società perché sfugge a ogni rilievo statistico e a ogni azione dissuasiva dei pro life, per diventare una faccenda completamente privata. Con la conseguenza di un incallimento delle coscienze che rende - in questo senso - più grave l'aborto chimico di quello chirurgico: "C'è qualcosa di terribilmente repellente in questa procedura. La giustificazione che nobiliterebbe il ricorso al nuovo veleno e che il rischio di complicanze per la madre diverrebbe irrilevante. Da dove nasce questo rischio? Da una decisione sommamente ingiusta e liberamente presa, qulla di uccidere l'innocente. Si abbia il coraggio di dirlo apertamente: si è finalmente scoperto il modo di uccidere nel quale l'assassino non corre più alcun rischio serio" (l'Osservatore Romano, 12 novembre 1989). Come scrisse Francesco Migliori, "Caino non deve più nascondersi"


    La punta di un iceberg

    Attenzione, il polverone sollevato dalla Ru 486 non deve distrarci dalla corretta percezione della realtà: oggi, in Italia, l'aborto chimico è già attuato nella totale indifferenza delle leggi e dei codici deontologici della classe medica. Le donne usano la spirale o IUD, senza sapere che essa non è un contraccettivo ma provoca aborti. Inoltre, per iniziativa dell'ex ministro della sanità Umberto Veronesi, è disponibile in farmacia il Norlevo, prodotto dalla Angelin farmaceutica: una "pillola del giorno dopo" che provoca l'aborto ogni volta che sia assunta a seguito di un rapporto fertile. L'attuale ministro potrebbe ritirare questo prodotto con provvedimento analogo ma opposto a quello del suo predecessore, per sospetta compatibilità con la legge 194 vigente.

    Effetti abortivi possono essere ottenuti attraverso l'uso combinato di pillole regolarmente in commercio, prodotte con finalità contraccettiva, ma capaci di impedire l'annidamento se miscelate in un certo modo. Perfino la classica pillola, assunta dalla donna con l'intento di impedire il concepimento, ha un effetto remoto ma assolutamente certo di carattere abortivo: una verità scomoda troppo spesso taciuta. Ne riparleremo.


    Mario Palmaro

    *******************************

    ergo stiamo parlando di un unica pillola..........
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  6. #6
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    Originally posted by antonio
    no, io non ho detto questo.
    se ho scritto che moralmente sono perfettamente assimilabili, anzi, identiche, come potrei sostenere che la pillola e' migliore?

    se poi ti riferisci alla pillola contraccettiva classica..e' da criminali darla a una dodicenne.
    significa violentarne la natura, gli equilibri, ed esporla a grandi rischi per la salute.
    Grazie per il chiarimento
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

 

 

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