Islam, in Piemonte sono 40mila i musulmani
ROMA - In tutto il Piemonte vivono più di 40.000 musulmani. È quanto emerge da una ricerca appena conclusa, realizzata dal Centro Federico Peirone, un organismo dell’Arcidiocesi di Torino che si occupa di studi sull’Islam. L’inchiesta, coordinata da don Augusto Tino Negri e Silvia Scaranari, presenta uno spaccato molto ampio e approfondito sui musulmani piemontesi ed è stata condotta con il supporto di cittadini stranieri che hanno intervistato i propri connazionali. Dall’analisi delle risposte di 1.500 cittadini di fede islamica e degli imam delle 43 moschee o sale di preghiera presenti nella regione emerge che la laicità è piuttosto lontana dalle convinzioni dei musulmani piemontesi: soltanto il 3% degli intervistati vorrebbe vivere in una società in cui non venga applicata la Sharia, la legge dell’islam.
In base a questo dato viene da sé che
per il 67% dei musulmani piemontesi sarebbe importante istituire un diritto di famiglia fedele all’applicazione dei principi dell’Islam, e che al 61% di essi addirittura farebbe piacere regolare i provvedimenti penali in base a quanto prevede la tradizione del Corano. Se uno ruba o commette un adulterio dunque, per i 1.500 musulmani piemontesi dovrebbe essere punito secondo la legge dell’Islam. Ma c’è da fare una diversificazione in base alla provenienza dei musulmani intervistati: sembra infatti che i cittadini di origine albanese seguano la religione islamica in maniera meno radicale.
In realtà, sfogliando i risultati della ricerca emerge anche un altro dato significativo, ovvero che tra questi fedeli così legati alla tradizione gli assidui praticanti sono pochi. Le analisi sulla frequentazione delle moschee sono state condotte in base all’incrocio di diversi dati: le rilevazioni dirette dei ricercatori hanno riscontrato che il venerdì il 4% del totale dei musulmani va a pregare in moschea. Secondo gli imam si tratta del 5% dei fedeli e, in base a quanto affermano i fedeli stessi, la percentuale di coloro che si recano in moschea è del 26%.
L’Islam però è anche una religione che si pratica privatamente e le preghiere, che per il Corano devono essere quotidiane, possono rappresentare un momento in cui il fedele si trova da solo davanti al suo dio. Gli intervistati sembrano seguire abbastanza questo principio e la preghiera quotidiana è praticata dal 53% di essi, anche se la ritualità più rispettata da tutti è quella del digiuno del Ramadan, osservato rigorosamente dal 96% dei 1.500 musulmani ascoltati.
La ricerca del Centro Federico Peirone, i cui risultati saranno presentati ufficialmente in un convegno venerdì prossimo presso l’Unione Industriale di Torino, non lascia dubbi nemmeno sul fondamentalismo di una parte dei soggetti intervistati.
Il 24% dei musulmani piemontesi si dichiara vicino all’Islam radicale e all’Islam islamista: se per i seguaci dell’Islam islamista il rigore è applicato solo nelle scelte politiche, i radicali seguono rigidamente anche le pratiche religiose. I più fondamentalisti, i più radicali sono poi tutti coloro che – secondo quanto emerge sempre dall’indagine - frequentano regolarmente i luoghi di preghiera.
Si tratta di dati che faranno discutere, dati che alimenteranno magari le tesi di coloro che additano i credenti islamici come potenziali terroristi, ma rispetto a questi argomenti i ricercatori invitano ad essere cauti e a non affrettare conclusioni: «Non tutti i musulmani sono fondamentalisti – dice Luigi Berzano, sociologo che ha curato la ricerca – e potenziali terroristi. Ma se i dati non giustificano nessuna criminalizzazione delle moschee e degli imam, devono indurre però anche chi si occupa di ordine pubblico a una certa cautela».
(26 aprile 2005 - ore 21.37)