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    Ritorna in edicola con Avvenire l'inserto "è vita"

    Da oggi all'interno di Avvenire è ritornato l'inserto "è vita", quattro pagine di approfondimento sui temi riguradanti la vita (aborto, eutanasia, pillole varie...), nate lo scorso febbraio in vista del referendum sulla Legge 40.
    Lo consiglio a tutti, è una fonte preziosa di informazione e formazione.

    La pubblicazione cartacea è settimanale (tutti i giovedì), ma tutto il materiale pubblicato è raccolto nel sito www.impegnoreferendum.it.

  2. #2
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    Grazie per la segnalazione. Avrò modo di acquistarlo.

  3. #3
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    WWW.IMPEGNO REFERENDUM.IT



    Comitato di bioetica, un punto per l’embrione


    Venerdì l’organismo consultivo chiamato a pronunciarsi sulle questioni aperte per orientare la stesura e l’applicazione delle leggi si è espresso riconoscendo la continuità tra i primi stadi della vita umana Un parere importante,ma è solo il primo di una stagione che si annuncia molto calda Parla il presidente Francesco D’Agostino


    Di Marina Corradi

    L'embrione, già vita fin dal primo istante del concepimento. La liceità morale dell'utilizzazione scientifica di cellule di feti abortiti. La questione dell'ammissibilità dell'adozione degli embrioni congelati già esistenti. L'alimentazione dei malati in stato vegetativo. Temi estremamente delicati, e spesso controversi, quelli dei quali il Comitato nazionale di bioetica si è occupato recentemente o sarà chiamato a pronunciarsi a breve. La bioetica resta, anche dopo il referendum sulla legge 40 del giugno scorso, frontiera su cui non smettere mai di vegliare. Come spiega il presidente del Comitato, professor Francesco D'Agostino.

    L'ultimo parere espresso dal Comitato riguarda la natura dell' "ootide", cioè dell'ovocita già fecondato in cui, a 16/30 ore dal concepimento, i patrimoni genetici dei genitori non si sono ancora fusi. Il Comitato ha affermato, contro le argomentazioni sollevate da alcuni durante la campagna referendaria, che l'ootide è già vita umana individuale, degna di tutela dunque al pari dell'embrione. Come si è arrivati a questa conclusione?
    «Sulla descrizione del fenomeno biologico c'è stata condivisione fra tutti i membri del Comitato. Sulla valutazione etica di tale fenomeno non siamo invece giunti a una valutazione unanime. Biologicamente è positivo che solo a partire da un'ora X si assiste alla formazione del patrimonio genetico del nuovo individuo. Tuttavia 26 membri contro 12 hanno ritenuto che l'ootide vada ugualmente tutelato, perché se non intervengono elementi esterni ad alterare il processo l'ootide è irreversibilmente destinato a diventare embrione. Ha prevalso cioè l'idea che già i primissimi processi biologici all'inizio della vita meritino assoluto rispetto: per alcuni, in base alla convinzione che già in quel momento sia presente il valore dell'essere umano; per altri, in conseguenza del principio prudenziale secondo cui quando sussiste il dubbio che l'intervenire in un processo biologico metta in gioco identità della persona u mana sia più coerente astenersi da ogni intervento».

    Le conseguenze pratiche di questa affermazione?
    «Se si aprisse una questione interpretativa della legge 40 - se cioè per embrione si debba intendere anche il prodotto del concepimento prima della fusione dei patrimoni genetici -, ebbene, il Comitato di bioetica si è pronunciato in questa linea. È un parere senza valore autoritativo, e tuttavia resta una precisa indicazione. "Ootide" è termine, insomma, che ha un significato biologico, ma eticamente la distinzione fra questo e l'embrione non ha più senso di quanto ne avrebbe la distinzione fra un bambino e un adolescente».

    Altro recente parere del Comitato, che ha dato luogo a polemiche, è stato quello che ammette l'uso a fini scientifici di cellule di feti abortiti.
    «Ritengo che le polemiche siano nate da un equivoco. Il nostro pronunciamento era in realtà un parere restrittivo. Si trattava di stabilire la liceità dell'uso del materiale fetale proveniente da aborto provocato (il prodotto di aborti spontanei non è utilizzabile in quanto l'aborto è stato indotto da una patologia). Ci siamo trovati a prendere atto che non esiste alcuna normativa, né italiana né europea, sulla gestione del materiale fetale abortito. Quindi, già oggi di fatto tale materiale è utilizzabile senza alcun limite. Ciò che i critici non hanno capito è che il nostro è stato un parere di liceità condizionata. Abbiamo detto: ci sono condizioni che devono essere rispettate perché questa utilizzazione sia eticamente lecita, e abbiamo sollecitato il ministro alla Salute a introdurre una normativa rigorosa attraverso linee-guida. Come? Primo, vietando ogni commercializzazione del materiale fetale (cosa che oggi potrebbe essere possibile); poi, consentendo l'uso solo alla ricerca scientifica, e non per esempio, all'industria cosmetica, come pare avvenga in alcun Paesi; e ancora, chiedendo l'autorizzazione della donna che ha abortito (cosa che oggi non accade), e separando radicalmente i ri cercatori dall'équipe che procede all'intervento; infine, affermando che non è lecito intervenire sulla donna prima dell'aborto, per evitare che il feto venga usato come cavia o - eventualità sia pure remotissima - che ci sia una incentivazione economica all'aborto. L'uso di materiale fetale sarebbe in sostanza equiparato a quello del corpo di un defunto, sia pure con le cautele del caso. Tuttavia esiste in Italia una legge che autorizza l'aborto in determinate condizioni, e il Comitato ne deve prendere atto. Aggiungo che la ricerca di cui parliamo abbisogna del materiale biologico di 10 aborti all'anno, contro i 30 mila praticati annualmente in Italia».

    È imminente anche la decisione circa la liceità dell'adozione di embrioni congelati.
    «Qui la questione è ancora tutta aperta. Il Comitato si pone davanti a un "vuoto" della legge 40, che proibisce la distruzione degli embrioni congelati e, anzi, impegna il Ministero a prendersene cura. La prima questione in discussione riguarda la possibilità di "dare in adozione" questi embrioni, prodotti prima dell'entrata in vigore della legge 40. Occorre chiedersi: se l'embrione è autentica vita umana, il suo diritto a nascere può avere una prevalenza sul disvalore morale che la fecondazione eterologa porta con sé? È chiaro che qui entra in gioco la moltiplicazione delle figure genitoriali. Tuttavia siamo in un caso limite: si tratta di scegliere tra il lasciar morire naturalmente gli embrioni e il dar loro la possibilità di nascere. Ammesso che il principio di adottabilità dell'embrione sia accettabile, la domanda è: a quali garanzie etiche va sottoposto?».

    Quale orientamento va formandosi nel Comitato?
    «In molti tengono presenti le argomentazioni già in passato addotte dal Movimento per la vita in favore dell'adozione, e ritengono che qui si tratti di fare nascere vite autenticamente umane, senza peraltro minimizzare il rischio che si corre banalizzando la fecondazione eterologa. C'è anche chi non trascura che, se pur indirettamente, l'adozione di embrioni congelati da parte di coppie sterili sarebbe una soluzione alternativa al ricorso alla fecondazione eterologa, oggi negata dalla legge 40, e che riguarda il 5% delle coppie sterili».

    E circa l'uso a fini di ricerca scientifica dell'embrione, su cui pure dovrete pronunciarvi?
    «Credo che la stessa maggioranza che potrebbe approvare l'adozione degli embrioni congelati ne boccerebbe la destinazione per la ricerca» (anche se da parte laica pare esistere una forte pressione in favore dell'approvazione, ndr).

    Sulla liceità dell'alimentazione di pazienti in stato neurovegetativo, su cui è atteso un parere del Comitato, qual è l'orientamento prevalente
    «È plausibile che venga approvato un documento, cui peraltro si sta arrivando non senza contrasti interni. Molti tra i membri del Comitato considerano l'alimentazione un fatto medico, che dunque può essere sospeso qualora configuri accanimento terapeutico. Ma la maggioranza pare orientata a definire alimentazione e idratazione come trattamenti di assistenza, non terapeutici, dunque non sospendibili. Solo se il paziente non assimili l'alimentazione, o la assimili attivando altre patologie, si potrebbe parlare di accanimento, ma questo in casi estremamente rari - non quello, per esempio, di Terri Schiavo. Atti di semplice cura, dunque, e perciò doverosi verso il malato».


    Avvenire - 22 settembre 2005

 

 

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