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    Canto gregoriano e musica computerizzata
    di Giacomo Baroffio

    L'esperienza del cantare gregoriano in un contesto di elaborazione computerizzata delle stesse melodie liturgiche ha suscitato varie reazioni. Una affermazione che si è sentita subito dopo l'esecuzione - quasi a difesa di un esperimento ritenuto valido e interessante ma comunque circoscritto alla sperimentazione e non appropriato in una celebrazione liturgica - è stata appunto circa il contesto vitale del gregoriano computerizzato: "Qui - cioè nella sala da concerto - va anche bene; ma certamente nessuno si sogna di fare questa musica nella liturgia".
    Questa affermazione richiama due serie di considerazioni che occorre premettere prima di cercare di dare una risposta.
    a) Rispetto al gregoriano di qualsiasi scuola interpretativa, la versione computerizzata si stacca in modo notevole sotto tutti i punti di vista. Si tratta di una vera e propria rielaborazione globale del brano che riaffiora continuamente in filigrana attraverso sprazzi sonori che modificano la musica originale nella linea melodica, nella scansione della parole, nel timbro, nel ritmo, in un intreccio policorale dove voci e suoni - talora inusitati - si sovrappongono, in un movimento che procede grazie a una successione di punti nodali di estrema intensità, punti che costituiscono la fonte e il culmine di forti tensioni melodiche e armoniche.
    b) Quanto si ascolta durante un'esecuzione di canto gregoriano - vuoi durante la liturgia, vuoi in altre sedi - è il risultato finale di un cammino spirituale e culturale. Il cantore, infatti, tante e tante volte fa la spola avanti e indietro: 1) tra la parola del testo liturgico e la sua percezione emotiva e la sua comprensione razionale; 2) tra la melodia scritta e quanto essa riesce progressivamente a richiamare in vita nel cuore e nell'intelligenza in un lento processo di appropriazione e di ri-creazione.
    Nessuna realtà culturale e spirituale a mio avviso riesce a rivelare questo laborioso processo creativo - grazie al quale il canto gregoriano prende vita nella persona del cantore prima ancora di essere cantato - quanto è in grado di farlo, in modo estremamente significativo ed espressivo, l'elaborazione computerizzata. Si è troppo abituati a considerare il gregoriano una melodia semplice che si snoda attraverso un ovvio susseguirsi di note. Tutto sembra così naturale e facile. E dal cantore non si esige un'interpretazione lineare, coerente rispetto a un certo stile?
    Eppure chi canta sa che la melodia gregoriana, forse proprio perché è essenzialmente preghiera, sotto la sua sobria linearità e flusso delle note nasconde il balbettio della persona che si trova davanti a Dio, quando la voce rimane strozzata, si altera, scompare e si amplifica all'improvviso per prendere di nuovo, immediatamente, nuovi colori.
    Paradossalmente il gregoriano computerizzato, costruito su esecuzioni delle melodie liturgiche, riflette quasi la loro genesi interiore, il travaglio di una preghiera che solo a poco a poco riesce a liberarsi, che non si stanca di ripetere incessantemente un micro passaggio melodico fino a quando una sola nota o un paio soltanto riescono ad accogliere il contenuto orante per cantarlo nella fede a Dio o nella fiducia agli uomini. Perché, al di là della sua origine e della sua destinazione privilegiata, il gregoriano è un linguaggio della persona umana che comunque reca un messaggio da cuore a cuore, da intelligenza a intelligenza.
    A causa dell'analfabetismo culturale imperante e di banali pre-occupazioni ecclesiastiche (il tempo negato, l'efficienza idolatra, le molteplici strumentalizzazioni delle celebrazioni liturgiche per fini del tutto diversi dal culto di Dio e la santificazione dei fedeli…) le liturgie soffrono grande crisi. Di questa situazione squallida e caotica è indice eloquente la musica, povera cenerentola emarginata e irrisa.
    Prima di rispondere all'affermazione iniziale riterrei necessario che ci si chiedesse sul serio a che cosa mai serva la musica nella liturgia, perché viene sollecitata, tollerata, negata, perché si ammettano troppo spesso stupidate grossolane e improvvisazioni di infima qualità. E' la musica in quanto tale che stenta a trovare uno spazio dignitoso nella celebrazione, al di là degli stili compositivi e interpretativi.
    Nella misura in cui la musica è occasione di esperienza spirituale e non si limita soltanto a un'epidermica sollecitazione estetica, sarà possibile inserire anche all'interno della celebrazione liturgica dei brani di composizioni computerizzate. Penso soprattutto in particolari momenti di profonda attenzione spirituale come gli spazi di silenzio dopo l'ascolto della Parola di Dio e dopo la Comunione. Qui la musica computerizzata - congiunta con il gregoriano o nata da un'autonoma ma autentica esperienza artistica - difficilmente trova dei "concorrenti".
    Giacomo Baroffio

  2. #2
    Lefevriano in attesa
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    come Giovanni, confesso e non nego: il gregoriano, ben cantato, è maledettamente affascinante. Lo ascolterei per ore....
    †Extra Ecclesia nulla salus†

 

 

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