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    Relazione introduttiva di Roberto Villetti vice presidente dello SDI
    Convenzione sulle libertà – Blair, Zapatero, Fortuna
    Fiuggi, 22 settembre 2005


    Questo Seminario che è stato promosso dall’Associazione Luca Coscioni, dalla Federazione Giovanile Socialista, dai radicali italiani e dai Socialisti Democratici Italiani è innanzi tutto un’occasione di confronto. La base politica e programmatica, che abbiamo presentato, non è un documento rigido da accettare o da respingere ma un testo per promuovere un dibattito, come lo saranno le relazioni che saranno tenute su temi essenziali sul terreno della nostra politica interna come di quella internazionale.
    Noi, tuttavia, nutriamo un’elevata ambizione: speriamo che da questo seminario possa decollare e prendere quota un “Progetto per le libertà” che ha come riferimenti principali Blair, Zapatero e Fortuna. Questa idea non nasce puramente e semplicemente nei laboratori di partiti e associazioni che hanno parecchi punti in comune sul piano politico e programmatico, ma emerge dal contesto della realtà italiana. Il nostro lavoro non è qualche cosa di astratto, ma è profondamente legato alla crisi profonda che sta vivendo il nostro Paese.
    Giorno dopo giorno si ha l’impressione che il nostro Paese sia temporaneamente governato da una coalizione di che ha perso la bussola – ammesso che in partenza ce l’avesse – e che non ha più la fiducia della maggioranza dei cittadini. Non è questa mia valutazione solo un punto di vista ma anche la constatazione che vi è ormai un vero e proprio vuoto politico. Le dimissioni del ministro Siniscalco e la sua sostituzione con il suo immediato predecessore non è uno dei tanti episodi di convulsione del centro destra, ai quali abbiamo assistito in questa legislatura che volge al termine, ma il risultato di un vero e proprio disfacimento del centro destra, confuso e diviso di fronte ad una sconfitta che appare altamente probabile. Di fronte all’economia reale che è ferma e ai conti pubblici che sono fuori linea, il governo appare del impotente e talvolta inesistente.
    L’Italia è davvero in affanno su tutti i fronti. In questo contesto riprendono slancio nella società civile forze conservatrici che cercano di spostare il terreno del confronto dall’economia dove ora si sentono deboli e destinati alla sconfitta morale dove, invece, dopo il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita, si credono forti. Questa nuova frontiera, sulla quale si stanno attestando le destre, non è originale. Cerca di imitare la coalizione dei fondamentalisti e del fondamentalismo cristiano che è stato il collante della maggioranza di elettrici ed elettori favorevoli a Bush. Emerge una versione italiana dei teo-con che cerca di esportare dagli Stati Uniti una ricetta apparentemente vincente. Non si accorgono i neoconservatori di casa nostra che il ciclone Katrine non solo ha provocato un dramma a New Orleans, ma anche alla Casa Bianca dove si è registrato uno spaventoso crollo di consensi nell’opinione pubblica americana.
    Sorge, quindi, alle spalle di Berlusconi, che è ormai una stella cadente, un nuovo tipo di destre che vuole tentare di riprendersi il potere, agitando i temi della difesa dei valori e della trasformazione di valori in leggi dello Stato. Non è solo il presidente della Camera, Marcello Pera, che gioca questa carta ma lo ha fatto anche il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, nel Congresso del suo partito. Pera e Casini si candidano entrambi a sostituire Berlusconi con il disegno di trasformare la destra indifferente con la destra teo-con. Non è affatto il ritorno della antica Democrazia Cristiana che, a partire da De Gasperi, ha cercato sempre più la mediazione che lo scontro. Fanfani, che s’impegnò nel referendum sul divorzio, dopo la sconfitta fu licenziato in tronco.
    Il fenomeno è ben diverso da ciò che è stato il rapporto tra la DC e la Chiesa. Questa tentazione politica di riprendere la guida del Paese con un’offensiva neointegralista nasce dal fatto che la Chiesa in Italia si è riproposta in tutto e per tutto come un attore politico e ha dimostrato di saper fare politica: così è accaduto quando, per sconfiggere i referendari, ha puntato ad un’alleanza tattica con coloro che non solo sono indifferenti alla politica ma anche a qualsiasi rigido schema morale. Da tempo la Conferenza Episcopale Italiana, guidata dal cardinale Ruini, è alla ricerca di interlocutori e alleati che ridiano forza alla Chiesa nel suo impegno per trasformare i suoi valori in leggi dello Stato italiano.
    Il tema della morale e dei diversi stili di vita., quindi, torna ad essere al centro della politica. Di fronte a questa offensiva culturale e politica della Chiesa è, del resto, entrato in crisi il progetto di Prodi che mirava a superare definitivamente lo schema, dominante per circa mezzo secolo della vita della nostra Repubblica, nel quale i cattolici facevano politica in quanto tale. Non è un mistero che Prodi con l’Ulivo puntava a creare una grande forza che mettesse insieme culture e tradizioni diverse sulla base di una concezione laica della politica. Del resto, si è visto quale è stato l’atteggiamento di Prodi sulle unioni civili, i cosiddetti PACS. Rileggendo a distanza di tempo la crisi dell’Ulivo si può ritenere che non sia stato indifferente l’atteggiamento della Chiesa, assai preoccupata di una completa laicizzazione della politica italiana ed in essa dell’impegno dei cattolici. Non è stato un calcolo sbagliato, sia pure di parte, ritenere che la scomparsa di partiti
    cattolici indebolisse l’influenza della Chiesa nella politica italiana.
    Di fronte a questa situazione c’è chi, come Francesco Rutelli, ritiene che il centro sinistra si debba far carico delle istanze portate avanti dalla Chiesa, evitando di lasciare alle destre la tutela dei valori portati avanti dal clero conservatore, come lo ha definito Barbara Spinelli sulla Stampa, e per questo motivo di fatto colloca la Margherita alla difesa della marca cattolica del centro sinistra. Clemente Mastella, che preferisce la pratica alla teoria, contrasta l’ingresso dei radicali nell’Unione, con l’argomentazione che la Chiesa toglierà al centro sinistra più voti di quanti ne potrà portare Marco Pannella.
    Questo atteggiamento interno al centro sinistra, però, non riesce a cogliere in tutta la sua portata l’ambizioso disegno che sta portando avanti il cardinale Ruini: non si tratta, infatti, di una pura e semplice azione di lobbying per fare pressione su questo o su quel partito, ma di un estremo tentativo di bloccare in Italia il processo di secolarizzazione religiosa, già in stato assai avanzato in Europa, Spagna compresa ed anzi all’avanguardia sul tema della modernizzazione, e di riprorre di fatto una sorta di egemonia dei cattolici in Italia. Questo salto di qualità è stato meglio compreso da chi è stato nella DC e ha dovuto contrastare vari tentativi d’ingerenza che da chi non ha fatto questa esperienza assai ricca d’insegnamenti. Con la Chiesa ovviamente i cattolici democratici devono mantenere un rapporto intenso, ma avendo sempre chiara la distinzione tra la sfera della fede con quella della politica, come fece nei tempi più felici la Democrazia Cristiana. Oggi, tuttavia, sul
    fronte teo-con non sono solo cattolici ma anche non credenti o atei dichiarati che vedono nella Chiesa un pilastro su cui appoggiare politiche conservatrici.
    Ecco, perché l’emergere di un nuovo soggetto laico, socialista, radicale e liberale non risponde al desiderio di unificazione di sparute pattuglie di specialisti in diritti civili, ma corrisponde ad una esigenza forte e primaria di contrastare il fronte della conservazione. Non è, infatti, vero che questa offensiva teo-con si possa contrastare con maggiore efficacia arretrando nel campo degli stili di vita, del rispetto del pluralismo e della valorizzazione delle differenti identità, della difesa della libertà della ricerca scientifica. L’arretramento, se non è una mossa tattica per sferrare una controffensiva, è solo cessione di terreno all’avversario.
    Questi sentimenti di falsa prudenza possono essersi ingenerati per una malintesa interpretazione del fallimento del referendum che ha fatto pensare a molti – e a torto – all’esistenza di una maggioranza neo-integralista in Italia. In realtà noi abbiamo affrontato la questione della fecondazione assistita e della libertà della scienza da una posizione esattamente opposto a quella che sostenemmo vittoriosamente sull’introduzione del divorzio e sulla legalizzazione dell’aborto. Allora fu il fronte conservatore e integralista a dover imbracciare l’arma del referendum contro le decisioni di un Parlamento italiano nel quale esisteva una maggioranza laica. Questo anno sono stati coloro, come noi, che sostengono la modernizzazione delle nostre leggi civili a doversi proporre di abrogare una legge arretrata approvata da un Parlamento, nel quale esiste tuttora una maggioranza chiusa alle istanze dei diritti civili. E’ da questa base, accompagnata dalla constatazione che i referendum non
    raggiungono il quorum da dieci anni, che si deve portare la nostra battaglia innanzi tutto in Parlamento. Lo possono fare i radicali. Lo possono fare i socialisti. Meglio che lo facciano in un nuovo soggetto politico federato insieme socialisti e radicali.
    Questa prospettiva può acquisire maggiore forza perché nel campo socialista sta andando avanti un processo di unità che parte dalla tradizione, dalla storia e dalla memoria, ma vuole con decisione proiettarsi al futuro. Per questo motivo le decisioni che saranno assunte dal Congresso del Nuovo PSI di Gianni De Michelis, Bobo Craxi e Chiara Moroni possono dare al nostro Progetto comune più forza e slancio. La stagione dei socialisti divisi sta per finire e sta per ricominciare la stagione dei socialisti uniti.
    Questo nuovo soggetto politico federato, che dovrà avere il suo battesimo elettorale alla prova politica che ci attende per il 2006, deve svolgere un ruolo di grande rilevanza per la centralità che ha assunto il tema delle libertà nel confronto e nello scontro politico. Alle nostre spalle vi è una forte tradizione liberale riformatrice e socialista democratica, che ha saputo sempre connettere i temi della libertà con quelli della giustizia.
    Ci perdonino gli amici della neonata associazione della Bonsanti, di Eco e De Benedetti, ‘Giustizia e Libertà’ è un motto che appartiene a pieno titolo alla nostra storia. Le battaglie per l’innovazione e per lo sviluppo contro il familismo amorale e l’assistenzialismo clientelare sono state condotte innanzi tutto dai più grandi meridionalisti che amavano davvero la propria terra. Porre al centro la ricerca, l’innovazione, la formazione e la scuola pubblica e statale, significa aprire in Italia una nuova frontiera al Sud come al Nord. Avere un’efficace rete di sicurezza sociale, legata a politiche attive del lavoro, significa contrastare tutte quelle forme di sovvenzioni e di sussidi che alimentano il lavoro nero.
    Non dobbiamo lasciare ai neoconservatori la battaglia per la libertà né all’interno né sul piano della politica internazionale. Chi è in dissenso con l’intervento unilaterale degli Stati Uniti e crede che debba intervenire l’Onu, deve essere pronto ad aiutare e sostenere la nascente e fragile democrazia irachena, esposta com’è ai colpi del terrorismo. Non si possono scambiare i ruoli in modo del tutto innaturale: una destra che si atteggia ad idealista, mentre è guidata dai grandi interessi del petrolio, e una sinistra, che si chiude in una soffocante concezione realista, mentre è nel suo DNA la battaglia per la libertà dei popoli. Essere nonviolenti comporta un grande amore per la libertà contro ogni forma di dispotismo, di colonialismo e di razzismo.
    Il confronto tra le destre e le sinistre, tra i liberali riformatori e i conservatori, tra i socialdemocratici e i popolari europei non avviene solo sull’economia, sui bisogni immediati dei cittadini, sugli interessi nazionali, ma anche sulle grandi questioni di libertà, di giustizia e di civiltà. Solo noi possiamo capire a fondo che la diffusione dell’istruzione tra le madri riduce fortemente la mortalità infantile in Africa e negli altri paesi sottosviluppati. Queste comuni idee di fondo devono animarci, dotarci di maggiore passione politica e farci discutere. E’ per questo che siamo riuniti a Fiuggi e a tutti rivolgo da compagno socialista un augurio di

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    Sentire Villetti che "spara" sul familismo amorale fa letteralmente ridere e non mi si chieda neanche il perché, per favore!

 

 

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