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Discussione: Incipit...

  1. #221
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    Ospite

    Predefinito Re: Incipit...

    Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto c'era ancora tempo, perché a ogni buon conto il suo destino era segnato. Ma tempo per che cosa? E poteva lui agire diversamente da come avrebbe poi agito, persuaso com'era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato?
    Avrebbe scrollato le spalle se gli avessero detto che la sua vita sarebbe cambiata di punto in bianco, e che quella fotografia sulla credenza, che lo ritraeva in piedi tra i familiari, una mano distrattamente poggiata sulla spalliera di una sedia, sarebbe stata riprodotta da tutti i giornali d'Europa.
    Se, insomma, avesse cercato in se stesso, in tutta coscienza, qualcosa che lo predisponesse a un burrascoso avvenire, sicuramente non avrebbe pensato a quella certa emozione furtiva, quasi vergognosa, che lo turbava vedendo passare un treno, un treno della notte soprattutto, dalle tendine calate sul mistero dei viaggiatori.


    (Georges Simenon, "L'uomo che guardava passare i treni", Adelphi)

  2. #222
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    Predefinito Re: Incipit...

    Il mio preferito:

    Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, mobile all'estremità di un lungo filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con isocrona maestà. Io sapevo - ma chiunque avrebbe dovuto avvertire nell'incanto di quel placido respiro - che il periodo era regolato dal rapporto tra la radice quadrata della lunghezza del filo e quel numero p che, irrazionale alle menti sublunari, per divina ragione lega necessariamente la circonferenza al diametro di tutti i cerchi possibili - così che il tempo di quel vagare di una sfera dall'uno all'altro polo era effetto di una arcana cospirazione tra le più intemporali delle misure, l'unità del punto di sospensione, la dualità di una astratta dimensione, la natura ternaria di p, il tetragono segreto della radice, la perfezione del cerchio. Ancora sapevo che sulla verticale del punto di sospensione, alla base, un dispositivo. magnetico, comunicando il suo richiamo a un cilindro nascosto nel cuore della sfera, garantiva la costanza del moto, artificio disposto a contrastare le resistenze della materia, ma che non si opponeva alla legge del Pendolo, anzi le permetteva di manifestarsi, perché nel vuoto qualsiasi punto materiale pesante, sospeso all'estremità di un filo inestensibile e senza peso, che non subisse la resistenza dell'aria, e non facesse attrito col suo punto d'appoggio, avrebbe oscillato in modo regolare per l'eternità. La sfera di rame emanava pallidi riflessi cangianti, battuta com'era dagli ultimi raggi di sole che penetravano dalle vetrate. Se, come un tempo, avesse sfiorato con la sua punta uno strato di sabbia umida disteso sopra il pavimento del coro, avrebbe disegnato a ogni oscillazione un solco leggero sul suolo, e il solco, mutando infinitesimalmente di direzione ad ogni istante, si sarebbe allargato sempre più in forma di breccia, di vallo, lasciando indovinare una simmetria raggiata - come lo scheletro di un mandala, la struttura invisibile di un pentaculum, una stella, una mistica rosa. No, piuttosto una vicenda, registrata sulla distesa di un deserto, di tracce lasciate da infinite erratiche carovane. Una storia di lente e millenarie migrazioni, forse così si erano mossi gli atlantidi del continente di Mu, in ostinato e possessivo vagabondaggio, dalla Tasmania alla Groenlandia, dal Capricorno al Cancro, dall'Isola del Principe Edoardo alle Svalbard. La punta ripeteva, narrava di nuovo in un tempo assai contratto, quello che essi avevano fatto dall'una all'altra glaciazione, e forse facevano ancora, ormai corrieri dei Signori - forse nel percorso tra le Samoa e la Nuova Zemlia la punta sfiorava, nella sua posizione di equilibrio, Agarttha, il Centro del Mondo. E intuivo che un unico piano univa Avalon, l'iperborea, al deserto australe che ospita l'enigma di Ayers Rock. In quel momento, alle quattro del pomeriggio del 23 giugno, il Pendolo smorzava la propria velocità a un'estremità del piano d'oscillazione, per ricadere indolente verso il centro, acquistar velocità a metà del suo percorso, sciabolare confidente nell'occulto quadrato delle forze che ne segnava il destino. Se fossi rimasto a lungo, resistente al passare delle ore, a fissare quella testa d'uccello, quell'apice di lancia, quel cimiero rovesciato, mentre disegnava nel vuoto le proprie diagonali, sfiorando i punti opposti della sua astigmatica circonferenza, sarei stato vittima di un'illusione fabulatoria, perché il Pendolo mi avrebbe fatto credere che il piano di oscillazione avesse compiuto una completa rotazione, tornando al punto di partenza, in trentadue ore, descrivendo un'ellisse appiattita - l'ellisse ruotando intorno al proprio centro con una velocità angolare uniforme, proporzionale al seno della latitudine. Come avrebbe ruotato se il punto fosse stato fissato al sommo della cupola del Tempio di Salomone? Forse i Cavalieri avevano provato anche laggiù. Forse il calcolo, il significato finale, non sarebbe cambiato. Forse la chiesa abbaziale di Saint-Martin-des-Champs era il vero Tempio. Comunque l'esperienza sarebbe stata perfetta solo al Polo, unico luogo in cui il punto di sospensione sta sul prolungamento dell'asse di rotazione terrestre, e dove il Pendolo realizzerebbe il suo ciclo apparente in ventiquattro ore. Ma non era questa deviazione dalla Legge, che peraltro la Legge prevedeva, non era questa violazione di una misura aurea che rendeva meno mirabile il prodigio. Io sapevo che la terra stava ruotando, e io con essa, e Saint-Martin-des-Champs e tutta Parigi con me, e insieme ruotavamo sotto il Pendolo che in realtà non cambiava mai la direzione del proprio piano, perché lassù, da dove esso pendeva, e lungo l'infinito prolungamento ideale del filo, in alto verso le più lontane galassie, stava, immobile per l'eternità, il Punto Fermo. La terra ruotava, ma il luogo ove il filo era ancorato era l'unico punto fisso dell'universo. Dunque non era tanto alla terra che si rivolgeva il mio sguardo, ma lassù, dove si celebrava il mistero dell'immobilità assoluta. Il Pendolo mi stava dicendo che, tutto muovendo, il globo, il sistema solare, le nebulose, i buchi neri e i figli tutti della grande emanazione cosmica, dai primi eoni alla materia più vischiosa, un solo punto rimaneva, perno, chiavarda, aggancio ideale, lasciando che l'universo muovesse intorno a sé. E io partecipavo ora di quell'esperienza suprema, io che pure mi muovevo con tutto e col tutto, ma potevo vedere Quello, il Non Movente, la Rocca, la Garanzia, la caligine luminosissima che non è corpo, non ha figura forma peso quantità o qualità, e non vede, non sente, né cade sotto la sensibilità, non è in un luogo, in un tempo o in uno spazio, non è anima, intelligenza, immaginazione, opinione, numero, ordine, misura, sostanza, eternità, non è né tenebra né luce, non è errore e non è verità.

    U. Eco "Il Pendolo di Foucault", 1988.
    Ci creda l'ebreo Apella, non io; poiché so che gli dêi menano vita tranquilla. E se la natura fa talora qualche portento, non sono gli dêi corrucciati a mandarlo dall'alta volta celeste.

  3. #223
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    Predefinito Re: Incipit...

    Cominciamo dal fiume – tutte le cose cominciano dal fiume e di sicuro alla fine torneremo al fiume – ma aspettiamo di vedere come va. Fra poco, due o tre minuti, qui sulla riva del fiume arriverà un giovane uomo. Siamo sul Chelsea Bridge, a Londra. Eccolo lì – guardate – che scende da un taxi con piede esitante, paga l'autista, si guarda intorno distrattamente, abbassa lo sguardo sull'acqua che luccica (è alta marea, di solito il fiume è più basso). Ha passato da poco la trentina, è alto, pallido, ha lineamenti regolari, capelli corti neri dal taglio preciso come se fosse appena uscito dal barbiere. Non è di qui, è un forestiero, si chiama Adam Kinkred. Ha appena fatto un colloquio di lavoro e gli è venuta voglia di vedere il fiume (il colloquio è stato il solito incontro teso, gravido di conseguenze) in virtù di un vago bisogno di «un po' d'aria fresca». L'incontro appena avvenuto spiega perché, sotto l'impermeabile costoso, porti un abito grigio scuro, una camicia bianca nuova e una cravatta marrone e perché abbia con sé una valigetta nera lucida dall'aria solida, con pesanti lucchetti e angoli d'ottone. Eccolo lì che attraversa la strada e non ha idea che nelle prossime ore la sua vita cambierà – compleamente, irrevocabilmente – non ne ha la benché minima idea.

    William Boyd, "Una tempesta qualunque", Neri Pozza





    Un romanzo che consiglio senz'altro: ti "cattura" fin dalle prime pagine e non riesci a mollarlo finché non l'hai finito!

  4. #224
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    Predefinito Re: Incipit...

    C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch’io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere». Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono,ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di piú che un comune giro di stagione.


    Cesare Pavese, "La luna e i falò" - Einaudi



  5. #225
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    Predefinito Re: Incipit...

    «Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant'anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.»

    (Shirley Jackson, L'incubo di Hill House (1959), traduzione di Monica Pareschi)
    Se non hai il coraggio di mordere, non ringhiare.

  6. #226
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    Predefinito Re: Incipit...

    Bruno Juge è un politico di lungo corso, ministro dell'Economia e uno degli uomini più potenti della scena politica francese che si avvia alle prossime elezioni presidenziali. Ma è anche un uomo solo. Sua moglie lo ha tradito ed esposto a uno scandalo pubblico.
    Paul Raison è uno dei più stretti consiglieri di Bruno, solo come lui, separato in casa nell'indifferenza della moglie Prudence, fervente ecologista e vegana.

    Incipit

    1.

    Certi lunedì di fine novembre, o di inizio dicembre, soprattutto se sei scapolo, hai la sensazione di essere nel braccio della morte.
    Le vacanze estive non sono che un ricordo sbiadito, l'anno nuovo è ancora lontano; la prossimità del nulla è insolita.
    Lunedì 23 novembre, Bastien Doutremont decise di andare al lavoro in metropolitana. Quando scese alla stazione di Porte de Clichy, si ritrovò davanti la scritta di cui diversi colleghi gli avevano parlato nei giorni precedenti.
    Erano da poco passate le dieci del mattino; il binario era deserto.


  7. #227
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    Predefinito Re: Incipit...

    Sul casotto dell’«Imbarco» ai piedi delle colline, non giungeva ancora il sole. Grandi alberi l’ombreggiavano. Di là dal fiume che balenava immobile, schiarito dall’alba, si drizzavano case luminose, i sobborghi isola-ti, e su esse pareva già alto mattino. La barcaiola, vec-chia terrea, ancor tutta spettinata, andava adunghiando con un raffio successivamente le barche ormeggiate allo scalino, accostando le piú mollate e chinandosi, con la sinistra sull’anca, a ricuperarne le funi. Ad ogni sussulto che dava una barca violentemente incuneandosi fra le al-tre, gli scafi ad uno ad uno ripercuotevano l’urto, scia-guattando sulla corrente.


    Temporale d'estate

    Da: Racconti di Cesare Pavese

  8. #228
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    Predefinito Re: Incipit...

    Luigi Pirandello - Uno, nessuno e centomila (incipit)


    Libro primo


    I. Mia moglie e il naso.


    «Che fai?» mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.
    «Niente» le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.»
    Mia moglie sorrise e disse: «Credevo ti guardassi da che parte ti pende.»

    Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: «Mi pende? A me? Il naso?»
    E mia moglie, placidamente: «Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.»

    Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m'era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzì come un immeritato castigo.

  9. #229
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    Predefinito Re: Incipit...

    Il fu Mattia Pascal
    di Luigi Pirandello

    ‟Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal.” È l'incipit del romanzo più noto di Luigi Pirandello: Il fu Mattia Pascal (1904). In esso è contenuta la cellula generativa dell'intero libro.


    Quando lo scrisse, lo scrittore siciliano ne sapeva quanto chi, scorse queste prime righe, si predispone alla lettura. Scelti nome e cognome, cominciano le peripezie del personaggio, il quale presto si trova in una situazione simile a quella dell'autore: deve lui stesso dare vita a ‟un uomo inventato”. Durante questa vera e propria avventura dei nomi, il libro assume la sua forma pienamente novecentesca, nella quale autobiografia e biografia immaginaria si confondono. Consanguineo di quelli che saranno i sei personaggi in cerca d'autore, Mattia Pascal sembra a tratti lanciare messaggi al lettore perché lo liberi dal vincolo cartaceo e dunque dalla sua muta solitudine.

  10. #230
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    Predefinito Re: Incipit...

    Michel Houellebecq

    Serotonina

    Traduzione di Vincenzo Vega

    La nave di Teseo

    Titolo originale: Sérotonine © Michel Houellebecq and Flammarion, Paris 2019

    © 2019 La nave di Teseo editore, Milano

    Prima edizione digitale 2019

    Incipit

    E`una piccola compressa bianca, ovale, divisibile.

    Verso le cinque o a volte le sei di mattina mi sveglio, il bisogno è al culmine, è il momento più doloroso dela mia giornata. Il mio primo gesto è attivare la caffettiera elettrica; la sera prima ho riempito il serbatorio di acqua e il filtro di caffè macinato (di solito è Malongo, sono rimasto piuttosto esigente in fatto di caffè).

    Mi accendo una sigaretta solo dopo aver bevuto un primo sorso; è una costrizione che mi impongo, un successo quotidiano che è diventato il mio principale motivo di orgoglio (va comunque detto che il funzionamento delle caffettiere elettriche è rapido).

 

 
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