PADOVA. A quel punto Giancarlo Gentilini , prosindaco leghista di Treviso diventato celebre per le sue crociate anti immigrati (fece togliere le panchine dai parchi per evitare bivacchi indesiderati), s’è alzato in piedi, s’è girato verso Adriano Galliani
seduto qualche fila sopra e ha dato inizio allo show: dal grido “ladri, ladri” al non meno elegante gesto dell’ombrello (pare sia uno specialista in materia, altro che Zamparini). Gianluca Galliani, figlio del governatore rossonero, ha abbozzato una reazione. Chi era intorno gli ha suggerito di lasciar perdere. Era il minuto 41 della partita, quello del rigore che ha dato la stura al successo d’un Milan fino a quel momento boccheggiante. Contestatissimo rigore, ancorché poco contestabile.
La seconda vittoria consecutiva, la prima in trasferta della stagione rossonera, è nata nella caciara. Nell’intervallo il corpulento Gentilini - verdissima cravatta padana, stemma della Lega Nord appuntato sulla giacca blu, sciarpa del Treviso annodata al girovita - ha continuato a dar libero sfogo alla sua somma incavolatura parlando al telefonino con un misterioso interlocutore: «Questo è il potere arrogante! L’ho detto a Galliani: lei ci ha tolto lo stadio. Il Tenni andava benissimo, ma lei ce l’ha tolto perché aveva paura: il Tenni è la fossa dei leoni. E poi a me interessa dare il calcio ai miei concittadini. Darlo agli altri non me ne frega un c.... E quel rigore: non era un fallo eclatante. Volevo vedere a parti invertite. Nel secondo tempo li faremo piangere».
Nel secondo tempo, in realtà, è andata in altro modo. Il prosindaco (esauriti i due mandati non poteva essere rieletto: di qui la carica; il sindaco ora è Gian Paolo Gobbo, amante del rugby e ieri assente) in tribuna s’è quietato, ma dopo - in zona buffet - è tornato a esternare col suo fair play:
«Quando sei al vertice, gli insulti devi sopportarli. I rigori si danno di fronte a falli ben precisi e individuati, lì c’era un mischione. A Galliani l’ho detto: non potete vincere così, siete dei ladri, sportivamente parlando. Lui? Ha allargato le braccia. Non sono io il responsabile, m’ha risposto». E via con una grassa risata e una flute di prosecco. L’astio di Gentilini trae origine dalla questione stadio.
Il prosindaco voleva denunciare la Lega per avere costretto il Treviso a giocare a Padova in trasferta permanente (il Tenni non possiede i requisiti minimi richiesti). Poi voleva marciare su Roma (naturalmente). «Meglio in B che giocare qui», lo striscione esposto dai tifosi trevigiani, i quali non hanno perso l’occasione di partecipare all’invettiva contro Galliani con un coro dagli sgradevoli connotati
nazi.
Galliani, probabilmente, riferirà a Silvio Berlusconi
e magari creerà ulteriori imbarazzi nella maggioranza di Governo. Era sufficientemente contrariato (eufemismo). «Il rigore? Io non ho visto niente. Arrivederci», ha detto lasciando il proprio posto in tribuna. Per le scale lo hanno sentito lamentarsi con maggior veemenza («Mi sono stufato di sentirmi dare del ladro in ogni stadio»), mentre il figlio Gianluca osservava: «Dovremmo essere noi a protestare. Era rigore più espulsione». Anche questa un’interpretazione sbilanciata. Comunque. Adriano Galliani ha poi svicolato su argomenti più lieti e meno scabrosi. «Adesso dobbiamo cercare un filotto di successi per recuperare il terreno perduto nelle giornate precedenti.