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  1. #1
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    Predefinito Vediamo chi sono i Radicali.

    Visto che si vuole cercare di confondere le acquee sui radicali per farli sembrare un partito compatibile con l'Unione ecco qua:

    Questi sono i radicali:

    Proposta di legge di iniziativa popolare "Abolizione dell'obbligatorietà' dell'azione penale"
    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, contenuto nell'art. 112 della Costituzione della Repubblica italiana, pur astrattamente condivisibile, determina una serie di inevitabili e gravi conseguenze negative, che portarono l'unico altro paese europeo che lo prevedeva, oltre il nostro, la Germania, ad abolirlo a metà degli anni settanta.
    In effetti l'elevatissimo numero di notitiae criminis che giungono quotidianamente alle Procure della Repubblica rende impossibile il perseguimento di ogni reato. Dietro la vigenza di questa norma finisce col celarsi quindi di fatto l'assoluta discrezionalità con cui ogni singolo pm decide quali reati perseguire, col risultato pratico di avere una altrettanto assoluta non uniformità nell'applicazione della legge sul territorio italiano e rilevanti difficoltà di perseguimento dei reati che per ambito territoriale superino la competenza della singola circoscrizione giudiziaria.
    La previsione in capo al Ministro Guardasigilli di un potere di indirizzo in materia di politica penale e l'attribuzione ad ogni Procuratore della Repubblica della responsabilita' di far rispettare all'interno del proprio ufficio l'indirizzo fissato, oltre a rimediare alle disfunzioni di cui sopra, avrebbe anche l'effetto di ricondurre al circuito della sovranità popolare - parlamentare la responsabilità politica dell'esercizio di un potere davvero importante per la sicurezza dei cittadini, sottraendola così all'arbitrio del singolo pm, che sarebbe così probabilmente tenuto anche a perseguire reati, come quelli di microcriminalità, altrimenti normalmente trascurati.

  2. #2
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    Proposta di legge di iniziativa popolare: "Separazione delle
    carriere dei magistrati"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    con questo disegno di legge di iniziativa popolare si intende eliminare una tra le più importanti anomalie e peculiarità dell'ordinamento giudiziario italiano rispetto a quelli di tutte le altre liberal-democrazie occidentali , e cioè la possibilità per il singolo magistrato di passare dalla funzione giudicante a quella requirente, così come attualmente stabilito dal R.D. 30 gennaio 1941, n.12.
    Tale decreto prevede che i magistrati, a semplice domanda, e previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, possono indistintamente passare, nel corso della loro carriera, dall'esercizio di funzioni giudicanti (giudici) all'esercizio di funzioni requirenti (magistrati - non giudici - che svolgono le funzioni di pubblico ministero) e viceversa.
    E', questa attuale, una normativa gravida di conseguenze negative per l'immagine e l'effettiva terzietà del giudice rispetto alle parti processuali, elemento quest'ultimo essenziale per la percezione della legittimità del procedimento giudiziario da parte di chi vi è coinvolto suo malgrado. Essa appare inoltre incoerente con il modello di processo accusatorio previsto dal CPP del 1989, e non appare adeguata ad assicurare la necessaria preparazione specifica per lo svolgimento di funzioni, quelle giudicanti e requirenti, per definizione profondamente diverse, e tali da richiedere una differente "forma mentis": garante, imparziale, terzo tra le parti il giudice; parte stessa del processo penale il pubblico ministero, che rappresenta l'accusa contro la difesa. Da questo punto di vista, è assolutamente impensabile che, da un giorno all'altro, chi ha combattuto il crimine da una parte della barricata si trasformi improvvisamente nel garante imparziale di chi criminale potrebbe non essere, pur essendo indagato o imputato da un ex collega di funzioni.
    Vietare quindi la possibilità di passaggi tra l'una e l'altra funzione è condizione essenziale per riequilibrare i poteri delle parti processuali e serve per restituire indipendenza e forza al giudice.

  3. #3
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    Proposta di legge di iniziativa popolare :"Responsabilità civile dei magistrati"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:


    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    l'obiettivo di questo disegno di legge di iniziativa popolare è quello di consentire al cittadino di ottenere dal magistrato il risarcimento dei danni che questi gli abbia eventualmente causato attraverso un comportamento doloso o gravemente colposo, o in caso di diniego di giustizia.
    Da questo punto di vista, occorre ricordare che già nel 1987 si tenne un referendum (il cosiddetto "referendum Tortora") che mirava a far sì che il giudice che avesse arrecato - con dolo o colpa grave - un danno al cittadino, fosse tenuto a risponderne sul piano civile: si trattava, in sostanza, di abrogare gli articoli 55, 56 e 74 del Codice di procedura civile, che impedivano al magistrato di rispondere in sede civile dei suoi errori, come invece accadeva (e accade) per qualunque altro funzionario dello Stato. Oltre l'80% dei cittadini votò "sì", indicando chiaramente la volontà di chiamare a rispondere, ad esempio, i giudici che emanavano mandati di cattura clamorosamente sbagliati a causa di omonimie non controllate, o che ordinavano una carcerazione preventiva con leggerezza, o che, in base a vaghi sospetti, mettevano a repentaglio i più elementari diritti dei cittadini.
    Subito dopo, però, il Parlamento (guidato dal terzetto DC-PCI-PSI) rapinò il risultato del referendum votando la cosiddetta "legge Vassalli" che travolse il principio stesso della responsabilità personale del magistrato, per affermando quello, opposto, della responsabilità dello Stato. La "legge Vassalli", infatti, prevede che il cittadino che abbia subito un danno ingiusto a causa di un atto doloso o gravemente colposo da parte di un magistrato non possa fargli direttamente causa, ma debba invece chiamare in giudizio lo Stato e chiedere ad esso il risarcimento del danno. Se poi il giudizio sarà positivo per il cittadino, allora sarà lo Stato a chiamare a sua volta in giudizio il magistrato, che, a quel punto, potrà rispondere in prima persona, ma solo - si badi - entro il limite di un terzo di annualità di stipendio. La legge Vassalli ha così raggiunto il suo scopo: ridurre al minimo le domande di risarcimento e ristabilire un regime di irresponsabilità per i magistrati.
    Attraverso l'approvazione di questo disegno di legge invece, si avrà la possibilità di chiamare in causa direttamente il magistrato che abbia errato dolosamente o per colpa grave.

  4. #4
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    Proposta di legge di iniziativa popolare: "Riduzione dei termini di custodia cautelare. Semplificazione delle procedure in materia di libertà anticipata"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    l'obiettivo di questo disegno di iniziativa popolare è innanzitutto quello di ridurre drasticamente i tempi di custodia cautelare in carcere in attesa del processo.
    L'articolo 13 comma 5 della Costituzione riserva alla legge il compito di stabilire i limiti massimi della carcerazione preventiva; l'articolo 27 comma 2 della stessa Costituzione considera l'imputato "non colpevole" fino alla condanna definitiva; per giunta, lo stesso principio della presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva -insieme al diritto ad un giusto e rapido processo- è ribadito da una serie di altre norme internazionali pattizie (articolo 6 della Convenzione Europea e articolo 14 numero 2 del Patto Internazionale) vincolanti per l'Italia.
    Ne deriva che "la legge" a cui il citato articolo 13 comma 5 della Costituzione fa rinvio, nello stabilire i limiti massimi di custodia cautelare preventiva (prima cioè di qualsiasi condanna definitiva e ad accertamento giudiziario in corso), dovrebbe essere improntata ai principi appena richiamati, che impongono - innanzitutto al legislatore ordinario- delle precise regole di condotta, cioè, per l'appunto, delle scelte legislative conformi da un lato alla presunzione d'innocenza e dall'altro al diritto ad un giusto e rapido processo.
    A fronte di questa situazione, il Codice di procedura penale prevede invece la possibilità di dilatare i termini di custodia cautelare, per i reati più gravi, ma pur sempre in una situazione di presunta innocenza di un individuo, fino a nove anni, cioè fino a 108 mesi, fino a 3285 giorni...in attesa di una sentenza definitiva!
    Si tratta di una scelta assolutamente indegna per un qualsiasi paese che voglia dirsi civile: fino a nove anni di carcere, senza che vi sia stato un accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile, e dunque con tutte le garanzie di forma e di sostanza del processo penale, che per sua stessa natura (oltre che per imposizione di norme sovraordinate) dovrebbe essere innanzitutto rapido.
    E non a caso il 45,11 % della popolazione carceraria in Italia è in attesa di giudizio: un popolo di presunti innocenti, in custodia cautelare, "praticamente" a tempo indefinito.
    Questo disegno di legge di iniziativa popolare mira a porre rimedio a questa situazione imponendo dei termini massimi di un anno per i reati più gravi, dilatabili, in virtù di sospensioni di diversa natura, fino a due anni
    Sono previste inoltre modifiche all' art. 54 della legge 26 Luglio 1975, n.354, contenente norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure preventive e limitative della libertà, per migliorare le condizioni di vita e di sicurezza nelle carceri. Ogni anno i tribunali di sorveglianza riescono a evadere solo poche migliaia di pratiche riguardanti la liberazione anticipata dei detenuti, con altissimi costi in termini di risorse finanziarie ed economiche necessarie per assicurare la loro presenza fisica alle udienze, mentre decine di migliaia di istanze restano senza risposta. Se si considera la situazione di crescente sovraffollamento delle carceri italiane con i conseguenti problemi relativi alla vivibilità e al rispetto dei diritti umani dei detenuti, e il fatto che nel 1998 su 31.487 domande di liberazione anticipata, ne sono state accolte ben 23.827, si comprende l'importanza e l'utilità di rendere automatica la concessione del beneficio, ricorrendo al tribunale di sorveglianza solo nel caso in cui la direzione dell'istituto di pena segnali con relazione motivata la condotta negativa del detenuto.
    Si propone inoltre di aumentare da 45 a 60 i giorni di sconto di pena per ogni semestre, per rafforzare il "patto" di convivenza civile nelle prigioni, incentivare la buona e regolare condotta e l'adesione a tutte le opportunità risocializzanti che l'espiazione della pena offre, prendendosi al contempo cura della sicurezza delle decine di migliaia di operatori penitenziari che vivono quotidianamente a contatto coi detenuti, a rischio della propria incolumità.

  5. #5
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    Proposta di legge di iniziativa popolare: "Abolizione del sostituto d'imposta"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE


    Onorevoli Parlamentari,
    la presente proposta di legge intende abolire il meccanismo del sostituto d'imposta, consentendo a tutti i cittadini di ricevere interamente i propri guadagni e di versare solo successivamente le imposte, tutti con le stesse modalità.
    Una vera democrazia esige che i cittadini, prima di ogni altra cosa, possano rendersi conto di quanto l'imposizione fiscale incida sulla loro busta paga e sui loro redditi. Oggi in Italia, per la grande massa dei lavoratori dipendenti, ciò è impedito. È il datore di lavoro, infatti, che ogni mese trattiene alla fonte e provvede a versare allo Stato le tasse dovute dal lavoratore. Ciò che il lavoratore riceve in busta paga, quindi, non è lo stipendio cui ha diritto, ma solo ciò che dello stipendio gli rimane dopo aver pagato le tasse, salvo i conguagli definitivi su base annuale. Se egli si rendesse davvero conto di quanto lo Stato gli sottrae in termini di sole imposte dirette, pretenderebbe dallo Stato una buona utilizzazione di quel denaro e chiederebbe conto a chi governa dei disservizi, degli sprechi e del pessimo funzionamento dei pubblici uffici. Vi sono poi, anch'esse non visibili dai cittadini, le imposte indirette (invisibili perché comprese nel prezzo dei prodotti acquistati o diluite nel tempo) e i contributi sociali obbligatori (anch'essi pagati dal datore di lavoro con la ritenuta alla fonte).
    Con l'approvazione di questa legge i lavoratori dipendenti riceverebbero dal datore di lavoro l'intera busta paga e verserebbero essi stessi le proprie tasse allo Stato. Essi sarebbero così messi in grado di verificare tangibilmente l'esatto importo del proprio stipendio ed essere edotti almeno del peso dell'imposizione diretta, per poter così più consapevolmente far valere i propri diritti di cittadini e contribuenti e pretendere dallo Stato un corretto rendiconto del proprio operato ed una maggiore trasparenza nella gestione del denaro riscosso. Si tratterebbe, insomma, di una riforma di grande importanza sul piano economico, ma soprattutto su quello della libertà e della responsabilità nei rapporti tra cittadino e Stato.

  6. #6
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    Proposta di legge d'iniziativa popolare: "Nuova disciplina dei licenziamenti individuali (abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) e delega al Governo per l'istituzione del sussidio di disoccupazione e per l'integrazione dei sistemi di protezione sociale e promozione del lavoro"
    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    la proposta di legge affronta uno dei nodi più spinosi del mercato del lavoro: la disciplina dei licenziamenti individuali. Attualmente in Italia per i lavoratori dipendenti delle aziende private sono in vigore due differenti discipline, a seconda che il lavoratore sia assunto in un'azienda con più o meno di quindici dipendenti. In ogni caso il licenziamento individuale deve essere motivato da "giusta causa" o "giustificato motivo". Qualora il magistrato stabilisca che non sussista nessuna di queste due motivazioni, nel caso di licenziamento operato in azienda con più di quindici dipendenti, viene decretato automaticamente il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro, con condanna del datore di lavoro al pagamento di tutte le retribuzioni e di tutti i contributi relativi al periodo dal licenziamento alla sentenza, che spesso giunge dopo numerosi anni. Tale meccanismo di automaticità del reintegro è riscontrabile solo in Italia. Il licenziamento senza giusta operato da un datore di lavoro con meno di quindici dipendenti viene invece sanzionato dal giudice con la corresponsione al lavoratore licenziato di un indennizzo monetario, non essendo in questo caso applicabile l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. L'attuale disciplina, quindi, crea un'ingiustificabile disparità di trattamento nell'ambito del lavoro dipendente privato. Ma soprattutto determina una situazione di estrema rigidità del mercato del lavoro che è una delle principali cause dell'elevato tasso di disoccupazione in Italia - in particolare tra i giovani -, di un ricorso, fin troppo massiccio ormai, ai contratti atipici nonché dell'elevatissima percentuale di disoccupati di lungo periodo. Sul fronte delle imprese più grandi, l'art. 18 funziona come potente deterrente a nuove assunzioni con "normali" contratti a tempo indeterminato; per le aziende più piccole, invece, l'art.18 costituisce un disincentivo alla crescita degli addetti oltre le quindici unità.
    La proposta di legge punta all'introduzione di un unico regime sanzionatorio dei licenziamenti senza giusta causa, con l'introduzione di un forte indennizzo monetario graduato in base all'età e alla professionalità del lavoratore. In questo modo si avvicina la disciplina italiana dei licenziamenti individuali a quella vigente nel resto d'Europa, offrendo ai lavoratori una tutela che non finisca per costituire un fattore di scarsa competitività delle imprese ed un disincentivo alla creazione di nuovi posti di lavoro. La disposizione del reintegro nel posto di lavoro, naturalmente, resta immutata per i licenziamenti discriminatori o per rappresaglia (nel caso, ad esempio, di attività politica o sindacale).
    Infine, la proposta di legge introduce un sistema generalizzato di sostegno al reddito di tutti i disoccupati secondo i criteri più avanzati sperimentati nei vari paesi europei. In particolare si prevede un sussidio di durata limitata (48 mesi) e vincolato alla ricerca - e all'accettazione - di una nuova occupazione nonché all'accettazione di percorsi formativi. Si colma così una grave lacuna nelle politiche sociali italiane: il sostegno al reddito dei disoccupati - se si escludono strumenti parziali e discutibilissimi quali la cassa integrazione guadagni - è stato, fino ad oggi, sostanzialmente nullo.

  7. #7
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    Proposta di legge di iniziativa popolare:
    "Provvedimenti urgenti per il riordino del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, l'innalzamento dell'età minima per la pensione e il miglioramento delle pensioni minime"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:

    RELAZIONE

    Onorevoli Parlamentari,

    L'Italia, in modo più marcato rispetto agli altri paesi industrializzati, si trova a dover far fronte ai problemi che derivano dall'invecchiamento della popolazione (frutto della flessione della natalità e dell'allungamento della vita media, passata tra il 1960 e il 1997 da circa 67 a 75 anni per gli uomini e da 73 a 81 anni per le donne e destinata ad accrescersi ulteriormente di circa 5 anni nei prossimi 50 anni). Questa situazione rende urgente riformare il sistema previdenziale pubblico al fine di assicurarne la sostenibilità finanziaria e di ripartirne il costo in modo equo tra le generazioni. La nostra idea di fondo è che si debba avviare il passaggio ad un sistema previdenziale a capitalizzazione, l'unico in grado di assicurare l'equità tra le generazioni e di mettere l'ingente risparmio previdenziale al servizio dello sviluppo economico, ma nell'immediato vi sono alcuni nodi cruciali da risolvere per evitare il collasso dell'attuale sistema.
    Il peso della spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL, attualmente pari al 14,2%, è destinato, a sistema invariato, a raggiungere nel 2030 il valore del 15,9%, stabilizzandosi poi nel decennio successivo su tale livello. L'entità della spesa per il finanziamento dei sistemi pensionistici pubblici è tale da assorbire i due terzi della spesa sociale, lasciando così, contrariamente a quanto accade in quasi tutti gli altri paesi europei, ben poche risorse per interventi sulla famiglia, sulla disoccupazione, sulla formazione, sulla casa e così via.
    Il sistema pensionistico italiano genera ogni anno un disavanzo di circa 100.000 miliardi di lire (ogni anno si pagano circa 300.000 miliardi di pensioni a fronte di circa 200.000 miliardi di contributi sociali).
    Questo accade nonostante i lavoratori italiani siano gravati da un elevatissimo tasso di contribuzione del 32.7% (calcolato al netto dei contributi destinati al TFR, pari ad un ulteriore 7.7%; la media UE è del 17,9%), che è, inoltre, ben al di sotto di quella che sarebbe l'aliquota contributiva di equilibrio, che è pari, secondo dati della Ragioneria Generale dello Stato, al 45% e che è destinata a raggiungere tra il 2025 e il 2030 il picco di circa il 49%.
    Un maggiore equilibrio finanziario ed una maggiore equità potrebbero essere conseguiti rafforzando il pilastro della previdenza integrativa, obiettivo che tuttavia, ragionevolmente, non potrà essere raggiunto fintanto che i livelli della contribuzione obbligatoria resteranno così incredibilmente elevati.
    Occorre dunque agire con urgenza per modificare i parametri del sistema pubblico. Le principali modifiche proposte in questo disegno di legge sono le seguenti:
    L'eliminazione delle cosiddette "pensioni di anzianità", quelle che ancor oggi consentono il pensionamento a lavoratori sotto i 55 anni: a partire dal 2002 sarà possibile il pensionamento per quei lavoratori che abbiano raggiunto un'età contributiva e un'età anagrafica che sommate diano la cifra di 95; a decorrere dal 1° gennaio 2004 tale cifra sarà elevata a 100.
    L'età minima per la pensione di vecchiaia, fissata nella Legge Dini a 57 anni, viene elevata a 60.
    Le misure precedenti configurano risparmi di spesa tali da poter assicurare la copertura di un'altra misura doverosa ma altrimenti insostenibile: l'innalzamento ad un milione delle pensioni minime, contenuto all'art.5 della Proposta di Legge. Ovviamente la cifra di un milione si intende cumulativa di tutti i trattamenti previdenziali ed assistenziali, fatte salve le prestazioni corrisposte a fronte di handicap o invalidità.
    Infine all'art.8 si prevede l'equiparazione tra fondi pensione "chiusi" e "aperti", in modo tale da assicurare al lavoratore una piena libertà di scelta nella previdenza integrativa.

  8. #8
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    Proposta di legge di iniziativa popolare: "Apertura del Servizio Sanitario Nazionale alla concorrenza tra pubblico e privato nel finanziamento e nella produzione dei servizi ai cittadini"

    I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art. 71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente proposta di legge:


    RELAZIONE


    Onorevoli Parlamentari,
    Il progetto mira alla liberalizzazione del sistema sanitario italiano, che è ancora bloccato dalla sostanziale persistenza del monopolio pubblico, soprattutto nel meccanismo di finanziamento del servizio. La strada maestra seguita dal progetto è quella di accrescere il potere selettivo della domanda, introducendo per ogni cittadino la libertà di scegliere mutualità o assicurazioni sostitutive dell'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, restando inteso che per quanti non intendano avvalersi di tale facoltà scatta automaticamente l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale stesso. Questo meccanismo va inserito all'interno di un processo federalista avanzato, in base al quale saranno le Regioni (cui devono competere le funzioni di legislazione, programmazione, coordinamento e controllo, lasciando allo Stato la funzione di indirizzo strategico) a raccogliere i contributi sanitari dei cittadini, per poi restituire a ciascuno un "buono salute" sufficiente a coprire il costo dell'assicurazione sociale obbligatoria, spendibile presso una compagnia di assicurazione pubblica o privata liberamente scelta. Le mutue o le assicurazioni che intendano fornire la assicurazione sociale obbligatoria dovranno preventivamente ottenere per i relativi contratti il nulla osta da parte dell'Agenzia governativa per i servizi sanitari regionali. In particolare tale verifica sarà volta ad accertare la previsione di una copertura minima identica a quella del Servizio Sanitario Nazionale, a prevenire pratiche quali la "scrematura del rischio" o comunque volte a penalizzare quanti abbiano optato per il regime privatistico. I cittadini che decidessero di dotarsi di una copertura sanitaria integrativa di quella sociale obbligatoria, usufruiranno di deduzioni fiscali mirate.
    Al fine di ridurre al minimo le asimmetrie informative della domanda è prevista l'adozione di un sistema organico di indicatori e la completa digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale (network sanitario).
    Una rivoluzione di questo tipo mira ad accrescere l'apertura del sistema sanitario italiano alla concorrenza anche nella produzione dei servizi e a completare il processo di aziendalizzazione delle strutture del Servizio sanitario nazionale. Sul fronte pubblico, il passaggio fondamentale resta la completa separazione fra i soggetti erogatori dei servizi (Asl, assicurazioni, mutue) e i soggetti produttori accreditati (pubblici, privati, non profit), in modo da garantire l'effettiva parità degli erogatori di tutti i provider in concorrenza fra loro sulla base della qualità e dell'efficienza delle prestazioni erogate. In questa prospettiva si collocano le proposte di scorporare dalle Asl tutte le strutture ospedaliere, per configurarle giuridicamente come società di capitali aperte alla partecipazione di risorse di fondazioni e di privati, e di privatizzare il rapporto di lavoro del personale sanitario al fine di introdurre flessibilità, responsabilizzazione e valorizzazione delle professionalità. L'obiettivo è anche quello di ridurre il potere di conservazione dello status quo delle lobby burocratiche, che governano la sanità italiana a scapito dell'interesse generale.
    L'accreditamento dei provider per la copertura dei livelli essenziali e dei livelli complementari di assistenza dovrà essere effettuata da soggetti terzi e indipendenti, sulla base di criteri equi, oggetti, trasparenti e omogenei su tutto il territorio nazionale, integrabili dalle Regioni
    Le caratteristiche emergenti della nuova domanda di salute sono alla base della proposta di potenziare la funzione di gatekeeper del medico di medicina generale, che deve essere responsabilizzato attraverso l'assegnazione un budget di spesa individuale e un sistema di incentivi e sanzioni economiche. L'obiettivo è quello di garantire la continuità assistenziale sul territorio e ridurre il numero delle ospedalizzazioni inappropriate.
    Viene infine data particolare rilevanza alla ridefinizione dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale, università e imprese soprattutto allo scopo di sviluppare la ricerca scientifica, in particolare quella biotecnologica, e di realizzare una formazione adeguata alla modernizzazione per gli operatori del settore.
    Il risultato atteso della proposta di legge è una riqualificazione complessiva dell'offerta di assistenza sanitaria nel nostro Paese, per accrescere la soddisfazione dei cittadini, e una razionalizzazione dei flussi di spesa, in particolare di quella privata, che per la maggior parte al momento copre servizi teoricamente già garantiti dal servizio pubblico, con grave danno per il bilancio dello Stato e per la parte più debole e bisognosa della popolazione.

  9. #9
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    Mastella e Diliberto, tanto vituperati dai liberalsocialisti.. queste riforme liberiste e pericolose non le chiederanno mai.

  10. #10
    Fiero di essere coglione
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    Predefinito

    Danny, noto con piacere che non tutti si fanno abbindolare dall'ennesimo voltafaccia pannelliano, anche se quello che riporti è solo una minima parte di ciò che i pannelliani (per favore, NON chiamateli radicali) hanno portato nell'arena politica negli ultimi quindici anni.

    Chiunque abbia un minimo di memoria storica ed abbia seguito con un briciolo di passione le vicende di quello che allora era veramente il partito Radicale, ormai da anni non vota più per questo movimento.

    Chi conosce il partito, sa che ormai non è neanche lontano parente da quello delle grandi battaglie per i diritti sociali e civili.
    Rimane, ovviamente, l'impegno a favore delle grandi campagne di libertà e laicità, ma non basta a far dimenticare a gente come me le delusioni e le incazzature degli ultimi dieci anni.

    Ciao,
    Alessio

    http://www.radicalidisinistra.it
    http://www.radicalidisinistra.it

 

 
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