Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Undici campioni, cinque scudetti consecutivi all'attivo, lo stadio Filadelfia inviolabile per gli avversari, un sogno infranto sulla collina di Superga il 4 maggio 1949. Ma anche il simbolo della rinascita nell'Italia del dopoguerra, il segno di un riscatto che accomunava gli italiani davanti al mondo. Tutto questo vuole raccontare 'Il grande Torino', la fiction di Claudio Bonivento con cui Raiuno inaugura, il 25 e 26 settembre in prima serata, la stagione di garanzia autunnale.
"E' un film ambizioso, realizzato con mezzi insoliti per un prodotto televisivo e curato in ogni dettaglio", ha esordito con orgoglio il regista, ieri a Milano per presentare in anteprima la miniserie al Prix Italia. "Ma non è il fotoromanzo del Torino: è la storia di un biennio che ha avuto come asse portante le gesta di quella squadra gloriosa". Il punto di vista scelto dagli autori lo stesso Bonivento con Grazia Giardiello e Roberto Jannone, che si sono ispirati al libro 'Il romanzo del grande Torino' di Franco Ossola, figlio di uno dei campioni morti nel disastro aereo è quello di Angelo Di Girolamo (Ciro Esposito), giovane di Casoria emigrato a Torino con la famiglia nel 1947, tifoso dei granata dei quali conosce a memoria formazione, risultati, storia, con il sogno di entrare nella squadra giovanile. A realizzarlo, lo aiuteranno Susanna (Katy Saunders), sua compagna di scuola e figlia di Ernesto Egri Erbstein (Massimo Popolizio), direttore tecnico della squadra, e il capitano Valentino Mazzola (Giuseppe Fiorello).
"Nel film ha sottolineato ancora Bonivento c'é anche l'emigrazione, ci sono le prime automobili, c'é un presidente, Ferruccio Novo (Remo Girone, ndr) che non è quello della grande Fiat ma di un'industria di cinghie di trasmissione per trattori". Dopo aver letto la sceneggiatura, Fiorello ha chiesto il ruolo di capitan Mazzola: "Quando l'ho chiesto a Bonivento ha raccontato l'attore era perplesso. Mi ha detto: 'Non gli assomigli, non sei del Nord, sei bruno... Ma sai giocare a pallone?'. E mi ha lanciato una palla di gommapiuma. Io l'ho stoppata al volo, e lui mi ha detto: 'Lo puoi fare'. Ho iniziato così un lungo lavoro di informazione, di lettura: non conoscevo quasi nulla di questa storia, né avevo parlato con i figli di Mazzola".
Sandro ha avuto parole di grande apprezzamento per l'interpretazione di Fiorello, in cui ha rivisto i silenzi del padre: "Le sue parole mi hanno commosso: ci ho messo tutta la passione possibile, la mia serietà ma anche la mia timidezza", ha commentato l'attore. "Interpretando questo personaggio, ho imparato a non mollare mai: capitan Mazzola giocava anche con la febbre a quaranta".
Per ricostruire le immagini di un calcio più lento e meno fisico di oggi, gli attori non hanno voluto controfigure: "Ci ha pensato Odoacre Chierico, gloria della Roma anni '80, a metterci sotto allenamento per diverse settimane. Il calcio di allora? Era molto piu' romantico. Anche oggi ci sono i giocatori bandiera, come Totti, Del Piero, Maldini, ma il sistema è cambiato, con le pressioni della pubblicità, degli sponsor, della politica". La partitella vera, girata nello stadio di Genzano che è servito a ricostruire il vecchio Filadelfia ("E' fatiscente, sarebbe stato pericoloso allestirci il set", ha spiegato Bonivento), è costata un'operazione al menisco a Esposito: "Ma ne è valsa la pena. A chi non sarebbe piaciuto interpretare il ruolo di un calciatore del grande Toro?".
"Era importante esserci" anche per Massimo Molea, al quale è toccato il ruolo di Gabetto, mentre Girone, il presidente Novo nella fiction, confessa che il padre gli "raccontava sempre del grande Torino, che nel mio immaginario ha conservato la sua aura mitica: questo film racconta un calcio diverso e un'Italia diversa. Spero che tantissimi giovani lo guardino". Accanto a quello di Girone, la fiction vanta anche un cameo di Michele Placido, nei panni del protagonista da adulto che rievoca in un'intervista la storia della sua famiglia: il padre Giuseppe (Gaetano Amato), operaio durissimo con se stesso e con i suoi, la madre Anna (Tosca D'Aquino), l'inquieto fratello Pasquale (Fausto Verginelli), la sorella Rosa (Alessandra Mastronardi). Nel cast ci sono anche due figli d'arte, Gianfelice Facchetti, nel ruolo di Bacigalupo, e Francesco Venditti, che è Castigliano.
Nella tragedia di Superga, che costò la vita a 31 persone, Angelo perde tanti amici che lo hanno aiutato a crescere. Mentre viene proclamato il lutto nazionale, la Federazione gioco calcio, su proposta di tutti i club, decide di attribuire d'ufficio lo scudetto al Torino. Ma il presidente Novo rifiuta e stabilisce che il suo team giocherà le ultime quattro partite con la formazione primavera: faranno altrettanto le squadre avversarie. E così Angelo, con la maglia numero 10 che fu di capitan Mazzola, realizzerà il suo sogno.
A chi gli ricordava che al grande Toro è stato già dedicato il film 'Ora e per sempre' di Vincenzo Verdecchi, uscito nelle sale nel 2004, Bonivento ha replicato: "Quella è un'altra storia, che parte dall'oggi per raccontare, personalizzandola, una vicenda di allora. Noi invece abbiamo voluto raccontare un'epoca. Una storia così al cinema sarebbe andata bene dieci anni fa. Oggi non c'é più il gusto per certe cose, questo film lo avrebbero visto in pochi. E invece lo devono vedere in tanti".
Come sulle Cinque Giornate di Milano, la Rai meridionalista prosegue il suo attacco etnico nei confronti della Padania... con tutto quello che c'era, va a basarsi su un racconto di uno di Casoria, Fiorello è Mazzola e c'è pure Placido... Altro che grande Torino... Grande Napoli o Grande Palemmo sarebbe stato meglio...
Allegria