Lettera aperta al futuro sindaco di Milano (chiunque sia)

A poco a poco nei salotti della città si viene alimentando la discussione su chi sarà il nuovo sindaco di Milano nelle elezioni del 2006. Tutti conoscono i personaggi più accreditati: l’Umberto, la Letizia, l’Ombretta eccetera. Il gioco di società diventa di giorno in giorno più divertente e le posizioni politiche si sfumano e prendono sempre più corpo le simpatie e le conoscenze personali. Ma la città, la grande città dei quartieri periferici, è nel frattempo in rivolta: la gente si accalca ogni mattina sulla metropolitana sempre più sporca e pericolosa, sale con difficoltà sui tram e gli autobus intasati nel traffico urbano, jam (marmellata) dicono gli inglesi. Quelli che vanno in automobile sono bloccati talvolta per ore nei nodi strategici di traffico della città. Tutta questa gente è in rivolta, dalle mamme che portano i figli a scuola ai tranvieri che guidano il tram ai vigili urbani che dovrebbero dirigere il traffico eccetera.


(Simulazione di un attacco terroristico alla stazione Cadorna )

Imprecano contro il sindaco uscente, che ha la fortuna di non potersi più ripresentare, ma la verità è che questa città è ormai diventata ingovernabile per il semplice fatto che la sua dimensione amministrativa non corrisponde alla sua dimensione reale. Il sindaco di Milano governerà si e no 1.200.000 abitanti ma il conglomerato urbano ne rappresenta ormai oltre cinque. Non è possibile amministrare senza una logica unitaria questa enorme massa urbana sulla quale regna, senza poter governare, un ceto politico tanto numeroso quanto inutile però, da qualche anno, per quello che fa, ben retribuito.
Nessuno può pensare, per autorevole e illuminato che sia, di poter ottenere dei risultati amministrativi di una certa consistenza se prima non passa attraverso una forte riforma istituzionale: smembrare e ricomporre i comuni esistenti, costituire una autorità sovrastante, dotarsi dei servizi pubblici metropolitani coi quali riequilibrare e rilanciare l’area in oggetto.
Il sindaco attuale ha parlato di “amministrare un condominio”, credeva di dire una cosa di buon senso, era una follia. I politici di Roma hanno ceduto a micro interessi locali e hanno costituito la provincia di Monza, pensavano di fare qualcosa di irrilevante che potesse garantire lo stipendio a qualche sottocoda locale, hanno creato un impedimento forte alla città metropolitana.
Non voglio drammatizzare più del necessario, ma la favola di una Milano operosa e collaboratrice non c’è chi non veda che è morta da tempo. Ci troviamo di fronte a una città monocentrica in cui tutte le destinazioni (commerciali, amministrative, ricreative, eccetera) convergono verso il centro secondo un criterio di città medievale. I tentativi di spostare destinazioni importanti fuori dal centro della città (come quello lodevole della Fiera) sono ancora troppo timidi e il mercato immobiliare impazzito alimenta enormi intraprese edilizie centrali o semi centrali. La mancanza di una gestione metropolitana del territorio ha favorito un mercato speculativo per cui le aree, indipendentemente dalla loro qualità, più sono al centro e più hanno valore. La Regione Lombardia si è prodotta in interventi, come quello dei sottotetti, che hanno un carattere urbanisticamente microscopico e di dettaglio, ma non ha avuto una visione ampia e allargata in nome, sempre lì, di un ceto politico poco colto e di una burocrazia numerosa ma impreparata.
Nessuno vuole esagerare, ma consiglierei ai candidati per la prossima carica a sindaco di farsi in incognito un giro in taxi per Milano e immediati dintorni per rendersi conto di quanto li aspetta.

Giacomo Properzj

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tratto da "Il Portale di Nuvola Rossa"
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